Villa di Balciano – Valtopina (PG)

Il vecchio paese e la chiesa sono in uno stato di completo abbandono e isolati come sono oramai sono dimora di animali selvatici.

 

Cenni Storici

La derivazione del nome Balciano è da attribuire alla larga presenza nella zona di prediali in “ano” fra cui Agnano, Gallano, Stazzano, Cassignano, Mosciano, Stravignano, Pasano dovuto a discendenti nobili dei Nucerini Favonienses stanziati nella vallata di Pieve Fanonica i quali in un prosieguo di tempo si erano sparsi su buona parte dell’attuale territorio della Valtopina.
Alcuni di questi toponimi non fanno più parte del comune di Valtopina i cui confini coprono solo in parte quello che fu a lungo il territorio dei Nucerini Favonienses.
Nel caso specifico Balciano può essere riferito ad Abalus o Abalicus o Abalicius o Bandius; il paese è sempre stato una “Villa” quindi privo di qualsiasi forma di fortificazione essendo un’area prevalentemente agricola.
Il territorio della Valle e della Villa comprendeva, nel corso del Quattrocento molti villaggi: Balciano era il più importante e apparteneva alla diocesi di Nocera, il suo territorio comprendeva le chiese di San Feliciano, di San Biagio, di Sant’Angelo, ricordata nel libro delle Rationes decimarum del 1332 e quella di San Savino, martire spoletino, annessa alla Badia omonima, fondata dal conte Pietro di Ottone degli Atti, conte di Morano, nel 1006 nella conca del torrente Arone, a sud est di Casa Castalda che fu dei benedettini; Leone X la unì alla mensa vescovile di Nocera nel 1515.
Fin dal XIV secolo Balciano aveva avuto il privilegio dalla Camera Apostolica di poter di aprire ospizi per viandanti lungo la Flaminia nelle cosiddette Capannacce, versando uno staio di grano e uno di spelta.
A Balciano esistevano due monasteri benedettini, uno dedicato a San Savino, come suddetto, e l’altro a Santo Stefano, che insieme ai monaci di Gallano effettuarono nei primi anni del secolo XIII consistenti opere di bonifica nella valle del Topino tra Valtopina a Foligno.
La storia della Valle del Topino si sviluppa per circa un millennio, attraverso le vicende che vi coinvolsero la dominazione imperiale, quella dei Longobardi, dei Franchi; il sistema territoriale intorno ai secoli XI-XIII, era costituito da castelli, pievi, monasteri, canoniche e da un numero consistente di centri demici sorti e per lo sfruttamento del territorio in gran parte collinare e montano, e soprattutto per il controllo di quel tratto della Flaminia che da Foligno conduce a Nocera Umbra.
Il termine “Valle del Topino” a lungo ha rappresentato solo una espressione geografica, una estensione territoriale composta da terzieri e Ville.
La denominazione ufficiale di questa comunità suddivisa in tre Terzieri, sul calare del Medio Evo fu quella di “Universitas, o Communis Vallis Topini et villae Balciani, fulginatis diocesis“; la Villa di Balciano, da sempre considerato un corpo aggiunto, si unì, visto che aveva interessi economici in comune con gli altri terzieri per il controllo della Flaminia.
Balciano tra l’altro si distingueva dal resto della comunità perché apparteneva alla diocesi di Nocera e perché le sue chiese e relative terre erano state a lungo pertinenza dell’abbazia camaldolese di S. Silvestro di Collepino, infatti nel privilegio “Religiosam vitam” che papa Alessandro III inviò il 22 marzo 1178 a Guido abate di S. Silvestro di Monte Subasio figura anche San Biagio di Balciano; aveva dunque avuto in passato legami con una famiglia feudale diversa da quella del resto del territorio della Valtopina da sempre appartenuto alla diocesi di Foligno; si aggiunga che nella Valle Topina, a partire almeno dal secolo XII, svolse un importante ruolo il monastero di S. Stefano di Gallano di juspatronato dei signori del luogo.
Il 6 febbraio 1300, il pontefice Bonifacio Vlll riunì ancora “Universitas Vallis Topini et Ville Balsane (Balciano) usque ad nostrum beneplacitum” sotto il dominio della Chiesa amministrata da un unico visconte; incerto come i Trinci riuscirono ad acquistare presso il rettore del Ducato l’ufficio di Visconti della Valtopina da papa Bonifacio IX fin dal 1392.
Fu proprio sotto Corrado Trinci che il 15 agosto 1434 furono emanati gli Statuti della Valtopina e villa di Balciano e successivamente via via aggiornati con “Reformationes“, “Correctiones” e “Additiones“.
Con tutte le riformanze, aggiunte, ordinazioni e lettere di interpretazioni, gli statuti del 1434 sono rimasti in vigore per più di quattro secoli.
Basti pensare che una certa unità nella legislazione pontificia fu data dal Cardinale Consalvi soltanto nel 1816 quando abolì sia le Costituzioni Egidiane che i vari statuti particolari delle singole città e paesi.
Durante il vicariato dei Trinci, i Magistrati della Valle del Topino e della Villa di Balcino erano otto massari, in seguito passati a dieci, un sindaco che poteva eleggerne altri tre per cause importanti, un camerario, due balivi, che esercitavano il compito di guardie comunali e banditori.
Il Visconte era inviato direttamente dai Trinci e durava in carica sei mesi.
Protettori del comune erano S. Cristina e S. Lorenzo.
Nell’agosto del 1616 il territorio di Balciano fu investito dalla peste bubbonica; un’altra pestilenza ci fu nel 1656.
Questa ondata di peste fu talmente dura che i deputati alla sanità di Foligno avevano fatto erigere le forche, ai confini delle due Comunità, appena erano venuti a conoscenza che la peste era comparsa a Balciano per scoraggiare lo spostamento dei suoi abitanti.
La forca assumeva il significato per chiunque si fosse azzardato a lasciare i confini di Foligno per procedere verso il nord seguendo la Flaminia, del pericolo mortale che poteva comportare il contagio della peste.
Quanto dettagliatamente accadde in quell’anno nella Villa di Balciano non è dato sapere, pertanto non si conosce né il numero delle vittime né quant’altro di doloroso saranno riusciti a superare gli abitanti.
Il terziero di Balciano non era che un piccolissimo lembo di mondo abbandonato, all’interno del quale dominava solo squallore e morte.
Ovunque cadaveri lasciati imputridire in quei desolati tuguri di campagna o lamenti di viventi in preda al male e al terrore senza possibilità di cercare scampo altrove o di un aiuto che nessuno osava recar loro!
Qualcuno, sfuggito al contagio o fortunatamente guarito dalla peste, rischiava di morire di denutrizione perché nessuno azzardava avvicinarlo per rifornirlo dei generi necessari alla sopravvivenza in particolare di pane, olio e sale.
Dopo la peste di Balciano, si decise che tutte le persone sane, che dovevano per qualche ragione spostarsi e viaggiare, venissero dotate di una sorta di lascia passare sanitario, la cosiddetta “Fede di Sanità“, al rispetto delle norme furono incaricate le guardie, addette alla vigilanza sanitaria.
Le sorti storiche successive della Valle e di Balciano passano sotto lo stato pontificio, del Bonaparte, della repubblica romana, ancora dello stato pontificio, fino alla adesione, nel 1860, allo stato sabaudo.
 

Aspetto attuale

Oggi il paese nuovo è costituito da poche case, molte delle quali sono state restaurate o di recente costruzione, e nel periodo estivo richiama anche turisti che apprezzano la tranquillità del luogo, l’aria fresca e pulita e le suggestive vedute panoramiche.
L’antico nucleo attorno alla chiesa di San Biagio, lontano qualche centinaio di metri dal paese attuale, era abitato fino al terremoto del 1997 da una famiglia di pastori sardi che avevano preso in affitto i fabbricati ed i terreni ma con il terremoto hanno abbandonato la zona per l’inagibilità delle strutture.
Ora gli edifici sono pericolanti come la chiesa alla quale però era stato avviato un progetto di recupero che si è interrotto per problemi con la ditta e tutte le impalcature oramai stanno per essere inghiottite dalla vegetazione come tutta la chiesa.
 

Chiesa di San Biagio o Cura di Balciano

La chiesa, dedicata a San Biagio patrono di San Biagio e protettore contro i mali di gola, conosciuta anche con il termine “Cura” per intendere cura pastorale delle persone, è molto antica, anche se nel tempo ha subito diversi interventi strutturali che l’hanno radicalmente modificata, anche se l’orientamento O – E, come nello stile romanico è rimasto inalterato.
E’ elencata nel privilegio “Religiosam vitam” che papa Alessandro III inviò il 22 marzo 1178 a Guido abate di S. Silvestro di Monte Subasio come chiesa dipendente a tale monastero e successivamente la ritroviamo citata nelle Rationes Decimarum per il pagamento della II Decima dell’anno 1334 dove un certo “Dompnus Guidus rector ecclesie S. Blasii de Balciano” paga la somma di 50 soldi cortonesi cifra considerevole che ci fa supporre una notevole estensione territoriale ed una fiorente economia.
Assunse anche il titolo di Pieve infatti all’interno è ancora conservato un bel fonte battesimale in pietra.
Esternamente è avvolta dalle vecchie e rugginose impalcature e dalle lamiere che fungevano da copertura del tetto per contenere le lesioni del terremoto; resta in piedi il campanile a vela a doppio fornice posizionato nella parete di fondo.
La facciata seminascosta dai tralicci e dalle piante fa intravedere un portale squadrato con cornice a tre rincassi, e un capitello in marmo sagomato con una lunetta in mattoni che doveva contenere un’immagine sacra, sicuramente il Santo Titolare; il tutto è sovrastato da una bifora anch’essa in mattoni e un timpano con una cornice dentellata.
L’interno, privo di decorazioni, completamente puntellato per il pericolo di crollo, è a navata unica e coperto da volta a botte divisa in cinque settori da paraste e cornici dentellate; il presbiterio è rialzato di un gradino con un altare in marmo e granito con una mensa in marmo bianco sorretta da otto colonnine in marmo rosso.
La parete d’altare ospita un bellissimo tabernacolo in marmo a forma di tempio con colonnine in marmo rosso sovrastate da capitelli di stile corinzio.
Nella parete sinistra a metà navata si apre una finestra a monofora strombata.
Dietro il presbiterio un porta immette nel locale adibito a sacrestia.
Sia la chiesa che i fabbricati adiacenti sono semi-crollati e in uno stato di completo abbandono, non credo verranno mai più recuperati, anche perché il confine tra il Comune di Valtopina e Nocera in quel tratto divide in due l’isolato in parte nel Comune di Nocera e in parte nel Comune di Valtopina.
 

Fonti documentative

Don Mario Sensi – Valtopina e il suo territorio – 1987
Scuola Media “G. Galilei” S. Eraclio – Valtopina – Valtopina Itinerari – 1995
M. Tabarrini – L’Umbria si racconta Dizionario – 1982
SELLA P. – Rationes decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV: Umbria – Città del Vaticano, 1952
 

Mappa

Link coordinate: 43.089784 12.745756

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