Santuario Maria SS.ma dei Miracoli – Castel Rigone di Passignano sul Trasimeno (PG)

Il Santuario ha strette rassomiglianze esterne a quello di Mongiovino.

 

Cenni tra storia e leggenda

Presso le mura del castello era il pozzo pubblico da cui veniva attinta l’acqua per gli usi domestici; poco distante da tale pozzo, quello dell’attuale piazza della chiesa, era una spinaia che nascondeva un vecchio muro sul quale era dipinta l’immagine delta Vergine.
Si racconta che un certo giorno dell’anno 1490 Marietta, la domestica del parroco, don Mariotto di Antonio, tornando a casa riferì di aver visto uscire dalla spinaia cresciuta nelle adiacenze una bella Signora che le avrebbe espresso il desiderio fosse innalzata in quel luogo una cappella in suo onore; Marietta fu derisa come visionaria.
L’apparizione si ripeté più volte finché (25 aprile?) la bella Signora la fece tornare a casa con la brocca rovesciata; grande fu la meraviglia degli abitanti del castello quando si accorsero che la brocca era piena d’acqua.
Allora la gente, gridando al miracolo, corse a tagliare gli spini, in breve numerose furono le offerte e si pensò al modo di soddisfare il desiderio della Madonna.
In quel luogo fu quindi costruito il Santuario allorchè papa Alessandro VI accolse la supplica degli abitanti del luogo e ne autorizzò la costruzione con bolla data in Roma il 15 Dicembre 1494 e per esso coniò il titolo “Beatae Mariae de Miraculis”.
Persino Perugia minacciata da una terribile pestilenza implorò protezione alla Madonna e accompagnò la supplica con un sostanzioso contributo in denaro per partecipare alle spese della costruzione della chiesa.
Anche il pontefice Clemente VII mostrò attenzione al Santuario tanto che, per intercessione del cardinale Agostino Spinali, in data 12 giugno 1524, permise ai sovrastanti alla fabbrica e agli uomini del castello di organizzare ogni anno una fiera libera il giorno della natività di Maria e i due giorni successivi.
Il medesimo pontefice, con bolla del 26 gennaio 1531, per favorire il sollecito compimento del tempio e, altresì, le opere di assistenza, acconsentì alla richiesta di unire le rendite della chiesa con i beni dello “Spedale”, dando così vita alla Congregazione laicale di Maria SS.ma dei Miracoli.
Concesse inoltre ai confratri di eleggere i rettori e gli officiali del sodalizio ed elargì numerosi benefici tra cui l’indulgenza plenaria a chi, confessato in tempo debito, avesse visitato la chiesa il giorno della natività della Madonna.
Il cardinale Marino Grimani, legato pontificio di Perugia, fece dono di nuove indulgenze nel 1537 e forse proprio per lucrare le medesime anche nel 1567 i fedeli accorsero tanto numerosi da impedire di condurre a termine una Visita Pastorale.
Non lontano dal tempio è ancora il pozzo pubblico scavato per gli usi domestici nel 1367 poco fuori le mura del borgo.
 

Il Santuario

Ignoto è il nome del progettista del Santuario per il quale sono stati avanzate diverse ipotesi fra cui si sono fatti nomi quali Bramante, Rocco da Vicenza per la similitudine al Santuario di Mongiovino; oggi si è propensi ad attribuirlo ad un artista certamente influenzato dal arnese Francesco di Giorgio Martini che in quel periodo stava portando a termine il monumentale tempio di S. Maria delle Grazie al Calcinaio presso Cortona, tempio al quale si ricollega stilisticamente.
L’edificio fu innalzato in modo da inserirvi il muro con il dipinto della Vergine.
La facciata principale guarda il paese; essa è divisa, come tutto il manufatto, da un cornicione molto aggettante.
Questo rompe la semplicità delle pareti abbellite però da lesene scanalate appoggianti su piedistalli e sovrastate da capitelli di diverso disegno e, nella parte alta, lungo i fianchi, da eleganti bifore.
Il tutto è opera di valenti scalpellini lombardi.
 

Il Portale principale

Il 22 marzo 1512 i committenti e Domenico Bertini da Settignano, soprannominato “Topolino“, sottoscrissero l’appalto del portale principale che l’artista, uscito dalla bottega di Michelangelo, si impegnò ad eseguire per sessanta ducati larghi di buon oro e giusto peso.
Avrebbe dovuto essere alto 7 braccia e tre quarti e largo 4, con basi aggettanti come le candelabre intagliate con armature ed altre cose antiche.
Sotto l’arco della lunetta dovevano essere scolpiti riquadri con roselline e nel vano dovevano essere posti la Madonna, S. Bartolomeo protettore della parrocchia e S. Agostino del cui Ordine monastico era, nel castello, un convento.
Tale portale è, con il soprastante finestrone circolare, l’opera più pregevole tra quelle che ornano l’esterno del Santuario; come si può ancora osservare nonostante le ingiurie del tempo, corrisponde esattamente alle richieste.
 

Il Rosone

Il riquadro superiore della facciata, sotto il timpano, è impreziosito da un rosone con la ruota della fortuna.
La strombatura è adornata da angeli in bassorilievo, tutti volti in alto verso Dio Padre benedicente. L’insieme è racchiuso in un bordo aggettante, a festone, purtroppo molto rovinato, di fiori e frutta.
 

Il Campanile

Clemente VII, con bolla del 1531, autorizzò la costruzione del campanile da cui cominciò a diffondersi il suono delle campane che per tanto tempo ha scandito i vari momenti di ogni giornata oltre alle ore della preghiera “ita quod liceat modernis et pro tempore existentibus confratribus … campanille elevatum supra tectum dictae ecelesiae cum campane tenere”.
Quel campanile, purtroppo, il 19 novembre 1810, sul far della sera crollò coinvolgendo nella caduta le due campane che si frantumarono.
Sul nuovo manufatto che risulta un pò tozzo rispetto alla mole della chiesa, furono ricollocate le due campane rifuse e ne furono aggiunte altre due: una piccola, probabilmente proveniente dal campaniletto della chiesa del convento di S. Agostino ed è stata anche questa rifusa recentemente a causa delle ferite riportate nell’ultimo conflitto mondiale durante un cannoneggiamento.
la più grossa del peso di sedici quintali circa fu sistemata nel 1890.
Il “Campanone” fu l’unico omaggio nel 1890 a Maria SS. ma in occasione della ricorrenza del IV centenario della Sua prodigiosa manifestazione.
Un bel “Rinterzo” annuncia ed accompagna le cerimonie liturgiche dei giorni di gran festa.
La più celebre, in un certo senso, di tali campane é invece la seconda in ordine di grandezza.
Era questa quella ordinata il 17 settembre 1537 dai magistrati perugini a Giovanni di Bartolomeo, detto il Chiusi, e a Crescimbene di Ercolano, calderari locali; doveva servire per chiamare la scolaresca all’università.
Poiché però risultò, poco adatta allo scopo a cui era destinata, dai Priori medesimi, nel 1553, fu deciso di venderla alla comunità di Castel Rigone per il prezzo di scudi cento.
Il ricavo servì ed integrare la spesa per la statua di Giulio III, statua che si ammira sulla scalinata del duomo di Perugia, commissionata allo scultore Giallo Danti.
 

Interno

La Serena armonia dell’esterno prosegue all’interno, a croce latina, dove, quasi in corrispondenza con quelle di fuori, si innalzano snelle paraste sulle quali appoggiano le lunette della bella volta.
Lungo l’unica navata del tempio si notano quattro altari davanti ad altrettante nicchie, ricavate nello spessore delle pareti, chiuse fra candelabre riccamente scolpite che sorreggono una trabeazione con fregio finemente lavorato.
Tre di questi altari sono in pietra mentre il primo a sinistra, di epoca successiva rispetto ai precedenti, é di stucco.
 

Primo altare destra

Sul primo altare di destra si ammira la statua, in pietra locale verniciata, di S. Antonio Abate con il porcellino, pregevole opera di ignoto del XVI secolo.
Sullo sfondo del nicchione, in alto, la scena della visita del santo a Paolo eremita secondo la descrizione fattane da S. Girolamo e riportata in “La vita di Paolo”.
 

Secondo altare di destra

Sovrasta l’altare successivo di destra una bella tela con la Madonna del Rosario che il fiorentino Bernardo di Girolamo Rosselli dipinse nel 1558: racchiusi nella cornice dei quindici misteri, descritti con singolare efficacia, sono la Madonna e Gesù Bambino con ai piedi i devoti di Castel Rigone e quattro santi.
II paese ed il Santuario fanno sfondo al pannello centrale nel quale figura anche una corona di angioletti che fanno cadere sugli astanti una pioggia di roselline.
 

Primo altare di sinistra

Tempera poco leggibile a causa del cattivo stato di conservazione di concezione manieristica di cui si è provveduto da poco al restauro; è firmata e datata Carulus Canonicus Lamperelus fecit A.D. MDLXXXXI.
Allo stato attuale delle ricerche non è stato possibile stabilirne i riferimenti storici anche per una imprecisione nella data.
 

Secondo altare di sinistra

In corrispondenza, a sinistra, un affresco di scuola umbra raffigurante, in alto, l’Incoronazione di Maria e, inferiormente, gli apostoli che assistono commossi alla scena celeste.
Per questa opera si fa il nome di Giovan Battista Caporali e della sua bottega, è datata 1519.
I tenui colori armoniosamente composti e gli effetti chiaroscurali che ne sortono, il disegno che in alcuni tratti lascia a desiderare mentre in altri è corretto e specie nei volti esprime delicata sensibilità, il paesaggio tipico, ampio, riposante e gradevole dello stile peruginesco, ci offrono una scena patetica di intenso misticismo e di raccoglimento.
 

Altare Maggiore e Pala

L’altare maggiore, di linee barocche, è in legno marmorizzato.
Sostituì nel 1768 quello primitivo (nel 1970 è stato adeguato alle nuove norme della liturgia senza alterarne i caratteri originali); nello stesso periodo, metà del XVIII secolo, fu innalzato il corpo dell’organo in fondo al braccio lungo del tempio.
Sul medesimo altare, dopo i lavori recenti di consolidamento e restauro del monumentale edificio, è stata posta, come originariamente, la grandiosa pala che Domenico Alfani dipinse tra il 1527 e il 1534 e che, nel secolo scorso, era stata addossata all’abside.
Tale pala (di cui oggi si ammira oggi le copia) è racchiusa nella stupenda cornice, in legno dorato, finemente intagliata nel 1528 dal perugino Bernardino di Lazzaro.
La commissione dell’opera, che doveva rappresentare una Epifania, è stata registrata dal notaio Pierfilippo di Rubino nel prot 671 (A.S.P.) in data 20 marzo 1528.
L’originale del bel dipinto di Domenico Alfani fu asportato dalle miliare fiorentine del granduca Ferdinando II dei Medici che nel 1643, durante la cosiddetta guerra di Castro o barberina, avevano invaso la parte nord-occidentale dell’Umbria.
Detta copia fu inviata nel 1644 dal Granduca forse come doveroso atto di riparazione e di omaggio alla Madonna.
Originali dell’Alfani sono la lunetta, gli otto dipinti della predella ed i due grandi tondi con i profeti Isaia e Michea.
Su in alto, sotto la volta, sono i quattro evangelisti che il pittore Giovanni Ellero dipinse a tempera nel 1930.
 

Avancorpo transetto sinistra

L’avancorpo del transetto di sinistra è il luogo più caro ai fedeli con la nicchia della Madonna dei Miracoli incorporata nella chiesa monumentale, ma ad essa antecedente.
Qui troviamo una pregevolissima cancellata in ferro battuto del XVI secolo finmente lavorata, il meraviglioso baldacchino che appoggia su una bella trabeazione sorretta, anteriormente, da due colonne partenti da una transenna in pietra la quale reca la data 1513 e, posteriormente, da candelabre sulle quali sono scolpiti i segni dello zodiaco, quasi a rappresentare la via del cielo.
Non si hanno notizie precise circa l’epoca in cui è stata affrescata la bella immagine di Maria con il Bambino né chi sia l’autore ma sono evidenti le influenze senesi di cui si ha un saggio nella Madonna della chiesa parrocchiale di Canoscio (1348), forse fu eseguito da uno dei tanti pittori che nel basso medioevo andavano di paese in paese offrendo la loro opera in cambio di vitto, alloggio e modesto compenso in denaro.
L’affresco è completato da una corona di angeli, di scuola umbra di poco successiva.
I numerosi “ex voto” che riempiono una vetrina a sinistra nella cappella, attestano la riconoscenza del popolo per le grazie ricevute.
 

Avancorpo transetto destra

Nell’altro braccio del transetto è un secondo avancorpo nelle linee generali simili al precedente, leggermente più piccolo e meno ricco di ornamenti, ma chiuso anche esso da una bella inferriata che, sopra il cancelletto d’ingresso, nella parte interna, reca la data 1711 e che voce di popolo vuole sia stata eseguita dai monaci agostiniani sulla collinetta denominata Colle di Censo dove effettivamente esistono ancora residui di un vecchio fabbricato.
In questa cappella è esposto alla venerazione dei fedeli un bellissimo Crocifissoil cui viso sofferente, ma sereno, esprime l’attimo del trapasso.
Fu scolpito in legno da ignoto autore e si ritiene anteriore al tempio; caratteristici e insoliti nelle nostre zone, i capelli e la barba di fibre tessili.
Tradizione vuole che lo stesso fosse destinato ad altra località e che durante il trasferimento a dorso di mulo, gli animati, passando accanto alla nostra chiesa, si inginocchiassero e non fosse più possibile farli proseguire per cui si volle riconoscere nel fatto la volontà divina di rimanere questo luogo.
Un bassorilievo, a destra, sul basamento, ce ne tramanda il ricordo mentre nel piazzale del tempio, nel punto in cui si sarebbero fermati i muli, è stato piantato un olmo accanto ai tigli e ai platani che adornano il lato est della piazza stessa.
Nella nicchia è affrescato un bel gruppo composto dalle Pie Donne, S. Giovanni, il Nicodemo e Giuseppe d’Arimatea.
Questa opera di notevole interesse è attribuita al cortonese Tommaso Bernabei detto il “Papacello” , morto nel 1559, allievo di Luca Signorelli.
Nello stesso avancorpo è una Deposizione di ignoto fede del XVII secolo; il personaggio con la barba si dire sia il committente della famiglia Coppa che aveva allora nel territorio una vasta proprietà.
 

Il coro

L’abside presenta un coro in noce massiccio composto da quattordici stalli intagliati con delicati motivi decorativi diversi l’uno dall’altro ed un leggio centrale.
L’opera è datata MDCXIX; non se ne conosce l’artista.
I cappellani (fino al numero di nove) provvedevano alla officiatura del tempio ed alla soddisfazione degli obblighi derivanti da numerosi lasciti, vi si incontravano quotidianamente per la recita delle preghiere in comune.
 

Due Madonne con Bambino parete di sinistra

Questi due affreschi (ex voto con il nome del committente) sono stati scoperti e restaurati recentemente.
Quello di sinistra rispetto all’altare dell’Incoronazione della Vergine è datato 1519; l’altro di destra lascia supporre un legame del pittore con la scuola del Pinturicchio.
 

Croce della Sagrestia

Questa bella croce in legno con formelle circolari è il dono di Perugia a cui si riferisce il documento riportato in (A.S.P.) Consigli e Riformanze del Comune di Perugia (1531, 25 maggio), 132, c.75v.
Risulta dipinta a tempera e decorata con pastiglia dorata.
Al centro presenta il Crocifisso ed ai quattro lati Dio Padre, la Vergine, S. Giovanni e S. Pietro; una quinta formella, in basso, è suddivisa in tre dischi in cui sono raffigurati due papi e S. Cristoforo.
E attribuita a Nicolò Circignani detto il Pomarancio.
 

Fonti documentative

D. Cardinali – Castel Rigone sette secoli di storia – 2° Edizione
Opuscolo a cura di D. Cardinali edito dalla Confraternita Maria SS.ma dei Miracoli
 

Mappa

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