Santuario di San Salvatore – Curasci di Foligno

Il Santuario nel corso dell’anno è meta di pellegrini e turisti che vi giungono sia per motivi devozionali sia per la bellezza del luogo, che offre una meravigliosa panoramica del territorio di confine tra Umbria e Marche.

 

Cenni Storici

Il Santuario di S. Salvatore, sorge sulla cima del monte omonimo a 1150 metri di altezza.
Vi si giunge attraverso una strada tortuosa e bianca che si inerpica lungo il monte, l’ultimo tratto della quale è immerso in una fitta e bellissima pineta molto curata ed attrezzata per pic-nic e svago.
Da lassù il panorama è di una bellezza rara e la natura sembra invitare alla meditazione e alla preghiera.
La chiesa, per la sua posizione domina tutti i paesi dell’altopiano di Colfiorito, come pure il paese sottostante di Verchiano e quelli dell’alta Valle del Menotre.
Meta di pellegrinaggi in special modo per la festa dell’Ascensione e per quella triennale della comunità di Verchiano, del Santuario si hanno notizie fin dal 1333 (Liber Censorum) e si può addirittura ipotizzare la presenza nello stesso luogo di un culto pagano antecedente a tale data.
La conformazione del terreno mostra in maniera evidente che la cima era sede di un castelliere.
La chiesa è più volte crollata per effeto dei terremoti e più volte ricostruita come è di recente rifacimento l’edificio attuale.
 

Aspetto esterno

La chiesa intitolata a S. Salvatore e ricostruita più volte è di piccole dimensioni.
La sua struttura è in pietra con un portico di metri 4 x 3.50 al quale si accede attraverso un’apertura ad arco. Subito dopo una porticina conduce all’interno del Santuario.
Il portico era fino a qualche anno fa sovrastato da un piccolo campanile a due finestre con due campane, ma ora con il restauro post – terremoto lo stesso campanile è stato spostato sul lato sinistro della costruzione, poco prima del pozzo del Santuario.
 

Interno

L’edificio è a navata unica con tetto a capanna in legno e pianellato, sopra l’altare campeggia la statua del Salvatore.
All’interno subito dopo l’altare nella sagrestia è custodita un’arca in pietra, tomba del Beato Paoluccio Trinci considerata terapeutica.
 

PAOLUCCIO TRINCI

Paoluccio, nasce nel 1309 da Vagnozzo Trinci e da Ottavia Orsini, a soli 14 anni sceglie la vita religiosa ed entra nel convento di San Francesco in Foligno, pur rimanendo per umiltà laido e converso.
Nel 1368 chiede ai suoi superiori di ritirarsi nel piccolo convento di Brogliano, nei pressi di Colfiorito, compreso nei possedimenti della famiglia Trinci.
Il piccolo convento, che gli viene generosamente donato, si arricchisce di nuovi ambienti, una chiesina e parte del bosco circostante.
Insieme a pochi compagni conduce una esperienza eremitica durissima, dando concretamente l’avvio al movimento dell’Osservanza, un movimento che mirava al rispetto della regola di S. Francesco e cioè, preghiera, penitenza e povertà, in quanto sembra che alcuni frati conventuali si fossero adagiati tra i piaceri e le mondanità della vita terrena, trascurando la regola del Santo.
Il primo gruppo di oltre cinquanta frati, si affidava totalmente alla Provvidenza e desiderava vivere nel silenzio, nella preghiera e senza possedere alcuna cosa, vestiti di una semplice tunica, cinta da un cordone e con rustici zoccoli ai piedi, tanto da essere chiamati zoccolanti.
I Minori della nuova famiglia dell’Osservanza ricercavano la povertà e la vita eremitica e soprattutto il rispetto rigoroso della prima regola e del testamento di Francesco e offrivano la disponibilità al ministero pastorale, svolto dopo aver fatto profonda esperienza di Dio, nella preghiera intima e nella semplicità dei rapporti con i confratelli.
Tutti i grandi predicatori del XV secolo nascono da questo ceppo: le cosiddette quattro colonne dell’Osservanza: San Bernardino da Siena, San Giacomo della Marca, San Giovanni da Capestrano, il beato Alberto da Sarteano.
La comunità che via via si era formata si stabilisce poi a San Bartolomeo di Marano, sulle colline sopra Foligno, in modo che i frati, pur restando isolati, fossero potuti scendere anche in città ad esercitare la loro azione apostolica.
In questo luogo, avuto in dono dal cugino Ugolino Trinci, Paoluccio fa sorgere un vero e proprio convento ancora oggi testimone del suo ruolo cardine nel movimento dell’Osservanza.
Nel chiostro, infatti, sono ben visibili affreschi con episodi legati alla vita di Paoluccio Trinci e alla profonda riforma da lui attuata.
All’Osservanza di Paoluccio aderiscono nel 1373 numerosi conventi dell’Umbria.
Brogliano, le Carceri di Assisi, Monteluco, Giano dell’Umbria, Eremia di Cesi, la Scarzuola presso Orvieto, Montegiove della Spineta nell’area di Todi, Stroncone, Greccio, Fonte Colombo e Poggio Bustone.
A partire dal 1388 fra Paoluccio cominciò ad interessarsi anche di un gruppo di religiose affascinate dalla sua riforma e le fece risiedere nel monastero, fatto costruire appositamente a Foligno.
Le religiose, appartenenti al Terzo Ordine, vivevano nel rispetto delle regole dell’Osservanza: povertà, preghiera contemplativa, intimità fraterna. vita eremitica e senza clausura ai margini della città.
Tale comunità si identifica con quella del monastero di Sant’Anna, che da quel momento ha mantenuto con fermezza lo stesso stile di vita e lo stesso luogo di residenza.
A questo punto è bene ricordare le vicissitudini attraverso le quali le spoglie del Beato Paoluccio giunsero al Santuario di S. Salvatore.
Il Santo frate, nel 1368 insieme a cinque suoi compagni, si ritirò nell’eremo di S. Bartolomeo di Brogliano presso Colfiorito per fare penitenza, dopo pochi anni però malato e ormai quasi cieco, ritornò a Foligno dove aveva preso l’avvio, per volontà dei confratelli Giovanni della Valle e Gentile da Spoleto, la riforma dell’Osservanza e li mori il 17 settembre 1391 e fu sepolto nell’orto del convento di S. Francesco.
Con la scissione tra Osservanti e Conventuali del 1517 il suo corpo secondo quanto scrive Agostino da Stroncone alla fine del XVII secolo,”…i frati minori conventuali, temendo che gli osservanti gli necessitassero a rendergli il corpo di esso…“, venne trafugato e portato proprio a S. Salvatore, una chiesa di “Ius patronato laicale“, dove rimase fino alla fine del 600, periodo in cui lo stesso venne trasferito prima nella chiesa parrocchiale di S. Maria di Verchiano e da qui nel 1934 nella cattedrale di Spoleto.
Sembra però che in breve tempo i resti mortali del Beato siano andati perduti.
In occasione del grande giubileo del 2000, l’attuale arcivescovo di Spoleto Mons. Riccardo Fontana ha donato le spoglie del Santo frate al convento dei frati minori di Monteluco, dove tuttora pare vengono conservate.
 

Pratiche Terapeutiche e Propiziatorie

La presenza del sepolcro del beato Paoluccio Trinci ha trasformato S. Salvatore da santuario di confine a santuario terapeutico.
La chiesa è ancora oggi meta di pellegrinaggi da parte della collettività paesana di Verchiano e il contatto con l’Arca di pietra dove erano custodite le reliquie del santo Paoluccio Trinci, trasferirebbe nel corpo umano l’immunizzazione e l’esorcizzazione.
Il sarcofago in lastre di pietra, di semplice fattura, in cui un tempo era conservato il corpo, presenta un’apertura sul fronte in basso ed una fessura sul coperchio: nella prima i fedeli introducono il piede destro, mentre nella seconda infilano la mano sinistra per essere immunizzati contro le malattie delle ossa e ischiadiche.
Non sappiamo però che cosa sia avvenuto di miracoloso per cui Paolucclo Trinci sia diventato il terapeuta contro le malattie delle ossa, bisogna comunque precisare che meta del pellegrinaggio è il Santuario, non il sepolcro, che tuttavia viene sempre considerato oggetto apotropaico.
 

Ricorrenze

Il santuario è meta di due pellegrinaggi organizzati: il primo nel giorno dell’Ascensione, il secondo il 26 luglio in onore di S. Anna a ricordo di una peste scampata per la sua intercessione.
S. Anna entra nel cerchio dei santi terapeuti contro la peste sulla fine del ‘400, quindi la processione dovrebbe essere Iniziata alla fine del ‘400 o agli inizi del ‘500.
Il giorno dell’Ascensione si va in pellegrinaggio solo ogni tre anni, in tale giorno, dato il periodo dell’anno in cui la festa ricorre, si va per invocare l’abbondanza del raccolto ed è evidente la sovrapposizione del culto cristiano ad un precedente culto pagano.
Probabilmente alla fine del ‘400 vengono riscoperti i cocuzzoli del monti come meta di pellegrinaggi per rogazioni e per soddisfare alcuni voti.
 

Curiosità

Il caso strano che circonda Paoluccio Trinci sta nel fatto che mentre la tomba rimasta vuota, continua ad essere meta di pellegrinaggi e devozione, il corpo del santo frate sepolto prima a Spoleto poi a Monteluco non è più oggetto di culto pubblico.
 

Fonti documentative

Santuari e Castelli del folignate e della Valtopina di Sandro Capodimonti Dimensione Grafica Editrice
Cartellonistica in loco
Don Mario Sensi e la Scuola Media di Colfiorito – Santuari Terapeutici – Cassa di Risparmio di Foligno Quaderno N° 3 2017

http://www.menotre.it/

 

Mappa

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