Rocca di Montefiore Conca (RN)
Cenni Storici
Montefiore è la capitale medioevale della Valle del Conca e uno dei paesi della Signoria dei Malatesta più integri e affascinanti. Non a caso Montefiore rientra nel prestigioso circuito dei “Borghi più belli d’Italia”. La Rocca, come sentinella di pietra delle terre malatestiane, offre, con le sue geometrie severe e imponenti, scorci davvero unici. Sorge su un promontorio dove, nelle giornate serene lo sguardo abbraccia la costa da Fano a Ravenna.
In seguito alle ricerche archeologiche iniziate nell’estate del 2006 sono state ricavate interessanti scoperte che hanno permesso di aggiornare il rapporto tra il sito e le fonti storiche, in base alle quali si riteneva che il castello fosse sorto intorno al 1337 per iniziativa di Malatesta Guastafamiglia (1299 c.-1364). È certo che nel 1347 la rocca dovesse essere già costruita e funzionante, tanto da ospitare in quell’anno il re e la regina d’Ungheria. Il castello rimase poi sotto il dominio dei Malatesta fino al 1458, quando l’anno seguente venne occupato da Federico di Montefeltro.Nato con funzioni esclusivamente difensive, il Castrum Montis Floris fu ampliato in funzione di residenza intorno alla prima metà del ‘300 e successivamente ristrutturato e abbellito da Sigismondo Pandolfo nei primi decenni del XV secolo. Le successive vicende del castello sono molto complesse, soprattutto per quanto riguarda il controllo politico del centro, che nei secoli XV-XVI fu oggetto di passaggi di potere quasi continui. La recente campagna di restauro, condotta da parte della Soprintendenza per i beni architettonici e per il paesaggio di Ravenna, in collaborazione con la Soprintendenza per i beni archeologici dell’Emilia Romagna e con il Comune di Montefiore, ha svolto lavori di consolidamento dell’intera struttura e ha riportato il complesso monumentale ad una totale fruizione, permettendo di accedere anche agli ambienti antichi, prima non raggiungibili. Nel vano in cui ti trovi e in quello successivo, per svolgere gli scavi archeologi, si è proceduto alla rimozione del pavimento. Conseguentemente, l’attività di scavo ha messo in luce un insieme di strutture legate alle fasi più antiche di frequentazione della rocca. Le ricerche archeologiche hanno riportato alla luce una notevole quantità di reperti, spesso ottimamente conservati. Alcuni boccali costituiscono testimonianza delle più antiche maioliche smaltate dell’Italia centro-settentrionale, cui si aggiungono le maioliche quattrocentesche, e quelle cinquecentesche di produzione pesarese e faentina. Numerosissimi i vetri, per lo più bicchieri e bottiglie di produzione veneta. Non mancano le monete; gli attrezzi da lavoro; le armi; ma anche oggetti più prestigiosi, come un sigillo in bronzo. La varietà e la quantità dei materiali rinvenuti offrono uno spaccato sociale della vita del castello, nelle sue numerose sfaccettature: la quotidianità, la vita di corte, i mestieri, l’attività militare. I restauri hanno permesso di accedere anche ad ambienti fino ad ora non fruibili dal pubblico, come ad esempio la Sala dell’Imperatore dove sono conservate pitture laiche datate circa un decennio dopo la metà del Trecento, attribuite al pittore bolognese Jacopo Avanzi. Altri frammenti delle sue pitture sono esposte nella sala e del Trono. E’ possibile osservare anche parte dell’originaria copertura del castello, un tetto a doppia falda e percorrere le strette e lunghe scale che percorrono da cima a fondo l’edificio.