Eremo Francescano di Santa Illuminata – Guardea

Luogo suggestivo del francescanesimo, ma a parte la grotta di San Francesco il resto è pressochè completamente cancellato, pare però che la struttura sia in fase di rifacimento a giudicare dal cantiere che vi è stato ultimamente allestito.

 

Cenni Storici

Sorge nel territorio di Guardea, alle pendici del monte Civitelle.
Fu fondato probabilmente da san Romualdo nell’XI secolo e retto dai camaldolesi fino a quando, circa due secoli dopo, passò ai francescani. San Romualdo lo volle dedicare a S. Illuminata sua illustre concittadina che fu martirizzata al tempo di Diocleziano nella zona di Todi, dove si era rifugiata per sfuggire alla persecuzione.
Accanto all’antico romitorio qui esistente è visibile la grotta che, si tramanda ospitò san Francesco. In essa, nel XII secolo, fu incisa sulla pietra la scritta: LECTULUS B. FRANCISCI (giaciglio del beato Francesco).
A S. Illuminata vissero molti Beati tra cui il Beato Giovanni d’Avellino, il B. Giovanni d’Alviano ed il Beato Giovanni Tientalbene, così chiamato perché era solito dire a chi incontrava “Tienti al bene”.
Quest’ultimo compì molti miracoli, ridiede la vista ad un cieco, guarito un paralitico ed una donna inferma.
Quando morirono, questi Beati furono sepolti nello stesso loculo chiuso da una grata e da uno sportellone di legno sul quale furono effigiati vestiti con gli abiti dei conventuali.
Ma il Beato più famoso e più venerato fu, e lo è tuttora, il B. Pascuccio della nobile famiglia degli Atti di Todi, nato ad Acquasparta nel 1435, le cui spoglie ora riposano nella chiesa parrocchiale di Guardea.
Il corpo del Beato Pascuccio fu trafugato ad opera degli abitanti di Acquasparta, i quali furono costretti a restituirlo grazie all’intervento di Papa Pio VII e delle autorità civili onde evitare una guerra tra le due popolazioni.
Il complesso fu restaurato dai francescani nel 1635, ma nel 1652 papa Innocenzo X ne decise la soppressione perché il convento contava meno di sei frati.
Tutti i beni furono concessi alla parrocchia di Santa Maria dell’Olmo di Amelia che li affidò a un eremita, mentre le messe fino al 1830 vi venivano celebrate una volta al mese dai cappuccini di Lugnano.
Malgrado ciò, esso andò verso la desolazione e il degrado.
Anche la chiesa divenne pericolante e la grotta di san Francesco fu profanata, utilizzata come ricovero per il bestiame.
Nel 1795 i parroci di Santa Maria dell’Olmo vendettero il tutto ai signori Salusti di Guardea, che finirono di pagare nel 1807.
Solo dal 1963, per sollecitudine dell’arciprete don Aldo Cinti si è provveduto a ripulire la grotta, sistemandone il pavimento e chiudendola con un cancelletto.
Da una descrizione della chiesa, fatta prima che l’edificio crollasse, sappiamo che essa era dotata di un presbiterio e di due altari e che nelle varie cappelle esistevano quadri e affreschi.
Si sa però che in passato la chiesa di S. Illuminata fu scelta come ultima dimora da personaggi illustri appartenenti alle nobili famiglie dei signori di Baschi, dei signori di Alviano e, secondo i più antichi registri parrocchiali, qui volle essere sepolta la maggior parte delle persone o delle famiglie più rispettabili e più ricche di Guardea.
A tale proposito, fino a pochi anni orsono, si vedeva un sarcofago di travertino sporgente all’interno della chiesa che recava il nome di Pentesilea con due scudi di travertino al cui interno c’erano due stemmi.
Si trattava della tomba di una nobildonna non bene identificata. Noi sappiamo che la seconda moglie di Bartolomeo d’Alviano si chiamava Pentesilea Baglioni.
Dell’antico monastero non rimane che l’impianto della chiesa romanica con lo spaccato del fronte dell’arco trionfale.
La presenza dell’ultimo eremita è attestata ai primi anni del 1800.
 

Da uno scritto dell’Arciprete Don Aldo Cinti di fronte all’eremo

Situato fra i Comuni di Alviano e Guarde a breve distanza dalla statale Amerina il Convento Francescano di Santa Illuminata è oggi ridotto a un cumulo di rovine più per l’incuria degli uomini che per l’erosione del tempo.
Secondo gli Annali Camaldolesi la fondazione dovrebbe attribuirsi a San Romualdo intorno all’anno 1006 durante le lunghe peregrinazioni attraverso l’Italia nell’ansia del rinnovamento monastico.
Dai monaci Camaldolesi passò, in epoca imprecisata, al nascente ordine Francescano, divenendo presto oasi di orante silenzio e di dura penitenza.
Della presenza del Poverello rimane ancora la “Grotta di San Francesco” formata da due enormi massi violentemente spezzati che, in miniatura sembrano ripetere il “ Sasso Spicco” della Verna.
All’interno il “ Lectulus Beatus Francisci” scelto dal santo per il breve riposo.
La pietra ha una lunghezza massima di tre metri e una larghezza di m 1.10, la superficie da al tatto l’impressione di un panno di velluto.
In questo eremo vissero e si santificarono uomini di ingenuo candore come Fra Ginepro, immortalato dai Fioretti, Giovanni Tientalbene ivi spentosi nell’anno 1032, i Beati Giovanni di Alviano e di Avellino e il Beato Pascuccio che vi morì il 12 gennaio 1485.
La soppressione del convento a seguito della Costituzione “ Instaurande di Innocenzo X del 15 ottobre 1852 trasferimento prima e poi l’alienazione dei poveri beni segnarono la fine di un autentico “ Monumento di Arte e di Pietà Cristiana”.
In questo contesto storico fu possibile il trafugamento del venerato corpo incorrotto del Beato Pascuccio perpetrato da “ Indiscreti Divoti” di Acquasparta la notte del 26 marzo 1823.
Nella fausta ricorrenza del V centenario della morte, l’Amministrazione Comunale di Guardea, con nobile gesto, ha voluto recuperare quanto rimane del Centro Storico.
Guardea V centenario del Beato Pascuccio ( 1485 – 1985 )
 

Eremo Terapeutico

Nell’Eremo S. Francesco vi dimorò a lungo, trascorrendo le ore del riposo notturno in una grotta situata accanto al convento, dormendo sopra un grande masso di travertino che con il tempo è divenuto liscio e levigato perché, in seguito, vi si distendevano tutti coloro che soffrivano di determinate malattie per ottenere la guarigione.
Per secoli questo masso fu venerato sia dalle popolazioni vicine sia da persone che da lontano giungevano in pellegrinaggio per pregare e impetrare grazie.
In seguito divenne oggetto di venerazione anche una sorgente che sgorgava accanto alla grotta la cui acqua, limpida e fresca, è citata in documenti antichi come miracolosa.
Questa sorgente esiste ancora, nascosta nel folto della vegetazione.
 

Da vedere nella zona

Cappella delle Rondini Alviano
Oasi Naturalistica di Alviano
Castello di Alviano
 

Bibliografia

Abbazie benedettine in Umbria di francesco Guarino e Alberto Melelli edizioni Quattroemme

http://www.comune.guardea.tr.it

 

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