Eremo di Grotta Sant’Angelo – Palombaro (CH)
Cenni Storici
Si trova in località di Sant’Agata d’Ugno, a circa 750 m s.l.m. Il riparo ha un ingresso largo circa 35 metri ed è parzialmente chiuso all’interno da una formazione rocciosa. Ad una parete si appoggiano i resti della chiesa: due tratti di mura e un’abside semicircolare. Le pareti sono realizzate in conci di pietra squadrata; una fila di archetti pensili corona un tratto di mura e l’abside, che presenta una cornice con cordonature a tortiglione. La chiesa ha una pavimentazione scoscesa ed irregolare costituita da una formazione rocciosa. Dedicata a S. Angelo, la chiesa fu costruita probabilmente tra XI e XII secolo, come attesta il sistema decorativo architettonico assimilabile a quello presente in S. Liberatore a Maiella. Attualmente l’edificio è totalmente spoglio, ma le testimonianze ricordano che fino agli anni Trenta era presente un altare e due nicchie con statuine di santi. Nella parete della grotta antistante la chiesa e su di uno sperone posto all’ingresso dell’androne, sono scavate quattro vasche di raccolta dell’acqua. Storia e tradizioni: L’unica notizia sul complesso è presente in una bolla datata 1221 di Onorio III il quale conferma l’appartenenza delle chiese di S. Angelo e S. Flaviano di Palombaro al monastero di S. Martino in Valle. La chiesa sarebbe sorta dove un tempo si trovava un tempio dedicato a Bona, dea della fertilità. Le donne vi si recavano e bagnavano le mammelle con l’acqua della grotta al fine di favorire l’abbondanza di latte, in epoca cristiana questo culto fu sostituito con quello di S. Agata, patrona delle puerpere; in seguito la titolazione a S. Agata fu sostituita con quella a S. Angelo. Quest’ultima dedicazione, insieme alla presenza dell’acqua e della costruzione dell’edificio all’interno di una grotta, rendono altresì plausibile la presenza del culto micaelico.
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E’ all’interno dell’antico feudo Ugni, parte integrante del Parco Nazionale della Maiella e della riserva naturale Fara S.Martino – Palombaro. La grotta, posta a 1000 metri s.l.m. è accessibile tramite un sentiero naturale che ripercorre il tracciato di un antico braccio tratturale della Maiella che conduceva ai pascoli del Martellese e del monte Ugni.
Nel 1221, in una bolla di Onorio III, si conferma al monastero di S. Martino in Valle il possesso delle chiese di S.Angelo e S. Flaviano di Palombaro. E’ questa l’unica notizia relativa alla nostra piccola chiesa rupestre di cui siamo a conoscenza ma scarsa è anche la tradizione legata ad essa, nonostante si trovi al centro di una zona densamente popolata fin dall’epoca italica.Veduta della Grotta S.Angelo. L’unica tradizione di rilievo è quella che vuole che il santuario fosse dedicato a Bona dea della fertilità. Il luogo presenta tutte quelle caratteristiche perché vi nascesse in seguito un culto per S. Michele Arcangelo: la cavità, l’acqua, la presenza pastorale. Per il Moretti, S.Angelo rappresenta in Abruzzo “l’unica rilevante vestigia ricavata nella roccia che assuma chiaro valore di arte”. La grotta è costituita da un unico grande ambiente, all’interno del quale vi sono alcuni resti di una chiesa benedettina databile tra XI e XII secolo dedicata a S. Agata d’Ugni, ed in seguito al culto di S. Angelo. Della struttura religiosa restano la parete dell’ambiente absidale e la zona ove era posto l’altare. Lo stile architettonico dell’abside è ascrivibile al preromanico abruzzese ed è confrontabile con l’abside di San Liberatore a Maiella presso Serramonacesca. La parete esterna presenta una decorazione con cornice cordonata ed astragali, da cui si dipartono una Vasca scavata nella roccia di archetti ciechi. E’ presente una piccola finestra strombata.Veduta posteriore Grotta S. Angelo. Il criterio dell a continuità cultuale nel tempo permette di dire che la grotta, nel corso dei millenni, ha visto alternare al suo interno riti diversi nella forma, ma sostanzialmente tutti riconducibili all’adorazione di dèi e santi protettori della fertilità, della natura e della donna.Non sappiamo se in epoca preistorica la divinità o le divinità adorate avessero un nome specifico, non possiamo ancora dire quale o quali delle divinità dei Carricini (Kerres, Anter Stataí, Ammaí Kerríiaí, Liganakdíkei Entraí, Hereklúí Kerríiuí, Pernaí Kerríiaí, Fluusaí) fossero qui invocate, ma dei culti praticati nei tempi storici relativamente più recenti abbiamo qualche notizia.Con la conquista politica i Romani imposero i loro dèi e la grotta divenne un tempio della Bona dea. Per invocare la sua protezione, le donne in età fertile venivano in processione da tutto il touto carricino e si bagnavano il petto nudo con le acque lustrali che, da una sorgente che sgorgava all’interno della grotta, veniva raccolta nelle ampie vasche ricavate nella roccia all’ingresso della caverna. Con la cristianizzazione del territorio si ebbe la sostituzione della Bona dea con la santa che svolgeva le medesime funzioni e così la grotta divenne la chiesa di Sant’Agata. Dopo l’abbandono da parte degli abitanti del villaggio di Ugni, nelle cui pertinenze si trovava la grotta, il nome fu cambiato e la chiesa fu intitolato a S. Michele arcangelo, che aveva sostituito il dio italico Ercole come protettore della transumanza.