Convento di San Francesco – Acquaviva Picena (AP)

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Foto 2017 – Convento

Cenni Storici

Secondo gli studi di Gustavo Parisciani, francescano conventuale, il luogo francescano è il più antico di tutta la Marca, una regione che Francesco d’Assisi visitò varie volte nel corso della sua vita. Furono gli Acquaviva, che, sebbene filoimperiali, accolsero benevolmente il Poverello e l’invitarono a lasciare qualche frate su di un colle a poco meno di un miglio dal castello. All’inizio non è possibile parlare di un monastero perché i frati vivevano prevalentemente solitari in piccole celle a guardia del raccolto. Sembra che la prima cappella fosse un umilissimo ambiente a “pietruccia e calcina” dedicato alla Madonna, nel quale doveva esservi un dipinto della Vergine di fattura bizantina e un San Giovanni Battista affrescato al di sopra di una colonna. Le fonti citano anche la presenza di un antichissimo codice di musica di stile greco, con lettere al posto delle note. Nel 1228, a due anni dalla morte di San Francesco, Acquaviva veniva citata nel novero dei primi 24 monasteri.

E’ ben nota la grande diffusione dell’ordine francescano che portò alla iniziale divisione dell’Italia in sei amministrazioni, tra le quali la “Marchia Anconitana” che, a sua volta, fu divisa in sette custodie tra le quali l’Ascolana della quale faceva parte Acquaviva. Il romitorio non diventò convento (comunità di 12 frati) ma restò per molto “luogo”. La prima cospicua somma per costruire la chiesa e il convento venne ai frati dallo somunicato imperatore Federico II, di passaggio nella zona. La costruzione, nel 1260, doveva essere a buon punto se papa Alessandro VI concedeva indulgenze a coloro che visitassero la chiesa nelle feste mariane e nella ricorrenza della sua dedicazione. Giovò molto alla chiesa fra’ Gerolamo d’Ascoli, governatore dell’ordine, che divenne Papa col nome di Nicolo IV (1288 1292). Questi, fin dalla sua elezione a cardinale, inviò doni a vari monasteri della sua zona d’origine tra i quali Acquaviva che ricevette un frammento della Santa Croce in un reliquiario d’argento, purtroppo andato perduto. La chiesa si era nel frattempo arrichita di un affresco con San Francesco che riceve le stimmate, mentre era stata restaurata l’antica immagine della Vergine (1338). Nel secolo XVI la struttura si era notevolmente ampliata essendovi un chiostro e due campane nel campanile. Nel 1561, che è l’anno di fondazione del Monte di Pietà, giungeva una nuova pala per l’altare maggiore con la Vergine circondata da Angeli e i Santi Francesco e Giovanni Battista e gli Apostoli Pietro e Giacomo.

L’autore era Giacomo Agnelli da Patrignone e il committente era Giambattista Smacchia che molto beneficò i frati. Lo Smacchia, Cavaliere Lauretano, volle essere sepolto nella chiesa. E non fu il solo perché molti notabili di Acquaviva vollero farsi seppellire a San Francesco. Sempre in questo secolo il convento attraversò uno dei momenti più felici tanto da ospitare per la prima volta un capitolo provinciale (1569). Molto, giovò alla causa dei francescani della Marca l’erezione a Vicario Apostolico di Felice Peretti da Montalto che sarà Papa col nome di Sisto V (1585-1590). Sappiamo che il futuro papa sostò ad Acquaviva nel 1567. II XVII secolo si aprì con un fausto event il convento ospitò, nel 1607, un nuovo capitolo provinciale. Purtroppo però, da quella data, ha inizio una progressiva decadenza, tanto che nel 1612 “per la sua povertà” vi risiedevano solo uno o due frati. Ma la chiusura del convento fu conseguente alla riforma francescana voluta da Papa Innocenzo X.

Secondo un’indagine dell’epoca il convento aveva cinque stanze da letto, refettorio, cucina, cantina, stalla, magazzino, un chiostro con pozzo ed alcuni terreni a vario tipo di cultura. Il tutto non bastava a mantenere i 12 frati prescritti dalla riforma ed Acquaviva, nel 1653, vide soppresso il suo convento. All’atto della cessione dei beni alla Diocesi di Monteprandone fu stilato un inventario dei beni che costituisce un interessante documento di storia cittadina. A seguito della soppressione si verificarono complesse vicende, spesso poco edificanti, che portarono il complesso ad un progressivo degrado. A riscattare il vecchio luogo pio si compirono i fatti prodigiosi che richiamarono su di esso l’attenzione. Il 10 dicembre 1672, e per gli altri tre mesi successivi, le campane suonarono senza che nessuno le attivasse mentre delle strane luci si accendevano sul convento raggiungendo talora grande intensità. L’olio della lampada accesa davanti alla statua di San Francesco profumava, non si consumava ed aveva poteri taumaturgici. Il fenomeno richiamò numerosissimi fedeli, gente del popolo ma anche religiosi e nobili. Giunse anche il Duca d’Atri Acquaviva Aragona che condusse con sé il figlio Francesco ammalato che ne ottenne prodigiosa guarigione. In ringraziamento, il duca fece rinnovare l’altare apponendovi lo stemma della famiglia. Francesco, divenuto cardinale, beneficò a sua volta il convento.

L’11 giugno 1714, con una solenne cerimonia, il convento riapriva. A contribuire a risolverne i problemi economici era intervenuta l’amministrazione comunale con la donazione di un vasto fondo. L’altare di San Francesco veniva beneficato da Benedetto XIII del “privilegio quotidiano perpetuo” (1725). Lavori di restauro furono eseguiti nella chiesa che fu dotata di un organo. Purtroppo nel 1786 l’acqua piovana fu causa del crollo del coro dietro l’altare maggiore. Durante il periodo napoleonico il convento fu abbandonato ma non soppresso ufficialmente. Il motivo è forse da ricercare nel dissapore del Comune verso il nuovo governo a causa delle eccessive tasse. Il Comune si limitò a dichiarare la chiesa aperta al culto ed a rivendicare i terreni precedentemente donati. Tornato nella sua sede Papa Pio Vili nel 1814 e provvedendosi alla reintegrazione dei beni alla Chiesa, il convento fu dichiarato recuperabile anche se non in grado di essere riaperto. Il Papa firmò il decreto di ripristino il 9 febbraio 1820. Iniziarono i lavori, inizialmente vigilati da fra’ Luigi Damiani, che fu per molti anni l’unico custode del luogo. Questi lavori procedettero con fasi alterne per le cause più varie. Nel 1854 fu collocata l’immagine dell’Immacolata Concezione a ringraziamento della fine del colera che aveva mietuto numerose vittime che erano state sepolte in un cimitero apposito sorto presso le mura del convento.

Dopo l’unità d’Italia i beni del convento passarono alla Cassa Ecclesiastica che li vendette a privati. Nel 1989 la chiesa di San Francesco veniva completamente restaurata e restituita al culto. A promuovere il risorgere della chiesa molto si operò padre Francesco Angellotti, studioso di storia e d’arte ed autore della prima organica guida di Acquaviva, scomparso nel 1987. L’ opera di restauro e stata perfezionata grazie all’interessamento dell’amministrazione comunale. Quasi tutti i ricchi arredi segnalati nel citato inventario del 1653 sono andati perduti salvo pochissimi. La ricordata tela con la Madonna col Bambino tra Angeli e i Santi Francesco e Giovanni Battista e gli Apostoli Pietro e Giacomo e attualmente presso la famiglia Ciancia De Angelis, proprietaria del convento. L’opera è datata e firmata in un medaglione in basso al centro: «J. BAPTISTA SMACCHIA DE ACQUAVIVA – EQUES LAURENTANUS F.F. HOC OPUS 1561 DIE XX AUGUSTI. Jacobus Agnellus de Patrignano pinxit».

La chiesa si presenta con semplice facciata a capanna. L’abside è quadrata. Il campaniletto a vela ha una bifora con due campane. Il chiostro quadrato, che si apre nel convento, presenta tre possenti arcate su ciascun lato ed ha al centro un pozzo. Sul muro esterno del convento perpendicolare alla facciata della chiesa è la lapide che ricorda la riapertura alla data 1714 e il contributo offerto dal Cardinale Acquaviva. L’interno è a navata unica con due altari laterali dedicati rispettivamente a San Francesco e a Sant’Antonio di Padova. Sulla controfacciata è una nicchia nella quale è disposta la statua in pie tra di Giambattista Smacchia, Cavaliere Lauretano che è raffigurato giacente, mentre sorregge il capo sul braccio destro ripiegato. Indossa corazza, corta tunica, schinieri e calzari ferrati. Nella navata sono due medaglioni in stucco raffiguranti i fatti miracolosi dei quali fu protagonista la chiesa negli anni 1672-3. Nell’abside è collocata una tela con la Madonna del Carmelo. La memoria funebre della famiglia Migliori, datata 1593, è murata all’interno di una nicchia nel lato destro della navata. Nella piccola sacrestia si conserva una lapide che ricorda i privilegi che la chiesa ottenne da papa Benedetto XIII (1725).

Per approfondimenti maggiori: www.comuneacquavivapicena.it

 

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