Chiesa di Santa Maria della Misericordia – Poreta di Spoleto (PG)

La chiesa è posizionata all’interno del Castello di Poreta.

 

Cenni Storici

La primitiva chiesa, tardo romanica, è probabilmente coeva al castello di Poreta o di poco successiva, utilizza, infatti, come abside e come campanile il torrione di monte della cinta muraria, soluzione del tutto simile a quella della vicina Beroide.
La chiesa ha subito nel corso dei secoli almeno tre grandi interventi di ristrutturazione, che quasi nulla hanno lasciato della struttura originaria.
Il primo intervento, causato probabilmente dall’incremento della popolazione del castello si è concluso nel 1463, come da data letta sul vecchio portale dal Lascaris.
Nel corso di tale prima ristrutturazione è stata prolungata la navata con edificazione di una nuova facciata, sono state costruite due absidiole ai lati della principale ed è stato abbellito l’interno con una nuova decorazione a fresco.
Altri consistenti lavori furono effettuati nella seconda meta del XVI secolo, con la realizzazione di una parete divisoria che separò la zona dell’abside dal resto della chiesa e la trasformò in sagrestia.
La parete fu affrescata nel 1575 da Fabio Angelucci da Mevale.
La Chiesa fu abbandonata nel 1703, a seguito dei danni subiti a causa del tremendo terremoto e, nel 1719 il Vescovo trasferì parrocchia e titolo a quella della Madonna dell’olivo di Piè di Poreta, nel frattempo ampliata.
A seguito di un nuovo sisma avvenuto nel 1781, la chiesa subì ulteriori danni, il 2 giugno 1790 il Pianciani scrisse addirittura al Papa, per il restauro della chiesa.
Poco dopo, sospinto anche dal volere della popolazione il vescovo Francesco Loccatelli diede avvio ai consistenti lavori di ristrutturazione che si conclusero in tempi brevissimi, nel 1792.
La chiesa, ricostruita con una architettura di stampo settecentesco che ne rinforzava le mura modificando l’originaria impronta medievale, fu dedicata a Santa Maria della Misericordia, in virtù del fatto che all’interno vi era custodita un’immagine miracolosa della Madonna, ritenuta miracolosa poiché rimasta illesa dai danni dei terremoti.
Fu completamente riedificata la facciata, all’interno furono tamponate le absidiole, gli angoli smussati, arrotondati tanto che la chiesa dall’originaria forma rettangolare, prese un aspetto quasi ovale.
Furono ridotti a due gli altari laterali; la sacrestia, che prima era posta dietro l’altare, sotto il campanile, fu trasferita e posta in un nuovo ambiente creato sul lato est e adiacente alla casa canonica.
In definitiva del vecchio edificio dedicato a San Cristoforo furono conservati solo gli affreschi dell’altare maggiore
L’intervento è documento da un’iscrizione murata nella controfacciata, sopra l’ingresso:
D.O.M. / VETUSTA. HAEC. AEDES. OLIM. PAROCHIALIS / D. CHRISTOPHORO. CASTRI. PORETARUM. PATRONO. SACRA / IN RUINIS. TERRAEMOTUS. MDCCCIII. FERE COLLAPSA . / AL¬TARE. SACERDOTIBUS . DESTITUTA. JACEBAT . / GRATIIS • ET. MIRACULIS. B. M. VIRGINIS . HIC. IN. MURO DEPI¬CTAE. / FIDELIUM. DEVOTIONE. EXCITATA . / POPULUS. UNDIQUE. / AB. ANNO. MDCCLXXXIX. / AD. VENERANDAM. EIUS. IMAGINEM. PROPERAVIT / QUISQUE. IPSA. PROTE¬GENTE . CUMULATUS. BENEFICIIS . FRANCISCUS. M. LOCCA-TELLI .MARTORELLI . URSINI. EPISCOPUS. SPOLETI/QUI! SACRA M . AEDEM. ET. IMAGINEM. PRODIGIIS. INSIGNEM. PRIUS. VISITAVIT / ALTARE. EREXIT . BENEDIXIT. SACRUM. FECIT . / PIIS. ELEMOSINIS . RESTAURARE. CURAVIT . AU¬XIT . ORNAVIT. / ANNO. SALUTIS. MDCCXCII.
Nel 1828, Leone XII donò alla Cappella di Santa Maria della Misericordia i terreni interni al Castello, dove un tempo sorgeva il borgo abitato.
Successivamente, nel 1867, a seguito delle leggi di conversione promulgate dal Regno d’Italia, i possedimenti della Cappella di Santa Maria della Misericordia, contenuti entro le mura del Castello di Poreta, furono in parte acquistati dalla famiglia Pranzetti, che ne ha fino ad oggi mantenuto la destinazione e l’aspetto originario.
Le residue proprietà rimaste in mano ecclesiastica furono poi, nel 1990, acquisite e ristrutturate dalla Comunità Montana, ora sono adibite ad attività ricettive.
 

Aspetto esterno

La chiesa ha una facciata molto semplice, a due ordini: l’inferiore, più largo e incorniciato da due lesene, accoglie il portale; il superiore, con coronamento a timpano, ha un finestrone con frontone triangolare ed è raccordato con la parte inferiore da ali curvilinee.
Il campanile, che funge anche da abside, nei due lati che guardano verso la collina mostra le strette feritoie e le aperture per i pezzi da fuoco caratteristiche delle torri difensive, retaggio della sua antica funzione.
 

Interno

L’interno è ad una sola navata di forma ovale con tre altari: quello maggiore e due laterali, quest’ultimi, decorati con stucchi e finti marmi, attualmente privi delle immagini di San Giuseppe e di Sant’Anna a cui erano dedicati.
L’ambiente è ben illuminato da tre finestroni posti uno sopra la porta d’ingresso e gli altri due sopra gli altari laterali.
Sopra la controfacciata è collocata la già citata lapide commemorativa del rifacimento del 1792.
A sinistra, in una nicchia, una volta occupata da un confessionale ora trasferito, si conserva un affresco raffigurante San Sebastiano, di autore ignoto di fine del XV secolo.
Dopo l’altare di sinistra una bella porta conduce alla sagrestia.
Nell’absidiola sinistra, aggiunta nel 1463 e parzialmente chiusa dal restauro di fine Settecento, si notano i resti d’alcuni affreschi, in cattivo stato di conservazione e poco leggibili, una parte di mantello blu di una Madonna seduta in trono, sotto un cartiglio con scritta, a sinistra un santo presbitero con ricca veste, a destra sorregge un libro chiuso a sinistra una palma (Santo Stefano?).
L’altare maggiore e la volta del presbiterio sono opera firmata da Fabio Angelucci da Mevale e datata
anno Iubileii ” 1575, come si legge nel cartiglio in basso, tra San Domenico e il piede della Madonna; a destra c’è quello che ricorda il restauro del 1790 a opera del perugino Stefano Notari.
L’Angelucci si ispira al Pinturicchio per il gusto ornamentale, al Perugino per l’equilibrio spaziale della composizione, a Raffaello per il fascino della prospettiva e dell’unità piramidale dei gruppi, a Michelangelo per la grandiosità delle scene.
Purtroppo rimane Angelucci e lo si vede esaminando da vicino i dettagli che rivelano cattive proporzioni e difetti evidenti nella prospettiva, qui però ha saputo creare una deliziosa festa di colori ed armonie, di ottimo effetto scenografico.
Le immagini sono disposte su due livelli.
Nella parte superiore dell’affresco, entro una cornice triangolare e sormontati da due angeli che sorreggono il monogramma della Vergine, sono raffigurati San Cristoforo, cui anticamente era consacrata la chiesa e ai lati, separati da riquadrature dipinte, i Santi Pietro e Paolo.
Sotto l’Eterno che benedice tra i Santi evangelisti Giovanni e Luca.
È decorato anche il sottarco con raffigurati, da sinistra a destra, San Matteo evangelista, la Pentecoste con Maria e i discepoli nel cenacolo, Assunzione della Vergine, Incoronazione della Vergine, Ascensione, Resurrezione e San Marco evangelista.
Nella scena centrale è raffigurata la Madonna in trono con il Bambino tra angeli con il rosario e ai suoi piedi a sinistra San Domenico contornato da fedeli oranti maschi e a destra Santa Caterina da Siena, contornata da fedeli oranti donne; in mezzo a loro, in un riquadro ovale, una Crocifissione.
Fan da corona all’affresco principale i Misteri del Rosario, scene di vita di Cristo e di Maria.
Due aperture ai lati dell’altare principale conducono all’antica abside, poi trasformata in sacrestia e che più recentemente era utilizzata per un ripetuto atto di devozione alla Madonna: si entrava nella porticina destra, si usciva da quella di sinistra e si ripassava davanti all’immagine della Madonna, ripetendo il tutto, in preghiera, per tre volte.
In quel che resta dell’absidiola destra si notano i resti d’alcuni affreschi, in cattivo stato di conservazione e poco leggibili, anche questi d’autore ignoto di fine del XV secolo, nel catino Dio Padre benedicente, sotto forse un San Rocco, a destra la Madonna in trono col Bambino.
A destra di chi entra, s’incontra un’altra nicchia anch’essa ricavata per un confessionale che accoglie le scarse tracce, praticamente ne è rimasta unicamente la sinopia, dell’immagine che diede il nome alla chiesa: la Madonna della Misericordia, che accoglie i suoi devoti sotto il mantello protettivo, sorretto ai lati da due angeli.
È contornata dai santi Michele Arcangelo, a destra, Antonio da Padova e Antonio Abate a sinistra.
Il Todini attribuisce con sicurezza tali affreschi allo spoletino Jacopo Zabolino, il cattivo stato di conservazione non consente di condividere tanta certezza.
Al registro superiore San Rocco contornato da due immagini di San Sebastiano.
Sul lato destro, verso la controfacciata, si trovano due immagini sovrapposte della Madonna in trono col Bambino, d’autore ignoto della fine del XV secolo.
 

Nota di ringraziamento

Si ringrazia la professoressa Marina Malatino per i preziosi appunti forniti e le esaurienti spiegazioni. Eventuali errori o imprecisioni sono solo miei.
 

Fonti documentative

http://web.tiscali.it/ilcastellodiporeta/la%20chiesa.htm

DI MARCO, LIANA Le due chiese di S. Cristoforo a Poreta Edizioni dell’Accademia Spoletina, 1979 Spoleto Arti Grafiche Panetto & Petrelli
Ceccaroni S. Nessi. S. – Da Spoleto a Trevi lungo la Flaminia
 

Nota

La galleria fotografica è di Silvio Sorcini e Alberto Monti il testo è stato realizzato da Silvio Sorcini
 

Mappa

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