Chiesa di Santa Maria del Gualdo – Porziano d’Assisi (PG)

Da questa chiesa provengono due capolavori artistici conservati nella Basilica di San Francesco d’Assisi.

 

Cenni Storici

Santa Maria del Gualdo è una chiesina, con una torre vicina, posta a 484m s.l.m. in frazione di Porziano, alla destra del Rio Grande dopo l’unione del fosso della Trave col fosso di Porziano, l’uno proveniente da Catecuccio, l’altro da S. Presto; vedendola oggi ci si chiede che senso abbia avuto costruire un piccolo agglomerato e per di più una chiesa, che come vedremo in seguito conteneva due meravigliosi gioielli artistici, in una zona così fuori mano, tanto isolata ed emarginata che le strade per giungervi sono abbandonate, a tratti chiuse da rovi ed appena percorribili.
La risposta sta nel fatto che in antichità le cose erano radicalmente diverse, infatti l’area su cui sorgeva la chiesa era fortemente strategica in quanto interessata da importanti vie di comunicazione, vi passava la strada Nocerina, che da Assisi, percorrendo il tratto per Paganzano e Pieve S. Nicolò, da Valfabbrica, da Gubbio e dalla zona est di Perugia conduceva a Nocera Umbra attraversando S. Maria del Gualdo che sorgeva proprio in mezzo a questa rete stradale ed insediativa.
la chiesina sorgeva proprio in mezzo a questa rete stradale.
Il nodo viario nei pressi della località “il Pioppo“, posto tra Pieve S. Nicolò e Valfabbrica, era un importante punto di collegamento tra Assisi, Valfabbrica, Gualdo, Nocera, Perugia ed era un punto obbligato per giungere a Gubbio quindi anche lo stesso san Francesco attraversò questa zona quando fuggì da casa ed è da queste parti che probabilmente il Santo fu assalito da malfattori (Fortini).
Ricordiamo anche che qui sorge una delle più importanti abbazie benedettine quella di San Nicolò di Campolongo, posta anch’essa in un’area strategica dal punto di vista logistico, nei pressi della “strada nocerina” e nelle vicinanze delle località il Pioppo e S. Maria del Gualdo, nodi viari frequentati dai viandanti.
Analizzando poi il toponimo viene confermata ancora di più la presenza umana in queste aree, infatti ricaddero subito sotto la sfera di interesse della popolazione Longobarda che occupò l’Italia nel 538.
Il termine “Gualdo“, infatti, deriva dal germanico “wald“, e sta a significare “bosco, selva” e questa attribuzione del nome sicuramente è stato dato da qualche colonia di Longobardi che occuparono terre in Umbria e vi hanno stanziato ed in questo caso vi formarono anche un villaggio in un terreno boscoso per antonomasia.
Quest’area è divisa in due vocaboli Gualdo di Sotto a m. 458 slm. e Gualdo di Sopra a 484 metri, “Il Gualdo“.
Scarse sono le notizie storiche relative a S. Maria del Gualdo, la chiesina nel 1354 appartiene alla “baylia Gualdi Domus Malmoni” e le sono attribuiti 20 appezzamenti di terra per un totale di estimo in lire pari a 469 soldi e 12 denari.
Nel catasto del 1475 S. Maria del Gualdo è annoverata tra le chiese soggette alla Badia di S. Nicolò di Campolongo; quando la Badia passa tra le proprietà del Sacro Convento, anche la chiesa del Gualdo segue il medesimo destino.
In un documento, datato 3 ottobre 1521, si ha notizia che il capitolo dei frati di San Francesco, nomina Prospero di Giovanni da Porziano cappellano della chiesa di S. Lorenzo di Porziano e della chiesa di S. Maria di Gualdo, per il tempo di nove anni, in cambio del versamento annuo di una rasenga di grano, un barile di vino e una libra di cera.
La quantità dei terreni che nel 1782 il Convento possiede presso S. Maria del Gualdo assommano a 320 Modioli pari a Paoli 3120.
L’antica chiesina del Gualdo documentata in epoca medievale non è quella che oggi ne vediamo i ruderi, ma era posta qualche centinaia di metri più a nord rispetto l’attuale chiesa riedificata nel XVII secolo.
Va detto che la prima chiesa del Gualdo chiamata “S. Maria de Gualdo“, o “di lo Gualdo” o “S. Maria della Villa del Gualdo“, dal Catasto della badia di Campolongo, “ecclesia pendens a conv. S. Francisi“, fu anche sede della prima parrocchia del territorio porzianese, attiva fino al 1573, anno in cui venne soppressa per volere del visitatore apostolico mons. Pietro Camaiani che eresse la nuova parrocchia nella chiesa castellana di “S. Lorenzo” a Porziano.
Dalla visita pastorale di Rondanini del 1659 risulta che la chiesa è da riparare perché minaccia rovina, “plene ruinam minatur“, poi risulta come chiesa riedificata, “denuo reedificatam“, unita a Porziano e di cui il Vescovo, il 21 settembre 1666, fa la inaugurazione con la benedizione e nota che vi si celebra Messa per le feste della Madonna e tre volte alla settimana, e dirà che S. Maria della “Villa del Gualdo” è alquanto frequentata; dunque si può desumere certamente che fino al XVII secolo la zona intorno a Santa Maria del Gualdo fu popolata e non priva di attività.
Non vi è il fonte battesimale, ma verrà eretto a Porziano anche perché il parroco è lo stesso, frate Battista, con 70 famiglie; vi è unita una vecchia cameretta, forse per l’alloggio del curato come consigliato dallo stesso Visitatore apostolico.
Mons. Palmerini, nella visita del 1717, scrive invece che vi si celebra Messa in alcune domeniche determinate, nelle feste della Madonna e l’ultima Messa di Natale alternativamente con Porziano.
Il locale, lungo circa 10 m e largo 5 m, ha tre finestrelle, due botole tombali nel pavimento e presenta uno sperone a valle ed una porta sul lato est, che funge da facciata, e questo fa pensare che in origine l’edificio non era così disposto; ha un altare settecentesco a sarcofago in mattoni ricoperti a gesso, con una data alla sommità della fiancata destra: “A.D. MDCCLXXXVI“.
Sopra l’al tare si trova un affresco, in gran parte scomparso a causa del crollo del soffitto che non garantisce più protezione dalle intemperie, databile intorno alla metà del XVII secolo, recante l’immagine della Madonna col Bambino al centro, S. Francesco a destra, e a sinistra San Giovanni Evangelista distinguibile dalla coppa in mano dalla quale esce una “serpiciattola“.
A sinistra dell’altare vi era una lapide, oggi conservata nella casa parrocchiale di Porziano, che ricordava l’indulgenza plenaria concessa da Benedetto XIV con la bolla “Fidelis Diminus“.
Fino a quasi 25 anni fa vi si faceva la festa il 27 dicembre e, nel passato, una priorata offriva ai fedeli un mestolo di “acene” (fagioli, fave, ceci, gran cotto) chiamati nella circostanza “centàcene” e da bere.
A causa di continue manomissioni e dell’abbandono alle ingiurie del tempo, oggi la chiesa si trova in pessime condizioni conservative: il soffitto quasi completamente crollato, il pavimento parzialmente distrutto e invasa da rovi e piante infestanti di ogni genere.
Nella parte alta della chiesa si trova il campanile, attualmente sprovvisto della campana conservata nella casa parrocchiale di Porziano.
Dell’antico Borgo del Gualdo, che fu anche Balia del Comune di Assisi insieme a Porziano nel XVI secolo, “balìa di Porciano et el Gualdo“, resta una torre e alcune abitazioni semi-crollate e ricoperte di spine ed edere, si nota ancora il vecchio forno comune posizionato nella parte alta accanto all’ingresso della chiesa.
La torre con un edificio addossato è stato ristrutturata ed adibita a civile abitazione.
 
 

IL CROCEFISSO ROMANICO

Il Crocifisso romanico che oggi campeggia sopra l’altare della Basilica inferiore di San Francesco d’Assisi vi è stato posto in occasione del Giubileo del 2000, prima di essere scelto per questa destinazione, il Crocifisso era conservato nelle sale del Museo del Tesoro, all’interno del Sacro Convento, ma la sua provenienza originale ha scatenato diversi quesiti.
La scheda di catalogo della raccolta, compilata nel 1980 da Pietro Scarpellini, c’informa che il dipinto fu realizzato da un “Maestro umbro degli anni 1220-1240“, e che “il Crocifisso era nella chiesa di Porziano non lontano da Assisi: di qui è pervenuto al Tesoro alla fine del secolo scorso o agli inizi di questo“.
Questa notizia è stata ripetuta senza varianti nelle pubblicazioni che sono state dedicate al Crocifisso in tempi più recenti.
La prima notizia a stampa sul Crocifisso di Porziano compare nel volume dedicato alla pittura del Trecento nella Storia dell’arte italiana di Adolfo Venturi (1907), che costituisce la fonte alla quale si è ispirata tutta la letteratura posteriore il quale afferma, paragonandolo con un altro che questo era “già nella chiesa di Porziano (comune di Gualdo)”; Porziano in realtà appartiene al comune di Assisi.
Questa tesi della provenienza da Porziano si smonta poiché in questo antico castello c’è una sola chiesa dedicata a San Lorenzo integralmente ricostruita nel 1933 e non esiste documento nel Sacro Convento che ne attesti il trasferimento e nemmeno negli inventari della chiesa se ne fa menzione.
Di conseguenza, la chiesa di Porziano nominata da Adolfo Venturi non può essere identificata con la chiesa del castello.
Visto che il Crocefisso fu esposto in una mostra a Perugia nel 1907 se ne sarebbe dovuta trovare traccia nei tre precedenti inventari della parrocchia (1845, 1891, 1906) ma così non è, di conseguenza, la chiesa di Porziano nominata da Adolfo Venturi non può essere identificata con la chiesa del castello.
La soluzione forse sta nel fatto che altre tre chiese erano nella sfera del castello di Porziano e proprietà del Sacro Convento e queste, secondo un elenco del 1593 erano: la chiesa di Santa Maria del Gualdo, la chiesa de Santo Lorenzo de Porciano e la chiesa di Santa Croce de Porciano.
Da scartare Santa Croce che compare nell’elenco con il solo titolo e non vi sono descritte le suppellettili necessarie per l’ufficio eucaristico, come se la chiesa fosse già stata dismessa; San Lorenzo come visto dagli inventari non ce l’aveva, non rimane che ritenere come probabile contenitore la chiesa di Santa Maria del Gualdo.
Di questa chiesa è descritta la dotazione liturgica di due altari: il principale intitolato al Crocifisso e un secondo altare dedicato alla Madonna.
Nel 1705 descrivendo la chiesa, il Visitatore apostolico trovò “due Altari, nel primo sono le Pitture della Madonna, di S. Francesco, di S. Antonio, di S. Bonaventura e di S. Giovanni Evangelista nel muro.
E nel secondo è una statua della Madonna col figlio in braccio, et un Crucifisso all’antica et una tavola dietro con Pitture malridotte. Et in ambedue è la sua Croce di legno con Crucifissino d’ottone
“, si precisa che l’immagine della Madonna era “una statuetta di legno“.
In una successiva visita del 26 agosto 1734, il visitatore trovò l’altare ben custodito mentre l’altro altare dedicato alla Beata Vergine lo trovò mal fatto onde ordinò che si demolisse senza accennare alle eventuali immagini che vi erano esposte.
In ultima analisi in età pretridentina la chiesa di Santa Maria del Gualdo era dotata di due altari: il principale intitolato al Crocifisso, il laterale alla Madonna; il primo era dotato di un Crocifisso dipinto, il secondo di una statua della Madonna.
Nel 1633, al tempo della visita di Monsignor Tegrimio Tegrimi, sopra l’altare principale era ancora esposta un’immagine del Crocifisso in legno dipinto.
Nel secolo successivo, Santa Maria del Gualdo fu visitata nel 1718 dal vescovo Simon Marco Palmerini, che trovò “l’Altare maggiore con l’Imagine del Ss.mo Crocifisso dipinto nella muraglia” e “l’Altare sotto l’invocatione della Madonna Ss.ma in statua, e sopra vi è un Crocifisso di Legno competentemente tenuto, ornato, e proveduto“.
Nel corso del XVIII secolo, a causa dell’umidità dell’ambiente, la parete dell’altare principale fu nuovamente decorata con le immagini della Madonna col Bambino tra i santi Giovanni Evangelista e Francesco, sotto il quale si leggeva un tempo la data 1786.
L’altare laterale fu invece smontato e le immagini che conteneva furono portate nella chiesa di San Lorenzo di Porziano, o più verosimilmente nel Sacro Convento di Assisi.
Si spiega così il lapsus calami commesso da Adolfo Venturi, che menzionando l’origine del Crocifisso lo disse dalla “chiesa di Porziano (comune di Gualdo)”; non del comune di Gualdo Tadino si tratta, ma del toponimo Gualdo.
Stessa sorte probabilmente è toccata alla statuetta lignea romanica della Madonna con Bambino che, secondo Elvio Lunghi, può essere identificata in quella conservata nella stessa al Museo dei Tesori della Basilica.
Forse si può ipotizzare che la statua della Madonna (di cui parleremo più avanti) fu prelevata anch’essa dalla chiesa in rovina di Santa Maria del Gualdo, e che fu portata ad Assisi insieme all’immagine del Crocifisso, senza purtroppo lasciare un riscontro documentario.
Entrambe le opere, come si è detto, sono ora conservate nella Basilica e tutti le possono vedere per fortuna sono state conservate a differenza di tante altre che sono andate perdute o finite in collezioni private.
Il Crocifisso fu esposto a Perugia nel 1907 nella mostra d’antica arte umbra, e lo Gnoli nella sua pubblicazione del 1908 “L’arte umbra alla Mostra di Perugia“, lo attribuisce ad Alberto Sotio o ad un pittore a lui molto affine e ne da la seguente descrizione: “Il Cristo è rappresentato vivo, con gli occhi tondi dalle grandi pupille, il corpo eretto, la muscolatura schematica, e le carni dipinte ad una sola tinta, senza chiaroscuro, con due pomelli rossastri solo nelle gore. Ai lati del Cristo sono le sante donne e S. Giovanni, figure esili, lunghe, con piccole teste. A Spoleto nel XII e XIII secolo sembra esistesse una scuola di pittori che si dedicarono soprattutto a dipingere Crocifissi sagomati“.
 
 

MADONNA CON BAMBINO

La statua lignea attualmente conservata al Museo del Tesoro della Basilica, come detto probabilmente arriva dalla stessa chiesa della Madonna del Gualdo da cui probabilmente arriva anche il Crocifisso.
La Madonna col Bimbo misura cm. 95,5 x 20,5 x 18 ed è attribuita ad un ipotetico maestro umbro del XIII secolo.
La Madonna è seduta in trono, tiene il Bimbo in braccio e lo sorregge con la mano sinistra.
Il braccio destro è ripiegato ad angolo acuto mentre la mano destra impugna il globo.
La Madonna ha la corona in capo, una mantellina le gira intorno alla testa e cade sulle spalle, il volto è piuttosto largo negli ampi piani facciali, si appuntisce in basso nel mento.
La bocca è piuttosto alta, relativamente a ridosso del naso.
Il Bimbo ha una vesticciola lunga sin quasi alle caviglie che lascia intravedere il movimento delle gambe. Nella parte inferiore restano in parte i due stipiti del trono che era probabilmente completato da un asse cuspidato dietro l’intera figura.
In basso i piedi sono perduti.
Tracce di policromia nella veste azzurra, immediatamente sotto il collo della Vergine, e nella parte interna del manto, di color rosso sotto i due bracci.
Nella parte posteriore, nell’interno cavo del tronco, evidenti i segni di una bruciatura estesa alla zona alta della testa.
L’opera si trovava in un altare della Basilica ricoperta di vari strati di stucchi.
Essi sono stati rimossi e in tal modo si è recuperato quanto restava della forma originaria, per un intervento dell’Istituto Centrale del Restauro (1975-1977).
In tale occasione il legno è stato disinfestato e consolidato.
Questa scultura si riconnette ad una tradizione romanica, il cui filo risale a una serie di Madonne frontali del XII secolo.
 

Nota di ringraziamento

Ringrazio il Museo dei Tesori che mi ha fornito la foto della statua lignea della Madonna e la scheda descrittiva; inoltre ringrazio sentitamente Elvio Lunghi che mi ha fornito le foto del Crocefisso e l’articolo della sua ricerca storica sulla provenienza dei beni.
 

Fonti documentative

V. Falcinelli – Per Ville a Castelli di Assisi – 1982
V. Falcinelli – Badia S. Nicolò di Campolongo – 1973
Accademia Properziana del Subasio – Porziano scoprire terre e storie – 2018
Il tesoro della Basilica di San Francesco ad Assisi: Saggi e catalogo… / Coordinamento di Maria G. Ciardi Dupré dal Poggetto, Assisi:Casa Ed. Francescana; Firenze, 1980, pp.61-62.
 

Mappa

Link coordinate: 43.144938 12.650415

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