Chiesa di San Lorenzo in Vallegrascia – Montemonaco (AP)

Cenni Storici

La sua fondazione risale alla seconda metà del XII secolo e il documento più antico che ne attesta l’ esistenza è il testamento con cui Morico di Longino lasciò in legato questa chiesa al monastero farfense. Dalla “Convenzione di spoglio” stipulata il 22 gennaio 1301 tra il Vescovo di Fermo ed il Pievano di sant’Angelo in Montespino , sappiamo che, da tempo immemorabile, faceva parte di quella Pievania: il diritto di nomina del suo rettore, fino a quel tempo era sempre stato esercitato, per privilegio, da detto Pievano di Montefortino e da quella data tornò al vescovo di Fermo. L’interesse per questa Chiesa è stato notevolmente accresciuto dalla scoperta di due lastre di pietra, istoriate fatta negli anni trenta in seguito ad opere di restauro che hanno interessato la zona presbiterale.

L’edificio è stato costruito in pietra arenaria, cementata con impasto di arena e calce; l’impianto originario, di più ridotte dimensioni, era ad un’unica navata, con orientamento ovest-est e struttura absidale semicircolare. Sul lato orientale sta il campanile, coperto ad un unico spiovente, con in alto la cella campanaria avente quattro grandi aperture arcuate.

Attualmente l’interno si presenta a navata unica, divisa in quattro campate. Nella prima campata, a sinistra, vi è una piccola nicchia probabile sede del fonte battesimale in tempi remoti; al centro della parete destra è l’altra porta d’ingresso detta “porta del sole”. La seconda campata non ha caratteristiche particolari, ma solo l’apertura di due finestre arcuate nelle opposte pareti con un’ampia strombatura verso l’esterno. La terza campata ha, a sinistra, una riquadratura rettangolare ove si trovava la pala dell’altare ora demolito; sul lato destro è l’altare dedicato alla Madonna Immacolata, a forma di cappella con colonne, nicchia centrale e trabeazione in stile barocco. La quarta campata forma la zona presbiteriale , sopraelevata di un gradino e, separata dal corpo della chiesa da una balaustra in ferro. Qui si trovano due grosse lastre di arenaria scolpite, che anticamente fungevano da plutei, opera degli scultori Atto e Guidonio le cui opere si trovano anche nella chiesa di S. Maria in Comunanza. La tecnica di lavorazione di queste lastre è il bassorilievo, il disegno è netto nei contorni, l’esecuzione ben limitata ed essenziale. Dal piano della chiesa si può accedere alla cripta, posta a un livello inferiore ma delle stesse dimensioni della primitiva chiesa. Ha un impianto quadrangolare, con coperture di volticine a crocera, eseguite con conci di pietra calcarea (sponga o spugna); esse si appoggiano su due colonne centrali con basamento a quattro peducci e sei semicolonne addossate alle pareti. Colonne e semicolonne hanno capitelli istoriati ornati con sculture in altorilievo. La cripta è in effetti una mini-chiesa con due navate laterali e una navata centrale, prolungata nell’area dell’abside semi-circolare ed illuminata da un’unica monofora a doppio strombo situata al centro dell’abside stessa. A detta cripta si poteva anticamente accedere anche attraverso una porta, ora murata, sul lato meridionale. Il pavimento della cripta, una volta ricoperto dal terriccio, è ora ritornato al suo aspetto originale, un’ unione di lastre irregolari di pietra arenaria, grazie al lavoro di alcuni giovani volontari.

Per approfondimenti maggiori: www.montemonaco.com

 

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