Cattedrale di Anagni – Anagni (FR)

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Cenni Storici

L’articolato complesso architettonico della Cattedrale occupa gran parte dell’acropoli della città; sostituisce una precedente chiesa di epoca carolingia, sorta a sua volta sopra un tempio di epoca romana.
Il rinnovamento dell’intera acropoli sopraggiunse con la nomina a vescovo di Pietro dei Principi di Salerno nel 1062, il quale realizzò il nuovo edificio cultuale vendo come modello ideologico l’abbazia dell’abate Desiderio a Montecassino.
La costruzione dell’edificio iniziò nel 1072 e terminò nel 1104.
Secondo la leggenda, il vescovo Pietro fu inviato a Costantinopoli come legato pontificio e durante il soggiorno, come gli era stato già preannunciato in sogno dalla Vergine Maria, guarì l’imperatore bizantino Michele VII da un morbo improvviso grazie all’intercessione di San Magno.
Grato per il miracolo ottenuto, l’imperatore di Bisanzio fu molto generoso con il vescovo guaritore, tanto che questi riuscì, una volta tornato ad Anagni, a completare i lavori di realizzazione della Cattedrale.
Durante il restauro promosso nel 1250 dal vescovo Pandolfo, l’interno romanico fu convertito in gotico lombardo, furono sostituite le capriate della navata centrale e del transetto con archi che poggiano su pilastri e semicolonne.
Il duomo divenne teatro di numerosi fatti storici: il 24 marzo 1160 Alessandro III vi emana la scomunica a Federico Barbarossa.
Nei primi dell’anno 1161 lo stesso Alessandro III vi riceve solennemente i legati di Enrico, re d’Inghilterra, venuti per assistere alla canonizzazione di sant’Edoardo, celebrata nella Cattedrale di Anagni il 7 febbraio, innanzi a un gran numero di personaggi accorsi da tutto il mondo cristiano.
Il 17 gennaio 1174 Alessandro III innanzi a un gran numero di cardinali, arcivescovi e vescovi, canonizza San Bernardo abate di Chiaravalle; il 27 aprile dello stesso anno consacra Riccardo arcivescovo di Canterbury, successore di San Tommaso Becket.
Il 29 maggio 1176 giunge ad Anagni la notizia della sconfitta di Federico Barbarossa a Legnano da parte della Lega Lombarda, con tripudio dei cittadini e di Alessandro III, il quale riceve nel duomo di Anagni, i legati di Federico Vignaro arcivescovo di Magdebourg, Corrado vescovo di Worms, Cristiano arcivescovo di Magonza ed Arduino protonotario imperiale.
Le trattative conducono al celebre Pactum Anagninum, che poi fu firmato a Venezia.
Il 30 settembre 1179 Alessandro III consacra solennemente l’altare maggiore e il duomo anagnino.
Nel dicembre 1203 Innocenzo III canonizza San Pietro di Trevi e forse anche il beato frate Lorenzo da Subiaco.
Il 22 luglio 1227 Gregorio IX da qui intima a Federico II di partire senza indugio con l’intero suo esercito per la Palestina; il re obbedisce ma poi, con futili pretesti, torna indietro.
Per questo motivo Gregorio IX, il 29 settembre dello stesso anno, lo scomunica solennemente.
Nello stesso mese, Gregorio IX apre un concistoro e crea cinque cardinali: tra questi il dotto ed integerrimo Rainaldo Conti, il futuro Alessandro IV.
Il 1° settembre 1230 Gregorio IX riceve qui Federico II.
Nell’agosto 1238 Federico II spedisce a Gregorio un’ambasciata, con l’arcivescovo di Palmi; Gregorio IX benignamente l’accoglie nel Duomo, ma nulla si conclude, per cui, il pontefice condanna la protervia di Federico II e, la domenica delle Palme dell’anno successivo, lo scomunica nuovamente.
Il 26 settembre 1239 giungono gli ambasciatori Romeo, Quirino e Stefano Badoario per concludere l’alleanza tra Gregorio IX, le città di Genova e Venezia contro Federico II.
Dopo la morte di Gregorio, i cardinali riuniti in conclave nel Duomo di Anagni, il 24 giugno 1243 eleggono papa il cardinale Sinibaldo Fieschi (Innocenzo IV), il quale è solennemente consacrato qualche giorno dopo nello stesso Duomo.
Il giorno 8 agosto 1254, Innocenzo IV promulga, dall’altare del Duomo anagnino, che il 29 aprile di ogni anno, sia da festeggiato tutto il mondo cristiano il martirio di san Pietro da Salerno, religioso benedettino.
Nello stesso anno Innocenzo IV riceve nel Duomo di Anagni la sontuosa ambasceria di illustri personaggi inviatigli da Battaccio, Imperatore dei Greci, e più tardi il prete Janni, ambasciatore di Sartago, Gran Kan dei Mongoli.
Nello stesso anno riceve sempre nel Duomo i principi Manfredi, Lancia e Federico di Antiochia con i Baroni Gualtiero di Ocra col cancelliere Busserio per trattare circa l’investitura del Regno di Sicilia per il fanciullo Corradino.
Le trattative si concludono senza nulla di fatto.
Il papa emette allora una bolla di scomunica nei confronti di Manfredi, Bertoldo e altri.
L’8 agosto 1255 Alessandro IV, dopo la celebrazione della Messa sull’altare maggiore, assistito dai cardinali Di Vaneia e da altri vescovi delle diocesi circonvicine consacra la Cripta o Basilica Inferiore della Cattedrale ove sono conservati i corpi dei santi anagnini.
Il 26 settembre Alessandro IV canonizza con cerimonia solenne Santa Chiara d’Assisi.
Il 6 ottobre 1256 Alessandro IV, condanna Guglielmo di Saint Amour; il libello contro gli ordini mendicanti viene bruciato innanzi la porta della Cattedrale, alla presenza del papa, dei cardinali, dei vescovi e dei teologi, fra cui lo stesso Guglielmo.
In quell’epoca il Duomo anagnino ebbe l’onore di ospitare i più grandi dottori della Chiesa: San Tommaso d’Aquino, Sant’Alberto Magno, San Bonaventura e frate Bertrando da Baiona, i quali certamente celebrarono sull’altare maggiore.
Il 24 dicembre 1294 è eletto Papa il cardinale Benedetto Caetani con il nome di Bonifacio VIII, il quale arricchì di indulgenze e di doni la Cattedrale.
Il 24 giugno 1295 Bonifacio VIII, durante il Santo sacrificio della Messa, pubblica la pace fra il re Giacomo di Aragona e Carlo II re di Napoli e della Sicilia: lo stesso Carlo II e Carlo Martello, re d’Ungheria, porgono il boccale dell’acqua e l’asciugatoio al pontefice per le abluzioni delle mani, poi lo servono a tavola.
La mattina del 7 settembre 1303, gli sgherri di Filippo il Bello con i congiurati danno l’assalto al palazzo pontificio e, dato fuoco alla porta della Cattedrale, fanno prigioniero Bonifacio VIII il quale resiste alle pretese degli avversari, pronto piuttosto a perdere la testa che a rinunziare alla tiara e alla difesa della Chiesa.
Nel 1378, dopo solo tre mesi dall’elezione di Urbano VI, quattordici cardinali francesi si recano in Anagni presso Onorato Caetani, duca di Fondi e, il 9 agosto, escono dal Palazzo Caetani, vanno processionalmente nel nostro Duomo per ascoltare la Santa Messa, cantare il Veni Creatore e procedere alla nomina di un antipapa; ma i cardinali, avvedutisi che gli anagnini sopportavano di mal animo la nuova ingiuria che si voleva infliggere alla Chiesa, abbandonano Anagni, si recano a Fondi, sempre sotto la protezione del duca Onorato, e il 20 settembre eleggono antipapa Roberto da Ginevra, che assume il nome di Clemente VII.
Questi, appena eletto, torna in Anagni con tutti i cardinali a lui favorevoli e la corte, e vi dimora circa due mesi: così ha inizio lo scisma d’occidente.
Nel ‘600 il vescovo Seneca apportò cambiamenti radicali, trasformando la chiesa in stile barocco: coprendo le capriate con volte a botte, rimuovendo il coro e coprendo gli antichi affreschi.
Dopo altri interventi a fine ‘800, tra il 1938 e il 1940 fu ripristinato l’aspetto originario del duomo.
 

Aspetto Esterno

All’esterno la cattedrale si presenta in stile romanico emiliano-lombardo.
Il poderoso campanile romanico con aperture a monofore, bifore e trifore svetta a 30 metri di altezza.
Nel 1938, in occasione dei lavori di restauro, è stata costruita internamente una torre di ferro per reggere il peso delle cinque campane.
La possente facciata in pietra tartara domina maestosamente il sagrato, vi si nota la mano delle maestranze cassinesi che intervennero nella prima parte della costruzione della Cattedrale.
Ha una struttura tripartita con tre porte di tipo campano, di cui la centrale è definita porta Matrona.
Il portale principale presenta un archivolto con la ghiera esterna sporgente.
Due stretti capitelli imposta poggiano su un architrave costituito da elementi di spoglio.
I piedritti sono costituiti da blocchi di marmo sovrapposti in maniera disordinata.
Elementi scultorei classici di recupero sono utilizzati come elementi decorativi.
Le navate laterali sono illuminate da due semplici monofore; altre finestre uguali sono allineate nella parte superiore.
Semicolonne addossate testimoniano dell’esistenza di un portico probabilmente mai costruito.
I motivi decorativi della facciata sono da trovare nei numerosi inserti marmorei provenienti da vari monumenti di età romana e dalla precedente chiesa di età carolingia.
Dietro una grata su un muro a sinistra è affrescata una Madonna in trono col Bambino tra Santa Caterina d’Alessandria e Sant’Antonio abate, risale ai primi anni del XV secolo.
Scendendo verso piazza Innocenzo III si può ammirare il fianco sinistro della Cattedrale lungo cui si innalza, dopo la Cappella Lauri e il Battistero, la Loggia delle Benedizioni.
Un tempo accessibile dalla piazza tramite un’ampia scalinata distrutta nell’Ottocento, è sovrastata dall’edicola con la statua di Bonifacio VIII.
Particolarmente degno di nota è il transetto che costituisce un massiccio corpo parallelepipedo su cui si innestano i tre cilindri absidali, al centro è posto un campaniletto a vela a un solo fornice.
Un numero molto limitato di aperture ed una serie di archetti in pietra bianca sono gli unici elementi architettonici che ne alleggeriscono la struttura.
Oltrepassando la Cappella Caetani, una scenografica scalinata curva dietro le absidi.
In stile romanico lombardo, i cilindri absidali sono scanditi da lesene unite tra loro da coppie di archetti.
L’abside maggiore è coronata da una loggetta cieca nella parte superiore, decorata da colonnine e materiali marmorei che risaltano sul colore ocra del paramento murario.
La serie di archetti pensili è sorretta da colonne eterogenee che, in maniera alternata, si appoggiano su mensole figurate.
Al di sopra una cornice è scolpita con palmette ed un cordone.
Un’unica monofora con archivolto a doppio rincasso e colonnine laterali si apre sul cilindro dell’abside maggiore; quelle delle absidi laterali sono di struttura più semplice.
 
 
 

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Interno

All’interno caratteri romanici, come l’alternanza di pilastri e colonne di separazione tra le navate, incontrano elementi architettonici tipicamente gotici frutto dei restauri commissionati dai vescovi Alberto (1224-1237) prima e Pandolfo (1237-1255) poi e conclusi nel 1250.
Gli archi della navata centrale erano decorati con immagini di pavoni e draghi.
La decorazione a finto bugnato delle pareti è frutto del grande lavoro di ripristino delle linee originali attuato tra gli anni ’30 e ’40 del secolo scorso, quando furono eliminati i dipinti e gli stucchi moderni che avevano completamente alterato l’aspetto medievale dell’edificio.
Si tratta di un tipo di decorazione molto diffuso nel XIII secolo e di cui restano lacunose tracce anche nella Cappella del Salvatore al piano superiore.
Il pavimento cosmatesco, databile agli anni tra il 1224 e il 1227, è opera di Cosma di Jacopo di Lorenzo (lo stesso autore del successivo pavimento della Cripta, terminato nel 1231 con i suoi due figli Luca e Jacopo) e fu realizzato per volere del vescovo Alberto, con il sostegno economico di Rainaldo di Anagni, cappellano di papa Onorio III (1216-1227).
Nella navata il percorso verso l’altare è definito da una serie continua di cinque rotae unite da nastri.
La zona presbiteriale, rialzata su un basso gradino, è decorata da due serie di tre rotae allineate separate da una composizione in cui il cerchio centrale è racchiuso da un quadrato.
Ai lati del percorso centrale si allineano elementi di forma rettangolare, i “tappeti di preghiera“, che nelle navate laterali sono intercalati da poche rotae.
La decorazione del tappeto musivo si è mantenuta sostanzialmente inalterata nonostante i numerosi ritocchi e restauri che si sono susseguiti nel corso dei secoli.
Probabilmente entro la prima metà del XIII secolo si completa la sistemazione della zona presbiteriale con la realizzazione dell’altare, del ciborio e del candelabro pasquale.
Nel presbiterio si conservano gli arredi che furono eseguiti intorno al 1250.
Lo spazio sacro è isolato da transenne marmoree con intarsi cosmateschi.
All’interno di una struttura marmorea, riquadri in marmi pregiati sono bordati con tarsie eseguite con paste vitree, pietre, lamine d’oro.
Sull’altare si trova il ciborio, di tipo romano con multiple loggette su colonnine sovrapposte.
La cattedra episcopale, firmata da un Vassalletto di Roma e commissionata, sotto il pontificato di Urbano IV (1261-1264) dal vescovo Lando (o Landone) in carica dal 1262.
I due leoni a sostegno dei braccioli in origine non erano pertinenti al trono, ma sono il frutto di una risistemazione successiva.
Alla bottega del Vassalletto è attribuito anche il candelabro pasquale, consta di una colonna tortile ricoperta con tarsie, poggiante su una base sorretta da sfingi e da un telamone che sorregge il sostegno del cero.
La balaustra che racchiude la zona presbiteriale è stata realizzata agli inizi del Novecento.
Pochi sono i resti di pittura medievale superstiti nella basilica: una Vergine con il Bambino affiancata da San Magno e Santa Secondina nella lunetta sopra il portale maggiore (XIV secolo), una Vergine con il Bambino e la testa di San Pietro sul pilastro sinistro vicino al presbiterio (circa metà del XIII secolo).
Di epoca moderna sono invece le pitture presenti nelle tre absidi: nelle due laterali, che ricordano la Cena in Emmaus a sinistra e la Morte di san Giuseppe a destra, opere del XIX secolo dei pittori Pietro e Giovanni Gagliardi.
Gli stessi artisti realizzano, nella calotta dell’abside maggiore, l’Annunciazione e i santi venerati dalla Chiesa anagnina.
La teoria di santi Apostoli con San Giovanni Battista su fondo scuro nell’emiciclo absidale è invece realizzata, nel 1837,con tecnica dell’olio su muro.
Sulla parete sinistra della Cattedrale si aprono tre cappelle: l’antica Cappella Caetani oggi Cappella Lauri, il Battistero e la duecentesca Cappella Caetani.
 
 
 

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La Cappella Caetani

La costruzione della Cappella Caetani fu completata nel 1296 per volere di Bonifacio VIII, addossando un nuovo corpo di fabbrica alla navata sinistra della chiesa, allo scopo di accogliere le spoglie di alcuni personaggi legati alla figura del pontefice anagnino e per celebrare il duplice potere, temporale e spirituale, di Bonifacio e della sua discendenza familiare.
Sulla parete est è possibile ammirare il sepolcro Caetani, costituito da un ciborio a due colonne addossato al muro: si conclude con una copertura a timpano, è decorato con motivi tipici dell’architettura gotica e mosaici cosmateschi.
I sarcofagi perla sepoltura sono due, il più piccolo è caratterizzato da una decorazione musiva con cinque scudi araldici della famiglia Caetani.
Secondo la tradizione, la famiglia Caetani è originaria della città marittima di Gaeta da cui derivano le due onde marine su fondo dorato che caratterizzano il suo stemma e il nome.
L’affresco che decora la porzione di parete inquadrata dal ciborio fu realizzato tra la fine del 1296 e il 1297, ma subì numerose ridipinture nei secoli seguenti.
Al centro la Madonna in trono col Bambino benedicente; ai lati l’arcivescovo di Canterbury Thomas Becket e santo Stefano presentano due personaggi inginocchiati, importanti esponenti della famiglia Caetani: il cardinale Benedetto II e Roffredo II, il potentissimo conte di Caserta, fratello di Bonifacio VIII.
A causa degli infelici rifacimenti, attuati già prima del 1749 e ancora nel corso del XIX secolo, il cappello cardinalizio di Benedetto II sparì dall’affresco e il cardinale fu trasformato in frate francescano, identificato come il beato Andrea Conti, zio materno di papa Bonifacio VIII.
Anche se fortemente rimaneggiata, l’iscrizione dipinta sotto il trono della Vergine informa che nel primo sarcofago riposa il corpo di Pietro, vescovo di Todi, maestro di papa Bonifacio VIII; nel secondo sono le spoglie di Roffredo II Caetani; nel piedistallo sono contenute le ossa di Giacomo Caetani, che forse va identificato con il fratello del cardinale Benedetto II Caetani.
Sulle pareti della cappella sono visibili tracce di una antica decorazione ad affresco databile probabilmente agli stessi anni del ciborio, preservata dalle ridipinture che la cappella subì grazie a un coro ligneo che l’aveva celata alla vista. Sulla volta è rappresentato un Cristo benedicente del XIX secolo.
 
 
 

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Ambulacro

Scendendo dalla scala sinistra della chiesa si accede a un ambulacro, piccolo ambiente di passaggio tra l’Oratorio di San Thomas Becket e la Cripta di San Magno.
Si tratta di un antico luogo dedicato alla sepoltura di personaggi illustri di Anagni, che potevano ambire a essere inumati sotto il pavimento della Cattedrale, in una tomba prossima al luogo sacro per eccellenza: la Cripta.
La scala di accesso dalla navata sinistra fu aggiunta nel XVII secolo.
Sulle pareti ovest e nord si conservano ancora una serie di pannelli votivi che accolgono teorie di santi accompagnati da piccoli donatori inginocchiati.
Presso l’ingresso alla Cripta, sono affrescati un santo vescovo ignoto, Santa Secondina e San Magno che affiancano la Vergine con il Bambino.
Sulla parete nord sono presenti due pannelli.
Quello di sinistra è stato realizzato attorno alla metà del XIII secolo dal medesimo artista che ha affrescato il pannello ovest, riconoscibile da un uso corposo e volumetrico dei colori e da un netto disegno di contorno.
Da sinistra si riconoscono Sant’Oliva, San Nicola di Mira, l’Arcangelo Michele, Cristo benedicente, San Pietro apostolo e San Giovanni Battista.
Il secondo pannello è opera della bottega del Terzo Maestro della Cripta di San Magno e presenta Cristo tra i Santi Giacomo e Giovanni Evangelista, accompagnati a sinistra dalla loro madre Salome, una delle “tre Marie” che la mattina della domenica di Pasqua furono testimoni della Resurrezione di Cristo e, stando al Vangelo Apocrifo di Giacomo, fu la sua levatrice.
Il suo culto è ben attestato in Ciociaria in quanto le sue reliquie riposano nella vicina città di Veroli.
Sfortunatamente i volti dei personaggi raffigurati su questo pannello sono stati deturpati da ignoti prima della musealizzazione degli ambienti.
Chiude la parete una nicchia con affreschi di difficile lettura, nell’intradosso un Agnus Dei.
 
 
 

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Oratorio di Thomas Becket

Una porta conduce all’Oratorio di Thomas Becket.
Il culto dell’arcivescovo di Canterbury, ucciso nel 1170 da quattro cavalieri inglesi, a causa dei dissidi con il re Enrico II, ebbe un’enorme diffusione in questa zona, soprattutto dopo la sua canonizzazione avvenuta nella chiesa di Santa Lucia a Segni nel 1173.
Dal momento che Thomas è rappresentato come santo a sinistra del Cristo in trono sulla parete di fondo, le pitture sono sicuramente databili successive a tale data.
San Thomas fu elevato a difensore delle prerogative papali contro le ingerenze del potere temporale dei re.
La cappella occupa una struttura più antica, presumibilmente un mitreo del I-II sec. d.C., il più antico ambiente di tutto il complesso della Cattedrale di Anagni.
Esso si presenta con le caratteristiche architettoniche originali e con la tipica copertura “a carena“.
Addossata alla parete di fondo si trova l’antica ara sulla quale erano sacrificati i tori; rimane ancora oggi il canale che permetteva lo scolo del sangue al di fuori dell’edificio.
Le pareti e la volta sono totalmente ricoperte di affreschi, molti dei quali deteriorati.
In passato quest’ambiente fu utilizzato come cimitero per i canonici della Cattedrale; l’uso improprio ha alterato lo stato di conservazione delle pitture che risultano oggi compromesse e di difficile fruizione.
Sulla parete sinistra si intravedono cinque episodi del Nuovo Testamento: l’Annunciazione, la Visitazione, la Natività, l’Adorazione dei Magi e la Presentazione al Tempio.
Nella zona presbiteriale ci sono quattro pannelli relativi alla vita e al martirio di San Thomas Becket.
Le prime due scene sono di difficile interpretazione; la terza rappresenta il momento del martirio del santo.
Quattro cavalieri irrompono nella cattedrale di Canterbury e uno dei fedeli di re Enrico sferra un fendente con una spada sulla testa dell’arcivescovo inginocchiato di fronte l’altare sotto lo sguardo di alcuni chierici.
Nella quarta scena si intravede il primo miracolo compiuto dal santo.
La volta sull’altare accoglie una composizione con l’Agnello Mistico tra angeli e simboli degli Evangelisti e un’Ascensione di Cristo in mandorla sorretta da angeli.
Sulla parete di fondo, dietro l’altare, Cristo con Madonna e due Sante da un lato e San Thomas Becket e altri vescovi dall’altro.
Sul lato destro si possono intravedere le sagome degli Apostoli e una teoria di santi tra cui San Remigio, San Leonardo, San Benedetto e il gigante San Cristoforo, accanto all’antico ingresso dell’Oratorio mentre di fronte era probabilmente la scena del martirio dell’arcivescovo.
Nell’intradosso sinistro della porta-finestra è presente la sinopia di cavaliere con la spada e uno scudo crociato; si tratta del disegno preparatorio di un templare.
Sulla volta della navata si trovano le storie della Genesi, suddivise in quattro registri.
Il ciclo comincia nel secondo registro da sinistra con la Creazione dell’Universo e la Separazione della Luce dalle Tenebre.
Seguono: la Creazione di Adamo ed Eva, il Peccato Originale, il Rimprovero dei progenitori.
Sul registro successivo, il secondo da destra: la Spada di Fuoco a guardia dell’Eden, la Cacciata dei Progenitori, il Lavoro dei Progenitori, il Sacrificio di Caino e Abele, l’Assassinio di Abele, Noè nell’Arca.
Sul terzo registro, appena sotto il precedente: il Sacrificio di Abramo e Melchisedec ed episodi relativi all’incontro di Abramo con i tre angeli.
Sul quarto registro, il primo da sinistra: episodi relativi al Sacrificio di Isacco e alla Primogenitura di Giacobbe.
Uscendo dall’oratorio i fedeli vengono ammoniti dalle immagini del Giudizio Universale.
 
 
 

Cripta di San Magno

Tornati all’ambulacro da una piccola porta si accede al vero gioiello della cattedrale: la Cripta di San Magno.
Fu edificata per volere del vescovo Pietro da Salerno, insieme alla chiesa superiore, tra il 1072 e il 1104.
Conservava le reliquie dei Santi, nello specifico quelle di San Magno, al quale è dedicata l’intera Cripta e l’altare maggiore, quelle delle Sante, Neomisia, la quale fu la prima martire cristiana di Anagni, Aurelia e Secondina, insieme con quelle di altri martiri.
Il locale sotterraneo è rettangolare e presenta tre navate, trasversali rispetto a quelle della chiesa superiore, e tre absidi.
Dodici colonne, insieme ai rispettivi archi, formano ventuno volte che, con le relative pareti, sono decorate con un ciclo pittorico realizzato tra finire del XII secolo e la prima metà del XIII secolo.
Gli affreschi narrano la storia della salvezza dell’uomo, dalla sua creazione fino alla fine dei tempi.
Il ciclo pittorico rappresentato è opera di tre maestri anonimi con le rispettive botteghe, convenzionalmente denominati come: Primo Maestro o Maestro delle traslazioni, Secondo Maestro o Maestro Ornatista e Terzo Maestro o Maestro di Anagni.
Tre botteghe diverse, quindi tre stili diversi per impostazione, tratto, impianto coloristico, comunque il loro stile personale è ben riconoscibile ed evidenziabile.
Nella prima bottega lavorarono artisti molto abili, il loro intonaco è di grande qualità, con uno stile arcaico e vicino alla scuola orientale, quindi tipicamente bizantineggiante nei dettagli, ma sempre in un linguaggio che rimane romano.
Si notano somiglianze con le opere del Maestro della croce di Spoleto.
La seconda scuola, si distacca, anche se non del tutto, dalla cultura romano laziale e appare più legata a una matrice meridionale risultando, così, più variabile e dinamica dal punto di vista cromatico.
La terza bottega appare, anch’essa legata a un linguaggio meridionale e presenta un disegno assai plastico, abile e innovativo nella caratterizzazione moderna dei personaggi, la loro pittura presenta sfumature serene e luminose con tratti grafici molto sciolti che rendono molto bene i movimenti dei soggetti.
Un disegno di grande originalità in cui la resa spaziale assume un’importanza del tutto innovativa, non a caso il Terzo Maestro di Anagni fu considerato uno dei precursori dello stile che prese piede nel cinquantennio successivo.
A quest’ultimo, alcuni studiosi, hanno attribuito anche gli affreschi dell’Aula Gotica della chiesa romana dei Santi Quattro Coronati e il bellissimo San Francesco, affrescato nel monastero di San Benedetto a Subiaco.
Il pavimento della Cripta è un meraviglioso e originale mosaico cosmatesco del 1231, la data è certa, la si può rilevare da un’iscrizione scolpita sula lapide murata nella parete orientale, fu realizzato dalla famiglia romana di artisti del marmo, che fu chiamata dei Cosmati, nella fattispecie, da Cosma di Iacopo di Lorenzo e dai figli Luca e Iacopo, gli stessi che eseguirono il pavimento della cattedrale.
Fu realizzato con marmi di recupero, in particolare si nota il serpentino verde, il porfido rosso, il bianco e il giallo antico, come si è detto, il pavimento si può considerare originale poiché solo in limitati punti presenta dei restauri resi necessari dal sollevamento di alcune tessere.
Il ciclo di affreschi si inizia a leggere dalla prima volta della parete di fondo, ove sono effigiati, molto deteriorati, i segni dello zodiaco, mentre sull’arco vi sono immagini di un fantastico mondo sottomarino.
Nella seconda è rappresenta la nascita dell’uomo, a dire il vero, in maniera piuttosto insolita, infatti, si tratta di una raffigurazione piuttosto filosofica e scientifica.
L’uomo è raffigurato nudo e a figura intera, posto al centro di un sistema circolare doppio, uno più interno, che rappresenta il microcosmo ossia il ciclo della vita umana e uno esterno, che rappresenta il macrocosmo, cioè la natura. Ognuno dei due cerchi e diviso in quattro parti di diverso colore ognuna delle quali rappresenta le quattro stagioni della vita umana e la sua indole: infanzia, adolescenza, maturità e vecchiaia; emotivo, collerico, melanconico ed equilibrato. Accompagnate dalle rispettive stagioni astronomiche e dai suoi elementi: primavera, estate, autunno e inverno; aria, fuoco, terra e acqua.
Un racconto quasi filosofico, comunque diverso dalle tradizionali rappresentazioni ispirate dalle scritture della Genesi. Non a caso molti studiosi ritengono la più interessante e rara rappresentazione della creazione sia nella pittura italiana sia in quella mondiale.
Sulle pareti si può vedere il diagramma della teoria degli elementi tratto dal Timeo di Platone e i medici, raffigurati entrambi con la barba Ippocrate e Galeno che discutono di tale teoria, a loro, tradizionalmente, era attribuita la primitiva formulazione della “Teoria dei quattro elementi“.
Al registro inferiore una teoria di santi: San Giovanni Evangelista, Sant’Onofrio eremita, un Santo Vescovo, San Paolo, San Pietro, altro Santo Vescovo e un altro San Giovanni Evangelista.
Gli affreschi in quest’area sono opera del cosiddetto Primo Maestro.
La scena della terza volta mostra gli esseri dalle quattro forme, i tetramorfi, che nell’antico testamento sono citati nel racconto della visione di Ezechiele, forse con riferimento al fatto che si pensava che l’anima dell’uomo fosse divisa in quattro sezioni.
Sulla parete è raffigurato San Giovanni Evangelista, umiliato dal taglio dei capelli, nel suo martirio per immersione nell’olio bollente a Porta Latina a Roma.
Dalla parte opposta è raffigurata una scena che vede protagonista San Magno mentre salva un fanciullo caduto in un pozzo, non visto dalla madre che stava raccogliendo fichi da un albero, il tutto in un contorno di cornici, panneggi e prati fioriti.
Gli affreschi in quest’area sono opera del cosiddetto Secondo Maestro o Maestro Ornatista, ben riconoscibile dai suoi spiccati accenti decorativi quali l’uso del giallo oro e dei blu intensi, filari di perle che circondano cornici ed evidenziano archi, ricchi panneggi e prati fioriti.
Come detto questo artista è fortemente legato alla cultura artistica bizantina del Meridione d’Italia.
La scena della quarta volta mostra un cerchio, sorretto da quattro angeli, con all’interno una croce tempestata di gemme. Sulla parete un bellissimo Cristo Pantocratore, cioè Onnipotente, raffigurato nell’atto di benedire e al suo fianco sono dipinti: San Pietro apostolo, San Marco Evangelista, San Leonardo e San Giovanni Evangelista.
Interessante la lapide posta sotto a questa figura, essa rammenta il ritrovamento delle reliquie di San Magno, scoperte durante la posa del pavimento cosmatesco.
Quest’area della Cripta è stata affrescata dalla bottega del Terzo Maestro di Anagni.
Nelle volte del corridoio centrale e della quinta e sesta volta della parete di fondo è narrata la storia, tratta dal primo libro di Samuele, del popolo ebraico in lotta contro i Filistei, fino a quando salì al trono il loro primo re, Saul.
Il racconto iniziava dalla prima volta a sinistra, i cui dipinti purtroppo andarono irrimediabilmente distrutti nel XVIII secolo, sotto si trova l’altare di Santa Oliva.
Nella volta successiva è rappresentata la scena della battaglia di Aphek, quando i Filistei uccidono i figli del sacerdote Eli, rubano l’Arca contenente i Dieci Comandamenti, il bastone di Aronne, la bacchetta di Mosè e la manna scesa nel deserto, inoltre si può vedere la rappresentazione della morte di Eli, il quale cade esanime dal suo seggio, appresa la notizia dell’esito della battaglia.
A seguire si vedono i Filistei che portano L’Arca dell’Alleanza nella loro città, sempre qui sono rappresentati anche, il terrore, la morte e la pestilenza, conseguenze della precedente azione.
Sulla volta successiva la scena descrive l’uscita dell’Arca da Azotum e l’arrivo a Besamis, dopo la restituzione del manufatto sacro al popolo ebraico.
A seguire si vede il popolo ebraico che accoglie L’Arca dell’Alleanza e i cittadini che cadono morti avendo osato guardarla, poi sono raffigurati gli abitanti di Besamis mentre chiedono a quelli di Cariat Jearim di accogliere l’Arca, infine, si vedono questi ultimi che la portano nella casa del sacerdote Abinadab.
Nell’ultima volta del corridoio centrale è raffigurato Samuele che ordina la distruzione dei falsi idoli Astarot e Baalim, mentre è sacrificato un agnello per la purificazione del popolo ebraico.
Nella sesta volta della parete di fondo vi è la scena della battaglia di Maspht in cui il popolo ebraico, con l’aiuto di Samuele, sconfigge i Filistei.
Nella quinta volta è raffigurato il momento in cui il popolo ebraico chiede a Samuele di indicare il loro re e quello in cui Samuele, seguendo le indicazioni di Dio, incorona Saul come primo re del popolo ebraico, infine si può vedere la scena della legittimazione, attraverso l’unzione del capo, del nuovo re.
Al centro Cristo benedicente.
Nelle pareti sotto la quinta e sesta volta sono raffigurati due miracoli di San Magno, in alto si può vedere la guarigione, dopo le lunghe preghiere del Santo nella cattedrale, della giovane contadina Cita, colpita da paralisi, in basso si vede il Santo che appare e guarisce Andrea, custode claudicante della cattedrale.
La scena prosegue con il Santo che chiede, al custode, di raggiungere il vescovo Pietro e convincerlo a tornare ad Anagni nonostante le accuse ingiuste gli fecero gli anagnini.
Una piccola precisazione a un certo punto gli abitanti di Anagni accusarono il vescovo di aver rubato una parte del denaro per la costruzione della cattedrale.
Sulla parete affianco nella parte alta si vede San Magno che guarisce Italo, storpio a una mano, e gli indica dove scavare per ritrovare le sue reliquie, nella parte bassa è raffigurato Paterniano di Leone mentre torna in vita, per miracolo, al contatto con la tomba di San Magno.
Quest’area della Cripta è stata affrescata dalla bottega del Terzo Maestro di Anagni.
L’abside di sinistra è dedicata a Santa Secondina, con l’altare dedicato a lei e alle sorelle armene Aurelia e Neomisia. Nella calotta vi è il ritratto della Vergine che è dipinta nella tipologia della odighitria, ossia colei che indica come la via per la salvezza dell’umanità Cristo, suo figlio.
Ai lati della finestra sono raffigurate le due sorelle principesse e Sante, Aurelia e Neomisia.
Nel tamburo è rappresentata la storia della Santa: la conversione di Santa Secondina al Cristianesimo per opera di San Magno, la cattura e la persecuzione della Santa per opera dell’imperatore Decio, poi la Santa riesce a convertire i carcerieri, rifiuta di compiere un sacrificio agli Dei pagani, dopo il martirio la sua anima è elevata al cielo, di seguito la traslazione del corpo e la sua sepoltura.
Nella prima volta è raffigurato Cristo benedicente circondato dai simboli dei Santi Evangelisti.
Nella seconda è l’immagine dell’allestimento del trono celeste, ossia l’Etimasia.
Tutti gli affreschi sono opera del Primo Maestro.
Nell’abside centrale è conservato l’altare maggiore, dedicato a San Magno; sopra la finestra vi è la raffigurazione dell’Agnello Mistico, con i sette corni, i sette occhi e il libro chiuso dai Sette Sigilli, mentre intorno e sotto di lui si possono vedere i simboli dei quattro Evangelisti e ventiquattro anziani in venerazione.
Sulle pareti, poste ai lati dell’abside, compaiono, a sinistra, i martiri che chiedono giustizia a Cristo; a destra la Vittoria, la Guerra, la Carestia e la Morte, ossia i quattro cavalieri dell’apocalisse.
Infine si può notare la raffigurazione del sole che viene oscurato, la luna che diviene color sangue e le stelle che vengono giù dalla volta celeste.
Su tutto l’emiciclo dell’abside è raffigurata la storia di San Magno che inizia con la sua cattura.
Dopo la cattura, nella città di Fondi, a San Magno fu permesso di pregare ma egli morì, per intervento divino, durante quest’atto, a questo punto i soldati di Decio, non potendolo portare al martirio cominciarono a straziare quel corpo fino a tagliarli la parte superiore della testa.
Le raffigurazioni poi mostrano il trasferimento del corpo nella città di Veroli, che fu, però, conquistata dai Saraceni, i quali utilizzarono il luogo di sepoltura del Santo come stalla, ma i cavalli morirono per il sacrilegio commesso.
La raffigurazione termina con il re saraceno che riceve l’offerta per il riscatto del corpo del Santo, il vescovo Zaccaria che, insieme a tutta la popolazione, accoglie le spoglie e la sepoltura di San Magno nella cattedrale.
Le scene delle volte, così come quelle del catino absidale raccontano l’Apocalisse, come la descrisse Giovanni.
Nella volta di sinistra appaiono quattro angeli.
Nella volta centrale è il Cristo Giudice, raffigurato all’interno di una mandorla con i capelli e barba bianca, la spada che esce dalla bocca, due chiavi in una mano e sette stelle nell’altra, simbolo delle Sette Chiese d’Asia alle quali Giovanni indirizza il suo scritto.
Nella volta di destra appaiono quattro angeli nell’atto di chiudere la bocca di altrettanti demoni, questi ultimi simboleggiano personificano i venti di distruzione.
Questa rappresentazione sembra voler significare che il momento della distruzione non è giunto, poiché ancora non sono stati trovati tutti i giusti e non è stato applicato su di loro il Sigillo del Dio Vivente.
L’altare della terza abside con dedicato alla venerazione dei martiri, nell’abside compaiono le loro immagini.
La scena della volta raffigura il Profeta Elia che sale in cielo su una quadriga di fuoco, mentre la successiva mostra Abramo che incontra Melchisedec con l’offerta del pane e del vino.
Tutte le tre absidi, sono state realizzate dal Primo Maestro o Maestro delle Traslazioni.
Nell’absidiola posta a destra l’altare del vescovo Pietro, che diede il via ai lavori per la Cattedrale e per la Cripta, nella parete leggermente arcuata, vi è un bell’affresco di epoca successiva a quelli della Cripta, datato 1324 e attribuito al noto pittore Lello de Urbe e raffigura il Santo vescovo in trono posto tra le Sante Aurelia e Neomisia.
Sulla Volta quattro Angeli.
Sulla successiva parete è affrescata una Madonna del Latte, sulla volta mostra i profeti Isaia, Davide, Salomone e Daniele annunciano la nascita del Messia.
 
 
 

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Il Chiostro

Tornati alla Cattedrale, sulla parete destra si apre solamente la Cappella Raoli, dedicata alla Madonna della Misericordia, con l’icona donata da papa Leone XIII (1878-1903) alla Cattedrale; oggi accoglie le spoglie di Luigi Paolo Angelo Belloli, vescovo della diocesi di Anagni-Alatri dal 1987 al 1999. Originario di Inveruno (MI), scelse di essere sepolto nella Cattedrale di Anagni, alla quale era fortemente legato.
Sempre dal lato destro si accede all’antico chiostro, ora parte del museo, adibito a Lapidario, ove sono conservate lapidi romane, paleocristiane, medievali e moderne.
In particolare si segnala la presenza di pezzi dell’arredo liturgico fisso della Cattedrale carolingia del IX secolo e preziose lastre decorate con mosaici cosmateschi del XIII secolo, nonché la sezione archeologica che raccoglie pezzi di notevole bellezza.
 
 
 

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Cappella del Salvatore

Risalendo la scalinata, sulla sinistra si accede alla Cappella del Salvatore.
La tradizione vuole che la cappella privata sia stata realizzata per volere dello stesso vescovo Pietro da Salerno al termine dei lavori di costruzione della Cattedrale e da lui consacrata al Salvatore e a San Benedetto.
Essa servì sin da subito per le celebrazioni private del vescovo di Anagni e in un primo momento era connessa con la chiesa attraverso una scala che ne permetteva l’accesso direttamente dal presbiterio, come mostrato dalla tamponatura del muro meridionale.
La Cappella del Salvatore ha ricoperto un ruolo fondamentale nel corso dei secoli XIII e XIV poiché sporadicamente è stata sede degli incontri dei canonici del Capitolo.
Probabilmente in occasione dei lavori commissionati dai vescovi Alberto (1224-1237) e Pandolfo (1237-1255), la Cappella del Salvatore subì delle modifiche con la sopraelevazione del pavimento, la tamponatura della porta di collegamento con il presbiterio della Cattedrale, la realizzazione della copertura con volte a crociera e l’inserimento dell’arco ogivale centrale.
Esso poggia su due semipilastri e altrettante semicolonne con capitelli di travertino decorati a uncino, di sapore cistercense.
Sulle volte si intravedono ancora i resti di un cielo stellato e motivi circolari che accolgono ventagli policromi.
Sulle pareti della Cappella è presente un palinsesto che evidenzia tre fasi successive di decorazione.
Una prima fase vede le pareti affrescate con finte specchiature marmoree entro archi e uno zoccolo composto da motivi a fiori stellati entro clipei.
Questa decorazione fu sostituita, probabilmente in occasione degli interventi architettonici del XIII secolo, da affreschi a finta cortina muraria a fondo ocra, bianco e rosso, incorniciati da finti pilastri e archi decorati a motivi vegetali e floreali.
Allo stesso periodo risale l’affresco dell’absidiola pensile in cui è raffigurato Cristo in trono affiancato dai Santi Magno e Secondina.
Della terza e ultima fase decorativa si conservano labili tracce di cornici decorate a ovoli, a motivi vegetali e motivi a stelle a sei punte.
Si sa pochissimo di questa decorazione presente solo sulle pareti est e sud e ben visibile dietro il grande crocifisso ligneo, probabilmente fu realizzata attorno alla seconda metà del XV secolo.
L’altare risalirebbe agli anni della realizzazione della Cappella all’epoca del vescovo Pietro da Salerno; esso fu realizzato con marmi di recupero, forse provenienti dal complesso abbaziale di Villamagna.
L’elemento di maggior pregio è il pilastrino destro, probabilmente databile al V secolo.
L’altare è stato ricostruito in occasione dei restauri del 1973.
Nella sala sono conservati alcuni oggetti lignei di particolare pregio storico-artistico: la cattedra episcopale è databile al secolo XIII ed è stata attribuita a maestranze meridionali influenzate dell’arte musulmana.
Ha perduto il dossale e in buona parte è stata rimaneggiata nel corso dei secoli.
Il crocifisso ligneo databile agli ultimi anni del XV secolo presenta una straordinaria attenzione al realismo anatomico, come si può notare dai dettagli della pelle e dalle vene; d’altra parte l’estrema magrezza del corpo di Cristo e il sangue che scende copioso dal costato sottolineano l’aspetto della sofferenza.
La presenza di un meccanismo alla base della nuca del Cristo permetteva la fuoriuscita della lingua, enfatizzando ulteriormente l’aspetto patetico dell’opera.
Il crocifisso era usato per le processioni e probabilmente il meccanismo era messo in funzione proprio durante queste solenni occasioni, per impressionare i fedeli e renderli partecipi della Passione di Cristo.
La statua di sant’Antonio Abate, proveniente dall’omonima ex chiesa è stato aggiunto al Tesoro della Cattedrale nel 1998.
Si tratta di una statua lignea dipinta e realizzata scavando un unico tronco di legno.
Un dipinto su tavola, realizzato nel 1325 da Lello de Urbe, raffigura la Madonna col Bambino e, inginocchiato, il committente Rainaldo presbitero.
La preziosa icona reliquiario che conserva le reliquie di San Tommaso d’Aquino, San Thomas Becket e San Pietro da Salerno; Madonna con Bambino del 1316 è in precario stato di conservazione a causa di improvvidi restauri degli anni Settanta del secolo scorso.
 
 
 

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Il Tesoro antico

La stanza attigua mostra il Tesoro Antico, un’esposizione di pregiati oggetti in larga parte donati da Bonifacio VIII (1295-1303), come registrato in un manoscritto pergamenaceo conservato nell’Archivio della Cattedrale.
Nel documento sono elencati più di cento oggetti, ma purtroppo molti sono andati dispersi.
Sappiamo dal Liber Pontificalis che già Leone IV (847-855) donò all’antica Cattedrale di Anagni una serie di oggetti preziosi in occasione della sua consacrazione; di quegli oggetti non esiste più traccia, i più antichi tra quelli esposti risalgono al XII secolo.
Nonostante le dispersioni qui si conserva una tra le più interessanti e variegate raccolte artistiche di epoca medievale.
La testimonianza qualitativamente più alta è offerta dai tessuti che esemplificano aspetti e tendenze delle arti nel Duecento.
Uno degli oggetti più preziosi che la Cattedrale conserva è il cofanetto reliquiario di Thomas Becket, realizzato in smalti di Limoges e conservato in una delle teche angolari.
 
 
 

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Le Sagrestie

Le Sagrestie furono realizzate nell’Ottocento chiudendo un portico che si affacciava sul chiostro.
Esse accolgono una serie di armadi a parete in legno di noce di pregevole manifattura laziale, databili alla fine del secolo XIX, caratterizzati da modanature molto semplici, linee austere e una voluta mancanza di decorazioni.
Le Sagrestie della Cattedrale di Anagni continuano ad assolvere gli scopi per i quali sono state realizzate, connessi alle normali funzioni liturgiche della Cattedrale.
Dentro le teche collocate al centro della prima Sagrestia sono conservati i busti – reliquiario di san Pietro vescovo e di san Magno.
Si tratta di due opere d’oreficeria di particolare pregio, realizzate nel 1542 in lamina d’argento, su una base in legno che accoglie le piccole teche con le sacre reliquie.
Sulla base del busto di san Pietro è riportata l’iscrizione:
IO. PETRUS P LEONARDUS DONODEDIT A. SALV. MDXLII, mentre nel cartiglio in pergamena conservato all’interno della teca del busto di san Magno è scritto:
EX OSS.MAGNI EPI.
Ancora oggi questi busti sono solennemente portati in processione per le vie del centro storico il 19 agosto, in occasione della festa del santo patrono, all’interno della macchina processionale conservata nella navata destra della Cattedrale.
La tradizione narra che, per preservare i due busti, nel XVIII secolo si decise di sostituirli con una statua lignea che gli anagnini disprezzarono a tal punto da colpirla con dei cocomeri durante la processione.
Da allora i busti tornarono ad essere protagonisti della celebrazione e la statua fu posta nel convento delle suore cistercensi.
 
 
 

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La Sala Capitolare

La Sala Capitolare prende il nome dal Capitolo, ossia l’assemblea di canonici addetti a una chiesa, così chiamati dall’uso di leggere durante le adunanze un capitolo della Regola o un passo delle Sacre Scritture.
La costruzione di questa stanza risale al XIX secolo come attesta l’iscrizione pavimentale vicino alla porta d’ingresso delle Sagrestie.
La sala del Capitolo è occupata per intero da una teca dove sono conservati alcuni testi liturgici e l’inventario risalente al XIII-XIV secolo degli oggetti donati da Bonifacio VIII alla Cattedrale.
In un angolo fa bella mostra una teca con le reliquie di Sant’Oliva.
La volta è ornata da affreschi con motivi decorativi vegetali e putti alati.
 
 
 

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La Biblioteca

Dalla Sala capitolare si accede alla Sagrestia Nuova, piccolo ambiente che conserva oggetti datati tra il XV e il XX secolo come paramenti liturgici, calici, pissidi, patene, pastorali, mitrie e ostensori di tipo ambrosiano, donati da Leone XIII e così chiamati perché la loro struttura molto particolare ricorda la facciata del duomo di Milano.
Spiccano su tutti le due ampolline in vetro verde e metallo prezioso appartenute in origine a papa Paolo V Borghese e una stauroteca (reliquiario della Vera Croce) in legno e madreperla.
Sempre dalla Sala capitolare si accede alla Biblioteca capitolare, composta da una ricca collezione di 1814 volumi datati dal XV al XX secolo.
Di particolare importanza sono gli incunaboli, ossia i primi prodotti della tipografia, dalle origini fino al 1500, detti anche quattrocentine, proprio perché realizzati nel XV secolo.
Dei circa 450.000 incunaboli sparsi per il mondo, almeno 110.000 sono conservati in Italia: alcuni di essi sono conservati in questa biblioteca.
I volumi trattano svariati argomenti: testi di storia locale, qualche classico latino, fino ad arrivare a una importante copia del 1518 del codice giustinianeo.
Il celebre Corpus Iuris Civilis è una raccolta di materiale normativo e giurisprudenziale di diritto romano, voluta dall’imperatore Giustiniano I (527-565) per riordinare il sistema giuridico dell’impero.
Le opere teologiche, scritte soprattutto dopo il Concilio di Trento (1545-1563), compongono la maggior parte della collezione.
Attualmente l’intero patrimonio è conservato in armadi realizzati appositamente per questo ambiente all’inizio del XX secolo.
In alto è collocato il Paliotto di San Magno, un pannello in legno e argento con l’effige del santo, utilizzato ancora nel secolo scorso per decorare la fronte dell’altare della Cattedrale il giorno della festa patronale.
Il dipinto raffigurante l’Annunciazione è un olio su tela prodotto tra il 1880 e il 1882 da Pietro Gagliardi.
Si tratta del bozzetto finale per la decorazione del catino absidale centrale della Cattedrale, realizzata dallo stesso pittore.
 

Fonti documentative

D. Angelucci, C. Coladarci – Il museo della cattedrale di Anagni. La guida storico artistica – Roma, 2018
D. Angelucci, C. Coladarci e L. Proscio (a cura di) – Cattedrale di Anagni, prezioso tesoro di antica memoria
L. Proscio - Il Bestiario della Cattedrale di Anagni. Un viaggio alla scoperta del simbolismo medievale – Roma, 2015
C. Quattrocchi – Un martire inglese alla Curia di Roma L’oratorio di San Thomas Becket di Canterbury nella cattedrale di Anagni – Roma, 2018
C. Quattrocchi – Sacerdotium et Regnum alla Fine dei Tempi. L’Offertadi Abramo e Melchisedec nelle pitture della cripta di Anagni – in Il Potere dell’arte nel Medioevo Studi in onore di Mario D’Onofrio, a cura diM. Gianandrea, F. Gangemi, C. Costantini, Roma, 2014
N. Severino - Il pavimento cosmatesco della cattedrale di Anagni, La storia, l’analisi, le nuove ipotesi - Roccasecca 2012

https://it.wikipedia.org/wiki/Cattedrale_di_Santa_Maria_(Anagni)

http://catalogo.fondazionezeri.unibo.it/ricerca.v2.jsp?locale=it&decorator=layout_resp&apply=true&percorso_ricerca=OA&filtrolocalizzazione_OA=4282%7C200&sortby=LOCALIZZAZIONE&batch=100

https://www.cattedraledianagni.it/cattedrale

http://www.medioevo.org/artemedievale/Pages/Lazio/CattedralediAnagni.html

Cripta della Cattedrale, su www.paesionline.it. URL consultato il 17 giugno 2015.
 

Nota

La galleria fotografica ed il testo sono stati realizzati da Silvio Sorcini.
 

Mappa

Link coordinate: 41.742823 13.161833

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