Castello di Porchia – Montalto delle Marche (AP)

Cenni Storici

Il territorio di Porchia è abitato fin dall’antichità, esistendo testimonianza della presenza di necropoli sia picene sia romane. La fondazione vera e propria risale però al IV secolo, durante le invasioni barbariche. Il borgo prende il nome di Porcia. Il castello porchiese sorge all’epoca delle incursioni saracene, intorno al IX secolo. Nel 1291 il papa ascolano Niccolò IV attribuisce al castello la prima forma di autonomia, ammettendolo all’elezione del podestà. Di lì a poco Porchia entra a far parte dei castelli di Ascoli, come baluardo nordorientale della città. Ascoli offre a sua volta aiuto militare al castello (1319-1321). Di questo status la frazione reca tuttora traccia, con la partecipazione della sua rappresentanza alla Quintana di Ascoli Piceno. Pur soggetta al comune di Ascoli, tuttavia, Porchia appartiene alla diocesi di Fermo, nella quale resterà fino al 1571, quando sarà aggregata alla diocesi di Ripatransone; nel 1586 poi il montaltese papa Peretti, Sisto V, elevando a sede vescovile la sua città, ne ricaverà il territorio appunto dalla diocesi ripana, scorporandone anche Porchia (14 novembre). Il primo vescovo di Montalto, Paolo Emilio Giovannini, è nativo del castello, e i fornaciai porchiesi forniscono i mattoni per la costruzione della nuova cattedrale. Il comune di Porchia cessa di esistere nel 1861, sopraggiunta l’Unità d’Italia, allorché un decreto piemontese lo accorpa definitivamente a Montalto delle Marche.

Il Torrione si trova nella frazione Porchia di Montalto delle Marche. La Struttura di forma pentagonale difesa da una possente scarpatura alla base che aveva lo scopo di assorbire e deviare i colpi delle bombarde, è coronato da merli di fattura ghibellina costruiti sopra una fila di beccatelli dove i difensori potevano, al riparo, operare e contrattaccare. Di origine trecentesca, è stato aggiornato nel quattrocento munendolo, oltre che della massiccia scarpatura, anche di diverse bombardiere e feritoie. Avente funzione di torre di comando, organizzava dall’alto le difese del borgo. Il lato rivolto verso l’interno è privo di copertura muraria. Molto scenografico nella sua collocazione, un tempo era circondato da altri edifici ora demoliti, che andavano a comporre le difese della parte alta del paese. Piuttosto ben tenuto, e sede dell’orologio cittadino, è visitabile tramite delle ripide scalinate in legno che salgono fino alla piattaforma superiore.

Anche i monaci farfensi, che nel 1039 ricevettero Porchia in dono da Longino D’Azzone, dovettero realizzare possenti opere di difesa. Il torrione che dominava lo spiazzo dove sboccava l’unica via naturale d’accesso a Porchia e proteggeva la porta principale del paese fu ricostruito ex-novo come si desume dal fatto che le bocche del fuoco, le quali si aprono al centro dei vari fianchi del torrione, una per fianco, nel punto d’attacco della scarpata, sono organismi originali e non inserti posticci. La tessitura della cortina muraria che circonda quei forti, infatti, è regolare e non presenta lacerazioni di sorta. Le mura hanno subito notevoli danni con il terremoto del 1703. Le mura hanno subito notevoli danni con il terremoto del 1916. Le mura hanno subito notevoli danni con il terremoto del 1943. Probabilmente si è avuto il crollo dei merli ghibellini nel Torrione. Porchia, oggi frazione di Montalto delle Marche ma fino al 1866 comune autonomo, sorge su uno sperone calanchivo a Nord-Est di Montalto delle Marche. A nord, ovest e sud, pareti alte e dirupate rendono il luogo praticamente inaccessibile, ma ad est, dove sbocca l’unica possibile via d’accesso al paese, i fondatori longobardi (sec. VIII – IX) dovettero realizzare possenti opere di difesa per assicurarsi tranquillità e prevenire ogni pericolo. Tra la fine del sec. XIV e tutto il secolo successivo, l’uso di nuovi tipi di armi determinò il bisogno di intervenire sugli organismi fortificati esistenti allo scopo di apprestarli per e contro i nuovi mezzi bellici. E’ significativo il fatto che, nel 1398, il fermano Matteo di Matteo rifece quasi completamente il castello di Monte Varmine, che si trova a breve distanza da Porchia e presenta una cortina in laterizi e sistemi difensivi molto simili a quelli del recinto murato di Porchia. Che il sistema difensivo di Porchia fu rinnovato completamente fra il sec. XIV e XV può affermarsi con quasi assoluta certezza. Con tutte quelle alzate in quel periodo nella regione marchigiana, la cortina in laterizi ha un notevole spessore e presenta un’alta scarpata per far rimbalzare i proiettili delle artiglierie. Inoltre, nel punto più vulnerabile (est) è dotata di un torrione poligonale con beccatelli e merli ghibellini, che fuoriesce dalla stessa cortina ed è rinforzato da possente scarpata. Persino i magistrati del libero comune, che ricevettero Porchia a partire dalla metà del sec. XIII si comportarono allo stesso modo dei fondatori longobardi e dei monaci farfensi. L’autore della guida pratica nel 1899 asseriva che: ‘Le mura castellane del 1200 circa serravano ancora maestosamente e a larga cinta tutto il piccolo paese, comprovante così la sua antica ampiezza’. L’autore della scheda di Montalto nel 1936 rilevava solamente che a Porchia esistevano mura di cinta frammentarie con torrione poligonale con scarpata, beccatelli, merli ghibellini, difesa piombante del sec. XIV-XV. Il principio guida dell’operazione di risanamento e restauro fu quello di fermare il fenomeno erosivo in atto. Infatti furono previsti interventi di rinforzo delle murature, rifacimento dei merli ghibellini nel Torrione probabilmente crollati con il terremoto del 1943. Quest’ultimo intervento lo si decise perché durante i lavori di restauro fu trovata una foto attestante l’ancor buono stato di conservazione della parte terminale del Torrione fino a tutti gli anni trenta; infatti era ben visibile un motto fascista iscritto sulla parete della casa a sinistra del torrione.

Nel Castello di Porchia:

Chiesa di S. Antonio
La Chiesa di S. Antonio fu costruita nel XVIII secolo, probabilmente su preesistenze.

Chiesa della Madonna della Pace
La costruzione della chiesa per i suoi caratteri tipologici e’ databile presumibilmente al XV secolo. La chiesa della Madonna della Pace fu oggetto di ampliamento e riassetto interno nel sec.XVIII. Nella visita apostolica di mons. Maremonti del 1573 non si fa menzione nella località’ di Porchia di questa chiesa. Una lapide posta nella parete a sinistra della chiesa dice che la chiesa fu riedificata nel 1902 con l’aiuto della regina Margherita e della popolazione porchiese.

Chiesa di S. Lucia
La costruzione della chiesa fu commissionata dalla sorella del papa Sisto V per la grande devozione che la famiglia aveva per questa santa, dato che lo stesso papa Sisto V era nato il 13 dicembre. Probabilmente la data di costruzione dell’edificio risale al 1472, visto che da una lettera di protesta di alcuni cittadini di Porchia per la demolizione di una parte della torre campanaria nel 1952 si fa riferimento al fatto che la chiesa è vecchia di circa 480 anni. La chiesa fu consacrata il 18 maggio 1919 da Mons. Luigi Ferri. Nel questionario si riporta che furono effettuati lavori di restauri dal parroco D. Guglielmo Merlonghi negli anni 1898-1901, modificandone lo stile con ampliamento delle solo due cappelle su disegno dell’architetto Luigi Fontana, di cui non si ha alcuna notizia, con una spesa di circa £ 20.000. Nella lettera D. Giuseppe Mariani fa presente che nel terremoto del 3 ottobre 1943 la parte superiore della facciata ha subito delle forti lesioni. Nella lettera D. Giuseppe Mariani fa presente che nel terremoto del 5 settembre 1950 le lesioni si sono ulteriormente aggravate e il timpano minaccia di crollare sulla via antistante. Il 10 dicembre 1952 fu presentato il progetto per la riparazione dei danni dei terremoti avutisi negli anni precedenti. I lavori per la riparazione dei danni dei terremoti avutisi negli anni precedenti iniziarono il 23 febbraio 1953. I lavori sono consistiti in: demolizione solai in legno con sovrastante pavimento in cotto nell’interno delle logge del campanile; ricostruzione del solaio in c. a. nel campanile; demolizione e ricostruzione della volta in camoracanna nella chiesa; strappo di muro e ripresa d’intonaco a malta bastarda con tinteggiatura della parete interna della chiesa adiacente la torre; ripresa interna delle lesioni profonde su soffitti e pareti. Il giorno 26 settembre 1997 ha inizio una serie di scosse sismiche che provocano i seguenti danni: crollo di una piccola porzione di intonaco sulla parete della sacrestia; lesioni di piccola entità nelle pareti longitudinali della navata; lesioni non passanti sugli intonaci delle pareti d’ambito con il campanile. Nella cripta vi è un affresco che raffigura la Natività del N.S.G.C. e S. Antonio di Padova datato 1515 ed attribuito a Giacomo Bonfini.

Edicola di S. Caterina
Non si hanno documenti attestanti la data di costruzione della edicola di S. Caterina, ma vi sono atti testamentari della meta’ del sec. XV che fanno supporre che già’ agli inizi del 1500 fosse oggetto di culto. L’ edicola di S. Caterina e’ nominata nella maggior parte dei testamenti dei porchiesi, cosi’ ad esempio nei protocolli del notaio Giambattista Giovannini (1540-1592) con atto del 15 agosto 1555 donna Augustina nei vari lasciti non dimentica la chiesa di ” S.te Chatarine”. In una memoria redatta il 25 maggio 1909 dal cancelliere vescovile si dice che in data 1 marzo 1643 la comunità’ di Porchia eresse la Confraternita della Misericordia e che da quel tempo l’edicola si nomina di S. Caterina e della Misericordia. La chiesa veniva aperta al pubblico culto il mercoledì’ ed il sabato in forza del testamento di Leonbruno Aloisi e Brigitta Vagnozzi di Porchia, i quali nel 1669 lasciarono la dote corrispettiva. Sempre nella memoria redatta il 25 maggio 1909 si dice che l’edicola fu costruita con l’obolo della popolazione e che si trova fuori della terra di Porchia, verso l’antico convento dei PP. Carmelitani. Don Girolamo Virgili, Rettore del Benificio di S. Caterina, con Bolla del 26 maggio 1855 rinuncia al Benificio e lo conferisce al chierico Luigi Alessandrini. Sappiamo che Anna, sorella di don Girolamo Virgili, per la sua particolare devozione, fece rifare a sue spese il tetto, consolido’ le strutture portanti, lo isolo’ dall’umidità’ e fece costruire un muro per impedirne l’interramento della parte di N.E.. In una descrizione degli arredi della Chiesa di S. Caterina della prima meta’ del sec. XVII si dice che la chiesa ha due porte, una grande ed una piccola, un altare con ornamenti in stucco dove vi e’ l’effige di S. Caterina ed in una parete a lato vi è l’immagine di S. Bernardino e dall’altra quella della Madonna della Misericordia. In un atto del 9 ottobre 1766 contenente l’inventario di tutti i beni dell’edicola di S. Caterina vi sono enumerate oltre alle suppellettili sacre anche le proprietà’ e i censi, tra cui due case. In un documento senza data risalente alla fine dell”800 inizio ‘900 vi e’ l’elenco delle offerte della popolazione per il restauro della chiesa ormai in disuso: le relative spese comprendevano il rifacimento del tetto, la realizzazione di un muro di sostegno di mc 11, restauro delle murature e del quadro. Nel XX sec. la chiesa fu in parte probabilmente demolita e ricostruita un’edicola.

 

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