Castello di Montoro – Narni (TR)
Cenni Storici
I primi insediamenti dell’area risalgono al periodo Villanoviano, ciò deducibile da alcune tombe cinerarie in piccoli recipienti di coccio rinvenute in zona Marinata; nella stessa località furono rinvenute anche tre pietre che erano a suo tempo legate tra loro con del piombo e che costituivano un altare inceneritorio per la cremazione dei defunti.
La stessa parola “Marinata” avrebbe origine da qualche radice indoeuropea come potrebbe essere il termine “maré” che in aramaico significa “capo tribù” e in etrusco “sacerdote”; secondo alcuni studiosi gli Etruschi avrebbero derivato il loro alfabeto da quello colcidico di Cuma portato dai popoli villanoviani.
A questi popoli seguirono gli Umbri e gli Etruschi che si fusero nel V° secolo a.C. e furono battiti nel 444 dalle legioni romane guidate da Q. Fabio.
Montoro quindi divenne città romana, come tutte le altre, e di questa epoca sono stati rinvenuti numerosi reperti e conserva diverse testimonianze fra cui tombe e resti di ville.
Successivamente questo posto fu cristianizzato da San Pellegrino che subì il martirio sotto Adriano nel 142 d.C., San Valentino anch’egli martire nel 270 sotto M. Aurelio Claudio II e dai suoi discepoli, Proculo, Efebo, Apollonio e Abbondio; infine in un ambito ancora più vicino a questo territorio da S. Giovenale martirizzato nel 376 d.C.
Sulle rovine dell’Impero Romano fiorì la civiltà cristiana soprattutto con la comparsa dell’Ordine Benedettino.
Queste terre furono fra le prime ad essere fecondate dalle pie ed illustri colonie dei figli di S. Benedetto che qui costruirono, come abbiamo già accennato, l’abbazia di S. Stefano, quella di S. Lorenzo, che sembra sorgesse sul luogo ove attualmente sorge la chiesa del villaggio della Società Terni, e l’abbazia di ,S. Martino, che benché fatiscente e soffocata dagli sterpi ancora mostra la sua severa bellezza.
Benedettine sono anche l’abbazia di S. Pudenziana, costruzione paleo-cristiana avente la forma di basilichetta a tre navate, l’abbazia di S. Angelo in Massa e, più importante di tutte, l’abbazia di S. Cassiano, fondata intorno al 1000 da S. Orso abate.
I benedettini popolarono queste terre ed incrementarono la cultura dell’olivo, cultura che, a detta di Plinio, in queste zone era già in antico sufficientemente sviluppata, non a caso infatti l’area è tappezzata da piante ultrasecolari.
Il nome di Montoro compare in un documento pubblico dell’anno 857 dopo Cristo, data questa che ci permette di supporre come il nome possa risalire almeno a qualche secolo avanti.
Sull’origine di questo nome molto si è dibattuto, qualcuno ha scritto che derivasse dal « Monte d’oro », e questo fosse la montagna di S. Croce in cui sembra esistesse un’antica miniera d’oro.
In effetti, sulle coste di questa montagna esiste ancora oggi una serie di grotte in cui furono trovati nel passato vecchi lumi romani, ma nessuno ha potuto dimostrare che si trattasse di una miniera del prezioso metallo.
Probabilmente il nome derivò dalle gialle arene e dalle crete di colore chiaro che formano il monte su cui fu posto il castello.
Questa origine è del resto comune a quasi tutto il repertorio dei Montoro che si trovano nell’Italia Centrale, a cominciare da S. Pietro in Montorio che, a detta del Nibby, sorgeva su un colle di sabbia color giallo.
I territori di Montoro appartennero all’Imperiale Abbazia di Farfa, nell’anno 857 Ludovico II confermava all’Abbazia i suoi beni e privilegi fra cui (fundum montem aureum).
In un celebre Regesto conservato presso la Biblioteca Vaticana troviamo al documento 921 relativo all’anno 1061 dove Dato figlio di Ramerio e Crescenzio figlio di esso Dato, insieme a Giovanni, figlio di Ugolino (ecco i primi cinque montoresi della storia), si obbligarono a non vendere o dare in cambio alcuni beni senza prima offrire la prelazione al monastero di Farfa.
Così dice il documento : “De sua parte quod est mediatas podii quod costructum est a carbonaris antiquis in integrum cum muris et portis eius et omni aedificio intus et foris quod ad ipsium podium pertinet” che tradotto: « Della sua parte quello che è la metà del podio che fu costruito da antichi carbonari, al completo con le sue mura e le sue porte e con ogni edificio, sia dentro che fuori, che al detto podio appartenga ».
Questo podium di cui si parla è evidentemente il castello di Montoro già dotato, in quell’epoca, di mura e di porte.
Nel secolo X o nel secolo XI si andò sviluppando la giurisdizione feudale su Montoro e, come avvenne per la maggior parte dei feudi, si formò intorno alla famiglia del posto più adatta al governo del paese per le sue qualità e il suo censo.
Il castello in questione venne gestito dalla famiglia Montoro.
La prima notizia su tale famiglia si trova in un manoscritto conservato nella Biblioteca Comunale di Narni, dove viene asserito: Anno 1020. Domus Montoria in lucem edidit va inteso che in quell’anno alla famiglia anzidetta venne riconosciuta la signoria sul castello di Montoro.
E’ evidente che per essere idonea ad una tale investitura, la famiglia Montoro doveva essere già in quell’epoca la più ricca e potente del luogo. La famiglia però entrò in conflitto con la chiesa e fu cacciata e i suoi beni confiscati.
Nel 1320 il castello di Montoro fu assediata da Cornetani e Tuscolani che lo saccheggiarono e bruciarono.
Nel 1349 Martino V (Colonna ) nominò governatore di Montoro l’Abate Giacomo di Sassovivo e la città parteggiò con i Guelfi per il papa.
Nel novembre 1494, avventurieri amerini insieme a soldati francesi espugnarono Montoro, lo saccheggiarono e bruciarono parte delle sue case, anche la rocca subì danni notevoli ed ebbe quasi tutti i bastioni arsi.
Gian Battista, figlio di Pier Francesco e di Livia Eroli, allora giovanissimo, scrisse nelle sue memorie che gli amerini portarono via come bottino « robe et moltissimo grano et vino et panni et molte masseritie da le case, tanto de li Signori quanto de li vassalli ».
Le lotte con Amelia terminarono nel 1499 ma non le tribolazioni dei montoresi, perchè sempre in quell’anno truppe ortane occuparono il territorio di Montoro.
L’anno 1527 segnò il culmine delle disgrazie di Montoro e del territorio di Narni. L’esercito di Carlo V, reduce del sacco di Roma, marciava alla volta di Narni, fuggendo la peste che nell’Urbe, faceva stragi.
L’Esercito imperiale composto da 20.000 persone passò le mura di Orte che però non fu espugnata; una parte dell’esercito costituita dai lanzichenecchi si diresse ad Amelia e la popolazione di Montoro si oppose ad accogliere le truppe e cacciarono gli ambasciatori, i narnesi fecero anche un’incursione fra le truppe di Carlo V e fecero più di 500 morti.
Il 17 luglio 1527 le truppe entrarono in Narni e trucidarono più di mille persone incendiando la città.
Negli anni successivi Montoro conobbe un periodo di tranquillità. Nel 1528, però, una bolla di Clemente VII segna la fine dell’autonomia che il castello si era dato con gli Statuti, con la restituzione di molti beni alla Chiesa, tra cui gli Statuti stessi.
Con l’arrivo di Napoleone i beni della famiglia furono confiscati perché non aveva obbedito agli ordini dell’Imperatore di mandare i figli alle armi.
La comunità di Montoro fino al 1800 era amministrata da un governatore.
Con la legge Consalvi del 1816 che sanzionò in tutto lo Stato pontificio la fine del regime feudale venne sancita la fine del feudo dei Montoro, uno dei più antichi dello stato.
La città fu assorbita dal Comune di Narni.
Nel 1858 fu terminata la costruzione dell’acquedotto ed inauguarato con un solenne cerimonia il settembre successivo.
Il 14 settembre 1860 Narni e Montoro passarono sotto Vittorio Emanuele II e da qui partì un periodo di progresso e di benessere conseguente all’industrializzazione dell’intera area.
La Chiesa Baronale
E’ un edificio di sobrio stile barocco, ad una navata, con portale e finestre in arenaria in cui si notano resti di piccoli corpi fossilizzati.
L’interno ad intonaco chiaro, è decorato da tre altari: l’altare del Crocifisso, l’altare della Madonna e l’altare Maggiore.
Quest’ultimo di stucco e di marmo è sovrastato da un quadro di buona mano, rappresentante S. Egidio Abate a cui è dedicata la Chiesa.
Ai piedi del Santo è il Re di Francia Clodoveo che, per essere cinto da una corona marchionale, adombra senz’altro le fattezze del capo della famiglia Patrizi Montoro di quell’epoca : il marchese Giovanni.
L’altare Maggiore è situato su un piano rialzato a cui si accede per due gradini su cui poggia la balaustra di marmo, decorata dai due stemmi dei coniugi Patrizi e Odescalchi, che donarono la detta balaustra, espressamente costruita, nel 1948 all’atto della donazione nella Chiesa baronale alla Parrocchia.
Questa Chiesa fu fondata nel 1747, sedente Benedetto XIV, dall’Abate Alesandro Chigi, figlio del marchese Ludovico. Questi non vide compiuta la sua opera che fu terminata dal nipote, Giovanni Chigi Montoro.
A memoria di quanto sopra fu posta le seguente lapide sopra il portale d’ingresso:
S. AEGIDIO ABBATI CASTRI MONTORIJ PATRONO ALEXANDER CHISIUS AEDEM HANC A FUNDAMENTIS EXCITATAM DICAVIT JOANNES CHISIUS MONTORIUS PATRITIUS FRATRIS FILIUS PATRUO BENEMERENTI M. P. ANNO DOMINI MDCCXLVII
La Chiesa fu consacrata il 26 ottobre 1749 da Giacobbe Filippo Consoli Vescovo di Amelia.
Per l’occasione fu dettata la seguente epigrafe:
D. O. M. QUOD TEMPLUM HOC DIVO EGIDIO SACRUM JACOBUS PHILIPPUS CONSULUS EPISCOPUS AMERINUS ANNUENTE NICOLAO TERZAGHO EPISCOPO NARNIENSI SEPT. KAL. NOVEMBRES AN. DO. MDCCXLIX SOLENNI RITU DEDICAVERIT MARCHIO JOANNES PATRITIUS PATRONUS M. P. C.
Alla Chiesa è annessa una sagrestia ed un piccolo locale con lavabo di marmo di bella fattura, su cui è scolpito uno stemma Montoro che, unico fra quelli conosciuti ha il monte di sei cime sormontato da una stella.
Questo locale con soffitto a volta è stato ora adibito a Fonte Battesimale dopo che, in seguito alla donazione la Chiesa baronale fu elevata alla dignità di Chiesa Parrocchiale.
Benchè la famiglia Patrizi riguardasse questa Chiesa come sua Chiesa privata specialmente agli effetti del suo mantenimento, pure tuttavia essa fu eretta con intenzioni di servire al pubblico e di ciò fanno prova il pulpito e i due confessionali e sopratutto i fondamenti delle navate laterali gettati sin dall’inizio della costruzione in vista ad un suo eventuale ingrandimento.
Nel 1759 il marchese Giovanni dotò la Chiesa di una Cappellania (arch. Montoro T 387 p 1) iniziò così la serie dei cappellani i quali avevano anche l’obbligo della scuola ai maschi e dell’ufficiatura consentendo al paese di avere due messe alla domenica, mentre in tutte le altre parrocchie la messa era una sola, non essendo ancora consentita la binazione.
Per la scarsità del clero verso il 1890 la carica di cappellano fu ricoperta dal parroco.
Il 13 giugno 1944, giorno in cui le ultime retroguardie dello esercito tedesco in fuga lasciarono Montoro (un distaccamento aveva occupato il Castello Patrizi), la Chiesa che già aveva riportato danni notevoli alle volte, subì un ulteriore danneggiamento in seguito all’esplosione di un autocarro carico di munizioni che fu fatto esplodere, dopo essere stato infilato nel passaggio sotto i locali dei magazzini della fattoria Patrizi, con la evidente intenzione di danneggiarli.
Per le piogge cadute nel tristo inverno del 1945, il cielo della volta rovinò e la tela ornante la sommità della volta e rappresentante l’Empireo, si staccò e cadde.
Il lavoro di restauro della Chiesa iniziò nell’aprile 1948 pochi giorni prima delle elezioni politiche del 18 aprile e terminò nel settembre dello stesso anno. Detti lavori furono finanziati dal Governo, mentre il campanile aggiunto fu eretto a spese del parroco.
La Chiesa fu riaperta al culto il 1° settembre 1948 dal nuovo Vescovo Mons. Dal Prà.
Fu così scoperta la lapide commemorante la donazione che reca la seguente iscrizione:
NELL’ANNO 1948 IL MARCHESE PATRIZIO PATRIZI MONTORO DONAVA ALLA PARROCCHIA QUESTA CHIESA CHE I SUOI AVI COSTRUIRONO A MAGGIOR GLORIA DI DIO E A CONFORTO DEI FEDELI.
Nel nuovo campanile furono poste le campane della vecchia Chiesa parrocchiale che furono trasferite a braccia d’uomo e al canto del Miserere, nell’agosto dello stesso anno.
Riporto le iscrizioni delle campane.
Campana grande : IN DEI HONOREM — DEIPARAE VIRGINIS IN COELUM ASSUMPTE — VINCENTII FERRERI PATRONIQUE DIVI AEGIDI AB. — PIETRO BENEDETTI REATINO.
In targa: MARCHIO PHILI•PPUS PATRITIUS MONTORIU SODALI-TATI SS. SAGRAMENTI DONAVIT A D 1850 — CURANTE FRANC. LUPI E’CCLESIE RECTORE — QUI’ GRATULAM TEP. M.P.
Campana media: E’ decorata da stemmi Montoro, dai caratteri si suppone che possa essere della fine del 1300, coeva probabilmente del B. Valentino da Montoro.
Campana piccola: — IHS — MARIA — MDXXXVH
Fonti documentative
G. Bolli – Montoro storia di un Castello Umbro e di una famiglia romana – 1956
Da vedere nella zona
Abbazia di San Cassiano
Chiesa di Santa Pudenziana
Chiesa di San Martino in Taizzano
Abbazia di Sant’Angelo in Massa
Narni sotterranea