Area Archeologica di Plestia – Serravalle di Chienti (MC)


 

Cenni Storici

Il municipio romano di Plestia, appartenente alla regio VI, si colloca in un territorio caratterizzato da un’antica ed intensa frequentazione; l’area occupata dalla città è stata identificata nei pressi della Chiesa di S. Maria di Pistia, nel territorio dei comuni di Serravalle di Chienti e di Colfiorito (PG), attualmente divisa in due parti dal confine tra le provincie di Macerata e Perugia. Tale vocazione di area di passaggio tra Adriatico e Tirreno, che la caratterizza fin da età pre-protostorica, ne determina anche la nascita e sviluppo come centro urbano romano, in quanto nodo di fondamentali collegamenti viari: la sua vocazione di centro di valico è del resto tuttora confermata dal passaggio della SS 77 e dal fitto reticolo dalla moderna viabilità minore.

La presenza, in età romana, del lago Plestino, scenario della famosa battaglia fra Romani e Cartaginesi nel corso della II guerra punica, insieme alla palude di Colfiorito creava una strozzatura, il cui passaggio era inevitabile per importanti vie appenniniche e transappenniniche. Si spiega così il convergere in questo punto di numerosi percorsi: da Spoleto aveva origine la Via della Spina, che sboccava sull’altopiano di Colfiorito nei pressi di Plestia dopo la stretta di Cesi; dalla Flaminia si staccava un diverticolo, la Via Plestina, che raggiungeva la piana di Colfiorito e quindi raggiungeva Plestia; un collegamento diretto con Nocera avveniva poi attraverso la Valle Vaccagna e il piano di Annifo. Inoltre collegamenti con le principali vie est-ovest dell’area marchigiana avvenivano da Plestia attraverso la Bocchetta della Scurosa fino a Pioraco, e dunque al diverticolo della Flaminia; attraverso la Val S. Angelo fino a Pievetorina e poi alla Salaria Gallica; direttamente lungo la via ripercorsa dall’attuale SS 77, che attraversa tutta la Valle del Chienti fino a Cluana; infine secondo il Radke una strada da Colfiorito, attraverso Colle S. Barbara, Strada, Rio Scortecchiari e Vallicelle, collegava l’area direttamente con Camerino, quindi Urbs Salvia (Urbisaglia), Helvia Ricina (Villa Potenza – MC), Osimo ed Ancona.

Insieme al suo ruolo di nodo viario per la nascita e lo sviluppo degli insediamenti, protostorici prima e di quello romano poi, si è rivelata di fondamentale importanza la presenza, sulle sponde del lago Plestino, del santuario della dea Cupra, nelle vicinanze del quale si è costituito il municipio.

La sua nascita – in un’area dove è documentato un sito dell’Età del Ferro abbandonato probabilmente già nel VI sec. a.C. – è legata quindi al costituirsi in forma urbana di un territorio caratterizzato, prima e immediatamente dopo la romanizzazione, da un assetto pagano-vicanico, forse con insediamenti dalle caratteristiche preurbane. La presenza del lago Plestino, soggetto a più riprese ad interventi di bonifica mai risolutivi, deve aver quindi fortemente condizionato lo sviluppo urbano.

L’abitato romano, che ottenne la cittadinanza optimo iure tra il III ed il II sec. a.C. e fu elevato al rango di municipio nel 90 a.C., è attualmente visibile solo in parte: durante scavi realizzati negli anni ’60 sono stati riportati in luce resti di abitazioni private, riccamente decorate con pavimenti musivi datati tra la fine dell’età repubblicana e l’inizio di quella imperiale; in particolar modo sotto la chiesa dell’XI secolo sono state scavate le tracce di un edificio pubblico monumentale, interpretato come tempio o portico di età repubblicana, elemento che sembra testimoniare non solo la ricchezza della città in questa fase storica, ma anche la centralità di tale area nell’ambito della sua organizzazione urbana.

Proveniente dai medesimi scavi, attualmente visibile all’interno dello stesso edificio di culto è un’importantissima dedica del senato plestino votata post mortem al Divo Costantino, che non solo attesterebbe la permanenza dell’uso di un titolo pagano riferito all’imperatore stesso che aveva avviato il nuovo corso cristiano, ma che ha fatto anche ipotizzare qui la presenza di un ampio contesto sacrale monumentale. Una conferma dell’importanza di quest’area nel contesto dell’organizzazione urbana è testimoniato da recentissimi scavi condotti in prossimità dei lati meridionale ed orientale della chiesa, in territorio marchigiano, che hanno documentato la presenza di un importante edificio pubblico realizzato in opus quadratum, probabilmente di età repubblicana, al quale si sono sovrapposti i livelli insediativi del più recente municipio relativi ad alcuni edifici, forse botteghe, che si affacciavano su un’area pubblica lastricata e dotata di marciapiede. Ugualmente la Soprintendenza per i Beni archeologici dell’Umbria sta conducendo da anni periodiche campagne di scavo all’interno dell’area urbana, che hanno rimesso in luce vari ambienti e mosaici di età romana.
 

LA DOMUS TARDO-REPUBBLICANA DI PLESTIA

 
AI centro dell’area archeologica scavata agli inizi degli anni ’60 sull’altopiano plestino è venuta alla luce, una grande domus romana, del tipo ad atrio e peristilio con piccolo hortus retrostante, databile in età tardo-repubblicana (40-20 a.C. ca.) e riferibile alla fase del municipium romano di Plestia.
L’intero complesso edilizio sopravvive con il suo impianto originario almeno fino al IV sec. d.C. con pochi interventi sulle strutture murarie e sui pavimenti tra la fine del I e il II sec. d.C.
La domus, orientata N-S, è situata a poca distanza dalla Chiesa di Santa Maria di Pistia che, come è noto, si imposta su un edificio di carattere pubblico a pianta rettangolare di notevoli dimensioni con fronte colonnata e murature in opera quadrata. L’edificio infatti si affaccia su un’ampia superficie non edificata riconoscibile come l’antico Foro della città.
La domus è composta da un grande atrio a ” T ” con pavimento in scutulatum a scaglie di marmo rosa, verde e nero ed impluvium al centro, su cui si affacciano una coppia di ambienti sui due lati (cubicula) con pavimenti in cocciopesto e del tipo a cementizio con decorazione geometrica in tessere bianche.
Le alae di destra e di sinistra ed il tablinum centrale, cioè gli ambienti di rappresentanza, si aprono sull’atrio tramite una fascia a mosaico geometrico in bianco e nero in funzione di soglia, inquadrata a sua volta da blocchi angolari in calcare rosa.
In particolare nel passaggio per il tablinum, composto da un ambiente rettangolare con pavimento in scutulatum identico a quello dell’atrio e con le pareti affrescate con motivi a fasce policrome vicine al tardo II stile pompeiano, si viene accolti da una fascia a mosaico con quadrati concentrici alternati ad una serie di 4 svastiche semplici realizzate dal motivo del meandro intrecciato.
Questo motivo trova confronti soprattutto in età tardo-repubblicana a Roma, nella “Villa di Livia” a Prima Porta, a Pompei e a Priverno (“Casa dell’ émblema figurato”) dove, come nel nostro caso, sono adottati gli stessi ornati geometrici davanti alle alae e al tablinum, ed anche in Umbria nella “Casa di Vespasia Polla” a Spoleto di epoca poco successiva.
Ai lati del tablinum si situano i due triclinia entrambi mosaicati e aperti verso il grande peristilio retrostante.
Il triclinio di sinistra, con pareti affrescate a fasce policrome dal nero al rosso e al verde, presenta un mosaico in bianco e nero (m. 9,50 x 4,30), composto da due parti principali divise da una fascia con treccia a due capi bordata da una fascia di mura merlate: la prima parte è occupata da un disegno geometrico a clessidre intervallate a quadrati bianchi e neri, mentre la parte posteriore, ha una decorazione più complessa con quadrati e losanghe che formano un motivo a stella intervallati da un fiore a quattro petali dentro un quadrato.
Il mosaico è databile intorno agli ultimi decenni del I sec. a.C.: il motivo a clessidra trova confronti soprattutto a Pompei in pavimenti di II stile, mentre il secondo motivo a quadrati e losanghe risulta più raro a Pompei ed è attestato con vari esempi in Umbria a Spoleto, a Pennavecchia presso Terni, a Gubbio e ad Assisi, dove nei quadrati è presente un nutrito repertorio di motivi floreali.
Nel secondo triclinio, quello di destra, si conserva invece un mosaico a scutulatum bordato da due fasce nere, mentre dal crollo delle pareti provengono numerosi frammenti di intonaco dipinto, caratterizzati da fregi geometrici su fasce policrome in rosso, verde e giallo.
Oltre agli ambienti di fondo del peristilio esposti verso nord quindi più usati soprattutto nei mesi estivi, e al piccolo portico adiacente con uscita sul diverticolo retrostante, molto interessante è il complesso edilizio collegato alla domus lungo tutto il lato est.
Anche se lo scavo dell’area è ancora in fase di completamento, sono venuti alla luce un’area aperta con peristilio ad “ L ” con colonne formate da spicchi di tegole su basi quadrate in calcare e un grande pavimento (m. 10 x 6,50) in signino bianco bordato da una fascia a mosaico in bianco e nero, pertinente forse ad un’aia aperta su cui si affacciano altri ambienti non ancora scavati.
Tutto il complesso, di circa 2500 mq., tenuto conto della sua posizione centrale, della particolare articolazione degli ambienti e della ricchezza delle decorazioni, deve aver svolto una funzione di rilievo all’interno della città romana, probabilmente un ruolo di tipo pubblico.
Dalle iscrizioni rinvenute nella zona infatti, oltre agli octoviri, sono attestati i quattuorviri, un questor, un aedilis e un curator reipublicae Plestinorum.

Articolo di Sergio Occhilupo
Tratto da – Un Parco per gli Altopiani – Autori Vari Cassa di Risparmio di Foligno 2005
 

 

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