Abbazia di San Pietro – Assisi (PG)
Cenni Storici
L’abbazia di San Pietro di Assisi fu fondata tra la fine del secolo X e l’inizio in un’area dove sorgeva un’antica necropoli romana.
E’ probabile che la sua fondazione fuori delle mura cittadine, rientrasse nella costruzione di chiese e monasteri in aree strategiche del contado voluta dai monaci di San Benedetto al Subasio.
Il monastero, noto secondo Io Jacobilli sin dal 996, era sotto il controllo dell’abbazia di San Pietro di Perugia.
Secondo una teoria sviluppata dal compianto don Mario Sensi profondo studioso e esperto conoscitore della storia locale, il monastero era all’origine una dipendenza di San Vetturino di Assisi nel secolo XIII, quando questa abbazia decadde, San Pietro ne raccolse l’eredità, trasferendo nella propria chiesa le reliquie del santo martire Vetturino, primo vescovo di Assisi, e ne rilevò i beni, tra i quali gli importanti mulini costruiti lungo il torrente Tescio.
La teoria proposta trova conferma nel legame tra i due monasteri che è confermato dal fatto che, all’inizio del secolo XIV, San Vetturino, ormai ridotto a priorato, era una dipendenza di San Pietro di Assisi.
La presenza del monastero è documentata dal 1029, attraverso un manoscritto conservato nell’Archivio capitolare di San Rufino in cui si può leggere: Terra Sancti Petri qui est monasterio, de Assisie.
Il primo abate di cui si ha notizia è Agino, che aveva anche il titolo di vescovo di Assisi.
Nella prima metà del secolo XIII, la storia della comunità di San Pietro si intreccia con quella di San Francesco.
Sappiamo infatti che il beato Pietro, abate di Assisi, il cui nome è citato in un documento del 1209, regalò a san Francesco il calice argentato e la patena che sono ancora conservati nella Cappella delle Reliquie del Sacro Convento di Assisi.
Dopo aver abitato a San Pietro per oltre due secoli, intorno al 1252, i Benedettini abbandonarono il monastero, al loro posto sopraggiunsero i Cistercensi i quali completarono la costruzione dell’abbazia e della chiesa, che fu consacrata nel 1254 da Innocenzo IV; nella stessa occasione, il pontefice consacrò la cattedrale di San Rufino e la basilica di San Francesco.
Nel 1316, in seguita all’ampliamento delle mura, l’abbazia di San Pietro fu per la prima volta incorporata e inclusa all’interno della città.
Negli anni 1432-1434, San Pietro fu concesso in commenda al cardinale Latino Orsini.
Tra la fine del secolo XV e l’inizio del secolo successivo furono realizzati alcuni importanti lavori di ampliamento e di sistemazione della chiesa abbaziale e del monastero.
Nel 1577 i monaci furono costretti a cedere il monastero e la parrocchia ad una collegiata di sacerdoti secolari.
Durante i 36 anni di gestione dei sacerdoti secolari, ricordati come il periodo più buio della storia di San Pietro di Assisi, furono dispersi i manoscritti, gran parte dei documenti d’archivio e le suppellettili sacre, che per secoli erano stati gelosamente conservati nel monastero.
I Benedettini della Congregazione Cassianese tornarono a San Pietro con l’intervento di papa Paolo V che li riportò con la bolla Romanus pontifex nel 1613.
Fu questo il periodo che riportò l’abbazia a rifiorire dal punto di vista sia spirituale che materiale.
Nel corso del secolo XVII, le fabbriche monastiche furono interamente rinnovate, eliminando la quasi totalità delle costruzioni più antiche e facendo assumere all’abbazia l’aspetto che conosciamo.
Il monastero, soppresso dai Francesi nel 1799 e una seconda volta, nel 1810, fu trasformato in ospedale civico per alcuni anni.
San Pietro sfuggì alle soppressioni decretate dallo Stato italiano poiché l’abate Emanuele Lisi vi aveva fondato, nel 1861, la prima Colonia agricola d’Italia, con lo scopo di istruire i ragazzi alla vita civile attraverso l’esercizio dell’agricoltura.
Anche quando la colonia fu chiusa nel 1892, l’abbazia di San Pietro continuò ad essere un centro di vita monastica e spirituale.
Attualmente l’Abbazia di S. Pietro è abitata da una piccola comunità di Monaci Appartenenti alla Congregazione Benedettina Cassinese che dirigono la parrocchia omonima.
Essi vivono seguendo la Regola di S.Benedetto, che riassume la sua vitalità nel famoso detto “Ora et Labora“.
La chiesa è stata restaurata nel 1954.
Nel 2000, Assisi, la basilica di San Francesco e gli altri siti francescani, tra i quali figura anche l’abbazia di San Pietro, sono stati iscritti nella lista del Patrimonio dell’Umanità promossa dall’Unesco.
Aspetto esterno
La chiesa, coeva della Basilica di San Francesco, presenta il tipico impianto romanico-umbro del secolo XIII, con i segni caratteristici dell’Ordine benedettino; si tratta infatti di uno degli ultimi esempi di architettura monastica ad Assisi, dopo che, a seguito di un editto emanato nel secolo XIII, fu concesso di costruire nuovi edifici solo all’Ordine francescano.
La facciata nella caratteristica pietra rosa del Monte Subasio, tipicamente romanica, è divisa in due ordini da una cornice di archetti pensili e tripartiti da lesene.
Il portale centrale presenta, alla base, due leoni e sia gli stipiti che l’archivolto sono decorati da una fascia a racemi; un secondo archivolto presenta teste di animali.
L’ordine superiore è decorato da tre grandi rosoni che si sviluppano in corrispondenza dei portali.
All’origine, la facciata culminava in un timpano che fu abbattuto dopo il terremoto del 1832.
Oggi la chiesa, nella sua parte antistante, culmina pertanto con una cornice marcapiano dove corre una lunga iscrizione PASTOR PETRE GREGIS FIDELISSIME REGIS. HIC FIDEI PURE POPULUS STANS SIT TIBI CURE. HOC OPUS EST ACTUM POST PARTUM VIRGINIS FACTUM. MILLE DUCENTENI SUNT OCTO SEXQUE DENI. TEMPORE ABBATIS RUSTICI.
Delle tre absidi originali, quella centrale è semicircolare, quella di sinistra rettangolare e la piccola absidiola di destra è stata murata.
Interno
L’interno è diviso in tre navate: quella centrale è molto alta e senza finestre proprie, ed è illuminata dal rosone centrale.
L’edificio ha copertura centrale con travature lignee, quelle laterali hanno volte a botte.
Il presbiterio è rialzato con la cripta ed è coperto da una cupola realizzata a scalini concentrici, originariamente decorati con terrecotte smaltate.
Le pareti sono state mese a nudo durante il restauro del 1954, che ha comportato anche l’abbattimento degli altari barocchi.
A sinistra dell’ingesso si trova la cappella del Rosario sul cui altare, datato 1831, è una tela raffigurante la Madonna votata a tal nome 1611.
Sulla controfacciata della chiesa sono presenti due monumenti funebri appartenuti alla famiglia Soldani (a sinistra è quello di Jolo Soldani, datato 1337).
Ai lati del presbiterio sono altri quattro monumenti funebri molto simili, nello stile, a quelli dei Soldani.
Sotto l’altare maggiore c’è il sarcofago con il corpo di san Vittorino martire, terzo vescovo di Assisi e co-protettore della città.
A sinistra dell’abside sono presenti alcuni affreschi frammentari della metà del secolo XIII.
Sulla testata del transetto sinistro nella cappella del Santissimo Sacramento si può ammirare un’Annunciazione, a destra una Madonna in Trono e sulla parete destra San Vittorino.
Un trittico con una Madonna con il Bambino tra i Santi Pietro e Vittorino, di Matteo da Gualdo, realizzato tra il 1468 e il 1475 e un affresco staccato con San Benedetto tra due santi sono esposti nelle sottostanti officine monastiche.
L’ultimo restauro della chiesa risale al 1997 e si rese necessario dopo il terremoto dello stesso anno.
Nota curiosa
Il sigillo della presenza templare è evidente nella parete destra della chiesa nel passaggio che porta alla cripta, si tratta di un fiore a sei petali (fiore della vita).
Fonti documentative
F. Guarino A. Melelli – Abbazie Benedettine in Umbria – Quattroemme 2008
N. Togni G. Farnedi – Monasteri Benedettini in Umbria alle radici del paesaggio umbro – 2014