Abbazia di San Claudio (De Gripta) – Serravalle di Norcia (PG)

L’Abbazia si presenta in uno stato pietoso, dopo un tentativo di recupero è stata completamente abbandonata e se non si interverrà a breve crollerà.

 

Cenni Storici

Appena fuori Serravalle, lungo la strada per Norcia e ben visibile dalla strada che scende da Cascia, a ridosso di una collina boscosa si trova il complesso di San Claudio. La suggestiva posizione la inserisce a pieno titolo in un ideale itinerario delle maggiori testimonianze benedettine in Valnerina che, partendo dall’abbazia di San Pietro in Val Suppenga a Ferentillo, passa attraverso San Felice e Mauro in Val di Narco, prosegue con la chiesa dell’Eremita a Piedipaterno e termina a Sant’Eutizio, da dove si raggiunge Norcia, patria del Santo.
L’imponente struttura ha avuto origine, come testimonia il nome, da insediamenti eremitici risalenti al quinto secolo e nel corso del tempo è stato alle dipendenze dall’abbazia di S.Eutizio in Piedivalle di Preci. La chiesa, costruita al di fuori delle vie di comunicazione, è stata parrocchiale di Serravalle. Viene ricordata già nel 1253 come dipendenza dell’abbazia di Sant’Eutizio.
 

Aspetto Esterno

Il complesso è costituito dalla chiesa addossata alla parete di roccia con campanile risalente al 1300 e da una costruzione molto caratteristica in muratura con una serie di aperture ad arco. L’edificio attuale risale ai secoli XV-XVI.
L’abbazia ha un primo portone di ingresso al recinto del cortile, dove compare sul lato che guarda a valle un lungo loggiato con 11 arcate; la chiesa presenta un elegante portale a tutto sesto formato da due colonne e architrave, sormontato da un oculo e dominato da un alto campanile cuspidato risalente al 1300.
 

Interno

L’interno è diviso in tre campate. A sinistra la parete dell’edificio, scavata nella roccia, dà probabilmente il nome alla chiesa, anticamente chiamata “de gripta”.
Fino al 1966 nella chiesa vi erano sei altari. Sulla parete destra restano tracce di affreschi del 1500 realizzati a decoro di gran parte dell’edificio, che la critica afferma di paternità dei Carducci di Norcia della scuola degli Angelucci di Mevale.
 

Aspetto attuale

Il complesso versa su uno stato di totale abbandono e le depredazioni subite durante gli anni l’hanno privato dell’arredo esornativo interno. I saccheggi iniziarono a metà degli anni ’60 del secolo passato, periodo in cui la popolazione con frequenza si trasferiva dalle montagne in città, abbandonando il luogo.
 

Curiosità

Tutte le domeniche di maggio gli abitanti accorrevano qui per festeggiare il santo e per beneficiare dell’acqua, o “bagno di san Claudio”, che scorreva alle falde del monte e che, considerata terapeutica, arrecava conforto alle malattie di ogni tipo.
 
 
 

ANTONIO CEREDI ultimo eremita del Santuario di San Claudio

La storia di Antonio, ultimo eremita che ha abitato l’Abbazia ci è stata raccontata e inviata direttamente dalla sorella Federica Ceredi (Foto concesse ) che ringrazio di vero cuore e pubblico il suo scritto con entusiasmo affinché la vita di questa persona sia conosciuta da tutte le persone che visitano il sito.

 
Come era Antonio? E’ nato nel 1942, durante la seconda, dolorosa, guerra mondiale accolto con gioia da una numerosa famiglia.
Antonio era un bellissimo bambino e cresceva bene, ma prima che compisse un anno fu colpito da una misteriosa malattia che paralizzò completamente tutto il suo corpo: collo braccia, gambe; subito ricoverato in ospedale, accompagnato dalla madre/medico, fu curato da buoni pediatri con gli scarsi sussidi del tempo di guerra.
Rimase in ospedale, in un reparto isolato, per 40 giorni e in quel luogo cominciò a migliorare e imparò a camminare.
La diagnosi dei medici era stata paralisi infantile, ma nessuno capì l’evoluzione della malattia e la misteriosa e completa guarigione.
Tutti pensarono a un miracolo.
La sua vita giovanile fu quella di un bambino/ragazzo amato dai genitori e dalle sorelle, viziato, indisciplinato e presto ribelle.
Non amava lo studio e cambiò varie scuole, fece volontariamente il servizio militare dal quale sarebbe potuto essere esonerato a causa dell’epatite da lui contratta anni prima e cominciò ad allontanarsi dalla disciplina domestica e dalla famiglia.
Frequentò cattivi amici e si lasciò trascinare ad abitudini negative.
La vita lo deludeva; aveva abbandonato la scuola, si sentiva incapace di vivere in famiglia, aspirava ad essere libero e ricorreva ai genitori solo per avere soldi o altri vantaggi.
Un periodo molto negativo della sua esistenza che gli procurava grande malessere.
La sua sofferenza raggiunse un tale punto che egli sentì la necessità di cercare aiuto.
Dopo l’inutile consulenza di medici ed educatori andò da Padre Pio che lo scacciò dal confessionale, ma che iniziò a pregare intensamente per lui.
Cominciò, a poco a poco, a sentirsi sollevato solo quando si trovava in un ambiente religioso: santuari, parrocchie, conventi, luoghi di apparizione Mariane ecc.
Visitò i santuari di molti paesi europei.
Finalmente fu indirizzato a un convento francescano, in Umbria, ove ebbe un lungo incontro con un padre francescano, medico psichiatra, molto apprezzato per la sua conoscenza dell’anima umana, la carità e i carismi.
Il padre lo ascoltò a lungo e gli disse: “In un caso come il suo il solo rimedio è la preghiera“.
Tutti i frati francescani passarono un’intera notte in preghiera per lui finché Antonio avvertì la presenza consolatrice dello Spirito Santo e ritrovò la gioia in Cristo nostro Signore.
Cominciò la sua vita di penitenza, di rinuncia ad ogni cosa e di digiuno in totale preghiera e studio della Bibbia che leggeva e studiava con grande passione e che annunciava ai fratelli.
Era nato il futuro Eremita.
Viaggiò a lungo da un Santuario all’altro su una sgangherata piccola vettura.
Portava con sé il cane Triplo e una statua della Madonna con Bambino davanti alla quale stava in ginocchio ogni giorno, per ore, affidando alla Santa Vergine sé stesso e le persone che andavano da lui per chiedere aiuto, e molti ripartivano pieni di gioia.
Arrivò al Santuario di San Claudio, diroccato, quasi in macerie e privo di qualsiasi riparo.
Scavò una lunga nicchia nella roccia, in cui dormiva, senza alcun riscaldamento, mangiando il cibo che poteva procurarsi o che i visitatori gli portavano, sempre rispettando la rigida dieta vegetariana e il digiuno, e pregava senza interruzione.
Il Signore gli diede carismi di profezia, di guarigione e di esorcismo.
Diventò annunciatore della Parola di Dio, scrisse commenti alla Sacra Scrittura, preghiere e messaggi profetici.
Alla morte della madre Antonio accettò, su richiesta del padre, di incontrare un notaio locale per firmare la rinuncia ad ogni diritto di eredità.
Accoglieva con gioia i suoi familiari e ogni altro visitatore.
I sacerdoti gli portavano l’Eucarestia.
Sapeva che sarebbe morto giovane, ma il Signore gli aveva concesso di morire dopo la diletta madre per evitarle la sofferenza della perdita di un figlio.
La morte giunse mentre riparava la cisterna dell’acqua di San Claudio.
Antonio era sceso in paese a farsi prestare una pompa e un suo amico gliel’aveva prestata come sempre; Antonio la caricò sulle spalle la portò fino all’Abbazia.
Dopo qualche giorno l’amico non vedendolo tornare a restituire la pompa e conoscendo la sua puntualità e precisione andò a trovarlo per vedere che cosa fosse successo e lo trovò morto nella cisterna.
La notizia si diffuse subito e provocò grande dolore fra i i tanti amici di Serravalle.
Le suore domenicane di Norcia ritirarono il suo corpo che portava un cilicio e composero amorevolmente la salma.
Aveva un volto sereno ma teneva il braccio destro sollevato come di chi dà un ordine a un aggressore. Era terminata la sua lotta contro le forze del male, ma Antonio ne usciva vincitore e con lui i tanti fratelli che hanno trovato la Verità.
Antonio è sepolto a Montilgallo, Longiano – Cesena nel cimitero di famiglia.
 

Bibliografia

www.viaggispirituali.it
“Abbazie Benedettine in Umbria” di Francesco Guarino e Alberto Melelli edizione Quattroemme
 

Mappa

Link coordinate: 42.788395 13.028608

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