Castello di Greppolischieto – Piegaro (PG)
Cenni Storici
Piccolo castello che si erge agli estremi confini meridionali del territorio piegarese, a 657 metri di altezza, fra boschi di querce, elci e castagni.
Ristrutturato in tempi recenti da Anna Fendi, nota stilista romana, è attualmente adibito a residenza privata e stabilmente vi risiedono solo tre famiglie.
L’impressione, pertanto, di irrealtà, di un mondo a sé, quasi fuori dal tempo, che si riceve osservandolo da una certa distanza, si ingigantisce allorché ci si addentra fra le mura, le brevi vie, la minuscola piazza con l’antico pozzo, dove il silenzio è padrone.
Sconosciuta è la sua origine, ma il primo insediamento si potrebbe addirittura far risalire agli scampati alla distruzione della vicina Città di Fallera, antichissimo tipo di costruzione collettiva, sulla cima di un’altura, di epoca quasi sicuramente preistorica o protostorica, circondata da una possente cerchia di mura, di cui restano soltanto ammassi di pietre (castelliere).
Fra l’XI e il XII secolo Greppolischieto fu aspramente conteso da Orvieto e Marsciano, ma finì poi sotto l’orbita perugina.
Nel censimento del 1282 fu classificato villa e la sua consistenza demografica era di 24 fuochi.
Si trova poi menzionato in un diploma di Ludovico il Bavaro, del 1328, nel quale si stabiliscono in maniera definitiva i confini delle terre appartenenti ai conti di Marsciano.
Nello stesso periodo ebbe inizio la costruzione delle mura, autorizzata dai magistrati perugini nell’intento di rafforzare gli estremi limiti del contado.
Il loro sviluppo era di 150 metri circa.
Così Greppolischieto da villa divenne castrum e come tale si trova nominato in tutti i documenti e atti pubblici successivi al 1380.
Nel 1392, durante il periodo più critico della lotta fra Beccherini (nobili) e Raspanti (popolari), terminata con la vittoria di questi ultimi e l’ascesa al potere di Biordo Michelotti, Greppolischieto fu occupato dai fuorusciti, ma poco tempo dopo fu riconquistato dalla città.
Nel 1398 il Consiglio generale di Perugia stanziò 30 fiorini per riparare le mura del castello, parzialmente danneggiate dagli eventi bellici.
Nel 1410, per far fronte alle ingenti spese provocate dalle continue guerre, dalla restaurazione e rafforzamento dei vari castelli, dal mantenimento delle truppe ecc., il comune di Perugia emise una nuova tassa, al pagamento della quale furono sottoposti tutti gli abitanti della città e del contado, “in ragione delle loro possibilità e del numero delle bocche“.
Poiché gli abitanti di Greppolischieto furono tassati insieme a quelli di Gaiche (e da tale data lo furono sempre), gli iscritti al pagamento furono complessivamente 442.
Nel 1440, a causa della carestia che colpì in modo più o meno grave l’intero territorio perugino, il Consiglio dei Priori fece alla comunità di Greppolischieto un’elargizione di 30 corbe di grano, ma, persistendo lo stato d’indigenza della popolazione, nel 1446 questa fu esonerata per due anni dal risarcimento dei debiti contratti col comune.
Nel 1455 il castello fu nuovamente esentato dal pagamento delle tasse, onde provvedere alla riparazione delle mura.
Nel 1470 non solo fu adottato lo stesso provvedimento ma, per ovviare al progressivo spopolamento cui andava incontro la località, il governo centrale stabilì che gli abitanti e tutti coloro che vi avessero preso stabile dimora fossero esentati per cinque anni da ogni dazio e gabella.
Nel 1475 fu stabilito di rinforzare le mura del castello e il comune contribuì al compimento dell’opera con un’assegnazione straordinaria di 15 fiorini.
Malgrado tali ed altre agevolazioni adottate dai magistrati perugini nei confronti della comunità di Greppolischieto, la sua consistenza demografica andò continuamente calando: nel 1656 era scesa infatti a soli 87 individui e tre secoli dopo (1960) si era azzerata.
Nel 1817, in seguito alla già citata ristrutturazione dello Stato pontificio, cessò l’autonomia della comunità, che fu aggregata al comune di Piegaro.
Aspetto attuale
Dell’antico insediamento rimangono le mura, ben conservate, interrotte da una sola porta a sesto acuto, orientata verso nord-est, e alcuni edifici.
La chiesa parrocchiale, col titolo di S. Lorenzo, era posta fuori del castello ed era molto antica, risultando già accatastata all’inizio del XIV secolo.
Nel 1571 il visitatore apostolico Della Rovere, per comodità degli abitanti, trasferì il titolo parrocchiale alla chiesa di S. Maria Maddalena, dentro le mura, che prese pertanto il nome di S. Lorenzo, dopo essere stata ristrutturata e ingrandita.
Nel 1572 la parrocchia suddetta dipendeva ancora dall’Abbazia dei Sette Fratelli di Pietrafitta, alla quale versava un canone annuo di venti libre di denari.
La chiesa attuale, di forma rettangolare, è a navata unica con una piccola cappella laterale, dove si trova il fonte battesimale. La copertura è a volta, sostenuta da quattro grandi archi trasversali.
Ai lati dell’unico altare, dedicato a S. Lorenzo, vi sono due nicchie, contenenti i simulacri di S. Giuseppe (a sinistra) e della Vergine Immacolata (a destra).
Al centro della parete absidale, ricavata nello spessore del muro, si trova una piccola grotta ad imitazione di quella di Lourdes.
Da ammirarsi in detta chiesa, sulla parete destra, un affresco, mediocremente conservato, riproducente la Vergine col Bambino tra S. Sebastiano e S. Antonio abate.
Parzialmente addossato al muro perimetrale si trova un elegante campanile quadrato con due campane.
Fonti documentative
S. Pistelli G. Pistelli Memorie di una terra – Piegaro e i suoi Castelli – Città della Pieve 1992