Villa di Collenibbio e chiesa di Sant’Antonio – Foligno (PG)
Cenni Storici
Questo minuscolo paese una storia propria non ce l’ha, infatti la sua vita è legata alle vicende di Roccafranca a cui era assoggettato come villa; infatti nei documenti medievali si legge che faceva parte del comitato di Foligno nel sindacato del castello di Roccafranca (castrum Aquefranche) cui sottostavano: villa Agiolis, villa Crucis Vallis Corni, villa capud Semuchiale, villa Titi; in questo documento sappiamo che era chiamato “villa Collis Nibiorum” (Colle dei nibbi) e probabilmente questo nome è dovuto alla presenza quasi costante di questo rapace che su queste montagne ancora oggi fa da padrone.
Tutti questi paesi si trovavano e tuttora si trovano su una terra di confine, dove la valle del Vigi da sempre ha significato una limite territoriale ben marcato.
Queste terre attraversate da una viabilità commerciale e transumante collegava attraverso la suddetta valle i territori interni dell’Umbria con la Valnerina e l’Adriatico; territori contesi per secoli dal Ducato di Camerino, Foligno e Spoleto.
Nel 1263 faceva parte del comune di Verchiano, fino allora appartenente a Spoleto, poi acquistato dal Comune di Foligno, in quel tempo retto dagli Anastasi e in seguito, dal 1305, dai Trinci, per “duobus mìlibus libris cortonensium“.
La vera e propria fortificazione e difesa del territorio arriva con Ugolino Trinci quando, secondo quanto riferito da Durante Dorio, nel 1378 fece erigere la fortezza di “Acquafranca” che poi nel 1478 diventerà Roccafranca contrapposta alla fortezza di Elce dei Varano di Camerino che svettava dall’altra parte del dirupo del fosso di Percanestro che si getta nel fiume Vigi.
Collenibbio e tutte le altre ville furono sottoposte agli Statuti che il Castello si dotò nel 1424 sotto il dominio dei Trinci.
Questa famiglia dominò questo territorio fino al 1435.
Con la caduta dei Trinci Spoleto tentò di avere il sopravvento sul possesso di queste terre tentò in tutti i modi di appropriarsene, le schermaglie tra questo Granducato e Foligno durarono fino al 1487, anno in cui il Papa Innocenzo VIII, con breve del 26 giugno commissionò al governatore di Spoleto Maurizio Egro il compito della pacificazione.
Fu a questo punto che questa fascia montana di confine passò sotto il dominio della Chiesa e con la fine delle Signorie dei Trinci di Foligno e dei Varano di Camerino e con l’avvento dell’amministrazione pontificia, il castello di Roccafranca come altri vicini quali Annifo, Colfiorito, Rocchetta, Dignano e Percanestro, non ebbero più ragione di esistere in quanto non più di confine.
La comunità fu appodiata a Verchiano e la stessa, nel suo complesso, che nel 1600 contava oltre 423 anime, nel 1901 solo 169 nel 1931 circa 30 e con il passare degli anni si è andata sempre più sfoltendo, fino a quasi estinguersi.
Dell’antica dipendenza dal distretto di Spoleto, ai nostri giorni rimane l’appartenenza alla diocesi spoletina, mentre il piccolo comune (Verchiano) che fino all’Unità d’Italia comprendeva oltre a Collenibbio i paesi di Caposomigiale, Vionica, Camino, Colle, Cerritello, Curasci, Ali, Roccafranca e Tito, non raggiungendo i duemila abitanti fu appodiato a quello di Foligno.
Già spopolato nel secondo dopoguerra, per la migrazione massiccia dalla montagna, dopo il sisma del 1997 Collenibbio è quasi del tutto abbandonato, come lo sono tutte le altre antiche ville e la stessa Roccafranca; le poche case rimaste sono abitate durante il periodo estivo come case di villeggiatura essendo il posto immerso nella natura con un panorama meraviglioso e un’aria freschissima.
Chiesa di Sant’Antonio
Nel paese vi si trova la piccola Chiesa di Sant’Antonio, di modesta architettura, e fortemente lesionata dal terremoto del 1997 e quello del 2016, non è stata ristrutturata ed ora è inagibile.
L’edificio, così come lo vediamo oggi rimaneggiato nel corso dei secoli, dovrebbe essere stato edificato in epoche molto remote in quanto il posizionamento rispecchia perfettamente i canoni degli edifici romanici con il preciso orientamento Est-Ovest e anche il pietrame utilizzato riporta ad un’antica datazione.
Si presenta esternamente come quasi tutte le chiese del territorio circostante, quindi con tetto a capanna e con campanile a vela a un solo fornice disposto centralmente, con la differenza che in questo caso il campanile non è in facciata, ma nella parete contrapposta all’altare; in questa parete c’è anche una finestrella che garantisce l’illuminazione interna.
La porta è posizionata sulla parete sinistra.
L’interno è spoglio, intonacato e colorato di rosa, l’altare di marmo con la mensa di legno è sopraelevato di un gradino e di forma preconciliare (quindi con il celebrante girato di spalle ai devoti) ma forse questa scelta è stata obbligata per mancanza di spazio vista l’esiguità della struttura; era di recente ostruzione, infatti è nuovo rispetto a tutto il contesto.
La parete d’altare è decorata con due colonne celesti dipinte su un fondo di marmo rosa anch’esso dipinto, che fanno da cornice ad una nicchia con lo sportello di vetro che sicuramente doveva contenere l’immagine di Sant’Antonio, titolare dell’edificio, e rimossa per la precarietà statica della struttura.
Nota di ringraziamento
Ringrazio Maria Romana Picuti per la bella foto di Collenibbio in un contesto innevato e Angelo Velatta per la panoramica dal versante marchigiano.
Fonti documentative
Silvestro Nessi , Laura Lametti, Alberto Giampaoli – Le fortificazioni dei Trinci – Cassa di Risparmio di Foligno 1989
Sandro Capodimonti – Santuari e Castelli del Folignate e della Valtopina – Dimensione Grafica 2009
S. Capodimonti – Il Menotre e la sua Valle: Borghi, genti, acque, sorgenti – 2015
M. SENSI – Vita di pietà e vita civile di un altopiano tra Umbria e Marche (secc. XI-XVI) – Roma 1984
Da vedere nella zona
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