Urvinum Hortense – Area Archeologica – Cannara (PG)
Cenni Storici
Si pensa essere stato un importante municipio romano. Attualmente emergono i resti di un terrazzamento in arenaria, l’anfiteatro, una strada con tracce del foro lungo il suo percorso, un’area funeraria e una domus, costruite in età tardo-repubblicana e ampliate in epoca adriana. Urvinum Hortense è sede municipale prescelta nel corso del I secolo a.C. per organizzare e gestire un ambito territoriale non vasto e neppure strategico, anzi a suo modo assolutamente periferico. Ai più grandi centri posti sul versante opposto della Valle Umbra al confine con l’Etruria, soprattutto Asisium, Assisi, e la colonia di Hispellum, Spello, o a quelli posti in pianura come Fulginiae, Foligno, e Mevania, Bevagna, spettò la giurisdizione e il controllo politico dei terreni più fertili e più aperti alle opportunità economiche, imprenditoriali e commerciali. Del resto questo consentivano sia le vie d’acqua sia le importanti interconnessioni viarie dell’estesissimo orizzonte vallivo dell’Umbria mediana. Urvinum, alla stregua di Vettona, Bettona, è, invece, centro defilato, arroccato in posizione dominante e naturalmente difesa. Topograficamente e urbanisticamente Urvinum e Vettona appaiono quasi una scelta anacronistica per i tempi, una replica, per di più realizzata in entrambi i casi in forme poco più che miniaturistiche, di tradizioni insediative vecchie, addirittura obsolete. La pace, restituita finalmente all’Italia tutta, consentiva, difatti, agli insediamenti di scendere di quota, di affrancarsi da ancoraggi orografici aspri e resi sicuri dalla natura e dai dislivelli del terreno, di aprirsi al territorio ed alla rete stradale a sua volta sempre più estesa e curata. Allora occorre trovare qualche buon motivo per dare una ragione a questa scelta di ubicazione. In primo luogo la necessità di gestire le risorse dell’entroterra dei Monti Martani e dunque le estesissime superfici boschive quelle destinate al pascolo e all’allevamento e, forse più raramente, all’esercizio di pratiche agricole prevalentemente di versante (in altura). Certo la non lontana via Amerina che congiungeva Roma ad Ameria, Amelia, Tuder, Todi, e Perusia, Perugia, attraverso Vettona, l’attraversamento dei Martani secondo più direttrici attenuavano il senso di isolamento che sembra proprio di Urvinum, così tangibilmente distaccato (dal punto di vista topografico) dal mondo circostante. Ma c’è verosimilmente almeno un altro motivo che dà ragione di questa scelta municipale e di questa collocazione sul terreno, ed è la preesistenza di un monumentale edificio di culto sorto sulla sommità del pianoro de La Pieve, a quota 526 metri. E’ molto probabile, difatti, che attorno o nelle immediate vicinanze dell’edificio si sia nel tempo, a partire forse già dal III secolo a.C., formato e strutturato un piccolo insediamento. Di questo ancora non si ha alcuna documentata e sicura osservazione archeologica, ma la presenza diffusa di materiale residuale mobile, ceramico e numismatico, di età repubblicana talora neppure troppo avanzata, proprio per la quantità e la stessa dispersione dei reperti (peraltro forse indotta anche dalla periodica azione di messa a coltura dell’area, ripetutasi fino ad anni recenti), lascerebbe coerentemente aperta questa eventualità. La ripresa, sistematica ed estensiva, degli scavi voluta a partire dal 1998 dall’Amministrazione comunale Cannarese e affidata all’Università degli Studi di Perugia su concessione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, ha restituito una nuova, assai più dilatata, dimensione topografica ai pregressi interventi di scavo (degli inizi del XIX secolo e della prima metà del XX secolo). Si sono dunque scavate superfici sempre più estese su versanti opposti del colle e ora più che mai si ha, la nozione di un centro abitato che ha avuto fasi distinte e prolungate di vita. Per quanto in forme comunitarie fortemente diversificate e sperequate evidentemente segnate da opportunità analogamente ineguali e da alterne fortune. Lo scavo, oggi, si articola in due distinti Saggi (convenzionalmente Saggio A e Saggio B). Il primo (Saggio A) quasi in cresta al pianoro de La Pieve, per quanto lievemente orientato verso la valle Umbra e verso Est, e il secondo (Saggio B), decisamente lungo il versante orientato ai Martani e al Sambro, verso Ovest. Il Saggio A, scavato a partire dal 1998, presenta una sezione importante, ancorché limitata e a prevalente sviluppo longitudinale, dell’abitato municipale romano. L’asse principale della viabilità urbana, una grande strada lastricata secondo un singolare e funzionale disegno a spina di pesce, ne costituisce l’attuale limite occidentale. Sulla strada, verosimilmente marginata da crepidines (marciapiedi), forse in qualche tratto anche porticate, affacciano residui di tabernae (negozi) e, connesse con rifacimenti e innalzamenti del piano di calpestio stradale antico, strutture anche più tarde, analogamente riferibili a un impianto insediativo. Una grande cisterna, il cui scavo è tuttora in corso, chiude sul lato opposto il Saggio. Quest’ultima è articolata in più vani comunicanti e presenta caratteristiche costruttive assai avanzate e di rilevantissimo impegno economico, segno dichiarato di una notevole disponibilità di risorse finanziarie da parte della comunità locale o, almeno, da parte di alcuni suoi membri, tra la prima e la media età imperiale e di un affidamento progettuale e d’intervento operativo che, a sua volta, sembra coinvolgere progettisti e maestranze di cantiere non necessariamente locali. Un condotto in cunicolo, anch’esso ancora in corso di scavo e di spurgo, fuoriesce dal lato settentrionale dell’ultimo dei vani della cisterna orientato verso Nord e verso valle. E’ il canale di deflusso dell’acqua, a sua volta forse direzionato verso il complesso termale riportato in luce negli anni Trenta del secolo scorso con pavimentazione a mosaico policroma rappresentante scene nilotiche. Il Saggio B, scavato a partire dal 2001, presenta una univoca e coerente situazione abitativa. Si tratta di una domus articolata su più vani digradanti lungo il versante protetto dai venti e favorito dal continuo soleggiamento diurno che guarda ai Martani. E’ una posizione topograficamente e climaticamente favorevole che sfrutta le pendenze naturali dell’altura, tuttavia, a loro volta, forse artificiosamente intagliate mediante terrazzi ricavati a quote diverse e ravvicinate. Lo scavo ha messo in luce una situazione generalizzata di crollo delle strutture d’alzato e verosimilmente delle stesse coperture dei diversi vani che compongono l’abitazione, denunciando forse una non rapida e non precoce fase di abbandono e di rovina, per di più non segnalata, almeno al momento, da cause in qualche modo apprezzabili di violenta e cruenta destrutturazione a seguito di incendi o perseguite distruzioni.
Reperti Archeologici custoditi nel Museo Città di Cannara
Allestito all’interno dell’ex convento delle Salesiane, il Museo Città di Cannara è stato inaugurato nel 2009. È dedicato alla storia di Cannara e del suo territorio ed offre l’occasione di conoscere e approfondire la storia del territorio comunale dalle origini fino all’età moderna. Le sue sale conservano una cospicua raccolta di materiale archeologico proveniente dallo scavo di Urvinum Hortense, presso Collemancio, a testimonianza dell’occupazione del sito dall’età preromana al basso medioevo. Il Museo ospita, inoltre, una raccolta di opere pittoriche e scultoree, medievali e moderne, provenienti dalle principali chiese della città e da alcuni palazzi nobiliari.
Il percorso di visita ha inizio a pian terreno: nella prima sala si può scoprire una raccolta di strumenti musicali a fiato e percussioni di inizio ‘900, oltre a spartiti e fotografie d’epoca, che attestano la consolidata tradizione musicale della città di Cannara.
Nello stesso livello inizia il percorso archeologico, con una prima sala che custodisce materiale archeologico preromano e romano. Ma di certo il posto d’onore è riservato al policromo mosaico termale proveniente dalle terme di Urvinum Hortense, di cui è possibile godere anche un’affascinante visione dall’alto. Questo mosaico risale al I-II secolo d.C. ed è il più grande ritrovamento proveniente dall’antico municipio romano. Decorava il pavimento di una delle sale del complesso termale pubblico, nello specifico la vasca del frigidarium. Il fondo è a tessere bianche, con una cornice di tessere rosse e nere. Lungo i quattro lati, immersi in una lussureggiante vegetazione, sono rappresentati sei pigmei dai tratti fortemente caricaturali, vittime di esotici animali: ippopotami, coccodrilli, ibis e serpenti. Il quadro centrale rappresenta, invece, la buffa scena di quattro pigmei intenti a pescare in equilibrio su minuscole barche. Alcune teche custodiscono i materiali rinvenuti nello scavo.