Terracina e suo intorno – Terracina (LT)

In questo post oltre al paese di Terracina verranno descritti anche il Tempio di Giove Anxur, il duomo di San Cesareo, la chiesa di San Silvano e la Madonna del Lazio.

 

Cenni Storici

Di origini preistoriche (v. ritrovamenti nella Caverna della Catena al Pisco Montano), alcuni la identificano con la città di Lamo dei Lestrigoni, nel cui porto approdò Ulisse (v. Odissea).
I primi insediamenti erano ausoni (Tarracina è nome di origine etrusca), più tardi se la contesero i Volsci (Anxur) come baluardo di difesa e i Romani come snodo commerciale fondamentale e come presidio militare.
La stessa funzione avrà in seguito per i suoi feudatari (i Frangipane) e per lo Stato della Chiesa, alla quale appartenne dal Medio Evo fino all’annessione al Regno d’Italia (1870).
Terracina è famosa anche per le sue bellezze naturali (rientra in parte nel Parco Nazionale del Circeo), per i monumenti romani e medievali della città antica posta su un colle e per il suo mare (la riviera d’Ulisse, il lungomare cittadino con l’ampio arenile); per il Moscato di Terracina e per le capacità della marineria cittadina centrata sul porto peschereccio e turistico situato nella città bassa (e nuova) proprio sotto il tempio di Giove Anxur.
 

Tempio di Giove Anxur

Si può iniziare la visita dall’acropoli di Terracina, sul Monte S. Angelo (il romano Mons Neptunius, m. 227), dominata dal grande tempio di Giove Anxur (inizi del I secolo a. C.), di cui restano solo le superbe arcate di terrazzamento; si eleva sull’estrema propaggine dei monti Ausoni, che qui arrivano a lambire il mare.
Intorno al tempio è stata allestita una suggestiva aerea archeologica, sospesa tra cielo e mare.
Luogo bellissimo anche per la veduta del golfo dal Circeo a Gaeta, delle isole Ponziane e del circolo dei monti Ausoni che chiudono la piana di Terracina.
Esattamente in corrispondenza del tempio, a livello del mare, passa la via Appia Antica, non quella del primitivo tracciato, ma la deviazione realizzata da Traiano segando un pezzo di montagna per ottenere un passaggio tra la roccia e le onde: straordinaria opera d’ingegneria civile dell’imperatore, che rettificò la strada facendola correre in piano anziché su più elevati pendii.
La straordinaria tagliata del Pisco Montano, nella quale si riconoscono ancora i segni dello scalpello vibrati dagli schiavi daci, fu realizzata insieme al tempio e ai lavori di ampliamento del porto, forse progettati dal grande architetto Apollodoro di Damasco, che Traiano impiegò nelle analoghe imprese dei porti di Fiumicino e di Ancona.
 

Duomo di San Cesareo

La perla della città antica, sorta sul colle a ridosso dell’acropoli, è il duomo di San Cesareo, eretto nel V-VI secolo sui resti di un antico tempio romano a cinque navate nel foro cittadino; fu ricavato inglobando l’antica cella del tempio maggiore della città, probabilmente dedicato a Roma e ad Augusto, come indicherebbero una iscrizione romana e la finezza dei rivestimenti marmorei.
Nei secoli la concattedrale ha subito diversi restauri, specie nel sec. XI, epoca del campanile romanico-gotico e del portico antistante, per il quale furono recuperate colonne di antichi edifici romani, capitelli ionici e basi decorate con leoni.
Al termine del restauro (1074) la chiesa fu dedicata al patrono della città San Cesareo; poco dopo (1088) vi si tenne il conclave che elesse il francese Urbano II (c. 1040-1099), beatificato da Leone XIII nel 1881.
Altri restauri seguirono nel sec. XIII e soprattutto nel XVIII, quando la chiesa fu ridotta da cinque a tre navate con la costruzione di cappelle laterali, mentre nel soffitto la copertura a botte sostituì le capriate romaniche.
Di notevole impatto è il portico che precede la chiesa, elevato su una gradinata di 25 scalini e costituito da sei colonne di spoglio, interrotte al centro da un arco trionfale, che sorreggono un’antica trabeazione con decorazioni musive sul lato destro, opera di artisti normanni del sec. XII; vi sono raffigurati un mostro alato, un’aquila, palme, cervi, volatili, tori e altre figure.
Sotto il portico è una vasca funeraria di epoca romana, mentre ai lati delle colonne sono scolpite coppie di animali accovacciati.
Altri sette gradini conducono alle due entrate della chiesa, la principale decorata con fregi marmorei di età augustea.
Ai lati del porticato è il campanile romanico, sollevato da terra e sorretto da quattro pilastri che insistono sul lato sinistro del porticato.
L’interno del duomo è a tre navate divise da colonne di epoca romana, con cappelle laterali; il presbiterio e il coro sono rialzati di circa un metro rispetto alle navate.
L’altare, sormontato da un baldacchino ligneo barocco sorretto da sei colonne, ha un affresco del Trecento (San Giacomo); sono opere medievali il pavimento cosmatesco nella navata centrale (XII-XIII), il pulpito sorretto da cinque colonne (prima metà del Duecento), la colonna tortile per sostenere il cero pasquale.
Sono settecenteschi gli affreschi del soffitto, del presbiterio e del coro (Gloria di San Cesareo ed episodi dell’elezione di papa Urbano II).
Davanti al duomo, nella meravigliosa piazza Municipio, è la magnifica e integra pavimentazione fatta eseguire dal console Aulo Emilio nella prima età imperiale, proprio di fianco al lastricato del tratto più antico della via Appia Antica.
 

Chiesa di San Silviano

In macchina, volgendo in direzione di Roma, puntiamo ora alla chiesa di San Silviano.
Seguendo l’Appia nuova fin verso il km 100, prima del nuovo svincolo per Formia, alle ultime case di Terracina (le prime, se si viene da Roma) svoltare a destra su una via parallela fino alla stazione ferroviaria; poi subito a sinistra, per una stradina che scavalca un passaggio a livello, si prosegue per un po’ (sull’Appia Antica) e poi si va a destra in via Croce di San Silviano fino alla chiesa-santuario di San Silviano, un edificio giallo visibile sulla sinistra, dove si può parcheggiare nella piazza antistante (piazza Frateloreto).
Benché molto rimaneggiata, la chiesa è la più consistente testimonianza del Cristianesimo primitivo a Terracina.
Intorno all’anno Mille qui sorgeva un cenobio.
La chiesa, originariamente a tre navate, ha perso in seguito a crolli la navata est mentre quella ovest è stata adattata a locali di servizio (canonica e sacrestia).
Vi si venera una statua lignea del santo giunto dal Nord-Africa con i genitori Eleuterio e Silvia e la sorella Rufina per sfuggire alle persecuzioni dei Vandali ariani di Genserico e qui rifugiatosi tra i ruderi romani su cui sorge la parrocchiale a lui dedicata.
Nel 443 fu eletto vescovo di Terracina e alla sua morte, avvenuta poco dopo, gli successe il padre Eleuterio.
Molto venerato come protettore dei campi e delle vigne, è il compatrono della città che lo festeggia la prima settimana di maggio e lo celebra con una lunga processione nella quale la statua del santo prima è portata dalla cattedrale di San Cesareo alla parrocchia e dopo le feste è riportata sempre processionalmente dalla parrocchia alla cattedrale.
 

Madonna “Regina del Lazio

Ogni anno, il primo sabato di giugno alle 6,30 del mattino, dalla piazza della chiesa di San Silviano parte un pellegrinaggio alla statua di bronzo della Madonna “Regina del Lazio”, che da punta Leano (estremità del monte omonimo) domina tutto l’agro e il mare Pontino e davanti alla quale, dopo l’arrivo dei pellegrini, si celebra una Messa.
La grande statua scura, con il suo alto basamento di marmo bianco, è ben visibile, alta tra due roccioni (le Torri di Leano) già arrivando in città lungo la via Appia.
La statua, alta 18 metri, è opera del calabrese Giuseppe Romano (Caulonia 1920 – Roma 2009); fu inaugurata nel 1954 su iniziativa del Comitato Civico Nazionale e benedetta dal cardinale Clemente Micara, Vicario di Roma, a ricordo dell’Anno Mariano 1954, celebrato nel centenario della proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione.
La costruzione del piedistallo, il trasporto degli elementi della statua e il montaggio in cima al monte furono curati dalla ditta Vittorino Venditti e Giuseppe Zappone; durante i lavori fu preziosissimo l’impiego dei muli che trasportarono dal cantiere base, posto nelle vicinanze della chiesa di San Silviano, fin sopra Monte Leano tutto il materiale necessario alla costruzione del basamento e delle varie sezioni della statua.
 

Descrizione del percorso

Dalla chiesa di San Silviano (m. 51) alla Madonna “Regina del Lazio” (m. 440) e alla Cima Leano (m. 676) c’è un percorso (CAI 30/31) a segni biancorossi, privo di difficoltà nella sua prima parte, che supera un dislivello di 625 metri.
Il sentiero presenta delle varianti; la più nota è quella che arriva a Punta Leano, dove è la statua della Madonna Regina del Lazio, meta di pellegrinaggi.
Si raggiunge con un cammino di circa 3 h A/R.

a) Inizio del Sentiero.

Si comincia a camminare su strada asfaltata stretta e in salita.
Si prosegue a svolte lungo la strada per circa 400 metri fino a un bivio (sul muro cominciano i segni biancorossi): si svolta a destra in direzione opposta al ristorante “C’era una volta“; si prosegue sulla strada asfaltata che sale alle spalle della chiesa e in 15 minuti si arriva all’inizio di una pinetina, dove è una targa esplicativa di due sentieri che partono dal primo tornante all’ombra dei pini.
Quello di sinistra è la prosecuzione della strada asfaltata che porta ai ripetitori (qui dalla roccia ad angolo iniziano i segni dei sentieri C.A.I. 30/31).
Da destra invece arriva a questo punto una comoda mulattiera proveniente dalla zona di Francolane.
Sulla targa, in corrispondenza dell’indicazione S. Silviano, è il punto in cui ci si trova, cioè alla congiunzione dei sentieri rosso e blu.
Il sentiero da prendere è quello rosso (in senso orario), fino a quando si ricongiunge al blu (sulla targa Cima Leano).

b) Dalla pinetina alla prima cisterna.

Si segue la stradicciola asfaltata di sinistra, che salendo si restringe mentre il panorama si allarga: ben visibili Terracina, il tempio di Giove Anxur sul monte sopra la città, le isole Pontine e Ischia.
La vegetazione varia dalla steppa alla macchia.
Attraversiamo una zona rimboschita negli anni ’50 a conifere; predominano il pino di Aleppo, il cipresso piramidale e il macrocarpa.
Il sottobosco è formato dalla macchia mediterranea: il profumato timo comune (Thymusvulgaris), i cespugli di terebinto, corbezzolo e leccio che diventano sempre più frequenti e contendono lo spazio all’ampelodesma, segno che la natura sta recuperando il suo corso naturale e alla striminzita vegetazione della steppa e della “gariga” sta subentrando quella autoctona (macchia mediterranea).
Circa 10 minuti dopo aver lasciato la pinetina si arriva a una cisterna per la raccolta dell’acqua piovana.
La strada più o meno asfaltata termina presso il bivio che conduce al primo ripetitore (quasi 400 m. s. m.).
Guardando spalle al ripetitore verso Terracina, appare per intero l’anfiteatro naturale dei monti che racchiude la piana della città: da sinistra il Leano (m.675), il Pannozzo (m. 588), il Concutella (m. 463), l’Acquasanta (m. 676), il Giusto (m. 676), lo Sterpano (m. 403), il Croce (m. 358), il Sant’Angelo (m. 227).
Giunti al bivio, si prosegue diritti verso il traliccio, superato il quale e proseguendo brevemente sulle rocce sottostanti, si scorge il primo dei due speroni rocciosi chiamati Torri di Leano, con sullo sfondo il promontorio del Circeo.

c) Sullo spartiacque.

A poco più di un’ora dall’inizio della salita si arriva alla sella di Monte Leano (m. 416), punto di riferimento il secondo traliccio ripetitore.
Qui la strada carrozzabile finisce in un breve pianoro e si biforca in due sentieri (CAI 30 e 31).
Quello di sinistra va alla statua della Madonna del Lazio (m. 440), posta in cima alla parete rocciosa che sovrasta le due Torri di Leano, entrambe ben visibili.
Esso si dirige a Sud e in una ventina di minuti conduce a Punta Leano.
Molto suggestivo, oltre alle isole, è il promontorio del Circeo proprio di fronte con a destra tutta la pianura pontina.
Quello verso destra, direzione Nord, lascia il ripetitore alla sua destra per proseguire verso la cima del Monte Leano.
Dopo un tratto in salita, il sentiero si addentra in un bosco molto caratteristico e arriva a uno slargo con una cisterna circondata da uno steccato.
Il sentiero prosegue verso destra, uscendo dal bosco e attraversando una radura, fino a quando accanto ai segni biancorossi s’incontrano anche quelli bianco-blu.
Si è a Cima Leano, punto in cui i sentieri rosso e blu visti sulla targa si congiungono.
Il sentiero rosso prosegue ancora per pochi metri fino a una piccola altura da cui la vista spazia sia sul mare sia sui monti dell’interno.
Volendo, si può provare a raggiungere il punto più alto di Monte Leano (m. 676), sulla sinistra rispetto al punto in cui salendo si sono trovati i segni biancorossi e quelli bianco-blu: sono poche decine di metri di dislivello, ma non c’è sentiero.
Monte Leano è poco più di un colle ma il fatto che la linea pedemontana è posta quasi al livello del mare, ai margini della Valle di Terracina e della Pianura Pontina, gli conferisce anche per i suoi ripidi versanti l’aspetto di una vera montagna.
La via più comoda per scendere è quella con il sentiero da cui si è venuti.
 

Fonti documentative

Arturo Bianchini – Storia di Terracina – Terracina 1952 (I ed.), Formia 1994 (III ed.).
Cartellonistica locale
 

Nota

Il testo è di Stanislao Fioramonti, le foto di Patrizia Magistri; la visita è stata effettuata il 10 ottobre 2019.
 

Mappa

Link alle coordinate falesia di Monte Leano: 41.312329 13.207215

Link alle coordinate Statua della Madonna del Lazio: 41.314080 13.206365

Link alle coordinate chiesa di San Silvano: 41.317304 13.230105

Link alle coordinate Tempio di Giove Anxur: 41.291516 13.260322

Link alle coordinate duomo di San Cesareo: 41.291895 13.248495

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