Tempietto del Clitunno – Campello sul Clitunno (PG)
L’ingresso al tempio è garantito da un servizio turistico e si paga un biglietto per la visita sia la tempio sia all’ambiente circostante.
Cenni Storici
Il Tempietto sul Clitunno fu edificato probabilmente nel corso del V secolo, in concomitanza con l’abbandono degli antichi santuari pagani dedicati alle divinità fluviali, piccoli templi presso le sorgenti del fiume e altre sorgenti minori, ville e terme, citati nella descrizione pliniana, che ne ricorda la dedica del tempio maggiore al dio Clitunno “…Si trova accanto in tempio antico e sacro. Sta in piedi il dio Clitumno in persona, avvolto ed ornato dalla pretesta. I responsi dimostrano la presenza del nume e la sua capacità di profetare. Intorno, ci sono parecchi tempietti qua e là ed altrettante divinità: ciascuna ha il proprio culto, il proprio nome ed alcune hanno anche delle fonti…“.
Probabilmente tra le popolazioni del luogo persisteva il culto delle antiche divinità fluviali, la costruzione del piccolo tempio, così intriso di architettura classica ma con costanti riferimenti alla nuova religione, doveva, evidentemente, servire a sostituire e continuare l’esistente culto, elemento non insolito per i primi tempi del cristianesimo.
Il tempietto ebbe fama nel Rinascimento e fu rilevato o copiato da Francesco di Giorgio Martini, Benozzo Gozzoli, Palladio (che lo riteneva opera romana), Piranesi e Vanvitelli.
È citato nella poesia di Byron:
“E sulla tua felice sponda un Tempio, / di minuta e delicata struttura, mantiene ancora, / sul mite declivio di una collina, / il ricordo di te; sotto a esso scorre / la tua placida corrente; spesso guizza fuori da essa / il dardeggiante pesce dalle lucenti scaglie, / che dimora e gioca nella tua cristallina profondità; / mentre forse qualche sperduto fiore di ninfea passa galleggiando / dove il flutto meno profondo ripete ancora le sue gorgoglianti novelle“.
Anche il Carducci lo canta nelle sue odi Barbare:
“…Tutto ora tace. Nel sereno gorgo / la tenue miro salïente vena: / trema, e d’un lieve pullular lo specchio / segna de l’acque…”.
Il tempietto fa parte del sito seriale “Italia Langobardorum. Centri di potere e di culto (568-774 d.C.)”, comprendente sette luoghi densi di testimonianze architettoniche, pittoriche e scultoree dell’arte longobarda, la cui candidatura alla Lista dei patrimoni dell’umanità dell’Unesco è stata accettata nel marzo 2008.
Aspetto esterno
L’aspetto esterno è quello di un tempio classico, prostilo, tetrastilo, in antis, costruito su di un alto podio.
Unica anomalia, è rappresentata dalla posizione delle due colonne poste alle estremità della fronte, che si addossano alle ante, secondo uno schema ignoto all’antichità classica.
È stato edificato facendo ampio uso dei materiali architettonici prelevati dai sacella e da altri edifici templari dei primi secoli dell’età imperiale presenti nell’area sacra e descritti da Plinio.
Su alcuni dei blocchi del basamento sono ben visibili tracce di grappe in ferro, che suggeriscono una loro precedente collocazione.
Analoga considerazione vale per le colonne e per i capitelli riutilizzati sulla fronte, come pure per le cornici dei timpani, anteriore e posteriore, dell’edificio.
Delle quattro colonne del pronao, le due centrali sono decorate nei fusti con piccole squame, con i capitelli corinzi ben proporzionati mentre le due laterali, dai fusti solcati a spirale, sembrano provenire da un altro monumento.
Le iscrizioni di I e II secolo d.C., riadoperate, come materiale lapideo, nel basamento e nel pavimento del pronao del Tempietto, provengono da monumenti funerari della zona.
Nel timpano è scolpito il labaro Costantiniano che internamente conserva il suo monogramma, la ripetuta presenza della croce, coerente e integrata al resto della decorazione scolpita, prova che fu sin dall’inizio un edificio di culto cristiano.
Sull’architrave del fronte è incisa l’epigrafe dedicatoria: SCS DEUS ANGELORUM QUI FECIT RESURECTIONEM, sui laterali le iscrizioni, di cui rimangono solo frammenti, recitavano SCS DEUS APOSTOLORUM QUI FECIT REMISSIONEM e SCS DEUS PROPHETARUM QUI FECIT REDEMPTIONEM, vale a dire:
Dio santo degli angeli che ha effettuato la resurrezione, Dio santo degli apostoli che ha effettuato la remissione dei peccati, Dio santo dei profeti che ha effettuato la redenzione.
Il termine sanctus compare ripetutamente abbreviato per contrazione in SCS, abbreviazione comune nei testi epigrafici della fine del V secolo, i caratteri della iscrizione dedicatoria sono del tutto simili a quelli delle epigrafi d’apparato dell’epoca imperiale.
Il pronao e la cella è coperto da una volta a botte di pietre digrossate e disposte a filari longitudinali; le muraglie si compongono di pietre di spoglio di varia grandezza, congiunte senza preoccupazione di creare una cortina regolare o una preparazione per applicarvi dei rivestimenti marmorei.
La muratura della parete di sinistra si presenta invece in grosse pietre regolarmente squadrate.
L’accesso alla parte superiore avveniva per mezzo di due scalinate laterali con protiri, in origine precedute da un proprio pronao; un indegno eremita, tal frate Paolo, nel XVIII secolo ne vendette le colonne a Pier Biagio Fontana, che le utilizzò per il suo altare nella chiesa di San Filippo a Spoleto.
Interno
L’interno comprende la cella, coperta da volta a botte, con sul fondo un’edicola che inquadra l’abside.
Le cornici del timpano triangolare ubicato sulla parete di fondo della cella sono di spoglio, all’interno di esse è scolpito il labaro Costantiniano con il suo monogramma.
Decorano l’abside affreschi del VII secolo, che hanno somiglianze con quelli di Santa Maria Antiqua a Roma, nella calotta il Salvatore, benedicente a mezzo busto con un libro gemmato, nel tamburo, ai lati, i Santi Pietro e Paolo, sopra l’edicola Angeli.
All’interno del suo basamento è ricavato un vano a forma di T, cui si accede attraverso un arco centinato a pieno sesto, di altezza inferiore a quella di un uomo e privo di tracce relative a sistemi di chiusura, che utilizza come soglia la cornice inferiore del basamento.
Varcato l’arco, si penetra in un corridoio, perpendicolare alla fronte del Tempietto, che nella sua parte finale è intersecato da un altro corridoio ad esso ortogonale e termina a ridosso della viva roccia.
Su di essa si apre una cavità in cui si notano residui di incrostazioni calcaree, formate, probabilmente, da acque sorgive.
Le pareti e il soffitto del vano sotterraneo sono rivestiti da grandi lastre di pietra, probabilmente di recupero, in origine completamente ricoperte di intonaco, di cui rimangono ancora numerose porzioni; su di esse appaiono i resti di una decorazione a fresco disposta su tre fasce parallele sovrapposte, di cui la mediana, di ampiezza maggiore rispetto alle altre due, presenta un susseguirsi di tondi, losanghe e ovali.
Tale tipologia di decorazione, era impiegato prevalentemente negli ambienti termali e, successivamente, nei battisteri.
L’acqua che sgorgava dalla viva roccia, dopo aver allagato il pavimento del vano fuoriusciva attraverso una conduttura, individuata sotto la soglia dell’apertura ad arco ubicata sulla fronte del basamento e probabilmente formava una fontana davanti all’edificio, come testimoniato dall’assenza di una scala frontale.
Fonti documentative
BENAZZI GIORDANA, a cura di, Dipinti murali e l’edicola marmorea del Tempietto sul Clitunno, Todi 1985
BINAZZI GIANFRANCO, Considerazioni sulla cronologia del Tempietto sul Clitunno, letto su http://riviste.unimi.it/index.php/lanx/index
CECCARONI SANDRO, Le origini e l’affermazione del cristianesimo nello spoletino, in LA BASILICA DI SAN GREGORIO 1979, pp. 9-24.
CECCARONI, S. Michele Arcangelo de Colle Ciciano di Spoleto, da pieve altomedievale a chiesa cimiteriale per i morti di peste nel XIX secolo, in “Spoletium“, 34-35 (1990), pp. 172-180.
CECCARONI SANDRO, Il culto di S. Michele Arcangelo nella religiosità medievale del territorio spoletino (=Quaderni di “Spoletium“, 6), Spoleto 1993.
EMERICK JUDSON, The Tempietto del Clitunno near Spoleto, Pennsylvania State University Press, 1998,
GENTILI L., GIACCHÉ L, RAGNI B. E TOSCANO B L’Umbria, Manuali per il Territorio. Spoleto, Roma, Edindustria, 1978
GRISAR HARTMANN Il tempio del Clitunno e la chiesa spoletina di San Salvatore in Nuovo Bullettino di Archeologia Cristiana 1895
GUERRINI GIUSEPPE Le fonti del Clitunno e il tempietto ed QUATTROEMME
RAPETTI ELENA Da spolia in re a spolia in se : S. Salvatore di Spoleto e il tempietto sul Clitunno letto su https://www.torrossa.com/pages/ipplatform/enterTheBook.faces
SANSI ACHILLE, Degli edifici e dei frammenti storici delle antiche età di Spoleto, Foligno 1869.
http://www.bellaumbria.net/it/storia-e-archeologia/tempietto-del-clitunno/
https://www.umbriatourism.it/it/-/unesco-tempietto-del-clitunno
https://it.wikipedia.org/wiki/Tempietto_del_Clitunno
http://www.beniculturali.it/mibac/opencms/MiBAC/sito-MiBAC/Luogo/MibacUnif/Luoghi-della-Cultura/visualizza_asset.html?id=155033&pagename=157031
http://www.italialangobardorum.it/eng/sito/news.asp?seza=5&sezb=23
http://www.italianways.com/tempietto-del-clitunno-un-fiume-di-poesia/
http://cultura.biografieonline.it/alle-fonti-del-clitumno-carducci/
Nota
La galleria fotografica è di Alberto Monti e Silvio Sorcini, il testo è di Silvio Sorcini
Da vedere nella zona
Fonti del Clitunno
Chiesa di San Sebastiano
Chiesa dei Santi Giustiniana e Cipriano
Castello di Pissignano – Campello sul Clitunno