Santuario Umbro-Italico di Monte Acuto – Umbertide (PG)

Castelliere preistorico convertito a Santuario del popolo Umbro – Italico.

 

Cenni Storici

Tra i rilievi che occupano la parte nord occidentale dell’Umbria, i cosiddetti Massicci Mesozoici Perugini, alla destra del Tevere, spicca ed emerge, con i suoi m. 926, Monte Acuto di Umbertide.
Di natura calcarea, formato da faglie inclinate, il monte domina Umbertide e il Tevere, e vede dalla sua cima il lago Trasimeno ad occidente, l’area di Cortona e l’Alta Valle del Tevere a settentrione, la catena degli Appennini, Gubbio, Assisi, a oriente e l’orizzonte perugino a meridione.
Il nome gli deriva dalla forma a punta e dai pendii scoscesi, con scarpate a picco naturale; calvo alla sommità è ricoperto fino a tre quarti da boschi e macchie dove transitano stagionalmente greggi e mandrie (bovini, equini, ovini).
Posto in un’area di confine tra territorio umbro ed etrusco, in età arcaica le aree alla destra del Tevere sono considerate tradizionalmente etrusche; il monte, ha esercitato, fin dall’antichità, insieme a Monte Tezio (m. 961), il controllo del territorio, delle vie fluviali e di transito.
Entrambe le cime sono interessate da fortificazioni, i cosiddetti castellieri, riconoscibili nel fossato (vallo) e nel terrapieno (àggere), di forma pressoché ellissoidale, costruite con pietrame ammucchiato; sorgono sul margine di cresta e sono impostate per un controllo visivo dell’orizzonte eugubino e del Tevere, allo scopo di segnalare i momenti di aggregazione e di pericolo agli abitanti del territorio.
L’asse rappresentato dalla linea M. Tezio, M. Acuto, M. Migianella, M. Bastiola, interessato dalla presenza di fortificazioni sommitali erano impostate sul controllo visivo della piana dal territorio umbro, comunicando all’interno con un’ampia area che corre dal territorio perugino, a quello del Trasimeno a quello cortonese.
I santuari d’altura, come quello di M. Acuto nel comune di Umbertide, si collegano visivamente in ambiente umbro con altri santuari con le stesse caratteristiche, controllando così tutta l’Umbria: da nord a sud troviamo Gubbio (Monte Ansciano), Umbertide (Monte Acuto), Assisi (Monte Subasio, Colle S. Rufino) Terni (Monte Torre Maggiore),Calvi dell’Umbria (Monte San Pancrazio).
Inoltre, intorno a questo asse di vetta, esiste un insieme di insediamenti disposti secondo un articolato sistema per il controllo dei fondi vallivi e stradali; infatti posti più in basso troviamo cinte di minori dimensioni, di forma circolare o ellissoidale, costruite con materiale ricavato sul posto, localizzati a Monte Civitelle (m. 634), Monte Elceto di Murlo (m. 620), Monte Santa Croce (m. 520), Monte Corona (m. 695), la Cerchiaia (m. 717), tutte riconoscibili per le stesse caratteristiche.
La presenza dell’uomo è attestata fin dalle età più antiche, già dal Bronzo Antico.
La fortificazione è costruita sul cosiddetto “ciglio tattico” cioè sull’orlo della scarpata a picco naturale e si adegua alle asperità del terreno, seguendo le caratteristiche geomorfologiche del monte, cosicché la struttura si trova a variare in relazione alle condizioni naturali; la particolare forma a cappello del terreno viene aggiustata dall’opera dell’uomo, come mostrano i risultati di alcuni saggi che hanno interessato l’àggere.
La presenza di materiali di età protostorica pertinenti all’orizzonte del Bronzo Recente e del Bronzo finale (XIII-X secolo a.C.) attestano una frequentazione della zona in tale periodo, si tratta in prevalenza di frammenti ceramici di recipienti da cucina.
Il castelliere, come luogo di difesa militare fu abbandonato attorno al X-XI sec.: a.C. e dal VI sec. a.C. fu utilizzato come un luogo di culto per le popolazioni umbre.
Gli scavi effettuati dalla Soprintendenza ai Beni Archeologici dell’Umbria negli anni 1986 – 1995, all’interno dell’àggere, hanno messo in luce resti di un luogo di culto del VI – IV sec. a.C.: un recinto a pianta pseudo rettangolare (m. 35 x 20 c.a.) di cui rimane solo una piccola parte dell’alzato (alt. max cons. m. 1 c.a.), formato da murature a secco, larghe m. 2,5 – 3 c.a., con lastre di pietra ricavate sul posto, sovrapposte ed allineate con una certa regolarità.
Ad ovest dell’àggere, nella parte del terreno più declive, un lungo corridoio (lunghezza m 16, larghezza metri 2), le cui pareti sono costruite con muri a secco, consente l’ingresso all’interno del recinto; qui era collocate la zona sacrificale e l’area sacra.
E’ stato identificato un ambiente, probabilmente il sacello (area di culto), a cui è collegata una platea a forma rettangolare (m 3×4), formata da lastre accostate, da cui si dipartono tre canalette scavate nella roccia; l’area sembra destinata al sacrificio di animali, resti dei quali si sono trovati anche all’interno della stipe votiva.
Quest’ultima poco distante, appena più a sud, consiste in una profonda fossa a pianta pressoché rettangolare, scavata nella roccia, senza alcun rivestimento (prof. m 4, largh. m 3.50-2), dal suo interno seppur in assenza di stratigrafia, sono venuti alla luce bronzetti di tipo italico del genere schematico, a figura umana ed animale di VI-V secolo a.C.
La presenza di laterizi seppur frammentari, fa ipotizzare una copertura fittile (cioè tegolata) seppur di limitata estensione, sorretta da strutture lignee provvisorie e precarie almeno in alcune parti del recinto.
Gli ex voto di bronzo rinvenuti non solo nella stipe, ma in tutta l’area di culto, a causa del fenomeno di dispersione (dovuto in parte ai lavori per l’istallazione dei ripetitori, in parte agli agenti atmosferici) sono circa 1800, a cui va aggiunto un numero non precisabile di pezzi trovati dai clandestini.
Maggiormente rappresentati sono quelli a figura animale (suini, bovini, e ovini) ed a figura umana (oranti maschili e femminili), presenti, anche se in numero minore, i guerrieri, interpretati come Marte (dio della guerra), alcuni laminari di tipo umbro laziale, ex voto anatomici (principalmente arti) ed una situla miniaturistica in bronzo (vaso protorio metallico utilizzato soprattutto in ambito cerimoniale).
Realizzati a fusione e con rifiniture a lima, sui bordi sono resi in modo schematico ed essenziale, con corpi allungati ed appiattiti, con la semplice indicazione di dettagli anatomici, come cerchietti, tacche, etc. e rappresentano una tipologia della piccola plastica votiva in bronzo di ambiente umbro, realizzata con semplicità di mezzi e connessa al livello economico degli offerenti, espressione di una società molto povera, a carattere agricolo-pastorale.
Offrire figure a forma di animale serviva da ringraziamento e da richiesta di protezione per l’allevamento del donatore, così come le figure interpretate come Marte, con elmo e lancia, invocavano il dio custode di greggi e raccolti.
La cima del monte ha subito nel tempo un processo di deterioramento, dovuto in parte all’azione dell’uomo con l’installazione di ripetitori e con l’opera dei clandestini, in parte agli agenti atmosferici.
La conseguente dispersione dei dati non ha comunque impedito agli scavi di trarre elementi utili per la definizione del sito, la datazione e le varie fasi.
L’eccezionale importanza del sito di Monte Acuto oltre che per il gran numero di bronzetti rinvenuti, è data dal fatto che qui si sono potute individuare le strutture del santuario e comprendere la sua organizzazione interna, contrariamente a quanto accade per la maggior parte dei santuari umbri, che vengono riconosciuti solo per la presenza di stipi votive con bronzetti, infatti qui sono presenti tutti gli elementi per l’identificazione: il recinto, il sacello, la zona sacrificale con canalette, la stipe votiva ricolma di ex voto e, non da ultimo una fonte.
Il santuario di Monte Acuto, frequentato dalla fine del VI sec. a.C. fino all’inizio del IV sec. a.C., venera una divinità non identificata precisamente ma, considerata la tipologia dei votivi e l’analogia con altri luoghi sacri della regione, è riconducibile in una divinità agricolo pastorale.
La sommità di Monte Acuto viene frequentata ancora in età ellenistica e romana come attestano alcuni frammenti ceramici (ceramica a vernice nera e vasetti miniaturistici in ceramica comune, frammenti di sigillata italica, pareti sottili e monete) ed ancora nel IV – V sec. d.C. come dimostra un gruppo di monete databili a quell’epoca.
 

I bronzetti

da notare che i primi due bronzetti non fanno parte della collezione di Umbertide ma sono conservati altrove.
 


 

Nota di ringraziamento

Ringrazio sentitamente l’Ing. Mario Tosti per la collaborazione e per aver fornito le foto dei Bronzetti custoditi al Museo di Umbertide.
 

Fonti documentative

Cartellonistica sul posto
L. Cenciaioli – Umbertide il Tevere e il Territorio – La media e l’Alta Valle del Tevere dall’antichità al Medioevo – Atti della giornata di Studio (Umbertide, 26 maggio 2012) a cura di Donatella Scortecci
 

da vedere nella zona

Cerchiaia di Monte Acuto
 

Mappa

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