Santuario Madonna delle Stelle – Cagli (PU)

La scheda è stata possibile grazie all’autorizzazione del Sindaco di Cagli (PU), Alberto Alessandri e la preziosa collaborazione di Patrizia Alessandri.

Cenni Storici

Affascinante la storia del santuario di Santa Maria delle Stelle, ancora completamente intrisa di devozione e credenza popolare. Il santuario è raggiungibile da una strada che, provenendo da Acqualagna, si distacca dalla frazione di Smirra, verso Pigno. Superati questo pittoresco agglomerato di case ed il vocabolo “Ca Focicchie”, si prende a salire, lievemente, per le coste di un monte la cui vetta è visibile alla propria sinistra (mentre alla destra v’è un balzo e, sotto, lo scrosciante fosso “Carota”). Alla destra del monte e della bianca via che si sta percorrendo, sopra le chiome d’alcuni alberi, si affacciano il campanile e la piccola cupola della chiesa di Santa Maria delle Stelle. Poco prima di raggiungere la chiesa, sulla sinistra, è presente una minuscola edicola votiva pitturata d’un tenue rosa; al suo interno è posta una statuetta della Vergine Maria, segnale importante e non casuale, un segnale che deve essere recepito. Forse svagati dal paesaggio e dall’allegro rincorrersi delle rondini (nei mesi che lo consentono) si dimentica che non si sta salendo ad una semplice chiesa o ad una blasonata abbazia, ma ad un santuario. La parola santuario, sovrapposizione dei termini latini sanctus (santo) e sacrarium (sacrario), già di per sé merita attenzione e devozione. Come nel caso della dantesca “ascesa al Paradiso”, qui si sta salendo verso un luogo sacro. Un’area in cui, secondo la tradizione popolare, peraltro riconosciuta dalla gerarchia ecclesiastica, il divino si è manifestato. Il giorno 22, del mese di luglio, dell’anno del Signore 1494, nei pressi di una piccola edicola votiva o maestadella, dedicata alla Madonna, comparve proprio la Vergine Maria. Ella non si limitò soltanto ad una fugace apparizione ma, prendendo a camminare, andò incontro ad alcune persone. Poco tempo più tardi, già l’anno seguente, il Capitolo di San Giovanni in Laterano concedeva al Comune di Cagli il beneficio di erigere, in questo luogo, una chiesa a croce greca. Ma non una chiesa qualunque, bensì un santuario. La struttura rinascimentale infatti inglobò, nel suo braccio sinistro, la “maestadella” dei miracoli che oggi è ancora inglobata in una piccola cappella di pregevole fattura. La parete di fondo della cappella sorregge ciò che dà il nome all’intera struttura: una rappresentazione pittorica della “Vergine in trono con il Bambino Gesù”, meglio conosciuta come “Madonna delle Stelle”. La chiesa visibile oggi, in pietra bianca e rosa è, sostanzialmente, quella edificata nel XV secolo ad eccezione del piccolo campanile, un tempo forse più elevato. Già nel 1640 infatti, esso minacciava rovina e nel 1783, come narrano le cronache, fu danneggiato da un fulmine. Presso la chiesa è ancora visibile un portico che, un tempo, assolveva ad un compito piuttosto profano. La struttura, durante la festa della Natività della Madonna, l’8 settembre, accoglieva pellegrini, visitatori e mercanti. Così sul Monte Martello, in occasione di questa antica festa saliva tutta Cagli. Più volte la Madonna delle Stelle era apparsa ai pellegrini e non aveva negato miracoli: è dunque naturale la devozione della città a questa particolare effige. Ma ad un “tiro d’arco” da questo luogo sacro sorgeva, sicuramente dal basso medioevo il castello di Monte Martello. Tra sacro e profano. Della struttura fortificata restano oggi soltanto alcuni ruderi che meritano comunque una visita.

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Un suggestivo itinerario fatto di architetture e paesaggio conduce al Santuario vicino al cielo. Lungo la strada che poco dopo l’abitato di Smirra di Cagli – caratterizzato dalla mole del castello neogotico del 1921-22 – si inerpica verso monte Martello (552 s.l.m.) con il quattrocentesco Santuario, sorge la pieve di San Severo a poca distanza dalla poderosa torre-colombaia di Pigno e dall’estesa necropoli longobarda. Le numerose case-torri-colombaie, parte integrante di questo paesaggio sub-appenninico, sono state mutuate dalle torri cittadine per essere, scrive Volpe, “avamposto urbano di colonizzazione e di difesa un’architettura a metà strada fra quella militare e quella rurale”. Dalla pieve di San Severo di Pigno, le cui prime notizie documentarie risalgono al Duecento, il panorama si apre sulle colline digradanti verso il torrente Screbbia per poi concludersi con il mirabile fondale costituito dal massiccio del Catria (1701 s.l.m) a cui si affiancano (da sin. a d.) l’altopiano del Petrano (1108 s.l.m.) e le scoscese pareti rocciose del monte Nerone (1525 s.l.m.). Dinanzi a tale superba cornice ambientale Paolo Volponi annotava: “Questa lingua di terra mi pare vicina all’origine. Queste colline, questi scoscesi, i fossi, e i calanchi che da San Savino vanno verso Frontone o Monlione (Molleone) o l’Acquaviva compongono tutti insieme una rete che può sembrare il disegno di un progetto cioè il tentativo di una perfezione e di una felicità”. Il Santuario di Santa Maria delle Stelle di monte Martello, eretto dal Comune di Cagli nel 1495 attorno alla cella votiva dove, secondo la tradizione, apparve la prima volta il 22 luglio 1494 la Vergine, ha una pianta a croce greca di precoce derivazione dal modello che nel 1485 Giuliano da Sangallo utilizza a Prato per la chiesa di Santa Maria delle Carceri e che costituisce in tal senso la prima esperienza rinascimentale. Occorre rimarcare che le Carceri dai primi progetti alla soluzione definitiva erano state occasione per varie sperimentazioni, nel retroterra delle quali stava “il bel San Giovanni”: il fiorentino martyrion. Un retroterra nel quale c’erano il Brunelleschi e Leon Battista Alberti, che con i suoi postulati teorici influenzò evidentemente il progetto pratese di Giuliano da Sangallo. Il tema della croce greca è in quegli anni particolarmente vivace poiché è la pianta centrale che Donato Bramante, della vicina Fermignano, propone agli inizi del Cinquecento per la maggiore chiesa di Roma e della cristianità: la basilica di San Pietro. Si tratta certo di tutt’altra scala ma è importante tener presente il dibattito che su questa proposta s’incentra. Un confronto che per la natura stessa dell’oggetto cui si riferisce implica la summa dei contributi di un’epoca, rappresenta, specie nella scelta tipologica, un disegno universale più che il raggiungimento di un singolo progettista. Il monumentale Santuario cagliese seppure privo dell’ampia cupola con lastre in piombo demolita già nel 1712 (della quale resta il solo tamburo), ha quali elementi di maggiore pregio la notevole architettura che molto si giova dei candidi paramenti in pietra finemente lavorati che si stagliano cromaticamente contro i verdi prati circostanti, nonché la celletta con fregi federiciani e affreschi trecenteschi del Maestro di Monte Martello. Ciclo pittorico la cui cifra stilistica rafforza l’ideale triangolo Cagli-Gubbio-Fabriano con il Maestro di Campodonico di Fabriano e Mello da Gubbio il cui capolavoro è nella chiesa duecentesca di San Francesco di Cagli. L’interno del Santuario, con le sue alte volte a botte, custodisce nel braccio sinistro l’antica “Celletta” o “Maestadella” che in seguito ai miracoli del 1494 fu inglobata. Nell’architrave lapideo, a bassorilievo, è un fuoco dal quale dei putti accendono le loro torce volgendosi verso draghi recanti scudi: probabile allusione araldica. Al di sopra due centauri sorreggono una ghirlanda di cardi entro la quale è sovrapposta l’aquila dei Montefeltro. Lo smontaggio del 2002 di parte dei rilievi lapidei, per ragioni di tutela, tende a rafforzare l’ipotesi che si tratti di pregevoli materiali riassemblati per il decoro della cella. La parete di fondo della cappella è dominata dalla Vergine in trono col Bambino nota come Madonna delle Stelle. A questa si affiancano le sante figure dipinte a grandezza naturale tra queste si riconoscono: San Biagio, San Pietro e San Michele Arcangelo. Al centro della volta a botte, tra ali di figure oranti, è poi l’immagine del Cristo benedicente. Dell’autore, conosciuto come il Maestro di Monte Martello, afferma il Donnini, la “voce si leva altissima fra quante animarono il movimento proscenico della pitture regionale del Trecento”. Sul lato destro della cappella, entro una nicchia, è l’affresco cinquecentesco della Crocifissione con l’Addolorata ed i Santi Giovanni e Giacomo. Il Santuario mostra tracce di ulteriori affreschi, in larga parte cinquecenteschi, da non molto tornati alla luce nella loro interezza a seguito dell’opera di descialbatura. Tra questi sono raffigurate le immagini dei committenti oltre alla Vergine col Bambino in trono ed i Santi Ubaldo e Stefano, il Cristo crocifisso con angeli e i Santi Lorenzo e Antonio da Padova; méntre nella lunetta La Vergine del Soccorso, Madonna col Bambino con i Santi Vitale, Biagio e Rocco e le Anime del Purgatorio. Attorno alla Chiesa è una bassa loggia dei mercanti, mentre la grande casa addossata ad uso dei pellegrini (ampliata a metà Ottocento per il Seminario vescovile di Cagli) è oggetto di restauro. Deve essere invece totalmente ripresa (come indicato anche dalla competente Soprintendenza) la loggia antistante il Santuario deturpata da un improprio restauro. Il campanile, un tempo con una cupola in piombo, è stato più volte abbassato nel corso degli ultimi tre secoli.

Bibliografia
Donnini G., Arte e cultura nella provincia di Pesaro e Urbino dalle origini a oggi, Vicenza, 1987.
Mazzacchera A., Cagli. Comune e castelli in Catria e Nerone. Un itinerario da scoprire, Pesaro, 1990.
Mazzacchera A., Il forestiere in Cagli. Palazzi, chiese e pitture di una antica città e terre tra Catria e Nerone, Urbama. 1997.
Volpe G.( Case-torri-colombaie. Itinerari attraverso l’architettura rurale delle Marche, Ripatransone, 1984.
Volponi P., La macchina mondiale, Milano, 1965.

Per approfondimenti maggiori: www.comune.cagli.ps.it

 

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