Santuario dell’Arcella – Canepina (VT)


 

Cenni storici

Il Santuario dell’Arcella lo si raggiunge salendo sulla montagna di fronte all’abitato di Canepina e attraversando antichi castagneti di gran fascino, fino ad arrivare nella valle del Rio Francina.
Si incontra in primo luogo, sovrastato da un secolare castagno, un grande masso di roccia vulcanica con evidenti segni di sagomatura, forse un altare.
Attraversato un piccolo ruscello, pochi metri dopo, all’interno di un noccioleto si incontra un grande affioramento di lava cimina a forma approssimativamente triangolare, (m. 4,40 x 4,15 x 5), che emerge dal piano di campagna per circa 80 centimetri.
Sulla faccia superiore, rozzamente spianata, è ricavato a rilievo un piccolo cippo rettangolare (m. 0,75 x 0,40 x 0,20).
Sulla fronte del lato rivolto a ovest presenta una specchiatura rettangolare contenente un’incisione su cinque righe, le prime tre con lettere alte cm. 7-8 e le ultime due 5.
Si presenta oggi praticamente illeggibile, danneggiata dagli agenti atmosferici, che hanno causato il distacco di alcuni cristalli di sanidino inclusi, e da interventi umani, tra cui un maldestro tentativo di trarne un calco.
È stata così letta:
BONAE VALETVDINI SACR(VM) CN (AEVS) PACILIVS MARNA SEV(I)R SVTRIO AVG (VSTALIS) FALERIS EX VOTO PACILIA PRIMITIVA BON(A)E BONADIAE CASTRESI EX VOTO SACRVM.
La parte finale è stata anche diversamente interpretata:
BONE CON […] AQ AE CASTRESI EX VOTO SACRVM.
In ambo le letture si tratta una dedica alla Bona Valetudo da parte di Cneus Pacilius Marva, seviro a Sutri e Augustale a Falerii, e poi una consacrazione da parte di Pacilia Primitiva alla Bona Bonadia Castrensis.
Si tratta pertanto di un altro altare del santuario, in cui si celebravano diversi culti, il ruolo principale era rivestito dalla Valetudo, divinità specifica delle acque, mentre la Bona Dea era forse il nume tutelare dell’intero complesso montano.
Poco più avanti si nota un ulteriore affioramento di roccia, che forse aveva anch’esso un ruolo nel santuario.
È evidente il carattere sacro e votivo dell’epigrafe; la dedica è forse connessa al culto delle acque che, nelle immediate vicinanze, sgorgando copiose da sorgenti naturali, captate con un sistema di cunicoli.
Poco a monte se ne rinvengono due cunicoli scavati nel banco tufaceo.
Il primo, a quota 589, ha copertura piana (m. 1,60 x 0,83) e risulta sbarrato da un muro in cemento.
Il secondo, a quota 621, è a sezione ogivale, è percorribile per circa 30 metri e risulta in parte sbarrato, nel punto di sbocco, da un muretto in pietrame e malta.
Lungo il lato sinistro, sul piano di calpestio è ricavato un canaletto (m. 0,20 x 0,20) che adduce tuttora acqua a una fontanella esterna.
Sulla parete sinistra si apre inoltre un cunicolo secondario che sbocca pochi metri più a ovest.
Continuando a salire si incontra una singolare struttura scavata in un grande masso vulcanico, probabilmente si trattava di un antico fortilizio.
Appena più in alto, lungo un costone tufaceo che digrada verso il Rio Francinatra le quote 649 e 621, è visibile un complesso di ambienti scavati nel tufo, che presentano evidenti segni di adattamento antropico.
Gli ambienti, per i quali rimangono incerte sia l’antichità sia la funzione originaria, mostrano, all’interno e all’esterno, chiari indizi di una loro recente utilizzazione come stalle o depositi per attrezzi agricoli.
Su alcune pareti sono incisi date, croci e il monogramma di Cristo, si da far pensare ad occasionali utilizzi come insediamento eremitico.
Di particolare interesse è il primo ambiente, cui si accede attraverso una bassa apertura a forma approssimativamente quadrata.
La presenza di grandi nicchie lungo le pareti, particolarmente evidenti lungo quella di sinistra, sembrerebbe suggerire un’originaria destinazione funeraria o rituale.
In una delle nicchie della parete destra di dimensioni più contenute rispetto a quelle della parete opposta è incisa una croce.
Sulla parete di fondo si apre una vasta nicchia rettangolare in cui è incisa la data 1716.
Al termine della parete sinistra un’apertura collega il primo vasto ambiente ipogeo a quello successivo, di dimensioni più contenute.
Il terzo ambiente ipogeo, una vasta aula rettangolare voltata a botte, mostra sulla parete di fondo il monogramma di Cristo e la data 1716.
Sulle pareti si aprono alcune nicchie di piccola dimensione.
Una di dimensioni maggiori la si incontra all’inizio della parete destra, sotto si scorge un foro circolare di cui si ignorano le funzioni.
L’accesso al quarto ambiente ipogeo, è costituito da un architrave in pietra, l’accesso al quinto è rinforzato da un architrave in legno, non presentano caratteristiche rilevanti all’interno, così come il sesto ambiente.
Il settimo ambiente presenta una croce incisa sulla parete di fondo.
 

Nota di ringraziamento

Si ringrazia l’amico Pierluigi Capotondi, preziosa guida del territorio.
 

Nota

La galleria fotografica ed il testo sono state realizzate da Silvio Sorcini.
 

Fonti documentative

Felice Fiorentini – Bona Dea, Valetudo e il Santuario delle acque all’Arcella di Canepina – in Archeotuscia numero speciale, 16/2018, pp. 10 – 16

http://www.provincia.vt.it/beni/strada/scheda_014.htm

http://www.museodiffuso.net/canepina/santuario-dellarcella/

 

Mappa

Link coordinate: 42.373322 12.225490

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