Santuario della Trinità o della Montagna Spaccata e monte Orlando – Gaeta (LT)

Gaeta è uno dei posti più belli e più caratteristici della costa Pontina e forse il luogo che più la rappresenta è la Montagna Spaccata e la Grotta del Turco.

 

Cenni Storici

La storia di Gaeta è scritta nelle componenti principali della città.
Le origini mitiche sono racchiuse nel nome “Caieta“, quello della nutrice di Enea sepolta su questi lidi durante l’epico viaggio dell’eroe dalle ceneri di Troia alla foce del Tevere, narrato da Virgilio nell’Eneide.
L’epoca romana è sulla cima del monte Orlando nel grande mausoleo circolare di Lucio Munazio Planco, console e fondatore di città (I secolo a. C.).
Nel campanile arabo-normanno del duomo resta l’impronta del Medio Evo più profondo, quello della famiglia Caetani (la stessa di papa Bonifacio VIII), del Ducato di Gaeta e del periodo più florido della città (X-XII secolo), repubblica marinara regina del Tirreno.
I due castelli, l’Angioino e l’Aragonese, che stanno affiancati sulla parte più alta del centro storico, ricordano le dominazioni dei secoli XIII-XV, cui seguirono quella spagnola dal 1504, quella Borbonica dal 1734 e quella Sabauda del Regno d’Italia dal 1861, al termine dell’ultimo e più cruento dei 14 assedi sopportati dalla città nella sua storia.
Questo iniziò dopo la spedizione dei Mille e durò dal 5 novembre 1860 al 13 febbraio 1861.
Francesco II, ultimo re delle Due Sicilie, si era ritirato nella fortezza di Gaeta per tentare un’estrema resistenza contro gli invasori, mentre i piemontesi, comandati dal gen. Cialdini, per tre mesi sperimentarono postazioni militari diverse e diversi tipi di artiglierie, tra le quali i nuovi e famigerati cannoni a canna rigata progettati dal gen. Cavalli.
La fortezza fu cannoneggiata con un arco di fuoco che andava dai pressi della spiaggia di Fontania fino a oltre Vindicio.
Gli assedianti agirono indisturbati perché le artiglierie napoletane erano ormai obsolete e il tifo e il tradimento fecero il resto; la città si arrese il 13 febbraio 1861.
Solo dodici anni prima, dal novembre 1848 al settembre 1849, in città si era rifugiato papa Pio IX dopo la nascita della II Repubblica Romana, quella di Mazzini, di Garibaldi e di Goffredo Mameli.
A Gaeta il papa concepì il dogma dell’Immacolata Concezione di Maria (che avrebbe proclamato l’8 dicembre 1854); la tradizione dice che l’idea gli venne davanti all’immagine mariana della Cappella d’Oro nella chiesa dell’Annunziata, una “Madonna” dal volto dolcissimo, dipinta da Scipione Pulzone al centro di altre 19 tele della vita di Gesù dipinte dal Criscuolo nel ‘500, tra intarsi di legno e oro zecchino: un concentrato di bellezza e di pietà.
L’arrivo dei Piemontesi determinò l’iniziò il declino di Gaeta, compresa prima nella provincia casertana di Terra di Lavoro e poi, dal fascismo, in quella neonata di Littoria (Latina).
Il nucleo antico della città-fortezza sorge alle falde del monte Orlando, oggi Parco Naturale, ricco di valenze geologiche, botaniche e paesaggistiche oltre che storiche, tutte meritevoli di essere notate.
Partendo da via Firenze, che collega il lungomare Caboto con la spiaggia di Serapo, si sale una scalinata che porta a un parcheggio e poi entra in via Lucio Munazio Planco; dopo circa 200 metri di strada asfaltata in leggera salita, si incontra a sinistra la Batteria Philippsthall, costruzione militare ideata dagli austriaci nel Settecento e completata dai Borbone.
All’interno del muraglione sono custodite le tombe di Luigi Philippsthall, principe d’Assia e comandante della piazzaforte gaetana (con lapide scolpita da un allievo del Canova) e del generale francese Giuseppe Vallongue, protagonisti entrambi, ma su fronti opposti, durante l’assedio di Gaeta del 1806 da parte delle truppe napoleoniche.
Proseguendo sulla strada principale, s’incontra il poderoso sistema difensivo dei Bastioni di Carlo V, edificati dalla metà del ‘500: le scale presso il ciglio della via fanno accedere, tramite una pittoresca galleria rampante, al Ridotto Cinque Piani, costruzione a scaloni.
Un altro breve tratto di strada, uno sguardo alla Riviera di Ponente dalla piazzola che delimita la Batteria Malladrone (costruita nel ‘500 a completamento della cinta spagnola) e si giunge al Santuario della Trinità o della Montagna Spaccata, prima tappa dell’escursione.
 

Santuario della Trinità o della Montagna Spaccata

L’edificio, un monastero benedettino dedicato alla SS. Trinità fondato prima del 1071, fu costruito sui resti della villa del console Lucio M. Plancopresso tre fenditure prodottesi nel monte, secondo una secolare tradizione, durante il terremoto seguito alla morte di Cristo.
Nei secoli si susseguirono in esso diversi ordini religiosi, tra i quali i Francescani Alcantarini e oggi il PIME (Pontificio Istituto Missioni Estere); nella chiesa è una tela di S. Erasmo del pittore gaetano Sebastiano Conca.
Uscendo sulla destra si accede alla Grotta del Turco, antro naturale aperto sul mare, notevole fenomeno carsico che desta meraviglia; sulla sinistra invece è la Montagna Spaccata: un lungo corridoio con le 14 stazioni della Via Crucis dipinte su maiolica da Raimondo Bruno e arricchite dai versi di Pietro Metastasio porta alla cappella cinquecentesca con il giaciglio di San Filippo Neri e alla sorprendente fenditura della montagna, terminante con la mistica cappella del Crocifisso, eretta su un masso incastonato in una spaccatura, con belvedere sul mare tra le due pareti del monte.
All’interno della cappella queste due lapidi:

1) “SS. Trinitati et D.no N.ro Crucifixo duplicem lampadem obtulit Comes de Rottermund d’Arschot qui Pontificis Maximi Pii IX erumnas ex corde compatiens Anno MDCCCXXXXIX Caietam peregrinando venit“.

2) “Hospes quae vides heic suspensa signa ea rebellibus siculis erepta fuere Taurominitano in campo postridie idus Aprilis Anno MDCCCXLIX quo die Ferdinandus II Rex religiosissimus erecta mente animoque in Deum cum augusta heic coniuge et Pio IX Pontifice Maximo pugnantibus pro se militi bus vires consilium victoriam precabatur voti compos monumenta fidei suae virtutisque suorum Aeterno Victoria Triumphatori solemni pompa dedicavit“.

Scrive Lino Sorabella (su Avvenire, 06/07/2014) che l’insediamento monastico della SS. Trinità è l’unico oggi attivo dei tanti nuclei benedettini antichi presenti nei secoli a Gaeta.
I seguaci di San Benedetto giunsero a Gaeta oltre un millennio fa: le fonti ricordano una chiesa a lui dedicata fin dall’887; un monastero era nel complesso di San Michele Arcangelo fin dal 930.
Nel 954 Monache benedettine sono presenti presso la chiesa di S. Maria (oggi S. Domenico), mentre dov’è oggi il Castello Angioino c’era il convento maschile dei santi Teodoro e Martino (957) e un altro era attivo nel 963 presso la chiesa di San Giovanni de Porta.
La prima citazione di un altro monastero benedettino femminile, dedicato a S. Quirico, è del 1024; infine su via Annunziata c’era quello di S. Scolastica (1035).
 

Sentiero delle Falesie

Proprio accanto alla chiesa della Trinità inizia il “Sentiero delle Falesie“, un bel percorso prima sterrato e poi lastricato che all’ombra dei pini zigzaga sul fianco del monte, interrotto ogni tanto da viottoli che portano alle falesie, possenti pareti rocciose a picco sul mare, o a punti panoramici.
Lungo il sentiero si può notare la varietà della vegetazione presente nell’area protetta di Monte Orlando: si passa da un ambiente boschivo, con lecci e pini, a quello della macchia bassa dove predomina l’erica arborea insieme tra l’altro al cisto e alla ginestra spinosa.
Sempre salendo si raggiunge l’incrocio con l’antica strada detta “della Carolina“, nelle cui adiacenze sono ubicate tre polveriere d’epoca borbonica (seconda metà del ‘700) note col nome di Ferdinando, Carolina e Trabacco (riedificata dopo l’esplosione del 1760), dedicate ai sovrani medesimi.
In circa mezz’ora, con una salita affatto difficile, tranne che nelle giornate caldissime, si raggiunge la vetta del monte Orlando (m. 171), dove è il faro e il mausoleo di Lucio Munazio Planco (I secolo a. C.), console romano amico di Giulio Cesare e di Cicerone e fondatore delle città di Lione e di Basilea.
Dopo una sosta al fresco degli alberi e della brezza marina, si può iniziare la discesa lungo la strada asfaltata e vedere, in un punto panoramico poco sotto, la grande statua di Maria Ausiliatrice eretta dai Salesiani il 24 maggio 1954.
 

Sentiero Gaeta medievale

Riprendendo la discesa principale e rasentando la robusta Batteria Monte Orlando, a una svolta della strada si imbocca sulla destra il “sentiero Gaeta medievale“.
Sorta per esigenze militari per collegare la piazzaforte di Gaeta alle diverse strutture difensive del monte Orlando, la strada scende con svolte sempre più strette e vedute sempre più ravvicinate proprio sul borgo più antico, offrendo un panorama sorprendente per la sua bellezza e costeggiando una serie di eleganti dimore come l’antica Villa Planciana, al cui ingresso una scritta diventa un invito:
Si vivere vis in sano, habita in Planciano;
la Villa delle rose e la storica Grancia Certosina di S. Martino, sulla via omonima.
La tortuosa carrareccia termina davanti alla neogotica monumentale chiesa di San Francesco, frutto di diverse ricostruzioni e vicissitudini che ebbero inizio nel 1222, quando il santo di Assisi decise di costruire una chiesina a Gaeta, come narra la “Vita del Padre San Francesco d’Assisi” di Gregorio da Forìo, ministro provinciale dei Padri Riformati della provincia di Napoli e Terra di Lavoro.
La chiesa fu gravemente danneggiata dal terremoto nel ‘700, cui seguì un periodo di ristrettezze e di carestia; restò aperta al culto fino al 1809 (soppressione napoleonica), quando fu trasformata in un ospedale militare francese.
Quando Pio IX sfuggendo alla Repubblica Romana si rifugiò a Gaeta presso Ferdinando II (novembre 1848-settembre 1849), trovò la chiesa di San Francesco devastata e il re borbonico in onore dell’illustre ospite volle restaurarla maestosamente.
Discesa la ripida scalinata della chiesa e seguendo la lunga Via Angioina, si giunge a piazza Caboto, centro della città medievale, proprio davanti alla bella e profonda baia di Gaeta.
Vicinissimo è il Duomo di S. Maria Assunta e di S. Erasmo patrono della città.
Alla fine dell’VIII secolo il vescovo di Formia sfuggì all’invasione saracena e riparò nella fortezza gaetana; portava con sé le reliquie di S. Erasmo, vescovo di Antiochia morto a Formia il 2 giugno 303, che nascose in un pilastro della chiesa.
Il loro ritrovamento dopo oltre un secolo (917) avviò la costruzione della cattedrale (sec. X-XI) sui resti di una chiesa preesistente.
Fu consacrata il 22 gennaio 1106 da papa Pasquale II (1099-1118), riparato a Gaeta a causa della lotta per le investiture e della nomina di un antipapa.
La tradizione vuole che il pontefice consacrasse un altare di legno, molto più tardi (tra il 1670 e il 1710) inglobato nell’attuale altare maggiore in marmi policromi, disegnato dal Lazzari.
Dalla torre campanaria si accede alla seicentesca cripta, contenente le reliquie dei santi martiri Erasmo, Marciano (primo vescovo di Siracusa), Casto (primo vescovo di Sessa Aurunca), Secondino (vescovo di Sinuessa), Probo (vescovo di Formia nel 303), Innocenzo vescovo ed Eupuria.
Le pareti della cripta sono rivestite di marmi policromi opera del Lazzari e le volte decorate con stucchi e affreschi di Giacinto Brandi.
 

Fonti documentative

APT Latina – Monti Lepini, Ausoni, Aurunci – 2006.
Cartellonistica del Parco di Monte Orlando.
 

Nota

Il testo è di Stanislao Fioramonti, le foto sono di Patrizia Magistri; la visita è stata effettuata il 10 luglio 2016.
 

Note fotografiche

La foto aerea del Santuario è tratta da:

https://www.facebook.com/photo/?fbid=215111460841074&set=pb.100070266642376.-2207520000

Il Santuario della montagna spaccata è tratto da

https://www.visitlazio.com

 

Mappa

Link alle coordinate: 41.205518 13.570555

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