Santuario della Madonna della Consolazione o di Montemisio – Rotella (AP)
Cenni Storici
In una piccola radura, ai piedi del Monte Ascensione, c’è il Santuario della Madonna della Consolazione o di Montemisio.
La Chiesa fu realizzata dai monaci di Farfa, costruita sulle rovine di un tempietto pagano dedicato alla dea Artemide o Artemisia.
Il culto passò prima per la venerazione della Vergine della Cintura, successivamente per la Madonna della Tempera (dell’acqua necessaria ai campi).
Una leggenda narra che, mentre la siccità minacciava i raccolti, si tenne una processione propiziatoria.
La statua della Madonna si era appena messa in cammino, quando il cielo si oscurò e cadde la benefica pioggia.
Nel XVIII secolo, dopo il restauro, la chiesa divenne luogo di culto della Madonna della Consolazione. Oggi il santuario è meta di numerosi pellegrinaggi.
La festa tradizionale si svolge il 15 Agosto.
La cappella presenta una sola navata, il pavimento in cotto e l’altare in travertino.
Nel giardino spicca una secolare quercia alta più di 23 metri, con una circonferenza maggiore di 5 metri.
La Quercia di Montemisio
Qualcuno, specie fra i più anziani, preferiva così la chiesetta di Montemisio e la sua Quercia, così come appariva in “Marche, cinquanta alberi da salvare” in una foto del 1983.
Il Santuario di Montemisio, altrimenti noto come Madonna della Consolazione, si colloca su un ripiano alle falde del Monte dell’Ascensione, in comune di Rotella (AP) e lo si raggiunge per una stradina comunale asfaltata che si stacca dalla provinciale che conduce da Castignano a Rotella.
La Quercia, di circa 400 anni di età e m. 4,80 di circonferenza di tronco, è l’ultima superstite di un bosco che esisteva prima che esso venisse completamente smantellato per ricavare traversine per la Ferrovia Adriatica.
Racconta lo storico Domenico Gabrielli che fu proprio questa Quercia e le sue sorelle allora viventi a determinare l’attuale collocazione dell’abitato di Capradosso, frazione di Rotella.
Essendo il paese stato distrutto da una frana, la maggior parte dei suoi abitanti avrebbero voluto ricostruirlo proprio sull’altopiano dove ora è il santuario.
A determinare la scelta per quella che l’attuale collocazione, a un paio di chilometri, fu la presenza delle formiche da cui il querceto era invaso.
Tutto il bosco venne poi smantellato e distrutto all’epoca della costruzione della ferrovia adriatica. La nostra, e poche altre sue sorelle, vennero risparmiate.
A dire il vero, anche la Nostra corse il serio rischio di essere uccisa.
La cicatrice che si intravede alla base del tronco è il ricordo di un brutto momento per la pianta.
Il suo proprietario, l’arciprete don Giuseppe Castelli, l’aveva venduta e i tagliatori avevano già vibrato i primi colpi di accetta (da qui la cicatrice), quando a salvarla intervennero gli stessi contadini dei dintorni.
Ogni anno, infatti, il 16 di agosto, nella chiesetta si svolgeva (e si svolge tuttora) la festa della Madonna, e la Quercia nell’occasione, che si immagina sempre in pieno solleone, offriva la sua ombra ritemprante ai partecipanti.
I contadini minacciarono l’arciprete che, se non avesse mandato subito via i carnefici, la sua testa avrebbe fatto la stessa fine del tronco della pianta.
La quercia sopravvisse, e tutt’oggi viene considerata una delle più antiche e monumentali delle Marche.
Montemisio
A quell’epoca (1983), il Santuario e tutto ciò che lo circondava potevano essere agevolmente raggiunti in auto fin sulla porta della chiesa, ma poco dopo tutto sarebbe cambiato, forse in meglio, ma qualcuno, come detto, preferiva tutto com’era prima.
Verso la metà degli anni Ottanta, il Santuario di Montemisio venne affidato alla responsabilità di don Angelo Ciancotti, giovane parroco della vicina Ripaberarda.
Il giovane prete era (e supponiamo lo sia ancora) un tipo vulcanico e pieno di iniziative; soprattutto era molto abile come muratore.
Rimboccatosi le maniche, restaurò la chiesa, la canonica e tutto l’ambiente circostante.
Sul prato vennero collocati dei grossi massi (alcuni visibili nella foto) con le formelle della Via Crucis.
Sullo stesso prato vennero costruiti dei laghetti con immissione di animali adatti.
La strada di accesso venne asfaltata e il tutto venne recintato.
Oggi Montemisio è divenuto ancor più una attrattiva turistica, con ampio parcheggio e locali attrezzati per raduni a carattere religioso.
La Quercia c’è ancora, ma col tempo si è visibilmente invecchiata e ha perduto molti dei suoi rami.
Non è da dire che le siano mancate le cure: nella stessa foto si osserva un idrante che la sta inondando di acqua.
Forse, quello che dispiace ai più anziani, è il fatto che non sempre si è sicuri di poter arrivare alla chiesa e alla quercia, in quanto, se non c’è nessuno all’interno che possa aprire, bisogna accontentarsi di guardare entrambi dall’esterno.