Santuario della Madonna della Bianca – Campello (PG)
Cenni Storici
Il santuario nasce da una primitiva edicola fatta erigere dagli abitanti di Campello sul margine della strada principale che dal castello giungeva a Spoleto, in una zona boschiva disabitata denominata “la macchia“, a poca distanza dalle fonti del Clitunno.
L’edicola conteneva un’immagine della Madonna col Bambino, dipinta da un modesto pittore di scuola locale all’inizio del XVI secolo, chiamata inizialmente “Madonna del Soccorso“, poi “Madonna della Misericordia” e infine “Madonna della Bianca” a causa della carnagione chiara e dei capelli biondi della Vergine e del Bambino.
Fu da subito oggetto di venerazione da parte della popolazione, tanto che tra il 1515 e il 1516 fu trasformata in una cappella munita di altare.
Narra una leggenda che, costruita la cappella e trasferito l’affresco al di sopra del piccolo altare, nottetempo la Madonna, non contenta della nuova collocazione, ritornava sul modesto sito per cui era stata concepita originariamente.
Il fatto si ripeté decine di volte, fino a quando la caparbietà della sacra immagine piegò i massari e il Gonfaloniere di Campello a mettere mano alla borsa e costruire finalmente una grande chiesa, degna di accogliere la Madre di Dio, autorizzando, con delibera del 1516 approva la costruzione di un grande santuario, attorno a cui sarebbe poi sorto il nuovo centro abitato di Campello e la sede stessa del comune, trasferita nell’ottocento dal castello a valle.
Da allora, la santa immagine della Madonna della Bianca è rimasta tranquilla al suo posto.
La costruzione della chiesa fu autorizzata con decreto del vescovo di Spoleto Francesco Eroli, datato in Bevagna 1516.
Ottenuto il permesso, si avviarono tutte le procedure che avrebbero dovuto portare alla costruzione della chiesa che, si ricorda, durarono comunque alcuni secoli, fino al suo assetto finale.
Sono note le molte maestranze, quasi tutte lombarde che operarono su quello che diverrà un lunghissimo cantiere e, fra questi, il celebre architetto e scultore Cione di Taddeo (l’autore della cella campanaria del campanile del duomo di Spoleto) la cui presenza è attestata intorno al 1521.
La corrente storiografia sull’edificio sacro, gli assegna, erroneamente, l’esecuzione del bellissimo portale della chiesa, posto in opera proprio in quel 1521.
Un documento d’archivio ripristina in maniera perentoria la verità dei fatti e così oggi si ha certezza che il portale in realtà fu eseguito intorno alla fine del 1579 e collocato “in situ” nei primi giorni dell’anno successivo.
L’opera era stata commissionata allo scultore/architetto Domenico Carabelli di Caneggio sul lago Maggiore, abitante a Spoleto.
Questi aveva appaltato ad uno scultore suo conterraneo, in realtà era di Carona, un giovanissimo Berardino di Daniele Casella, anch’egli residente a Spoleto e appartenente ad una “stirpe” di scultori, a partire dal nonno, lo scultore Berardino di Giacomo, che era giunto a Spoleto agli inizi del 500 a Spoleto.
Come si può vedere dall’immagine di uno dei due capitelli che sormontano i pilastri ai lati del portale, Berardino dà prova di grandi capacità scultoree.
Per la cronaca, il compenso che egli ricevette dall’appaltatore del portale fu di sette scudi e mezzo
Tra il 1529 e il 1530 la fabbrica della chiesa fu affidata ai maestri lombardi Antonio Boncini e Andrea di mastro Donato.
Già agli inizi del Seicento del notaio Alvaro di ser Turibio da Apagni.
I lavori procedettero lentamente, ma nel 1536, in occasione della visita pastorale di Fulvio Orsini, risulta mancare solo l’altare maggiore; fiancheggiava la chiesa una costruzione che svolgeva la funzione di locanda per il ricovero e la sosta dei pellegrini, poi gravemente danneggiata dal terremoto del 1703, acquistata il 20 giugno 1737 dalla Contessa Lavinia della Genga e ora parte della Villa Arnoldi.
Una visita pastorale del 1610 indica l’immagine della Vergine come collocata isolata sopra l’altare maggiore.
La torre campanaria fu aggiunta nel 1617.
Nel 1713 il vescovo di Spoleto Giacinto Lascaris vi fece trasportare un organo.
Nel 1719, tra festeggiamenti solenni, vi fu trasferita dal castello di Campello la reliquia della Santa Croce.
Nel 1789 era stata aggiunta la nuova sagrestia, erano state trasportate le reliquie sotto l’altere del Carmine e allocato l’organo sopra la porta maggiore.
Nel 1797 l’architetto Giuseppe Valadier fornì i disegni dell’altare maggiore, di quelli minori laterali e degli stucchi che adornano l’interno, sovrapponendo elementi del nascente gusto neoclassico a quelli rinascimentali.
Aspetto esterno
La chiesa ha forma di croce latina è sormontata da cupola e fiancheggiata, sulla destra, da un campanile, sopra la cui cella campanaria si legge la data 1638.
La facciata della chiesa, a due spioventi, è di semplice struttura, partita verticalmente da quattro esili lesene in cotto che terminano in un cornicione dentellato coronante il sottotetto in tutta la sua estensione.
Al centro si apre il portale sobrio ed elegante, con la sua simmetrica classicità che ricorda nelle forme gli elementi periferici della facciata del Tempietto.
Il portale è sormontato da un ampio finestrone circolare.
Interno
All’interno la chiesa si presenta a navata singola con copertura a cupola.
Nel primo altare di sinistra vi è una tela della fine del XVII secolo raffigurante la Madonna col Bambino coronata da angeli e circondata da quattro santi, sullo sfondo le colonne di un tempio.
Sull’altare della crociera di sinistra una tela firmata da Gian Domenico Mattei, datata 1656, raffigura in alto la Madonna col Bambino tra angeli e, in basso, San Francesco e Sant’Antonio da Padova.
Sotto si intravede appena un grande affresco della fine del XVI secolo o dell’inizio del successivo.
Nella parete di fondo, sopra l’altare maggiore, è in mostra l’affresco raffigurante la Madonna col Bambino, che diede origine alla chiesa.
Nel catino absidale si ammira un grande affresco di Fabio Angelucci da Mevale di Visso, databile intorno al 1574.
Vi è raffigurata l’Incoronazione di Maria da parte dell’Eterno e di Cristo, con personaggi del Vecchio e Nuovo Testamento.
Sulla crociera di destra, sopra l’altare, una tela del XVII secolo con la Madonna col Bambino e Santi.
Nella controfacciata, sopra la bella cantoria è posto un organo di autore ignoto, probabilmente al XVIII secolo.
È composto da un unico corpo sonoro contenuto in cassa lignea con tastiera scavezza di 45 note do-do, pedaliera scavezza a leggio di 9 note do-do.
I pomelli di registrazione a tiro disposti in doppia colonna sulla destra, i due mantici a cuneo sono contenuti all’interno del basamento, con alimentazione manuale, la trasmissione a meccanica sospesa, il somiere a tiro.
In sacrestia si possono ammirare, oltre a preziosi arredi sacri e mobili, anche due interessanti affreschi del primo ‘500 di scuola dello Spagna, forse opera dello stesso maestro, raffiguranti la Natività e l’Annunciazione, già posti ai lati dell’altare maggiore.
Fonti documentative
Roberto Quirino – Le Edicole Sacre di Spoleto.– 1996
Mariano Guardabassi – Guida dei Monumenti dell’Umbria – pubblicato da G. Boncompagni e C., Perugia, 1872
Luigi Fausti – Memorie storiche della Chiesa della Madonna della Bianca in Campello. Spoleto – Unione Tip. Nazzarena, 1926
http://www.adsi.it/wp-content/uploads/2013/09/ANNO20-2005-N2-58-ANNO20-2006-N3-59.pdf
Nota
La galleria fotografica ed il testo sono stati realizzati da Silvio Sorcini.