Santuario della Madonna del Ruscello – Vallerano (VT)
Cenni Storici
In una piccola cappella, ai margini di un ruscello nei pressi di Vallerano, era affrescata un’immagine della Madonna col Bambino del XV secolo, deteriorata dal tempo e quasi irriconoscibile.
Il parroco, Don Vittore Petrucci, incaricò il pittore Stefano Menicucci di restaurarla.
Secondo la tradizione, il 5 luglio del 1604, mentre l’artista con una bacchetta di legno passava la cera sulle labbra della Vergine, da queste iniziò a sgorgare una vena di sangue.
L’evento ebbe grande risonanza popolare, e l’attuale tempio fu costruito, a suo eterno ricordo, su progetto di Jacopo Barozzi da Vignola, tra il 1604 e il 1609 proprio sul punto ove era accaduto il prodigio.
La facciata, imponente e grandiosa, si eleva su di un ampio piazzale fiancheggiato da numerose botteghe risalenti al secolo diciassettesimo, costruite per soddisfare le esigenze dei mercanti in ricorrenza delle fiere che si tenevano presso il Santuario, e per sopperire alle necessità dei numerosi pellegrini.
Aspetto esterno
È edificata in peperino grigio e mattoni di terra cotta; costa di due piani sovrapposti nel primo si apre un portale adorno di colonne ioniche e sormontato da un timpano spezzato, dentro il quale c’è un’edicola con un gruppo marmoreo bianco raffigurante la Vergine con il Bambino del secolo XV.
Sopra un’iscrizione ricorda le date di inizio e completamento dei lavori:
MDCV INCEPTUM / MDCX ABSOLUTUM.
Ai lati del portale gli spazi sono scanditi da sei lesene, terminanti con capitelli corinzi, e fregi scultorei recanti cherubini e festoni di fiori e frutta, alternati ai gigli della famiglia Farnese. Sopra l’enorme cornicione s’innalza il secondo piano che ha nel mezzo un grande ed ornato finestrone, ai lati del quale vi sono quattro stemmi, uno della famiglia Farnese, uno raffigura San Vittore a cavallo, patrono del paese.
Il piano decorato da lesene terminanti anch’esse con un sontuoso fregio che alterna ai capitelli corinzi festanti puttini alati, al centro la colomba dello Spirito Santo.
Ai lati vi sono due ampi raccordi, su cui poggiano le statue dei santi Pietro e Paolo, realizzate con grande raffinatezza e minuzia nei particolari, del tutto insolite per opere destinate ad essere ammirate da grande distanza.
Conclude la facciata un grande timpano, al centro del quale sta l’Eterno Padre benedicente fra quattro putti; sopra è una croce in peperino, ai lati due candelieri.
La porta maggiore d’ingresso è chiusa da un pregevole portale, realizzato in legno di noce, diviso in numerose formelle lignee decorate ad intaglio.
Nei riquadri in alto è rappresentata in altorilievo l’Annunciazione, al centro vi è una Madonna col Bambino, nel riquadro accanto la Visitazione.
Negli ultimi due pannelli in basso, Sant’Andrea Apostolo titolare della chiesa collegiata, a destra San Vittore a cavallo protettore di Vallerano.
I riquadri con le figure sono circondati da numerosi altri piccoli pannelli decorati all’interno con fregi floreali, cherubini maschere e gigli.
Nel retro della struttura, annesso alla stessa, si trovano la casa canonica ed i locali pastorali.
Interno
L’interno ha pianta a croce latina, con la tipica partitura delle chiese rinascimentali e poi barocche: un’unica navata centrale con due cappelle ed una apertura ad arco di passaggio ad accessi secondari per lato.
Prende luce da tredici finestre rettangolari, sei poste sulle pareti laterali, una sulla controfacciata, una nella parete destra del transetto, una sopra l’altare maggiore e quattro nel tamburo della cupola.
La navata culmina con un transetto coperto nella parte centrale da una cupola tonda internamente, ottagonale nella parte esterna.
Alle spalle dell’altare maggiore vi è uno spazio riservato al coro.
Ogni ambiente è concluso in alto da ampie volte a botte.
Nella volta a botte, tra i numerosi finti stucchi dipinti, appare Maria Assunta in cielo, opera realizzata in tempera a secco da Nazareno Diotallievi di Ronciglione nel 1799. Nei quattro oculi sono raffigurati dottori della Chiesa: San Crisostomo, Sant’Ambrogio, Sant’Atanasio e Sant’Agostino.
La cupola, compresa nei disegni del Vignola, fu elevata nel 1620 da Giovanni Maria Benazzini, architetto di casa Farnese, nei quattro grandi pennacchi dipinti ad affresco, da Giuseppe Bastiani 1643 sono raffigurati i quattro evangelisti, Matteo, Giovanni, Marco, Luca, affiancati dai loro simboli: l’angelo, l’aquila, il leone, ed il bue.
Nel tamburo quattro finestroni rettangolari scandiscono i restanti spazi dipinti a monocromo, ove angeli assorti in preghiera e decori floreali si alternano a festoni di frutta.
Il tamburo termina con un ricco cornicione in stucco, mentre la volta della cupola, all’esterno ottagonale, presenta, opera di Nazareno Diotallevi da Ronciglione, quattro immagini di Maria, assisa su di un trono marmoreo, ai lati del quale stanno seduti dei puttini, tutt’attorno corre una balaustra dipinta prospetticamente, alle spalle della vergine il cielo stellato.
L’elegante struttura è conclusa da un grazioso lanternino caratterizzato da otto aperture ad archetto: nella parte centrale in stucco, nel mezzo di una raggiera, è raffigurata la colomba dello Spirito Santo.
La prima cappella a sinistra è quella dei Marcucci.
L’altare è realizzato con marmi policromi, che alla base compongono preziosi intarsi geometrici.
Al centro è collocata una tela ad olio dei primi del seicento,opera di Girolamo Troppa raffigurante l’Annunciazione.
In basso una graziosa natura morta con una cesta contenente materiale per il cucito.
Gli stucchi della volta incorniciano tre scene dipinte a tempera, molto deteriorate, si riconosce solo Dio padre nel tondo centrale.
Nelle pareti e sulle lesene dell’arco altri specchi, incorniciati da giochi di stucchi recano le immagini di santi fra i quali si riconoscono San Rocco e San Vittore martire, patrono di Vallerano.
La seconda cappella a sinistra dedicata a Santa Barbara, è la più prestigiosa, più ricca, e appartiene alla famiglia Farnese.
Esternamente l’arco è ricchissimo di stucchi dorati, due angeli musici indicano lo stemma gigliato della famiglia, che al centro fa da chiave di volta all’arcata.
All’interno due colonne, per un terzo a tortili, terminanti con capitelli corinzi sorreggono un timpano spezzato che chiude l’altare.
Al centro fra due angeli, è dipinta un’Annunciazione, sopra altri due angioletti sorreggono una corona.
La pala d’altare, olio su tela attribuito a Giovanni Lanfranco 1582-1647, raffigura la Madonna Assunta in cielo, in basso San Giovanni evangelista e Santa Barbara.
Sia le pareti delle lesene che quelle interne alla cappella sono ornate da numerosi specchi con figure di santi e angeli, questi sono attorniati da minuziosi stucchi doro nei quali di frequente ricorre il giglio, emblema farnese.
Nei tre pannelli della volta a botte sono dipinti altri episodi della vita di Maria, al centro l’Incoronazione, a sinistra la Nascita, a destra la Salita al cielo.
Come nelle altre cappelle, anche qui compaiono sei candelieri ben conservati del secolo XVII.
La balaustra è ornata da quattro sfere di marmo nero come le colonne dell’altare maggiore.
Nel transetto si trovano due identiche cantorie, risalgono agli inizi del XVII secolo, realizzati con differenti tipi di legno.
Entrambi sono opera dell’architetto francese Channequiau.
Gli esecutori materiali furono Alessandro Vibani e Giovan Battista Chiuccia, valenti intagliatori romani.
Su quella di sinistra si trova il grande organo monumentale, risalente agli inizi del XVII secolo, realizzato per volontà della Compagnia del Sacramento: la costruzione fu affidata, con un contratto stipulato il 16 marzo 1635, al parmense Giulio Cesare Burzi, notevolissimo organaro del tempo.
Fu completato nove anni dopo, con un costo di 550 scudi.
Nel 1655 il maestro Giacomo Marchesi Aretino ampliò l’organo, che sarà poi quello suonato da Händel nel 1707.
Nel 1733 Lorenzo Alari, organaro romano, fu stipendiato con il compito di accordare lo strumento e di sottoporlo a revisione ogni dodici anni, nel 1752 aggiunse nuove canne di stagno perché quelle di piombo erano state rovinate dai topi.
Nel 1835 Luigi Priori sottopose lo strumento ad un ulteriore restauro, la manutenzione fu poi affidata, dal 1846 al 1849, a Felice Ercoli che fungeva anche da organista, nel 1860 egli ricostruisce delle canne di legno e nel 1862 aggiunge un registro, la Viola.
Infine nel 1864 i fratelli Priori, famosi organari in Roma, terminarono il lavoro di ricostruzione.
In basso la balaustra è composta da dodici pannelli decorati con intagli a traforo, più sotto, invece, si alternano figure femminili che fungono da cariatidi, pannelli recanti cherubini, motivi vegetali e mascheroni.
Pesanti medaglioni, anch’essi intagliati e ricchi di decori, sorreggono la pesante struttura.
La decorazione della cassa è composta da cinque scomparti, in quello centrale è raffigurata la Madonna col bambino incoronata da due angeli, sormontata da un timpano triangolare col Padre Eterno e ai lati due angeli.
Al centro del transetto si trova l’altare maggiore, con la venerata immagine della Madonna Santissima del Ruscello.
Completato nel 1627 è ricco di marmi rari e preziosi alabastri, opera di vari scultori romani, tra cui Domenico Marconi.
La struttura è fiancheggiata lateralmente da graziosi archetti che aprono l’accesso al coro retrostante, anch’essi interamente eseguiti con più marmi, decorati da fregi, culminano in alto con uno stemma principesco fiancheggiato da gigli farnesiani.
In basso un posticcio tabernacolo in sostituzione dell’originale in legno andato perduto, riprende nella forma e nel materiale l’intero altare, ai lati, pregiati marmi compongono altri intarsi geometrici che proseguono fino alla base.
Esso contiene le ossa di Sant’Anna martire donate nel 1673 al Santuario dal Vescovo Diocesano Monsignor Altini.
Sopra la nicchia ad archetto contiene l’immagine della Madonna, è circondata da tarsie marmoree raffiguranti i Gigli dei Farnese, sopra la nicchia c’è la scritta:
ADMIRABILIS MATER.
All’interno l’edicola è decorata da eleganti stucchi d’oro che terminano nella parte alta con la colomba dello Spirito Santo.
La Vergine è raffigurata frontalmente, seduta su di un trono, il manto blu le copre il capo ed il corpo, lasciando intravedere il vestito rosso ed un velo bianco che le scende dalla testa.
Alla sua destra il bambino Gesù, in piedi, con un abito giallo; con una mano indica il tre alludendo alla Trinità, con l’altra tiene tre fiorellini bianchi.
Sul viso, all’altezza delle labbra è visibile una macchia stretta e allungata, il sangue miracolosamente sgorgato.
L’immagine è un frammento distaccato d’affresco, attribuito alla scuola laziale, lo si fa risalire al secolo XV, ricorda le opere di Angelo di Menicuccio da Vignanello.
Al centro altri rilievi marmorei circondano più marmi policromi che creano intarsi pregiati, uno di questi riproduce l’effige di San Vittore a cavallo.
Il timpano è sorretto da quattro colonne di marmo nero, terminanti con capitelli corinzi in marmo bianco; al centro si legge l’iscrizione:
VIRGO MIRIFICE FLORENS SUPER VALLEOS AQUARUM RIVULOS.
In alto, ai lati due figure marmoree indicano la scritta, fiancheggiate da due putti, anch’essi in marmo bianco collocati poco più indietro.
Termina nella parte alta con un timpano più piccolo, triangolare nella parte interna e tondeggiante in quella esterna, sopra ad esso una croce sorretta da due angioletti.
Posteriormente l’altare è ornato da numerosi stucchi doro e da un affresco raffigurante la Visitazione di Maria a Elisabetta, opera del Menicucci, sopra l’affresco un’altra immagine di Maria che viene incoronata dal figlioletto che tiene fra le braccia, intorno numerosi putti.
Anche le pareti laterali dell’altare sono coperte da stucchi, fra questi incorniciati emergono altri due piccoli affreschi, uno di questi raffigura le nozze di Maria, l’altro la fuga in Egitto.
Alle spalle dell’altare maggiore, vi è il coro affrescato dal senese Giovanni Francesco Vandi nel 1685.
L’affresco della parete di fondo racconta l’evento miracoloso avvenuto il 29 settembre 1606 durante il sollevamento dell’antica cappelletta per portarla al piano del nuovo tempio sotto la direzione dell’architetto Ascanio Rosso di casa Farnese.
Durante l’operazione cadde ma gli operai miracolosamente ne uscirono tutti completamente illesi e la miracolosa immagine della Vergine completamente intatta.
Il pittore rievoca la scena con un pullulare di angeli che sollevano i pesanti legni, liberando così gli uomini imprigionati sotto di essi, mentre un angelo scaccia il demonio responsabile dell’accaduto; la Vergine col Bambino si innalza trionfalmente su delle nubi.
Il tutto è contornato da stucchi in oro, che creano motivi floreali, festoni di frutta e numerosi volti di cherubini.
Al centro in alto, in un cartiglio, l’iscrizione che ricorda il miracolo:
RUINIS, QUAS DAEMON PRAEPARAT, VIRGO UTITUR ADGLORIAS.
Nella volta a botte lo stesso Vandi rievoca un passo dell’Apocalisse di Giovanni, la Vergine Maria incoronata da dodici stelle sale verso l’alto; sotto i suoi piedi un quarto di luna ed il drago, in alto Dio Padre accoglie a braccia aperte la Vergine.
Tutta la scena è invasa da angioletti e cherubini, in basso San Giovanni con il libro aperto e l’aquila al suo fianco.
Un tondo incornicia tutta la scena, attorniato da santi e profeti.
Nella parte che conclude la volta a botte, ai lati del finestrone centrale, è raffigurata un’Annunciazione, l’autore è lo stesso della volta.
Numerosi personaggi e angeli sono risolti a monocromo, come tutta la decorazione che corre al di sopra del cornicione in stucco.
Il Coro è costituito da diciassette sedili in legno, decorati da cornici ed intagli, è presente anche un leggio del XVII secolo.
Sul transetto destro è posta la cantoria, del tutto simile a quella che sorregge l’organo.
Sul lato destro si apre la cappella della famiglia del vecchio arciprete Don Pietro Janni, culmina con un altare in stucco elevato da colonne corinzie, concluso da un timpano spezzato con dipinta al centro un’Incoronazione di spine.
Nel mezzo è collocato in una nicchia un pregevole Crocifisso di legno dipinto, sopra alla croce, esterni alla nicchia, stanno alcuni gruppi di cherubini e putti, mentre in basso, ai lati del Cristo, due angeli, sempre in legno, sostengono uno la colonna della flagellazione, l’altro un calice ed una scala, alla base altri putti anch’essi con simboli della passione.
Il Crocifisso in legno di tiglio, lasciato al colore naturale, risale agli inizi del secolo XVII.
Qui, come nelle altre cappelle incorniciano i vari pannelli dipinti che occupano le pareti laterali e la volta sono incorniciati da stucchi; all’interno dipinti a tempera raffigurano le immagini di alcuni santi, fra cui San Sebastiano, San Gregorio, San Barnaba, due santi pellegrini, un santo vescovo e Santa Barbara.
Altri episodi della passione di Cristo sono raffigurati nelle pareti più ampie.
Sulla volta alcuni affreschi raffigurano, al centro,l’Eterno Padre con la sfera celeste; ai lati Gesù nell’orto degli ulivi e la sua flagellazione.
La successiva cappella è quella della famiglia Paesani.
Sull’altare vi è un dipinto ad olio su tela raffigurante al centro la Vergine con il Bambino, fiancheggiata da due santi; disposti poco più in basso, alle spalle della Madonna gruppi di putti e cherubini, del secolo XVII.
La tela è collegabile alla pittura del Lanfranco, il dipinto ha ai lati due colonne con capitelli ionici, per un terzo decorate con motivi vegetali in stucco e sormontato da un timpano spezzato.
Al centro un rilievo raffigura l’Ultima Cena; ai lati dell’altare due specchi, anch’essi in stucco, racchiudono l’uno Tobia, l’altro San Sebastiano.
Nei riquadri della volta, altri stucchi, con la Visitazione, l’Assunta e il Presepe. Internamente all’arco trovano posto invece i rilievi di quattro santi con al centro l’Eterno Padre.
All’esterno dell’arcata, nelle due lesene, stucchi con foglie d’acanto oro su bianco, agli angoli degli angeli e al centro lo stemma della famiglia.
Sopra l’altare sono presenti inoltre sei portacandele e una croce centrale, risalente al seicento, in legno dorato e argentato.
Sopra il portale d’ingresso si ammira un’opera, datata 1611, del Pomarancio, al secolo Cristoforo Roncalli 1552-1626, l’Estasi di San Carlo Borromeo.
Nota di Ringraziamento
Si ringraziano l’amico Massimo Pacelli, e il signor Massimo Formicoli per le interessanti spiegazioni fornite.
Nota
La galleria fotografica ed il testo sono stati realizzati da Silvio Sorcini.
Fonti documentative
http://www.comune.vallerano.vt.it/c056054/zf/index.php/servizi-aggiuntivi/index/index/idservizio/20016
http://www.provincia.vt.it/ccbc/inform17/Madonna_del_Ruscello.htm