Chiesa del Crocefisso D’ Ete di Mogliano (MC)
Cenni Storici
Chi percorrendo le nostre strade avesse il desiderio di abbandonare le grandi vie e volesse avventurarsi all’interno dei colli e delle valli che caratterizzano il paesaggio maceratese, avrebbe la gradita sorpresa di imbattersi in luoghi suggestivi, spesso arricchiti da magnifiche chiese, segni tangibili della religiosità dei nostri avi. Una di queste, in territorio di Mogliano, la si può trovare scendendo nella vallata dell’Ete Morto e spicca solitaria in mezzo al verde di una campagna ben coltivata. È ad una navata con pianta a croce latina per la presenza di due altari laterali nel transetto; ai lati un portico per accogliere i pellegrini, una volta presente anche davanti alla facciata. Questa, come l’abside, ha forma rettangolare con coronamento a timpano. Su un lato un piccolo campanile a vela accoglie due campane. L’interno, con volta a botte, è di mattoni a vista; al centro del transetto un tempietto di marmo custodisce un affresco del Crocifisso.
Le origini
Lungo un’antica strada per Fermo, nei pressi di un’ansa del torrente Ete e al confine con Gabbiano e Francavilla, esisteva un’edicola sulla cui parete era affrescata una bella immagine del Crocifisso con il Padre Eterno che regge la croce ed i Santi Caterina d’Alessandria e l’apostolo Giacomo con le chiavi del pellegrino. Non si conosce né il periodo, né il motivo della sua costruzione; probabilmente risale alla seconda metà del XIV sec. e può annoverarsi tra le tante pitture che costellavano il nostro territorio e che, oltre ad essere i segni di una viva religiosità, erano anche punti di riferimento per pellegrini e viandanti che percorrevano le nostre contrade. In un manoscritto anonimo del 174S, da attribuirsi presumibilmente a G. Carnili, si legge: “Era una anconetta di quelle che in tutti quasi li Paesi se ne vedono ne’ capistrada, senza porte, senza finestre e capaci di quattro o cinque persone […] riguardata solamente alla sfuggita (come si può credere) da qualche passeggìere, e praticata da’ pastorelli custodi di quegli animali che pascolavano in quel luogo continuamente.
Nella seconda metà del 1500 un episodio ne determinò un radicale cambiamento. Si tramanda che un giorno, presumibilmente nella primavera del 1578, all’interno di questa “pinturetta”, forse per un improvviso acquazzone, si riparò una pastora soprannominata “la caprara” che aveva con sé dei maiali, ma una voce le intimò di andarsene da quel luogo di orazione. Sbigottita e spaventata raccontò l’accaduto: la notizia si diffuse rapidamente e prima i moglianesi, poi numerosi forestieri,si recarono sul posto a venerare l’immagine per lungo tempo trascurata. Le elemosine erano cosi abbondanti che non bastò a contenerle una piccola cassetta; per custodirle si ricorse ad un cassone foderato di ferro, circondato da una forte barra e da piastroni e chiavature (oggi nel museo parrocchiale di S. Maria di Piazza).
Intanto si andavano moltiplicando i già numerosi prodigi attribuiti a questa icona per cui se ne interessò l’arcivescovo di Fermo mons. Domenico Pinelli: inviò due persone per accertare sul luogo la realtà dei fatti: costoro non solo se ne resero conto, ma videro anche le copiose offerte, per cui subito fu data l’autorizzazione “di erigere una piccola provisionale chiesolina da celehrarvisi le messe che si ordinavano da devoti”, e si nominarono quattro uomini “onesti, pii e prudenti” per il governo della stessa.
Si decise che le offerte fossero utilizzate per costruire sul luogo una grande chiesa e la confraternita del Sacramento ne chiese l’amministrazione. Fu concessa da papa Gregorio XIII con bolla del 1° luglio 1579, in cui tra l’altro si vietava espressamente di erigervi beneficio, cappellania, commenda. “Confratres ipsi pacifice consueverunt regere, gubernare et administrare” con l’obbligo di provvedere alla nomina di sacerdoti per le sacre funzioni, ed a render conto ogni anno dell’amministrazione all’Ordinario diocesano. Una seconda bolla, avente la stessa data, venne indirizzata ai vescovi di Fermo, di Amelia e di Osimo per informarli dell’avvenuta concessione del governo del Crocifisso d’Ete, chiesa sulla quale gli stessi dovevano esercitare la sorveglianza. Avuto il rescritto pontificio, la confraternita si attivò per iniziare l’opera, ma anche la Comunità prese parte a varie iniziative: in seguito ad una delibera del 20 marzo aveva provveduto ad ingrandire la strada per facilitare l’accorrere dei devoti; il 18 ottobre deliberò di fornire una guardia equestre di dieci uomini per onorare la venuta di mons. Pinelli per la solenne posa della prima pietra. L’11 novembre 1579 l’arcivescovo, accompagnato da due canonici ed un teologo, dopo aver incontrato i parroci e le autorità presiedette alla cerimonia: ordinò una pubblica processione di tutto il clero e delle confraternite, a cui partecipò anche una gran folla. A piedi si recarono alla cappella; l’arcivescovo venerò l’immagine, celebrò la messa e, vestito d’abiti pontificali, benedisse e collocò la prima pietra, dedicando l’erigenda chiesa al Crocifisso. L’episodio è ricordato in una lapide posta sulla parete di fondo.
DOM
et Jesu Christo filio servatoti
Sac.
Dominicus Vinelius pontifex Firmanorum
vetustam Christi imaginem veneratus
multisque prodigiis permotus
aram primo et aediculam F.C.
Anno MDLXXIX
templum deinde corrogata pecunia excitari annuit
primumque lapidem ritu solemni jecit
Gregorius XIII pont. max. sodales SS. Sagramenti
curatores perpetuos constituit
Lo stesso, con bolla del 1° dicembre successivo, riferendo i motivi dell’erezione della chiesa e la sua venuta a Mogliano, informò della concessione di un’indulgenza di quaranta giorni in ogni festa per chi l’avesse visitata. Procedevano intanto i lavori: fu segato il muro con l’affresco del Crocifisso e posto sulla parete del tempietto interno che qualche anno più tardi fu abbellito da dipinti di Pier Francesco Renolfi da Novara (1594). La monumentale chiesa, abbastanza grande per essere in campagna, era arricchita da un grande portico anche sul davanti per accogliere e riparare i pellegrini. Tutto il complesso è una pregevole opera artistica e architettonica, oggi monumento nazionale. Intanto la Comunità deliberò altri interventi. Il 12 giugno dell’anno successivo concesse a chiunque di portare commestibili da vendersi nei giorni festivi proprio per il gran concorso di popolo, con l’avvertenza di non recare pregiudizio all’osteria del Passo (probabilmente prossima alla chiesa) ed al suo affittuario comunale; ad ottobre decise di far imbrecciare la strada, e il 6 novembre elesse dei deputati per presiedere ai lavori, i quali dovevano iniziare dalla Porta da Piedi. Intercorrevano accordi tra la confraternita del Sacramento e il Consiglio comunale, per esempio per la nomina del cappellano, ma nel 1584, non avendo provveduto il Comune, la confraternita ritirò l’istanza e provvide in proprio. In quello stesso periodo questa si incaricò di restaurare il ponte sull’Ete ed ebbe in cambio un sussidio; l’anno dopo acquistò alcune terre comunali lungo lo stesso torrente. Con delibera del 7 luglio 1585 le si concesse l’osteria del Passo per accogliere e “trattar bene i forestieri che concorrono alla Perdonanza di quel miracoloso Crocifisso” e venne rimborsata della metà delle spese incontrate per la venuta delle confraternite di Montalto e di altre Terre. Proseguivano i lavori per imbrecciare la strada di accesso; forse non erano facili per la lunghezza del percorso, circa tre chilometri, e per i costi certamente non lievi, tanto che nel 1587 la confraternita venne invitata a concorrere per metà della spesa. Intanto ci si preoccupava di trovare una idonea e stabile soluzione per l’ufficiatura e dietro le insistenze della popolazione si pensò di invitare una famiglia religiosa; con delibera del 2 agosto dello stesso anno la Comunità stanziò un fondo per la costruzione di un convento e nominò una deputazione che contattasse i padri cappuccini, ma non si riuscì nell’intento. Dopo alcuni anni numerose erano ancora le presenze di pellegrini per cui si pensò di facilitare il loro afflusso con l’istituzione di una fiera; in seguito all’istanza della confraternita il Consiglio decretò di chiederla per tutti i lunedì di maggio (delibera del 1595), forse il mese più idoneo all’arrivo dei forestieri data anche la festa di Santa Croce, ma probabilmente ci furono degli ostacoli e per il momento non se ne fece nulla.
Tratto da “La Confraternita del SS. Sacramento e la Chiesa del Crocifisso D’Ete” di Anna Luchetti 2010.
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