Sacello Madonna degli Angeli – Appignano (MC)
Cenni Storici
E frate Currado cominciò a stare in orazione e pregare divotissimamente la Vergine Maria con grande pietà, ch’ella gli accattasse questa grazia dal suo benedetto Figliuolo ch’egli sentisse un poco di quella dolcezza, la quale sentì santo Simeone il dì della Purificazione, quand’egli portò in braccio Gesù Salvatore Benedetto. E fatta questa orazione, la Misericordiosa Vergine Maria lo esaudì: eccoti ch’apparve la Reina del cielo col suo Figliu benedetto in braccio, con grandissima chiarità di lume; e appressandosi a frate Currado, sì gli pose in braccio quello benedetto Figliuolo, quale egli ricevendo, divotissimamente abbracciandolo e baciandolo e stringendosi al petto, tutto si struggea e risolveva in amore divino e inesplicabile consolazione. In seguito a tale miracoloso evento veniva edificato un sacello dedicato alla Madonna degli Angeli, dove nella prima metà del XV secolo trovava collocazione la già menzionata tavola della parrocchiale di Treia . Nel dipinto sono rappresentati la Madonna con il Bambino, tra angeli e tra i santi Lorenzo, Giovanni Evangelista, Giovanni Battista, Francesco, il beato Corrado da Offida, in atto di ricevere il Bambino dalla Vergine, e il beato Pietro da Treia con le mani giunte in preghiera. Nella zona inferiore della tavola sono disposte alcune figure di minori dimensioni, tra cui due francescani, da identificare come i committenti. Infine nella zona superiore è collocata un’ampia fascia recante piccole immagini di santi con cartigli. In particolare sono raffigurati S. Pietro Apostolo, S. Bonaventura, S. Benedetto, S. Agostino, S. Elisabetta, S. Stefano martire, S. Paolo Apostolo, S. Luigi da Tolosa, S. Tommaso d’Aquino, S. Chiara, S. Luigi re di Francia e S. Rosa da Viterbo. Purtroppo la tavola è giunta in un precario stato di conservazione che rende assai difficile la leggibilità dell’insieme. Inoltre gran parte delle iscrizioni originariamente presenti sono scomparse o di ardua decifrazione. La complessa macchina figurativa trova una sorprendente parentela con la pala della visione di S. Pietro e Santi della Pinacoteca Civica di Macerata, tanto da far giustamente ritenere le due opere derivate dalla medesima mano . Difatti analoghi appaiono l’impianto compositivo e le soluzioni lessicali. Tutta da verificare appare però l’attribuzione a Giacomo da Recanati delle due tavole, che piuttosto sembrano avere delle affinità con gli scomparti di polittico della Pinacoteca Civica di Visso . Comunque la datazione della pala di Macerata al 1414 giustificherebbe per l’esemplare di Treia una cronologia più o meno analoga. Agli inizi del Cinquecento la tavola veniva sostituita da un affresco. Qui erano rappresentati ugualmente la Madonna con il Bambino tra i santi Giovanni Evangelista, Lorenzo, Giovanni Battista, Francesco e i beati Corrado da Offida e Pietro da Treia, ma senza quel gran numero di ulteriori santi che contraddistingueva la precedente opera. La sostituzione ha generato nelle fonti l’idea di un intervento angelico nel completamento dell’affresco. Secondo una tradizione, ben ricostruita da un dibattito polemico tra Giovanni Accorroni e Carlo Astolfi, essendo deperita la tavola presso il sacello della Madonna degli Angeli per l’esposizione alle intemperie, sarebbe stato convocato, agli inizi del Quattrocento, un pittore per la realizzazione di una nuova immagine. Questi avrebbe dipinto le figure senza riuscire a completare in modo conveniente il volto della Vergine. Così un mattino il pittore avrebbe trovato miracolosamente completata l’opera, evidentemente per un intervento di natura divina. A parte la veridicità della storia, facilmente messa in discussione, l’Accorroni identificava la seconda versione nell’affresco attualmente visibile, mentre giustamente l’Astolfi riteneva quattrocentesca la tavola di Treia e degli inizi del Cinquecento l’affresco. Le osservazioni dell’Astolfi risultano molto interessanti perché lo studioso, pur non di-sponendo di informazioni archivistiche, collocava l’affresco del sacello di Forano, segnato da deturpanti ridipinture posteriori, all’interno di un gruppo di opere comprendenti la Maestà di Urbisaglia e la tavola dell’altare maggiore della parrocchiale di Appignano. In definitiva lo studioso individuava tratti comuni in opere che oggi con maggiore consapevolezza si possono ascrivere alla figura di Marchisiano di Giorgio. Il pittore deve essere riconosciuto anche come l’autore di un compianto su Cristo Morto, opera su tavola recentemente ritrovata nella canonica adiacente alla chiesa di S. Giovanni Battista e attualmente in restauro presso la Soprintendenza per i Beni storico artistici delle Marche, da avvicinare alla pala della parrocchiale di Appignano. Tale compianto, per via di certi caratteri tipologici nelle fisionomie, di un paesaggio essenziale e convenzionale, di una sintassi contraddistinta da profili graficamente netti, rinvia alla Madonna con il Bambino in gloria, S. Francesco e devoti della Pinacoteca Civica di Samano, altro testo pittorico che rientra nel giro dell’artista responsabile degli affreschi della cappella di S. Catervo a Tolentino e quindi nella competenza di Marchisiano di Giorgio. Infine per la presenza di un francescano orante la tavola del compianto potrebbe dipendere, come l’affresco del sacello della Madonna degli Angeli, dalla committenza dei francescani di Forano. La cappella della Madonna degli Angeli, che in data 8 settembre 1715 aveva visto la cerimonia di incoronazione della sacra immagine, veniva completamente rinnovata dopo la metà del Settecento e impreziosita dalle dorature dell’altare, opera di Andrea Luciani di Matelica, e dai dipinti del maceratese Giuliano Alberti. Nel 1995 venivano collocati gli attuali dipinti opera della pittrice Silvia Giuliodori.
L. CHIAPPINI – D. FRAPICCINI – A. MERIGGI – G. PICCININI – C. PONGETTI
Appignano – I segni della storia