Rocca e borgo di Arquata del Tronto (AP)

Cenni Storici

Vigila da secoli sul vasto panorama dell’alta valle del Tronto e su molte frazioni che rientrano nell’ambito di competenza dell’Amministrazione comunale; strategicamente sovrasta la Strada Consolare Salaria, spina dorsale del territorio e del collegamento con Roma, snodo stradale che conduce anche alla città dell’Aquila, dopo aver oltrepassato il centro di Amatrice; raggiunge l’Umbria e si addentra anche verso alcune zone dell’entroterra marchigiano; osserva importanti vie d’accesso che conducono al passo del Galluccio, percorsi che attraversano il paese di Montegallo; la strada che, superando i paesi di Capodacqua, Forca Canapine ed il passo di San Pellegrino, porta alla cittadina di Norcia; un sistema sentieristico che da Piedilama giunge a Comunanza, Petritoli ed arriva a Fermo; infine, controlla un lungo tratto dell’alveo del fiume Tronto, corso d’acqua che separa la catena dei Sibillini dai monti della Laga.
L’origine di questo insediamento militare ebbe inizio tra l’XI e il XII secolo, epoca in cui fu avviata la costruzione delle opere di fortificazione sul colle. A questo primo momento dell’incastellamento seguì un graduale e progressivo incremento di nuove strutture, elevate nei secoli successivi, al fine di potenziare le funzionalità del presidio. Nel corso del XII secolo, come risulta dal Regestum Farfense, l’abate Berardo III, acquistò il contado e la Rocca di Arquata («Arquatam adquisivit et roccam de Cupulo»). L’imperatore Enrico V di Sassonia, mediante un diploma ne confermò il possesso all’abbazia reatina. Nei primi anni del XIII secolo ebbe inizio il fiorire e lo sviluppo del borgo intorno alla fortezza che si dichiarò libero comune. Dopo la scomparsa di Federico II, la città di Ascoli si preoccupò di consolidare gli avamposti di difesa dislocati ai confini del territorio, minacciati dalle aspirazioni di Manfredi di Sicilia, figlio del re svevo. Per queste ragioni la città marchigiana fu costretta «a fabricar negli Appennini un Forte per guardia dei confini occidentali affin di cautelarsi dalle scorrerie dei norcini». Nel corso del XIII secolo,[11] furono costruite le mura di cinta e la roccaforte posta a guardia e a difesa della zona montana della Valle del Tronto. Alla realizzazione dell’opera contribuirono concretamente anche Amatrice e Castel Trione. Norcia, confederata con Arquata dal 1251, il 7 agosto 1255, la cedette ad Ascoli insieme ai possedimenti di Accumoli, Sommati, Tufo, Capodacqua, Roccasalli e Terre Summantine. Dal XIII al XVI secolo, la Rocca ed Arquata vivranno alterne vicissitudini fatte di guerre e conflitti con gli altri castelli vicini, specialmente con Norcia, mentre il dominio sulla fortezza sarà rivendicato e conteso da Ascoli. Negli anni 1798 e 1789, nel periodo della dominazione francese, Arquata fu assorbita nel territorio del Dipartimento del Clitunno che aveva per capoluogo la città di Spoleto. La caduta del regime repubblicano nel 1798 condusse al ripristino delle istituzioni del Governo Pontificio.
Durante il periodo della dominazione francese in Italia, la Rocca fu parzialmente ristrutturata, dotata di casematte e piazzole d’artiglieria ed ospitò un permanente presidio militare. Divenne capoluogo di Cantone e terzo fortilizio del Dipartimento del Trasimeno dopo Spoleto e Perugia fino a quando si restaurò il Governo Pontificio e tornò a far parte della provincia di Ascoli Piceno. Nel 1860 Arquata e la sua Rocca furono annesse al Regno d’Italia. La fortezza fu poi abbandonata alla corrosione del tempo e si trasformò in un rudere. Alla fine del XIX secolo ebbero luogo i lavori di restauro che ricomposero la torre più alta, il torrione esagonale e la cortina che collega i due edifici.

1255 – La Rocca era ancora soggetta al dominio del governo ascolano. In quell’anno papa Alessandro IV ordinò al Rettore della Marca di stanziare una somma da destinare alle casse della città di Ascoli al fine di potenziare le strutture di difesa dei castelli sparsi nel territorio di competenza, tra i quali Arquata.
1293 – Arquata, ed altri comuni, consolidarono i patti di fedeltà (o di vassallaggio) con Ascoli, riconoscendo al contempo soggezione e riconoscimento di sudditanza nei confronti del governo ascolano, con l’offerta di un Palio e la partecipazione ai giochi della Quintana. Ad Ascoli, al tempo, interessava avere fortificazioni a difesa dei confini occidentali per fronteggiare le continue incurisioni della città di Norcia.
1317 – Rinnovo del patto di vassallaggio con la città di Ascoli.
1334 – La città di Ascoli si svincolò dal dominio della Chiesa dopo la morte di papa Giovanni XXII procalamandosi repubblica indipendente. Arquata, anch’essa fedele al papato, provò a sottrarsi al dominio ascolano rinunciando alla sua protezione.
1337 – La città di Ascoli, per non perdere il possedimento della Rocca e per sedare la ribellione di Arquata al suo dominio, cinse d’assedio il presidio e lo riconquistò, riconfermando anche il patto di alleanza.
1348 – Ascoli dichiarò guerra alla Rocca. L’esito del conflitto vide Arquata arrendersi agli ascolani.
1350 – Galeotto I Malatesta attaccò Arquata per sedarne la ribellione, ma riportò la sconfitta.
1356 – Nelle Constitutiones Aegidianae, Arquata fu elencata tra le «civitates et terrae magnae et mediocres».
1386 – Arquata, stringendo un patto con Fermo, promise la consegna di un Palio di seta per le festività dell’Assunta.
1387 – Il condottiero Boldrino da Panicale attaccò la Rocca, ma fu respinto dagli arquatani.
1390 – Di nuovo, lo stesso Boldrino da Panicale tentò un assalto ad Arquata riuscendo ad occuparla. In un secondo momento gli abitanti lo respingeranno.[21]
1395 – Arquata e la sua Rocca furono conquistate dalle truppe di Matteo d’Acquaviva.
1397 – Iniziarono le aspre battaglie tra Ascoli e Norcia per il possesso della Rocca che si conclusero con alterne vittorie tra le due città. Arquata divenne una roccaforte di Norcia e dei ghibellini ascolani fuoriusciti. In seguito, la città di Ascoli la cinse d’assedio e la espugnò, riconquistandola.
1418 – La città di Norcia chiese a papa Martino V la concessione del dominio di Arquata. Il pontefice, espresso il suo rifiuto, affidò al Vice-legato della Marca (vescovo di Ancona), il mandato di porre pace tra nursini e ascolani. La pace si concluse co l’atto che fu sottoscritto presso una fontana. Da allora chiamata Fonte del Vescovo.
1425 – Nel mese di maggio, raggiunse il presidio arqutano il generale Lodovico Colonna, al contempo furono richieste milizie per sedare i ribelli alle città di Norcia e Cascia.
1429 – La fortezza di Arquata tornò sotto il controllo di Norcia come riportato nella bolla pontificia, del 19 luglio, di papa Martino V.
1435 – 1454 – 1461 – In questi anni la Rocca fu in possesso della città di Norcia, come riferito da una bolla di papa Eugenio IV del 1435 in cui i norcini si impegnavano a corrispondere alla Camera Apostolica 230 fiorini annui «pro taleis ed affictibus» della fortezza. Il documento reca anche le due quietanze di rinnovo degli anni 1454 e 1461.
1466 – Il 16 gennaio, il comandante Vincenzo Ficcadenti, con seicento uomini al seguito, assalì ed espugnò la Rocca ponendo fine alla nuova guerra tra Ascoli e Norcia, città che miravano a ristabilire il controllo sulla fortificazione. Gli ascolani destinarono il fortilizio, in stato di disponibilità, a papa Paolo II. Questi, al fine di allontanare la minaccia di un nuovo periodo di guerra tra norcini e ascolani, tramite Stefano Nardini, arcivescovo di Milano, raggiunse l’accordo per una tregua quinquennale, sancita dalla bolla papale emanata il 3 maggio dello stesso anno e sottoscritta dagli ascolani nell’agosto 1467. Negli anni che seguirono, la città di Ascoli continuò a rivendicare i diritti sui possedimenti della Rocca rappresentandoli, tramite emissari, a papa Sisto IV (succeduto a Paolo II). Nel contempo anche i norcini perorarono le loro ragioni, per vie diplomatiche, allo Stato della Chiesa.
1472 – La bolla di Sisto IV confermò la Rocca di Arquata sotto la protezione della Chiesa.
1478 – La Rocca fu ceduta in possesso alla città di Norcia da Sisto IV.
1479 – La città di Ascoli riuscì a cacciare i norcini che avevano rioccupato il possedimento della Rocca.
1480 – La Rocca fu dominata nuovamente dai norcini, ma Ascoli ne rivendicò nuovamente il possesso.
1486 – Papa Innocenzo VIII respinse la richiesta di Norcia che rivendicava diritti su Arquata.
1496 – Con la bolla papale del 1º gennaio, papa Alessandro IV revocò il possesso della Rocca ai norcini che lo riavranno nel 1527.
1514 – La Camera Apostolica autorizzò Arquata alla riscossione del diritto pedaggio sul suo territorio.
1527 – Arquata rientrò nei possedimenti di Norcia per un canone annuale corrisposto dagli umbri pari 280 fiorini.
1554 – In questo anno vi fu il tramonto delle autonomi locali, poiché le cariche dei pretori e dei castellani divennero di nomina papale.
1616 – Il presidio arquatano ricade ancora sotto l’influenza di Norcia per i servizi legati postali che dipendono dalla città umbra.
1799-1809 – La Rocca torna sotto il governo dello Stato Pontificio. A seguito dell’invasione napoleonica diventa la terza fortezza del Dipartimento del Trasimeno dell’Impero Francese.
1816 – Il territorio arquatano fu parte della Delegazione di Ascoli dopo la restaurazione del Governo Pontificio.
1860 – Arquata entrò a far parte del Regno d’Italia[36] e divenne sede del II Mandamento di Ascoli.
Presso l’Archivio della città di Norcia sono conservati antichi documenti che riportano, annoverano e dettagliano le attrezzature, le armi e i pezzi di artiglieria a tiro parabolico di cui era dotata la guarnigione della Rocca di Arquata. In un inventario della fortezza comparivano: «una bombarda longa due pezzi fornita et ferrata con cippe, quatro piastre et zeppe, una spingarda longa ovver ciarabactana de doi pezzi fornita con lu cippo et cavallicto, una bombarda mezza de uno pezo co lu cippo, ferrata con una piastra, et zeppa de ferro et cippo fornita, una bombarda grossa senza cippo con piastre quatro et altre bombarde e bombardelle.»
In un altro documento, redatto al tempo in cui era castellano della Rocca Ambrogio da Montefortino, si trovano descritte numerose armi, mobili contenitori, botti per la conservazione del vino, utensili di uso quotidiano ed altri oggetti custoditi tra le mura della fortezza, tra i quali figuravano: «doimila e octocento aste senza ferri tra i targoni dipinti de l’armi de Papa Pio IV e la bandera de Papa Paulo II.»,[38] ed ancora: «l’arca vecchia per fare lo pane, gli arconi granarii da tenere lo grano fra le pallocte del plumbo et scoppitti fra altre botti da octi some et corazze et celate et la robusta catena de ferro per levare il ponte levatoio et mucchi a piramide di palle de pietra per le bombarde e le mille e novecento aste guarnite de ferro et i tremila verrectoni senza aste.»

Nel corso dei secoli la Rocca è stata oggetto di vari interventi di manutenzione e consolidamento, tra i quali quelli avvenuti negli anni:

1564 – In questo anno si colloca il primo intervento di restauro della fortezza, documentato ed autorizzato dal Comune di Norcia.
1703 – Il terremoto dell’Aquila del 1703 causò danni e lesioni alla struttura della Rocca che determinarono la necessità di opere di ripristino.
XIX secolo – Agli inizi di questo secolo ebbe luogo un intervento di rifacimento del fortilizio.
XX secolo – La Rocca fu nuovamente restaurata negli anni venti del Novecento ad opera di Giuseppe Sacconi.[39] Nel corso di questo intervento fu costruita la stanza quadrangolare che insiste sulla cima del mastio.
1966 – Vi furono ulteriori interventi conservativi.
anni novanta del XX secolo – L’ultimo intervento di restauro è avvenuto in tempi recenti. I lavori, curati da Dario Nanni e Sergio D’auria, hanno provveduto a risanare le mura di cinta e delle torri, mentre all’interno degli spazi del recinto murario è stata allestita una sala polifunzionale. Nel corso di uno scavo, eseguito nella corte della fortezza nell’anno 1992, è stato riportato alla luce lo stemma litico, datato 1389, appartenuto al guerriero Sinibaldo della famiglia Cancellieri di Pistoia, come si legge nella iscrizione in caratteri gotici incisa alla base dello scudo. Si attribuisce la presenza del reperto alla consuetudine trecentesca di apporre sulle mura delle fortezze le insegne araldiche dei castellani che le governavano su incarico della Santa Sede o per mandato della città dominante.

Alla storia di questa fortezza è legata anche una leggenda. Secondo la tradizione popolare, la Rocca di Arquata fu la residenza della regina Giovanna d’Angiò, negli anni compresi tra il 1420 ed il 1435. Alcuni autori scrivono che la sovrana, forse, avrebbe ricostruito la Rocca che, al tempo, rappresentava l’ultimo avamposto di difesa del Regno di Napoli. La regina, cui si fa riferimento, è probabile che sia Giovanna II d’Angiò, detta Giovanna La pazza. Lo storico ascolano Antonio De Santis cita Giovanna II d’Angiò come colei che ha «lasciato ricordi in Ascoli, anzi ad Arquata ove la Rocca è ancora chiamata col suo nome».
La leggenda, non identifica con certezza di quale delle regine di nome Giovanna, appartenute alla dinastia angioina, si tratti. Il racconto tramanda che la sovrana era solita invitare nella sua stanza, posta sulla torre più alta, i giovani pastori per intrattenersi con loro durante la notte. Il destino e la sorte degli ospiti erano legati all’insindacabile giudizio della donna che, se insoddisfatta, non esitava a far appendere i malcapitati ai torrioni del maniero. Da questa narrazione deriva la popolare definizione “Castello della Regina Giovanna”, altro nome con cui localmente è conosciuta e pittorescamente chiamata la Rocca. Sempre la leggenda vuole che il fantasma della sovrana si aggiri, ancora oggi, all’interno della fortezza, «dimostrando di possedere sempre quell’indomabile irrequietezza che contraddistinse la sua umana esistenza».
 

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Per approfondimenti maggiori: it.wikipedia.org

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