Rocca di Pietracassia – Lajatico (PI)
Cenni storici
La ricostruzione della storia di Pietracassia è problematica, soprattutto per la scarsità e la frammentarietà delle notizie riguardanti la fortificazione.
Non si sa di preciso la data certa circa l’epoca di costruzione della fortificazione sorta per il controllo del territorio minerario, conosciuto già in epoca Etrusca e Romana.
La presunta epoca di costruzione della rocca è molto posteriore rispetto a quella del castello.
La prima attestazione sicura dell’esistenza del castello è in un documento datato 8 luglio 1028.
Sulla base di questo documento possiamo affermare che all’epoca Pietracassia apparteneva ad un ramo della famiglia dei conti di Siena, tali conti di Montecuccari e di S. Regolo.
Non sappiamo però se ne siano stati i costruttori, ma sappiamo che era strategicamente importante sul confine tra la Diocesi di Volterra e il Contado di Pisa.
Successivamente passa di proprietà ai conti Cadolingi e dopo la morte dell’ultimo esponente, passa al vescovo volterrano Ruggero attorno al 1100 che lo perse in favore dei Fiorentini, dopo la battaglia della Meloria (6 agosto 1284) per riaverlo nel 1355.
Nel 1123 Ruggero, pur mantenendo l’ufficio di vescovo di Volterra, fu eletto arcivescovo di Pisa.
Da questo momento Ruggero si dedicò ad accrescere e consolidare il patrimonio arcivescovile, soprattutto nel volterrano e nella zona delle Colline Pisane.
La morte di Ruggero fu l’origine dei contrasti che seguirono tra Pisani e Volterrani per il dominio di Pietracassia.
Sappiamo che nel 1252 Pietracassia apparteneva a Pisa ed era ormai considerata “Rocca” cioè fortificazione definitiva.
Dopo varie vicissitudini, Firenze entra in possesso della Valdera, ed i Volterrani si rivolsero proprio a Pisa per riconquistare i loro territori.
Nel 1288 comunque, Pisa non aveva ancora restituito a Volterra nessuna delle fortificazioni, compresa Pietracassa, che si era impegnata a difendere contro i Fiorentini.
Il declino della Rocca iniziò nel 1405 quando subì le trame di Pietro Gaetani che la consegnò ai Fiorentini per tornaconto personale.
Nel 1431, Pietracassia si ribellò al dominio fiorentino, e minacciò di essere demolita per rappresaglia alla sua infedeltà: nel 1434 la Repubblica Fiorentina la riconquistò e ordinò lo smantellamento con l’abbattimento del Mastio.
Le vicissitudini di Pietracassia si susseguono nei secoli fino al 1644, quando assumendo importanza più di tenuta agricola che di fortificazione passa al marchesato dei Corsini che ne rimangono i proprietari fino al 1955, anno in cui venne costituito l’Ente Maremma.
Questo, avvalendosi delle prerogative che gli furono conferite per la bonifica e la coltura dei terreni abbandonati o incolti, espropriò il territorio ai principi Corsini.
Alla scadenza istituzionale dell’Ente Maremma nel 1971, la Rocca di Pietracassia passò, mediante permuta, in proprietà di Luigi Baldacci, già proprietario della confinante tenuta di Miemo.
La lontananza da centri abitati importanti ha permesso alla Rocca di giungere fino a noi senza sostanziali modifiche strutturali se non quelle provocate dall’usura del tempo.
Il territorio di Pietracassia
La Rocca di Pietracassia fu costruita sulla sommità collinare del promontorio destro della valle dello Sterza in posizione egemone rispetto al territorio che doveva controllare.
Il manufatto sorge su uno sperone roccioso dove sul lato nord termina con uno strapiombo di circa 80 metri.
Sulla derivazione del nome Pietracassia sono state avanzate diverse teorie, una lo fa derivare da “Pietra cassa” significa pietra spaccata, infatti la roccia su cui sorge presenta una fenditura; un’altra ipotesi è che il suo nome derivi da quello del triumviro romano Cassio.
La sua posizione era già nota al tempo degli Etruschi per il controllo della via usata per la commercializzazione del rame estratto nelle vicine miniere di Montecatini.
Il castello confinante con le “comunità d’Orciatico, Lajatico e di Miemo” provvedeva a difendere la Repubblica Pisana da Volterra.
La sua posizione, insieme alla sua imponente massa, avevano più la funzione di intimidire l’aggressore, in questo caso la città di Volterra, che di proteggere il territorio, in realtà di poco valore e privo di insediamenti.
Infatti il “Mastio“, visibile da Volterra, segnava fisicamente il confine della Repubblica e il castello rappresentava, più di ogni altra costruzione difensiva presente nello stato pisano, la volontà politica di Pisa di consolidare la sua posizione di dominio nell’entroterra, quando ormai già controllava in mare territori e rotte del mediterraneo.
Questo è senz’altro uno dei principali motivi per cui si costruisce così lontano dalla città e in una zona allora, ma per alcuni versi ancora oggi, desertica.
Il territorio di Pietracassia è comunque relazionato alla città madre per mezzo di tutte le altre torri e castelli presenti nella zona, come quelli di Orciatico, Lajatico, Miemo, Peccioli e via via fino alla pianura pisana che rappresentano un forte ed importante sistema di comunicazione tramite le relazioni visive esistenti tra una fortificazione e l’altra.
Questa regione è stata di grande importanza dal punto di vista storico in quanto via di comunicazione tra stati e popoli diversi.
Durante l’epoca etrusca la regione apparteneva a Volterra, durante l’età dei Comuni e della Repubblica fu un importante linea di confine con Volterra fino all’egemonia della Signoria di Firenze.
La testimonianza a quanto detto si può ricercare attualmente sia nella toponomastica dei luoghi, dalle cui radici si può ricavare la presunta origine, sia dalla numerosa presenza di torri, fortificazioni, castelli e borghi difesi da mura che oggi si possono ancora vedere.
Aspetto
Il complesso fortificato è diviso in due strutture distinte tra di loro: Il castello, cioè il nucleo più elevato e più antico e la rocca, una cinta muraria di epoca successiva, costruita lungo il crinale e i terrazzamenti del colle, che avvolge il castello.
Entrambi i corpi di fabbrica non si sviluppano su un perimetro completo, il lato nord è costituito dalla roccia calcarea e dallo strapiombo.
La struttura è costituita da un compatto e massiccio blocco squadrato con la facciata principale rivolta a sud, privo di qualsiasi apertura e fin dall’origine sicuramente senza merlatura.
Le feritoie oggi identificabili furono aperte in epoca posteriore.
Gli unici elementi architettonici di un certo pregio sono le due torri angolari: quadrilatera quella di ponente, oggi inaccessibile, a pianta eptagonale l’altra, a levante, ancora oggi in buone condizioni e accessibile.
Al suo interno si può ancora ammirare un bel soffitto in pietra a botte.
L’unica porta di accesso al castello, attualmente gravemente danneggiata, si apre al centro del fronte principale, sopraelevata dal terreno di un paio di metri.
All’interno non sono più identificabili gli edifici che costituivano alloggi e i servizi per la truppa. Sono rintracciabili solo i resti della torre del mastio, per gran parte collassata, situata nel punto più difficile da espugnare, usata come torre di collegamento a vista con gli antichi castelli di Montevaso, Chianti, Terricciola, Lajatico, Orciatico, Peccioli, Miemo.
Da qui il panorama e la visuale sono ancora oggi stupendi.
Fonti documentative
Cartellonistica in loco
http://www.castellitoscani.com/