Riserva di Caccia del Barco – Ronciglione (VT)


 

Descrizione

La riserva di caccia dei Farnese, aveva un’estensione di circa 80 ettari.
Caratterizzata da un bosco di cerro con inclusioni di roverella, in ottime condizioni vegetative, vi si incontrano alcune sorgenti ed è attraversata da un ruscelletto chiamato Fosso di Sassovolto.
La valle è chiusa ad est da un muraglione in passato adibito al contenimento delle acque che, provenienti dalle vicine sorgenti, riempivano un invaso tufaceo adibito al laghetto di pesca dell’antica proprietà Farnese.
Era totalmente pavimentato in cotto, con una piccola isola al centro.
Tale invaso per mezzo di una saracinesca alimentava il sistema di irrigazione della valle inferiore, servendo, con vasche d’accumulo alcuni casali e mulini.
L’area era ricca di ogni specie di fauna delle zone Cimine, quali caprioli, cervi, cerbiatti, cinghiali, fagiani, lepri e volpi che offrivano ad Alessandro Farnese e ai suoi potenti amici un luogo di svago ideale per l’attività ricreativa della caccia, il cardinale sfruttava questa attività anche per curare le pubbliche relazioni.
Vi furono anche appositamente importate a scopo ornamentale delle specie di albero d’alto fusto per garantire maggiori zone d’ombra.
 
 
 

Chiesetta del Barco

Sorge sul ciglio della strada a circa cinque chilometri da Caprarola, ai margini dell’area del Barco.
Probabilmente è coeva alla sistemazione della zona da parte dei Farnese, risale pertanto alla seconda metà del XVI secolo.
L’esterno con tetto a capanna è caratterizzato da un piccolo portico rifatto recentemente, le colonne originali sono state sostituite con altre in peperino.
La semplice facciata, culminante in un timpano triangolare, mostra un portale lineare con ai lati le due solite finestrelle devozionali, sopra un oculo circolare da luce all’interno.
Sul tetto, disposto in posizione arretrata, si trova un piccolo campanile a vela a doppio fornice.
Il modesto interno, a una sola navata non conserva opere importanti, sull’altare una tela raffigura la Madonna in trono col Bambino tra due santi.
Sulla destra si trova una statua raffigurante la Madonna col Bambino.
Fino a qualche decennio fa la chiesa era meta della famosa “festa del barco“, con processione, giochi popolari e scampagnate.
 
 
 

Colombai del Barco

Dall’altra parte della chiesina si imbocca un sentiero che scende fino ad una tagliata, non facile da trovare per la mancanza di adeguata segnaletica sentieristica.
È difficile stabilire se detta tagliata sia di epoca etrusca o risalga all’opera di sistemazione della zona da parte dei Farnese si propende per la prima ipotesi, pur in assenza di testimonianze certe.
Continuando a scendere, sulla destra, difficili da individuare per la presenza di vegetazione.
Potrebbe trattarsi di un colombaio romano pertinente a una comunità stanziata nella zona forse tra la fine dell’età repubblicana e il I secolo d.C., che seppelliva i suoi componenti secondo il rito incineratorio, prevalente in tale periodo, più probabilmente, considerate le ridotte dimensioni delle buche, che difficilmente sarebbero state idonee a contenere olle cinerarie, dovrebbe trattarsi di un colombaio medioevale.
L’uso di questi colombari non trova concordi i vari studiosi, le interpretazioni sono diverse.
Alcuni li considerano a destinazione funeraria, poi utilizzati come allevamenti per colombi in epoca medievale, per altri sono stati realizzati in tale periodo solo ai fini dell’allevamento dei volatili.
È probabile in ogni caso il riutilizzo di precedenti ambienti, presumibilmente in origini adibiti ad uso funerario.
Sono senza dubbio destinati ad usi funerari quelli ove le nicchie, oltre ad avere delle dimensioni abbastanza grandi, erano provviste di un cavo per l’alloggiamento delle olle cinerarie e spesso di un battente per fissare più facilmente la lastra di chiusura.
Un esempio significativo di questa tipologia, lo si trova in alcune sepolture presenti lungo la via Amerina presso Faleri Novii e nella necropoli rupestre di Castel d’Asso, ove alcune di queste cavità sono state create sia negli ambienti di sottofacciata delle tombe a semidado sia all’interno delle finte porte.
Il piccolo insediamento rupestre non è agevole da raggiungere a causa della ripida scarpata della tagliata.
La struttura si compone di tre ambienti collegati tra di loro da piccoli passaggi.
Il primo è un bel colombario, un tipo di struttura piuttosto frequente nella Tuscia.
Se ne ignora il periodo di costruzione, quasi certamente è stata utilizzata per l’allevamento dei piccioni, attività che, nel Medioevo e fino a tempi relativamente recenti, costituì una importante risorsa, sia come fonte di preziose proteine animali, sia per il guano, utilizzato come fertilizzante.
Tre delle pareti sono quasi interamente coperte dalle nicchie del colombaio, disposte su vari livelli, la quarta si apre sul sottostante dirupo.
La parete di fondo è caratterizzata da un ampio ripiano di cui si ignora la funzione.
Attraverso un’apertura di ridotte dimensioni, occorre procedere a carponi, si accede al secondo ambiente, anch’esso adibito a colombaio, del tutto simile al primo, ma più interrato.
Attraverso un’apertura di dimensioni ancora più ridotte, occorre procedere strisciando, si accede al terzo ambiente, anch’esso avente caratteristiche simili al primo, ma con l’apertura a valle quasi completamente interrata.
Nei dintorni sono presenti una serie di cavità ipogee di difficile interpretazione.
 
 
 

Primo ambiente ipogeo

La prima cavità si trova appena a monte del colombaio, consiste in una grande apertura, ben scavata e ben rifinita, che si conclude con un arco che da accesso ad un altro ambiente di più ridotte dimensioni.
Se ne ignora il periodo di costruzione e la destinazione d’uso.
 
 
 

Casino di caccia del Cardinale Alessandro Farnese

Sulla sommità di una delle colline adiacenti si trovano gli imponenti ruderi del Casino di caccia progettato e iniziato a costruire dal Vignola nella seconda metà del XVI secolo, terminato dall’architetto Giovanni Antonio Garzoni da Viggiù, che gli succedette dopo la sua morte, avvenuta il 15 ottobre 1573, probabilmente era già completato quando papa Gregorio XIII venne a far visita al cardinale Alessandro Farnese l’11 settembre 1578.
Del Casino rimangono imponenti e affascinanti ruderi, destinati a crollare se non si procede ad una messa in sicurezza.
 
 
 

Secondo ambiente ipogeo

Nei pressi del Casino, difficile da rintracciare anche perché l’apertura è quasi completamente obliterata da un grande albero caduto, si trova un secondo ambiente ipogeo ancor più enigmatico del primo.
Consta di due distinte cavità, quella di sinistra di più ridotte dimensioni conserva interessanti graffiti raffiguranti, probabilmente, un pavone e un’oca.
La più grande cavità di destra è caratterizzata dalla presenza di numerosi fori e piccole nicchie, anche qui si nota un graffito raffigurante uno scudo sormontato da una croce.
Anche di questo ambiente non è possibile determinare periodo di costruzione e destinazione d’uso.
 

Nota

La galleria fotografica ed il testo sono stati realizzati da Silvio Sorcini.
 

Nota di ringraziamento

Si ringrazia l’amico Pierluigi Capotondi, ancora una volta perfetta guida alla scoperta del territorio falisco – etrusco.
 

Fonti documentative

L. Proietti – Colombari e colombaie della Tuscia – in Archeotuscia news n. 1, gennaio 2012, pp. 18,19

http://www.caprarola.com/arte-e-cultura/dintorni/620-chiesa-madonna-del-barco.html

 

Mappa

Link coordinate: 42.295066 12.273663

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