Pinacoteca Comunale – Spello (PG)

 

Cenni Storici

La Pinacoteca Civica e Diocesana di Spello è ospitata all’interno del Palazzo dei Canonici, un edificio che si trova a ridosso della Collegiata di Santa Maria Maggiore, fatto costruire dal Capitolo della Collegiata nel 1542.
L’allestimento delle sale è stato fatto nel 2011.

SALA 1

La prima sala contiene affreschi staccati provenienti da chiese dislocate nel territorio comunale e la famosa statua lignea della Madonna col Bambino.


Madonna in trono con Bambino
Affresco staccato, fine XIII – inizio XIV secolo, 91 x 103 cm; si tratta di una piccola porzione probabilmente asportata dalla parete di controfacciata della chiesa di Santa Maria Maggiore durante i lavori di ampliamento del 1644.
L’affresco raffigura la Madonna con il Bambino in braccio, seduta su un trono decorato da piccoli rombi.
I tratti del volto della Madonna (occhi di taglio orientale e piccola bocca, realizzati con linee marcate e rozze), la bidimensionalità di ascendenza bizantina e la semplice risoluzione della composizione riferiscono la paternità dell’opera ad un pittore locale di scuola spoletina del tutto alieno dalle novità del cantiere di Assisi, probabilmente degli inizi del XIII secolo.

Madonna col Bambino
Pittore umbro della metà del XIV secolo, affresco staccato nel 1961 e riportato su tela, 136 x 78 cm.
L’affresco, proveniente del piccolo santuario campestre di Santa Maria in Paterno, soggetto all’abbazia di San Silvestro sul monte Subasio, rappresenta la Madonna in posizione rigida frontale, con il capo coperto da un velo bianco e le spalle e le ginocchia avvolte da un manto blu.
Il Bambino, che indossa una veste a forma di toga, è in piedi e stringe nella mano sinistra un cartiglio con l’iscrizione EGO SUM LUX. L’affresco era in origine il settimo della parete sinistra, può essere avvicinato all’opera di Puccio Capanna di Assisi e datato tra il 1340 e il 1360.


Madonna col Bambino e i Santi Anna e Giacomo Maggiore
Documentato nel 1523, affresco di carattere devozionale, staccato dalla chiesa di Santa Maria di Paterno, era in origine il primo della parete sinistra, staccato e riportato su tela; 166 x 180 cm.
Pittore umbro anonimo, operoso tra il 1520 e il 1540, identificabile, forse, con lo spellano Tommaso di Ser Francesco Conio.

Il Bambino stringe la mano destra a quella della madre e con la sinistra sorregge un fiorellino.
In basso si legge l’scrizione:
QUESTA.HOPERA.LA.FACTA. FARE[ …] NO DECHU [ … ] l NTI.PER VOTO.PERLO MORBO.M [ … ]’

Madonna col Bambino
Affresco staccato e riportato su tela; 150 x 88 cm.
Proviene dalla chiesa di Santa Maria di Paterno, era il terzo tra gli affreschi della parete sinistra, opera di un anonimo umbro della prima metà del XVI secolo.
Lungo la cornice inferiore si trova l’iscrizione:
QUESTA FIGURA LA [FACTA] FARE / ESCOLASTRECA.DE [ … ] XX.
Vi è stata letta la data 1520, ora non più visibile.
In basso, si leggono numerose iscrizioni graffite.
Il Bambino con la mano destra benedice e stringe la sinistra a quella della madre.
Madonna col Bambino
Affresco staccato e riportato su tela; 164 x 88 cm.
Proviene dalla chiesa di Santa Maria di Paterno, opera di un anonimo umbro della prima metà del XVI secolo.
Il Bambino, vestito di una semplice camiciola e con dei fili di corallini al collo e ai polsi, benedice con la mano destra.
Madonna col Bambino e quattro devoti
Affresco staccato e riportato su tela; 167 x 132 cm.
Proviene dalla chiesa di Santa Maria di Paterno, era in origine il secondo della parete sinistra, opera di un anonimo umbro della prima metà del XVI secolo.
Il Bambino con la mano destra benedice e con la sinistra stringe un lembo della tunica.
I quattro devoti, probabilmente i committenti, sono raffigurati di piccole dimensioni, come d’uso all’epoca.
Si leggono, lungo la cornice inferiore, alcune lettere della dedica.
Madonna in trono col Bambino
Proviene dalla chiesa di Santa Maria di Paterno, opera di un anonimo umbro della seconda metà del XV secolo.
La Madonna siede in trono su uno sfondo arabescato.
Il Bambino con ambo le mani abbraccia amorevolmente quella della madre.

Madonna in trono col Bambino
Scultura in legno policromo databile al XIII secolo, attribuibile con dubbio a Giacometto e Giuliano di Paolo.
Presenta analogie scultura lignea della Madonna di Sant’Antimo a Montalcino, attribuita con dubbio allo spoletino Machilone.
Certa è la sua derivazione dalla scuola di Spoleto.
L’opera costituisce una delle prime testimonianze a Spello di scultura derivante dal sistema artistico spoletino, di cui adotta il linguaggio figurativo.
Numerosi elementi stilistici denunciano infatti caratteri comuni a molti manufatti di marca spoletina rintracciabili in diverse zone del centro Italia.
Tali componenti, che rivelano influenze bizantine, romaniche, provenzali e borgognone e persino della plastica etrusca e romana provinciale, sono particolarmente evidenti in una serie di sculture coeve per le quali si ipotizza che l’esemplare di Spello abbia costituito il prototipo, essendo probabilmente il più antico.
Proviene dalla locale chiesa di Santa Barbara.
Di notevole interesse devozionale, il gruppo scultoreo unisce il particolare poco comune del Bambino semi-alzato, colto quasi nell’atto di scivolare dalle ginocchia materne, con la rigida posa del gruppo statuario fornisce ai personaggi un’aria fortemente ieratica accentuata anche dalla particolare postura delle braccia raffrontabile con due diverse iconografie invece molto usate: quella della Madonna Nicopoia, nata intorno al V secolo in area bizantina, e quella della Madonna Sedes Sapientiae, diffusissima nell’Alvernia del XII secolo.
È caratterizzata dalla fissa solennità delle pose e dalla vivacità dei colori, l’oro e il rosso, utilizzati per dipingere le vesti, ulteriormente arricchite da decorazioni a losanghe e cerchietti in lamina metallica.
L’uso di tratti lineari, la combinazione di colori vivaci e chiari, la semplificazione anatomica, la fissità delle espressioni e la rigidezza dei gesti, uniti ad una ritmica ed una mimica elementari, non attenuano il forte impatto dell’opera, donandole piuttosto un sapore arcaico di grande efficacia.
La Madonna porta una corona ed indossa un manto blu decorato da stelle in rilievo, sotto il quale si intravede una veste rossa.
Il Bambino è vestito con una tunica verde, la mano destra mostra tre dita aperte e reca nella sinistra un piccolo globo.
Il trono, finemente decorato, presenta due aperture, simili a monofore con una piccola ogiva in alto.
La statua lignea raffigurante il Bambino fu trafugata nel 2008, poi rintracciata dopo dieci anni abbandonata da ignoti all’interno della Chiesa Collegiata di Santa Maria della Reggia di Umbertide.

Crocifissione, Madonna e tre Santi
Affresco staccato e riportato su tela, misure 222 x 270 cm.
Opera di un anonimo pittore umbro della prima metà prima metà del XIV secolo; proviene dalla chiesa della Santissima Trinità che sorge fuori della cinta urbana di Spello sul versante che guarda in direzione di Foligno.
Al centro della scena compare il Cristo inchiodato alla croce, a sinistra figurano San Giovanni Battista, che regge in mano un cartiglio con scritta non decifrabile, e la Madonna, a destra San Giovanni Evangelista e una santa probabilmente identificabile come Santa Caterina d’Alessandria.
L’affresco è stato attribuito al Maestro della Croce di Trevi, pittore di educazione spoletina attivo nella prima metà del Trecento, in effetti sembra essere opera di un’artista avente la stessa formazione, ma più tardo, potrebbe essere un’opera giovanile del Maestro di Fossa.

Croce astile
Opera di Paolo Vanni, misura 110 x 64 cm, datata 1398, in argento dorato, sbalzato e cesellato con smalti traslucidi e con elementi in rame dorato. Come ricorda l’iscrizione sul retro, fu commissionata dal priore della collegiata di Santa Maria Maggiore. I bracci della croce sono ornati da tralci e foglie cuoriformi. Presenta al centro della facciata anteriore il Crocifisso e sopra, in smalto, due angeli e il Pellicano sull’Albero della vita tra due angeli; ai piedi della croce è la Maddalena. Nelle formelle lobate alle estremità dei bracci sono: in alto un Santo con un libro in mano, a sinistra la Madonna, a destra un Santo orante, in basso un Santo pontefice. Sulla faccia posteriore, al centro è la Vergine con il Bambino, nelle parti terminali dei bracci vi è, in alto, Cristo e la Vergine in gloria, l’Eterno, a sinistra l’Angelo annunciante, a destra la Vergine annunciata, in basso San Giovanni Battista, ancora sotto figura del committente inginocchiato, Francesco Mili, priore della collegiata in quegli anni, come si ricava dall’iscrizione che cita anche l’autore Paolo Vanni e l’anno 1398, data di realizzazione dell’opera:
TEMPORE EGREGIÌ DECRETORUM DOCTORIS DOMINI FRANCISCI MILI DE SPELLO PRIORIS DICTAE ECCLESIAE PAULUS VANNIS DE PERUSIO ME FECIT SUB ANNO DOMINI MCCCLXXXXVIII.
Nel nodo:
l’Uomo del dolore, la Vergine, Santo Stefano, San Lorenzo, Santa Caterina d’Alessandria, San Giovanni Evangelista.
Cristo ligneo
Legno intagliato e dipinto; altezza 182 cm.
Fu rinvenuto nel 1974 nel magazzino della locale chiesa di Santa Maria Maggiore; databile tra il primo ed il secondo decennio del XIV secolo appartiene alla tipologia delle sculture trasformabili.
La statua, probabilmente di proprietà di una confraternita di cui si è persa traccia, era usata nelle cerimonie liturgiche della settimana santa sia in qualità di Crocifisso che di Deposto; le braccia erano perciò montate sul busto mediante cerniere che ne permettessero lo spostamento, ottenendo così le due diverse configurazioni attraverso una semplice rotazione degli arti.
Eseguita con notevole perizia, gli assemblaggi delle parti sono il capolavoro di un raffinato carpentiere, la scultura presenta caratteri arcaicizzanti come l’acconciatura a calotta, tipica della scultura romanica, misti ad elementi che denotano un “moderno” gusto gotico, quali la resa realistica del volto e del corpo ed il panneggio naturalistico del perizoma; elementi, questi, che riconducono ancora una volta al linguaggio figurativo tipico dell’ambito spoletino.
Se ne può proporre l’attribuzione al maestro della Croce di Visso, identificabile con ogni probabilità con il Maestro della Croce di Trevi.
Croce astile
Opera di una bottega orafa perugina, risale all’ultimo quarto del XIV secolo.
È realizzata in argento dorato, smalti traslucidi, rame cesellato e dorato.
Proviene dalla chiesa di San Lorenzo.
La croce astile rientra in quella particolare vicenda locale nota come contesa delle collegiate, una competizione perpetuatasi nei secoli tra le chiese di Santa Maria Maggiore e San Lorenzo, volta ad ottenere il primato cittadino attraverso la commissione di oggetti artistici di pregio.
Presenta al centro della facciata anteriore il Crocifisso, circondato da decorazioni fitomorfe in smalto; ai piedi della croce è un teschio.
Nelle formelle lobate alle estremità dei bracci sono: in alto un Santo benedicente con in mano un libro, a sinistra la Madonna, a destra San Giovanni Evangelista, in basso San Lorenzo.
Crocifissione e Incoronazione della Vergine
Tempera su tavola 64 x 27 cm. Opera di Cola Petruccioli, artista orvietano di spicco, che anticipa la cultura cortese di matrice tardogotica e fiamminga, per cui è stata avanzata un’ipotesi di datazione al 1391. Come ricorda l’iscrizione sul bordo inferiore, il dittico fu commissionato dall’allora priore di Santa Maria Maggiore di nome Guadagno. Il dittico è composto di due tavolette cuspidate. Delimitate da archi gotici, si stagliano, su fondo oro, la Crocifissione e l’Incoronazione della Vergine. Nelle cuspidi, entro cornici trilobate, è raffigurata l’Annunciazione; a sinistra l’Angelo che regge un cartiglio, e a destra la Madonna, seduta a terra sopra un cuscino.
Nella scena della Crocifissione, oltre alle consuete figure della Madonna, di San Giovanni col manto rosa e della Maddalena che tiene in mano il vaso dei profumi sul quale si riversa il sangue che sgorga dal costato di Cristo, sono raffigurati anche San Giovanni Battista, San Nicola di Bari con veste bianca e piviale azzurro e Santa Caterina d’Alessandria in veste blu e rossa, ai quali erano dedicate, nella collegiata, altrettante cappelle.
 
Sul cartiglio in alto si legge l’iscrizione:
[A]VE GRA PLENA;
sulla croce:
I.N.R.I.;
lungo la cornice inferiore: A (D MCCCLX) XXXI [HOC] OPUS FACTUM FUIT TEMPORE DOMINI G(UADAGNI) PRIORIS ECCLESIE SANCTE MARIE / DE SPELLO CO(L)AUS PITRUC(CIOLI) (D)E URBEVETERI PINXIT.
Nell’altra pala figurano al centro, circondati da angeli oranti e musicanti, seduti su un trono cosmatesco, Maria e il Cristo nell’atto dell’incoronazione.
Campana
Realizzata da Filippo Giustiniani nel XIX secolo, misura 85 x 65 cm. Proviene dalla chiesa di Santa Maria Maggiore. Nell’iscrizione si legge:
PHLIPPUS JUSTINIANI FULGJNAE FECIT ANNO DOMINI MDCCCVIII“;
nella gola: “D.O.M. SUB AUSPICIIS DEIPARAE I ASSUMPTAE NEC NON DIVORUM FRANCISCI DE PAULA ET / GAEITANI THIENAEI NOLAM / POST A CCCCXCVI LAPSU FRACTAM / REFUSAM PRIOR ET CANONICI I QUOD FAUSTUM FELIX QUE SIT / L.L. DEDICAVERUNT A. R.S. MDCCCVIII
La corona della campana è ornata da un giro di foglie nella gola sono raffigurati l’Assunta, San Gaetano di Thiene, San Francesco di Paola e Cristo crocifisso. La campana è decorata nella fascia interiore da due giri a motivi vegetali, uno dei quali è identico a quello della fascia superiore. Il manico è ornato da tre teste umane.
Campana
Realizzata da Bencivegni da Pisa agli inizi XIV secolo, in bronzo, misura 140 x 85 cm.
Proviene dalla chiesa di Santa Maria Maggiore.
Nell’iscrizione si legge:
AN(no) D(omi)NI. MCC.I(oppure L) X.V (idelicet) T(em)P( o )R( e) D(omi)N(i) IACOBI DE MEVANIA PRIORIS S(an)C(t)E MARIE (segue il Sigillo della chiesa di Santa Maria Maggiore ripetuto due volte sul cui bordo si legge: “signum ecclesie Sancte Marie“] / MENTE(m) S(an)C(t)A(m) SPONTANEU(m) HONORE(m) D(omin)O ET PAT(ri)E LIBERATIONEM M(agister) BECEVEN(ni) DE PISIS FEC(it) H(oc) OP(us)”

SALA II

Trittico frammentario
Opera di un anonimo, convenzionalmente chiamato Maestro dell’Assunta di Amelia, risale al primo quarto del XV secolo, il pannello centrale, attualmente non presente in originale, è però da attribuirsi ad Andrea Aloigi detto l’Ingegno.
Proviene dalla chiesa di Santa Maria Maggiore. Fu smembrato in epoca imprecisata e i singoli elementi furono riutilizzati come dipinti autonomi per gli altari della collegiata.
Tutte le tavolette della predella e lo scomparto centrale con la Vergine e il Bambino furono trafugati nel 1970; lo scomparto centrale fu rinvenuto nel 2004 in cattive condizioni, con i colori e alcune parti del dipinto rimossi dopo il furto per non renderlo riconoscibile, non è stato ricollocato, al suo posto c’è una riproduzione in bianco e nero di come era prima del furto.
La tavoletta dell’Adorazione dei Magi e della Presentazione di Gesù al tempio furono ritrovate nel 1992 mentre la tavoletta della Natività nel 2006.
Quel che resta del pannello centrale del trittico è esposto nella stessa sala. Nello scomparto laterale sinistro, nella cuspide, l’Angelo annunciante, sotto, San Giovanni Evangelista l’apostolo che sopra tutti amò Gesù e la Madonna e da loro fu amato. A fianco, Isaia, il sommo profeta, che stringe nella mano sinistra un cartiglio con l’iscrizione: Ecce Virgo concipiet. Tra i piedi del profeta si scorge a malapena un committente inginocchiato, ritratto, come di consuetudine nel Medioevo, in dimensioni inferiori a quelle dei santi.
La sottostante predella raffigura la Natività, nello scomparto centrale, come detto, si trovava la Madonna con il Bambino.
La sottostante predella raffigura l’Adorazione dei Magi.
Nel laterale destro, nella cuspide è raffigurata la Madonna annunciata, sotto, il Battista che protende l’indice della mano destra in atto di ripetere il grido precursore: “Ecce Agnus Dei” e San Nicola.
La sottostante predella raffigura la Presentazione al Tempio.
Tra i piedi del Battista si scorge a malapena un committente inginocchiato.

Madonna col Bambino
È quel che resta del pannello centrale del trittico precedentemente descritto; ha avuto diverse attribuzioni, dapprima ad un pittore amerino del primo quarto del XV secolo noto sotto lo pseudonimo di “Maestro dell’Assunta di Amelia” (Fratini); successivamente è stata attribuita a Bernardino Pintoricchio (Cavalcaselle-Morelli et alii), ad Andrea di Assisi detto l’Ingegno (Ferino Pagden et alii) e a Giovanni di Pietro detto lo Spagna (Lunghi).
il quadro fu vittima di un furto nell’agosto 1970, per essere poi riconosciuta da un funzionario del Ministero Beni Culturali nel marzo 1992 in una vendita all’asta di Monaco di Baviera, nonostante un drastico e invasivo restauro ne avesse mutato radicalmente l’aspetto, riducendone le dimensioni, cancellando il trono marmoreo a mosaico, i nimbi dorati e l’azzurro del manto di Maria.
Così profondamente trasformato, il quadro è tornato il 21 novembre 2004 a Spello grazie al comando dei Carabinieri del Nucleo Tutela del Patrimonio Culturale.
Proviene dalla chiesa di Santa Maria Maggiore.
Finta lesena con specchiatura decorata a candelabre
Proviene dalla chiesa di San Bernardino, risale alla prima metà del XVI secolo.

Madonna col Bambino tra San Girolamo e San Bernardino
Affresco staccato; 180 x 210 cm, altra opera probabilmente eseguita nel 1503 da Andrea d’Assisi, detto “l’Ingegno“.
Fu dapprima nella locale chiesa di San Bernardino, dove occupava la parete di fondo ed era incorniciata da grottesche secondo il gusto dei secoli XV e XVI.
All’inizio del Novecento fu staccata e trasferito a Santa Maria Maggiore.
In primo piano si trovano la Madonna con il Bambino, a sinistra San Girolamo rappresentato in abiti cardinalizi mentre sulla destra è San Bernardino con in mano il trigramma, lo strumento che usava per predicare dove sono scritte le prime tre lettere del nome Gesù in Greco (IHS).
Sullo sfondo si intravede un paesaggio con una città su una vallata rocciosa fatta da colline e alberi. Quest’opera era originariamente incorniciata da finte lesene decorata a candelabre e da un arco con decorazioni fitomorge e volti, quel che ne resta è oggi visibile nella stessa sala.

SALA III

Pietà
Terracotta policroma e legno;70 x 61 x 25 cm.
La scultura rientra nella tipologia di derivazione franco-renana denominata Vesperbild, molto diffusa nell’Italia centrale grazie agli ordini mendicanti. Proveniente dalla Chiesa della Madonna di Vico, più nota come Chiesa Tonda.

Stendardo processionale e Madonna della Misericordia
Tempera su tela;171 x 109 cm. Opera della bottega dei Mazzaforte, metà del XV secolo, fu commissionato dalle Confraternite della Croce e della Misericordia, associatesi nel 1386.
Su un lato è raffigurato il Miracolo dell’apparizione della croce e sull’altro la Madonna della Misericordia.
Il miracolo dei due pastori che il 18 aprile 1346 videro apparire la croce in cima alla torre cittadina dell’Olmo è particolarmente caro alla tradizione popolare e valse a riportare la pace dopo un lungo periodo di lotta civile dal 1330 al 1346; la Madonna della Misericordia che protegge i fedeli sotto il proprio manto era invocata dalla comunità contro pestilenze e carestie.
Sul libro del Cristo si legge:
EGO SUM / LUX MUNDI / VIA VERITAS / ET QUI / CREDET IN ME / NON MORIETUR / IN ETERNUM / TIMETE DEUM.
Per essere utilizzato nelle processioni, il gonfalone doveva avere un sostegno oggi perduto.

Cristo crocifisso tra la Vergine e i Santi Francesco, Giovanni Evangelista e Crispolto Vescovo
Tempera su tavola;178 x 121 cm.
Proviene dal monastero di Santa Maria di Vallegloria, è tradizionalmente attribuito a Nicolò di Liberatore, più probabilmente è un prodotto della cosiddetta “Bottega Mazzaforte” all’interno della quale egli operava a fianco di Pietro di Mazzaforte.
La critica sembra comunque, al di là delle attribuzioni, propendere per una datazione piuttosto alta della tempera, collocandola prima del 1457, ovvero riconoscendola come una delle prime prove della generazione folignate successiva al “dominio” di Bartolomeo di Tommaso, manifestazione della ricerca di un nuovo codice stilistico che sfocerà in un linguaggio espressivo dalla drammaticità cupa e concentrata.

SALA IV

Annunciazione
Pittore umbro della prima parte del XVI secolo, affresco staccato e riportato su tela, documentato nel 1528; 185 x 159 cm.
L’affresco decorava l’abside sinistra della chiesa di Santa Maria di Paterno, ne decorava l’abside sinistra.
Attribuito in un primo momento a Rainaldo da Calvi, e datato 1528, come leggibile su uno dei pilastri, sono seguite altre attribuzioni, probabilmente ne è autore Dono Doni.
La scena si svolge in un ambiente nel quale si intravede un pavimento a mattonelle bicolori e sullo sfondo un muro e un baldacchino.
Davanti al drappo, la Madonna, in atteggiamento umile e remissivo, appoggia la mano destra su un libro sopra il leggio.
A sinistra compare l’Angelo annunziante e in alto l’Eterno.

Figure femminili reggistemma
Pittore umbro della seconda parte del XVI secolo, affresco staccato e riportatosu tela; 140 x 55 cm, proviene dalla chiesa di Santa Maria di Paterno.
Su di un basamento a calotta, ornato da frutta e verdura, poggiano due figure femminili a seno scoperto che sorreggono, sopra la testa, uno stemma ovale a fondo verde sul quale corre una contromerlatura rossa.
Il dipinto costituiva, in origine, parte della cornice decorativa di una delle absidi del santuario.

Stendardo processionale
Attribuito a Lorenzo Doni, anno 1576, olio su tela; 177 x 116 cm.
Proviene dalla chiesa della Confraternita di Santa Barbara.
Al retro Martirio di Santa Barbara, al verso Gloria di Santa Barbara.

San Giacomo Maggiore
Scultura in legno policromo di autore ignoto del XV secolo, altezza 150 cm. Proviene dalla chiesa di Santa Barbara.
Nella sinistra in origine stringeva il bordone del cui innesto nel basamento è ancora visibile la traccia.
Lo stile generale dell’esecuzione e la cura dei dettagli ricordano da vicino opere tardo gotiche.
Opera, probabilmente, di scuola umbra.

San Giuseppe di Arimatea
Scultura in legno policromo della fine del XV secolo o degli inizi del successivo, altezza 148 cm.
Provenienza ignota.
Il santo è in piedi, leggermente inclinato in avanti, con le mani protese e le dita piegate a sostenere le corde della deposizione, oggi scomparse.
È realizzato in legno di noce, la cui durezza ha consentito all’ignoto artista risultati di particolare eleganza, come la sottigliezza delle pieghe della veste.
Quest’opera, su cui tacciono le fonti, sembra essere rinascimentale per la morbidezza nell’esecuzione dei dettagli, sebbene la frontalità dell’immagine e le decorazioni della veste e del mantello ricordino modelli di epoca anteriore.
È possibile quindi che sia un rifacimento cinquecentesco di una statua precedente consunta.

Madonna con il Bambino
Legno intagliato e dipinto; altezza 180 cm.
Proviene dalla chiesa di Santa Maria della Spella e fu realizzata dopo il 1535.
In quell’anno, infatti, l’antico santuario camaldolese di Santa Croce, edificato nell’XI secolo sul monte Subasio, passò alla comunità di Spello, che ne fece un santuario mariano in relazione al culto della Vergine diffusosi ampiamente nella zona dopo un’apparizione miracolosa.
Invocata dai fedeli soprattutto durante i periodi di siccità, come ricorda una lapide del 1648, la statua è sempre stata oggetto di venerazione, tanto che ha continuato a lungo ad essere portata in processione.
Nel 1978, per proteggerla da furti, è stata trasferita nella pinacoteca.
Fino a quando fu rimossala statua era collocata sulla parete di fondo della chiesa, entro una nicchia ricavata dietro all’altare maggiore, incorniciata da stucchi e decorazioni a tempera datate 1683.
La Madonna della Spella è un raro esempio spellano di arte manierista.
L’elegante e vivace composizione, solida ma non pesante, si distingue per la qualità dell’intaglio, la raffinata sensibilità cromatica e l’efficace resa plastica del panneggio, che la accostano alle opere del Papacello e di Dono Doni.
La qualità dell’esecuzione, apprezzabile soprattutto nel viso della Madonna, sottile e allungato dai tratti nobili e puri, è esaltata dalla raffinata policromia basata sul rosso vivo e sull’azzurro delle vesti, sull’oro della folta chioma ricciuta di Gesù e sul rosa, compatto e pastoso, degli incarnati.

Comunione di Santa Lucia
Olio su tela; 220 x 114 cm. Opera di Camillo Bagazzotti (1536-1601) si trovava nell’omonima cappella all’interno della chiesa di Santa Maria Maggiore; la si attribuisce al pittore camerinese scolaro o imitatore di Sebastiano del Piombo.
È probabile che nel personaggio barbuto in primo piano, che si volge verso lo spettatore, vada identificato quel Francesco Petrocchi committente del dipinto menzionato nell’iscrizione dedicatoria che si legge sul gradino, al centro:
S. HOC SACELLUM AR(CHIEPISCOPO): D(OMINO). FRANCISCO PETROCCHIO DIVAE. LUCIAE AD SUI DEVOTIONEM EX PROPRIO DICATUM ANNO MDLXXIII.
Più in basso, vi è la firma dell’autore:
CAMILLUS BAGAZOTUS CAMERS FACIEBAT.

SALA V

Raccoglie le parti superstiti della cantoria cinquecentesca dell’organo di Santa Maria Maggiore, databili intorno al primo quarto del XVI secolo, opera di Zaccaria di Filippo Mazzola; la serie sopravvissuta è composta da tre tavolette singole e quattro doppie, uniche, e ricalca, seppure con notevoli varianti, una serie di incisioni con Cristo e gli apostoli realizzate da Marco Dente tra il 1515 e il 1516 su disegni di Raffaello.

SALA VI

Nella sesta sala si trovano sei opere di Marcantonio Grecchi, pittore senese attivo per circa mezzo secolo nella città di Spello (dove visse per trent’anni, fino a trovarvi la morte), ci si tuffa quindi nel clima post-tridentino che interesserà la città a partire dalla fine del cinquecento e che comporterà una serie di lavori di ristrutturazione delle chiese cittadine al fine di adeguarle ai nuovi dettami religiosi ed al termine dei quali la fisionomia dell’abitato risulterà notevolmente mutata.

Coppia di Angeli reggi candela
In questa sala ci sono due coppie di angeli reggi candela, entrambi di artigianato umbro del XVII secolo, legno dorato e dipinto, provengono dal Palazzo comunale.
Il Paradiso
Olio su tela degli inizi del XVII secolo, 288 x 190 cm; opera di Marcantonio Grecchi, proveniente dalla chiesa di Santa Maria Maggiore. Affollatissima composizione con santi e profeti, in alto la Trinità e la Madonna. Sul cartiglio di San Giovanni Battista, si legge:
ECCE AGNUS DEI.
È opera riconducibile alla seconda fase dell’attività umbra del pittore senese, quella caratterizzata da un atteggiamento più intensamente devoto, secondo i dettami controriformistici.

Sant’Antonio abate, due angeli e il committente
Olio su tela, 1604, 210 x 155 cm, opera di Marcantonio Grecchi, proveniente dalla chiesa di Santa Maria Maggiore.
Affollatissima composizione con santi e profeti, in alto la Trinità e la Madonna.
Olio su tela;
Sul gradino, in basso, si legge:
ANT. PLAGGIUS [ … ]SUI NO(MIN)IS D. /[ … ]MDCIIII;
sui libri, di epoca posteriore:
W.THOR DE TUT& CUR / 1874 e W.THO [ … ]CONSUET / 1898.

Madonna con il Bambino, San Felice vescovo e il Beato Andrea Caccioli
Olio su tela; 125 x 85 cm. Proviene dalla chiesa di Santa Maria Maggiore, dove ornava l’altare dedicato a San Felice.
Opera di Marcantonio Grecchi, di notevole interesse storico, il cui carattere risulta essere perfettamente in linea con i dettami della cultura controriformista nell’atteggiamento devoto dei personaggi, nel ruolo di mediatore svolto dai due santi presso la Vergine cui si chiede protezione per conto della città e nel cromatismo vivace.
San Felice, vescovo della città, e il beato Andrea Caccioli, primo tra gli spellani a entrare nell’Ordine francescano, porgono una riproduzione di Spello quale richiesta di intercessione e di benedizione in favore degli abitanti.
L’immagine è specchio fedele della situazione urbanistica agli inizi del seicento della città assume particolare importanza nella costruzione dell’opera.
La città è osservata dal lato sud-orientale e ritratta con minuziosa attenzione e forte naturalismo, i suoi monumenti risultano in gran parte facilmente identificabili: sia le mura di cinta che la fitta trama della tessitura urbana, la porta Consolare e la mole della chiesa di Santa Maria Maggiore, ciò permette di risalire alla morfologia dell’agglomerato urbano prima di alcuni dei più importanti lavori di trasformazione architettonica, come ad esempio l’avanzamento della facciata della stessa Santa Maria Maggiore.
Il dipinto testimonia inoltre, unitamente all’altra tela raffigurante San Felice, due angeli e veduta di Spello la “campagna pubblicitaria” svolta all’inizio del seicento in favore di San Felice quale nuovo patrono della città in sostituzione della triade medievale (San Severino, San Lorenzo e San Rufino); campagna che alla fine avrà ragione sui santi caldeggiati dalla fazione contrapposta (San Ventura Spellucci e il Beato Andrea Caccioli).

Madonna con Bambino e i santi Maddalena, Francesco, Girolamo e Raimondo
Olio su tela; 181 x 125 cm. Opera del 1603, di Marcantonio Grecchi, pur risentendo nell’impostazione di modelli raffaelleschi, risulta essere influenzata dalla pittura di epoca precedente nelle fisionomie dei volti e nelle pose di alcuni personaggi, arrivando ad una lettura del tardo manierismo in chiave devota ed arcaicizzante, riscontrabile anche nell’uso del colore.
A destra, sul gradino, sotto il ginocchio del San Girolamo si legge:
MAR(CUS). /ANT(ONIU).S/SEN(ENSI)S / F(ECIT). /A(NN).D(OMINI). / 1603“.

Madonna di Costantinopoli, San Michele arcangelo e San Francesco d’Assisi
Olio su tela degli inizi del XVII secolo, 175 x 125 cm, opera di Marcantonio Grecchi, proveniente dalla chiesa di Santa Maria Maggiore.
Nella parte superiore del dipinto è raffigurata, su uno sfondo damascato, l’immagine della Madonna di Costantinopoli, vestita in abiti orientali; in braccio il Bambino in atto di benedire mentre nella sinistra regge un cartiglio.
Ai lati del gruppo centrale sono raffigurati i santi Francesco d’Assisi, con le braccia conserte, e Michele arcangelo, che trafigge il drago ai suoi piedi, mentre con la sinistra pesa le anime degli eletti e dei reprobi.
In basso, sulla fronte del gradino, si legge:
CARISIMUS DE CARISIMIS PROPTER / DEVOTIONEM SUAM FECIT FIERI.

San Felice, due angeli e veduta di Spello
Olio su tela; 190 x 115 cm, opera di Marcantonio Grecchi del 1617, tra le più riuscite dell’artista senese soprattutto per gli effetti cangianti della veste del santo.
L’angelo di sinistra sorregge una veduta di Spello.
In basso, accanto al piede dell’angelo a sinistra, si legge:
MARCUS. ANTONIUS. GRECHIUS. SENE(NSI)S. / F(ECIT);
sulla fronte del gradone:
ANNO DOMINI MDCXVII S. FAELIX HYSPELLI EP(ISCOP)US ET MARTIR.

SALA VII

San Pietro
Olio su tela; 64 x 48 cm, XVII secolo, attribuito a Pier Francesco da Mola, proveniente dalla chiesa di Santa Maria, cattura l’attenzione per la luminosa ricchezza dei colori abilmente incastonati in un intenso tessuto chiaroscurale.
San Paolo
Olio su tela; 64 x 48 cm, XVII secolo, attribuito a Pier Francesco da Mola, proveniente dalla chiesa di Santa Maria.

San Ventura, San Felice, Beato Andrea Caccioli e San Rufino
I quattro santi protettori della città di Spello, facevano parte di uno stendardo processionale eseguito con molta probabilità nel XVII secolo, ambito di Marcantonio Grecchi.
Sono di proprietà della Banca di Credito cooperativo di Spello e Bettona che ha acconsentito per la loro esposizione all’interno di questa mostra.
Sono stati acquistati presso un locale antiquario.

L’immacolata e Santi Caterina, Francesco e committente (David Dominici)
Olio su tela di Noël Quillerier, datato 1627, proviene dalla chiesa ed ex convento Santa Caterina di Rapecchiano.
È proprietà della famiglia Rotticci.

SALA VIII

Santi Bonaventura, Bernardino e Ludovico da Tolosa
Tela di Andrea Camassei (1602-1649), proviene dalla chiesa ed ex convento Santa Caterina di Rapecchiano presso Spello.
È proprietà della famiglia Rotticci.

San Bernardino e Sant’Antonio da Padova
Oli su tela; 175 x 68 cm, di Andrea Camassei (1602-1649), hanno una forte somiglianza con l’opera realizzata per la chiesa di Santa Caterina di Rapecchiano.
Provengono dalla collegiata di Santa Maria Maggiore, dove erano disposte ai lati dell’altare di San Gaetano.
Non esistono fonti certe per la loro datazione ma si possono assegnare alla prima metà del XVII secolo.

Urna di San Felice
Reliquiario in argento, bronzo dorato e lapislazzuli, dall’artista folignate Girolamo Salvini, pittore e orafo, nel 1788; misura 145 x 110 cm.
Nel Seicento i patroni della città, i santi Severino, Lorenzo e Rufino, erano stati rimpiazzati da un nuovo protettore: Felice vescovo e martire, ma, nell’impossibilità di rinvenire le sue proprie reliquie, si optò per quelle di un santo omonimo di pari dignità, chiedendo all’abbazia di San Felice di Giano di privarsi di una reliquia del santo che lì si venerava.
Era in dotazione alle parrocchie spellane, Santa Maria Maggiore, Sant’Andrea e San Lorenzo, ora è di proprietà del Comune di Spello.
L’urna è decorata sui lati lunghi da festoni di fiori che si intrecciano e si incontrano negli spigoli con quattro testine angeliche.
La teca poggia con quattro volute, su un primo basamento, sulla cui fronte è rappresentatolo stemma di Spello.
La cornice è ornata da ramoscelli con foglie lanceolate e bacche in argento che contrastano con grappoli d’uva dorati.
Sopra è la corona della “dignità cittadina“.
Poggiano sul basamento due putti con i simboli del martirio: la graticola e la palma.
Il secondo basamento, a fondo dorato, è decorato da una fascia d’argento con al centro una sorta di rosone con petali a raggera.
Lo zoccolo, in legno dorato, presenta le cavità per inserire le stanghe al fine di permettere il trasporto in processione.

San Pietro Martire
Statua in legno dorato e policromato, altezza 60 cm.
Opera di artigianato umbro della prima metà del XVII secolo.
Si tratta di una statuetta-reliquiario, la reliquia era contenuta nel piccolo alloggio scavato all’interno della base lignea.
Proviene dalla collegiata di Santa Maria Maggiore.
San Giacomo Maggiore
Statua in legno intagliato, altezza 55 cm, opera di Cristoforo da Foligno del 1649.
Proviene dalla collegiata di Santa Maria Maggiore.

SALA IX

Santo diacono
Olio su tela;59 x 46 cm., pittore umbro dei primi decenni del XVII secolo, ottone sbalzato con argentature.
Proviene dalla collegiata di Santa Maria Maggiore.
Piatto
Artigianato tedesco del XV – XVI secolo.
Proviene dalla chiesa della Madonna di Vico, più nota come Chiesa Tonda.
San Sebastiano
Olio su tela; 59 x 46 cm., pittore umbro dei primi decenni del XVIII secolo, lo stesso del santo diacono.
Proviene dalla collegiata di Santa Maria Maggiore.
Inconsueta la raffigurazione del santo senza frecce infisse.
Ostensorio
Artigianato umbro del XVII secolo, legno dorato.
Proviene dalla collegiata di Santa Maria Maggiore.

Ostensorio
Artigianato umbro del XVII secolo, legno dorato.
Proviene dal Palazzo Comunale.
Madonna della Misericordia
Tela settecentesca, opera di pittore umbro degli inizi del XVIII secolo; è ancora una volta riproposto il tema della Madonna soccorritrice e protettrice che ci riconduce alla vita delle confraternite religiose locali. Completano la sala due coppie di angeli reggicandela [n°21 e n°25] in legno dorato e dipinto, opere di artigianato umbro del XVII secolo forse provenienti dalla chiesa della Madonna di Vico.

Madonna del Rosario
Legno dorato e policromato, XVIII secolo.
La delicata piccola scultura lignea, alta 68 centimetri, proviene dalla chiesa di Santa Maria Maggiore, travalica per qualità il livello usuale dell’artigianato devozionale e mostra la mano di un anonimo artista, probabilmente umbro, caratterizzato da un forte talento espressivo.
La Vergine indossa una veste dorata con un panneggio obliquo che contribuisce, insieme alla postura e ai gesti dei personaggi, a fornire alla scultura un carattere di dinamismo e leggerezza.
Sorregge con la destra il Bambino, mentre la sinistra è protesa in avanti nel gesto di mostrare un rosario, oggi mancante.
 

Nota

Testi e foto Silvio Sorcini.
 

Fonti documentative

Comune di Spello – Guida Turistica di Spello Itinerari fra Storia Arte Natura – testi di S. Guiducci – 2009
Pinacoteca Comunale di Spello, a cura di A. Marabottini Marabotti, Electa Editori Umbri Associati, 1995;
G.Proietti Bocchini – Spello città d’arte – EFFE F.Fabbri Editore, 2011;

https://turismo.comune.spello.pg.it/pagine/la-pinacoteca

https://www.regione.umbria.it/documents/18/18607360/Pinacoteca+Comunale+di+Spello.pdf/4645a261-0e54-48bc-a9cd-38360cdbd9b5

https://it.wikipedia.org/wiki/Pinacoteca_civica_(Spello)

https://www.comune.pisa.it/gr-archeologico/musvir/spello/ph.htm

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