Pieve di Santa Maria di Falzano – Cortona (AR)
Cenni Storici
La Pieve è posta sulla sponda sinistra del torrente Minimella tributario del Tevere mediante il fiume Nestore, lungo la strada che, provenendo dall’Umbria, risale verso i valichi che portano a Cortona.
È interessante notare che sia la Pieve di Falzano, sia quella di Rubbiano, oltre che essere associate ad un toponimo prediale romano, che ci testimonia un antico insediamento, sono collocate in basso, lungo percorsi di fondovalle di origine romana ed all’incrocio di più itinerari, caratteristiche, queste, assieme alla dedicazione, comuni ad altre pievi di provata origine paleocristiana.
La testimonianza di stanziamenti romani in questa zona ci è assicurata dall’etimo del toponimo stesso in quanto deriverebbe, dall’antroponimo latino Falcius: quindi una proprietà appartenente ad un tal Falcius detta, appunto, Falciano e poi Falzano.
Nella chiesa è conservata un’urnetta cineraria che ci prova anche stanziamenti precedenti.
Con l’avvento del cristianesimo e la successiva organizzazione ecclesiastica delle campagne, tramite il sistema delle pievi (o baptisteria) la Montagna Cortonese originariamente fu suddivisa fra la Pieve di Santa Maria a Falzano (Falcianum), di probabile origine paleocristiana o perlomeno altomedioevale, di San Donnino a Rubbiano, forse paleocristiana, e di Santa Maria a Chio.
Completata la conquista del contado da parte della città di Cortona, ed assoggettata quindi tutta la Montagna nel XIII sec., questa, fu ripartita amministrativamente in due “pivieri“, come risulta da un documento della fine del XIII secolo; quello di Falzano, l’altro, il piviere di Poggioni, che prendeva il nome da una pieve di recente fondazione, in precedenza sottoposta alla Pieve di Chio nel Castiglionese.
La Pieve di Santa Maria appare ricordata per la prima volta nel 1127 nella bolla con cui Onorio II riconfermava al vescovo Ranieri di Città di Castello la diocesi con i suoi pivieri; dipendevano da essa le chiese di San Bartolomeo a Teverina, San Biagio a Casale, San Cristoforo di Valli, San Pietro di Valle Dame, Santa Lucia di Seano, Santa Maria di Ginezzo, San Pietro di Lucina, San Pietro di Seano.
Compare anche nel maggio 1214, quando i figli di Guido di Alfiero di Poggioni dell’antica casata Alfieri di Cortona, con atto pubblico sottomisero ai Consoli di Cortona quel castello assieme agli altri loro possedimenti; vengono citati, quali confini del loro territorio, il Fiume Nestore, e la Pieve di Falzano.
Per una motivazione simile questa Pieve compare anche nell’atto con il quale i Marchiones concordarono con Cortona certe clausole relative alle loro rispettive competenze; pure qui, fra certi confini, c’è rammentata la Pieve di Falzano o meglio il “Molino della Pieve di Falzano“.
Nel medioevo l’area di Falzano fu possesso di vari potentati, fra i quali sono da citare i Marchiones, gli Alfieri, l’Abbazia di Petroio (Petraia) e l’Abbazia di Montemaggio.
Seppur in territorio Cortonese era giurisdizione della Diocesi di Città di Castello e fu oggetto di visita di questo vescovo nella prima metà del 1200 e vi trovò l’Arciprete, un Cappellano nonché i Rettori di S. Leone, Teverina, S. Zeno, Rancolungo, Ama, Cocina e Casali.
Nel suo pleberio vi erano le chiese di S. Lucia del Poggio, S. Lorenzo di Rancolongo, S. Zenone (oggi S Zeno di Petrelle), S. Leo di Carbonaria (Bastia), tutte rimaste nel 1325 sotto la Diocesi Tifernate; ebbe anche le altre chiese, appartenenti poi a Cortona, di S. Bartolomeo a Teverina, S. Andrea a Valle Dame, S. Biagio a Casale, S. Cristoforo di Vaglie, S. Pietro a Dame, S. Lucia a Seano, S. Pietro a Lecina (poi S. Giusto), S. Pietro a Seano, S. Maria di Ginezzo, S. Angelo di Acquaviva e, forse, S. Agata posta nella zona di Teverina.
Tutto cambia nel 1325 con l’istituzione della Diocesi Cortonese, infatti questa Pieve fu sottratta alla competenza Tifernate e passata sotto la nuova giurisdizione insieme a molte altre chiese.
Alla Pieve di Falzano erano soggette delle chiese che però rimasero nella Diocesi Tifernate ed erano le Chiese di S. Lucia ad Podium, di S. Lorenzo di Rancolungo, di S. Zenone ad Podium, oggi di Pieve, di S. Andrea di Tiberina, di S. Maria de Petrella.
Il secondo smembramento successe nell’anno 1515, al 21 Settembre, quando Papa Leone X, con bolla Praexcellenti praeminentia S. Sedis eresse in Chiesa Cattedrale Borgo San Sepolcro staccandolo dalla giurisdizione del Vescovo Tifernate.
L’ultima divisione, del Vescovato Castellano successe sotto Urbano VIII, che eresse nella bolla Nuper del 20 Ottobre 1636, le Diocesi di Urbania e di S. Angelo in Vado.
Per questa separazione, il Vescovato Castellano fu privato di dodici Abazie, dieci Ospedali, dodici Priorati, e più di cento Chiese Parocchiali.
Nel 1325, come abbiamo detto, questa Pieve entrò a far parte della nuova Diocesi Cortonese e nel 1330 la troviamo già che paga le decime alla Camera Apostolica assieme al suo piviere.
Nel 1340 (circa) fu visitata dal Vescovo di Cortona e un’altra relazione di visita, risalente al 1406, ci mostra il Vescovo intento ad ordinare al rettore la riparazione del tetto della canonica e la realizzazione di una nuova porta accanto all’altar maggiore.
La Visita Apostolica del 1583 parla di una Pieve povera, con solo 30 scudi di reddito, con l’altare maltenuto, un altro altare così indecente da spingere il Visitatore ad ordinarne la demolizione.
Egli ordina anche di spostare il Fonte Battesimale da destra a sinistra e di mantenerlo più pulito.
Nei censimenti del 1551, 1745 e nel 1833 Falsano e la sua Pieve di Santa Maria contano rispettivamente 216, 182 e 196 abitanti; nel 1845 la parrocchia plebana contava 260 abitanti.
Nei pressi di questa chiesa, il 27 giugno 1944, fu consumata la strage più feroce della Montagna se non dell’intero territorio comunale.
Undici civili, per rappresaglia, vennero rinchiusi dai nazisti in una casa poco distante che venne fatta saltare in aria da potenti cariche di esplosivo; dieci di essi rimasero uccisi si salvò solo un ragazzino undicenne protetto da una trave.
Subito dopo fu fatta saltare anche la canonica e gran parte della chiesa.
Si salvò, miracolosamente, solo la tavola “signorelliana” rappresentante la Madonna con il Bambino.
La responsabilità soggettiva di questa strage orrenda è chiara da tempo, un processo ha anche attribuito le responsabilità penali.
Aspetto esterno
L’attuale fabbricato, ricostruito nelle originarie forme dopo la distruzione del 1944, presenta caratteristiche romaniche, è orientato, con abside semicircolare e campaniletto a vela.
Le pareti esterne ed interne sono in pietra a vista.
La facciata semplice a capanna ha una porta d’ingresso ad arco e in alto in linea un finestra bifora ad archi.
Nella parte sinistra è addossato il fabbricato della casa parrocchiale, mentre più a monte a poca distanza sorge una casa colonica che anch’essa era di competenza della Pieve; sulla facciata di quest’ultima è stata murata una curiosa immagine “apotropaica” di origine incerta e con altrettanto incerto significato.
Interno
Internamente è costituita da unica aula con abside semicircolare e copertura a calotta.
La copertura dell’aula è formata da due falde inclinate sostenute da capriate lignee, costituite da travi e travetti in legno con scempiato di pianelle in cotto.
Non presenta alcuna intonacatura e le pareti sono tutte in pietra viva che le danno un fascino semplice ma unico.
In controfacciata, a sinistra della porta c’è un bellissimo Fonte battesimale in pietra dove sul bordo esterno del catino corre una scritta non chiaramente leggibile, unica cosa ben chiara è la data scolpita 1779.
La parte centrale del catino presenta anche una decorazione con un ramo con tre fiori differenti.
La colonna che sorregge il Fonte sembrerebbe molto più antico del catino, forse la data scolpita è riferita al rifacimento della vasca posizionata poi sull’antico piedistallo.
Nella parte destra sempre della controfacciata compare un’urna cineraria forse romana o ancora più antica posta su un blocco di pietra usata credo come acquasantiera.
Il presbiterio è rialzato di un gradino, l’altare è centrale e nel catino absidale campeggia una croce sovrastata da una tavola con una Madonna orante che è la copia dell’originale “Signorelliana” che era presente in questa chiesa e si salvò miracolosamente dalla rappresaglia tedesca che fece saltare la chiesa.
Alle spalle dell’altare un tabernacolo a muro in pietra serena a forma di tempio con timpano.
Alla sinistra una nicchia contiene gli oli sacri.
Fonti documentative
Santino Gallorini – I Borghi della montagna cortonese – 2021
Dizionario Corografico della Toscana pag. 330
Giovanni Muzi – Memorie ecclesiastiche e civili di Città di Castello – 1842
https://chieseitaliane.chiesacattolica.it/chieseitaliane/schedaca.jsp?sercd=51253
Mappa
Link alle coordinate: 43.3384118,12.1184273