Pieve de’ Saddi – Pietralunga (PG)

La Pieve si trova sulla Via Francigena ed i locali della canonica sono ora destinati ad ostello per i pellegrini.

 

Cenni Storici

Il complesso architettonico di origine romanica, è posto su un crinale a dominio di una estesa e splendida vallata, in posizione baricentrica rispetto al triangolo formato da Città di Castello, Montone e Pietralunga ed è considerata la culla dove il cristianesimo si diffuse in maniera radicale per tutto l’alto Tevere.
Saddi (l’antica Shaddi umbra) che cambierà il nome in Pieve de Saddi (nel significato più comune di Pieve dei Santi) è la più antica chiesa della diocesi tifernate, sotto il basamento della quale è stato rinvenuto materiale archeologico significativo inerente forse ad un tempio pagano di epoca romana; riprova di questa affermazione ci sono i molteplici resti di epoca romana ancora oggi visibili.
Altra interpretazione del termine “Saddi“, è l’ipotesi che lo mette in relazione con “Casa Dei“, nel senso di un edifico sacro con annesso ospizio per l’accoglienza di poveri e viandanti, trasformato poi in “Ca’ Saddei” e quindi in “Ca’ Saddi” o semplicemente “Saddi“.
In questo luogo, la tradizione vuole che sia stato martirizzato il primo giugno 303 S. Cresenziano (o Crescentino), soldato romano, convertito, al cristianesimo, che venne esiliato da Roma durante le persecuzioni di Diocleziano.
Raggiunse ed evangelizzò Tiferno Tiberino, liberando la popolazione da un malefico drago, simbolo del paganesimo divenendo così il primo evangelizzatore dell’Alta Valle del Tevere.
Il prefetto Fiacco lo fece decapitare e il suo corpo viene sepolto alla Pieve de’ Saddi insieme ai suoi compagni di martirio: Giustino, Faustino, Veriano, Orfito, Grivicciano, Benedetto, Eutropio, Fortunato, Esuperanzio.
Il loro culto si diffonde presto ad Urbino, Arezzo, Gubbio.
Iconograficamente S. Crescenziano viene raffigurato, analogamente a San Giorgio, come un legionario romano a cavallo che uccide il dragone serpentiforme aiutandosi con una lancia.
La più antica immagine conosciuta del Santo è conservata alla Pieve de’ Saddi sotto forma di un bassorilievo in pietra, databile all’ultimo scorcio del XIII secolo, inserito nella parete sinistra della chiesa.
Sempre in questa Pieve il 13 novembre 599, moriva il grande vescovo Florido, il patrono della Chiesa Tifernate, assistito dai vescovi delle diocesi vicine: Arezzo, Perugia e Urbino.
Questo posto durante il periodo romano era un “Pagus” interessato da un reticolo viario, la cui direttrice era un diverticolo della via Flaminia.
Pieve de’ Saddi è una frazione, un tempo molto popolata, oggi pressoché abbandonata, che si trova in Comune di Pietralunga a confine con quello di Città di Castello, e che ha origini assai remote.
Al tempo degli Umbri era un piccolo villaggio di gente dedita alla pastorizia e al controllo della strada di comunicazione, utilizzata soprattutto per scambi commerciali e per la transumanza, che attraversava quel territorio.
La più antica attestazione della Pieve de’ Saddi risale al 1068 ed è relativa alla cessione del corpo di San Crescenziano al Beato Maginardo da parte del vescovo tifernate Fulcone.
Qui va aperta una parentesi in merito ad un fatto collegato a questa concessione, infatti quando il popolo Tifernate venne a conoscenza che il Vescovo Fulcone aveva concesso al beato Mainardo di trasportare il corpo del Santo ad Urbino, fatta eccezione per il capo, inseguì in armi gli Urbinati che, protetti da una nebbia miracolosa, giungono nella città marchigiana ed edificano un tempio al nuovo santo Protettore.
Nel 1077 il vescovo Teobaldo dona alla Canonica castellana “totum corpus ecclesie plebis Sancti Crescentini sita Saddi“.
Da una lettura delle architetture una parte della chiesa è databile intorno al XI secolo, ma una radicale trasformazione deve averla subita in seguito al terremoto del 1352 che devastò il territorio di Città di Castello provocando più di 3000 morti.
Lo storico di Città di Castello Giovanni Muzi, nel 1842 descriveva la chiesa e annotava che vi erano diversi stemmi della famiglia Vitelli e che a Giulio appartenne come Proposto Commendatario della Cattedrale durante il secolo XVI, facendovi diversi lavori migliorativi, per passare in seguito alla curia vescovile di Città di Castello.
Il vescovo Luca, eletto nel 1610, promuove la devozione verso San Crescenziano e trasferisce, il 2 giugno del 1613 con solenne processione, parte del “capo” del Santo dalla Pieve de’ Saddi alla Cattedrale di San Florido di Città di Castello, dove ancora oggi si conserva all’interno di un reliquiario ligneo in foggia di corona; a detto oggetto è collegata la pratica del “cerchiello” che ne prevede l’imposizione sul capo dei fedeli per ottenere la guarigione dal mal di testa.
Nell’inventario dei beni stilato il 20 dicembre 1727 viene fatta un’attenta descrizione degli altari tre dei quali si trovano nella navata superiore, come li vediamo oggi, l’altare maggiore e al lato destro l’altare del Rosario e a sinistra quello di Sant’Antonio; nella chiesa inferiore altri due, quello centrale dedicato a San Carlo Borromeo e a destra quello del sepolcro di San Crescenziano sopra al quale vi era la costola del Drago (probabilmente costole di balena o zanna di mammuth oggi custodita al museo diocesano di Città di Castello).
Da notare che l’interno della cripta fu completamente ammodernato dal Vescovo Giulio Vitelli agli inizi del XVI secolo.
Nelle Visite Pastorali dei primi anni del 1800 la chiesa viene trovata in condizioni pessime e nel 1876 risulta che niente di quello che era stato prescritto era stato fatto.
Gli ultimi lavori risalgono alla fine del 900 e agli anni 2000.
Oggi la Pieve è inserita nel percorso “La Via Francigena di San Francesco – La Via di Roma” promosso e realizzato da Regione Umbria, Regione Lazio, Opera Romana Pellegrinaggi e dai Cammini d’Europa G.E.I.E. e facente parte del grande itinerario di fede che parte da Vienna per raggiungere la tomba dell’apostolo Pietro a Roma.
Un percorso di oltre 270 Km che attraversa l’Umbria da Nord a Sud e la Pieve de’ Saddi si trova lungo la tappa che conduce da Città di Castello a Pietralunga e funziona come ostello per gruppi di pellegrini.
 

Aspetto esterno

La chiesa è posta in cresta ad una superficie collinare che degrada rapidamente verso est proprio dietro l’abside; questa è costituita da cinque dei lati di un ottagono.
L’elegante campanile a vela è realizzato con una muratura mista di mattoni e pietra squadrata; l’esile e slanciato paramento murario è provvisto di due aperture che terminano con archi a tutto sesto al di sopra dei quali un timpano coperto da un manto di coppi conclude la composizione.
Le due aperture ospita altrettante campane databili tra il XIII e XIV secolo ed entrambe recano un’iscrizione nella parte più alta: in quella di destra troviamo scritto:
MENTEM STAM SPM HRM DO ET PRIE LIBEROM“.
Caratteri molto simili si trovano in un’iscrizione lapidaria del 1260 conservata nel museo della cattedrale tifernate ed anche su un epigrafe del 1279, sovrastante il portale romanico della pieve di Pietralunga.
Nella campana di sinistra, di dimensioni leggermente inferiori, si legge:
MENTEM SANTAM SPONTANIAM ONOREM DEO PATR EME OE LIBERATIONEM” in caratteri più piccoli e con maggior rilievo “una mente naturalmente santa, (dette) onore a Dio e (offrì) liberazione alla patria“.
L’accesso alla chiesa avviene dai due portali di non particolare pregio, posti lungo le pareti laterali poiché nel cinquecento un intervento ha posizionato un nuovo corpo di fabbrica a contatto con l’originale facciata nascondendola definitivamente.
 

Interno

Si accede alla chiesa attraverso due porte nel lato nord e nel lato sud oppure dall’interno della casa passando per una stretta porticina; questi ingressi sono stati evidentemente ricavati attraverso murature di epoca precedente; le pareti portano testimonianza di altre due entrate: una porta murata nel lato Sud mostra la sua struttura ad arco in conci irregolari di arenaria, il livello d’ingresso di questa è molto al disotto del piano di calpestio attuale.
Nella parete di fondo due ampie finestre danno luce alle navate laterali, esse sono pressoché quadrate con strombatura tondeggiante all’interno.
La chiesa costruita su un precedente tempio romano ha un impianto di tipo basilicale; infatti si sviluppa in tre navate separate tra di loro da tre archi a tutto sesto sorretti da pilastri rettangolari.
La navata centrale termina in un abside a pianta semicircolare formato da cinque lati di un ottagono e conclusa in una struttura voltata a spicchi, nella chiave di volta si nota lo stemma di Giulio Vitelli.
L’aula è coperta da un tetto con capriate lignee sostituite nel 1986; lungo le navate laterali si trovano due scalette formate da cordonate di mattoni che conducono alla cripta, dove originariamente era situata la tomba di San Crescenziano.
Entrando dalla porta lato est nella vecchia facciata, sulla prima colonna troviamo un’acquasantiera in pietra con la lettera “V” a significare il Vescovo Vitelli, dopodiché nella navata centrale troviamo un massiccio ballatoio in legno e nell’ultima campata la porta interna che conduce ai locali ora dell’ostello e una statua della Vergineaffiancata da una lapide tombale.
Salendo verso l’altare dalla navata di destra notiamo due acquasantiere in pietra a servizio della porta di accesso alla chiesa lato sud, una posizionata sul muro e l’altra sulla prima colonna della navata, sovrastata da una lapide tombale.
Procedendo troviamo l’accesso alla cripta e sulla seconda colonna della navata un affresco in precario stato di conservazione databile intorno al XV secolo con una Madonna con Bambino e ai suoi piedi il committente a mani giunte; più avanti un confessionale e l’altare di destra con la statua di San Vincenzo Ferreri.
Il presbiterio è definito dall’abside ed è elevato di un gradino, nello stesso troviamo una macchina d’altare pre-Concilio con uno stemma cardinalizio e un altare in legno anteposta all’altare maggiore con un leggio in legno.
Nella volta dell’abside è disegnata la colomba dello Spirito Santo e uno stemma di Vitelli che ricorda la data 1522 quando Giulio rifece l’abside e la cripta.
Un altro stemma cardinalizio compare nella spalla sinistra dell’arco trionfale con una targa che commemora il Preposto Antonio Lignani che nel 1852 apportò delle modifiche.
Nella spalla destra sempre dell’arco trionfale si nota la traccia di un affresco non più leggibile.
Salendo nella navata centrale, nel pavimento, troviamo le pietre tombali che ricordano quando ancora le chiese erano destinate alla sepoltura dei morti.
Nelle seconde colonna che dividono le due navate, dove sono affrescate le due Madonne, all’interno delle stesse si notano resti di affreschi, nella colonna di destra il deterioramento del dipinto non consente un’individuazione del soggetto, ma alla base parrebbe di leggere la data 1589, mentre nella colonna di sinistra, dove è posizionata una mensola che probabilmente sorreggeva una qualche statua di Santo, si notano brandelli di affresco che sicuramente raffiguravano San Sebastiano, infatti qua e la si distinguono frecce nella carne.
Ridiscendendo nella navata di sinistra troviamo anche qui le scalette che conducono alla cripta e sempre nella seconda colonna si nota un altro affresco con una Madonna con Bambino seduta su un trono marmoreo lavorato, dal largo sedile e con lo schienale concavo; è vestita con un ampio mantello panneggiato sotto cui s’intravedono le pieghe dell’abito.
Anche questo affresco è databile intorno al XV secolo.
L’opera più importante conservata in questa navata è la più antica raffigurazione di San Crescentino, si tratta di un bassorilievo in pietra con il Santo raffigurato a cavallo la cui datazione è tra il XIII e il XIV secolo; il bassorilievo è posto all’interno di un’edicola con zoccolo sormontata da un timpano triangolare che rivela ancora oggi tracce di policromia e che rimanda all’immagine di un piccolo tempio stilizzato, attenendosi ad uno schema tipico delle steli funerarie romane dei primi secoli del cristianesimo.
La scena rappresentata nella formella raffigura il santo a cavallo con mantello e aureola che, con le briglie nella mano sinistra e la lancia nella destra, uccide il drago in forma di serpente; nel lato destro è presente un elemento vegetale e, nella parte superiore, sopra un elemento architettonico lineare con arcatelle, si intuiscono alcune figure spezzate che fanno pensare che l’oggetto fosse di dimensioni maggiori.
La navata termina con un altare sormontato da una statua di Gesù che mostra il suo Sacro Cuore.
 

La Cripta

Alla cripta si discende attraverso due rampe, pavimentate con un ammattonato di coltello e coperte, nella parte terminale con volticine in laterizio.
Si estende al disotto del transetto ed è, in questa parte realizzata con volte a crociera; nella zona absidale viene ripetuto lo stesso tipo di volta presente nella chiesa superiore, anche se a sesto più ribassato; lo stemma di Vitelli ne è la chiave.
Sei piccole finestre a feritoia, di cui due murate, danno luce all’ambiente.
Nell’abside vi è l’altare di San Carlo Borromeo in stucco alla romana e, nel volume sottostante al transetto, l’altare del sepolcro di San Crescenziano, in pietra, attraverso le grate in ferro sui tre lati è possibile vedere la botola entro cui erano conservate le spoglie del santo.
Una decorazione in stucco dalla forma di fronde incrociate, incornicia i resti di un affresco molto deteriorato raffigurante San Crescentino a cavallo nell’atto di uccidere il drago (affresco ora quasi non più leggibile).
La pavimentazione, realizzata con un mattonato a testa avanti, non e stata sostituita nell’ultimo intervento.
 

La Torre

La torre era in origine isolata e tutti i successisi addossamenti si rivelano per la mancanza di continuità strutturale delle murature e l’assenza di ammorsamento fra di esse.
La porta principale era quella che si apriva nel lato est; nella volta a botte del vano al piano terra è ancora visibile l’apertura attraverso la quale si accedeva ai livelli superiori tramite una scala a pioli; ad esso si giunge, attualmente, attraverso una porta aperta nel lato sud quando altri edifici si addossarono alla torre.
L’intervento del 2004 ha ripristinato, nello spazio al disopra della volta a botte, il solaio ligneo intermedio riproponendo un secondo livello; la trave centrale, originale, è stata conservata.
Le tracce di un ulteriore solaio si possono leggere nella discontinuità dell’intonaco e nella presenza di alcuni alloggiamenti della testa delle travi nella parte più alta della struttura ove sono ben individuabili le modifiche apportate alla nell’atto della costruzione dell’attuale tetto a capanna.
Le aperture che danno all’esterno conservano la loro forma originale e la tessitura muraria è perfettamente coerente con gli elementi costituenti le finestre stesse; fa eccezione una delle finestre in arenaria del lato nord di forma guelfa che è evidentemente stata allargata e sembra che da qui si affacciassero i Vescovi a benedire il popolo, che si raccoglieva a Saddi durante le feste in onore di San Crescenziano.
Nella parete volta ad est, alla quale é stata poi addossata l’abitazione, un’ulteriore finestra, mostra un architrave decorato con una croce greca inscritta in una circonferenza (croce patente).
Questa torre in origine aveva funzioni di avvistamento, ma con il cambiare dei tempi ha perso la sua funzione strategica e ha perso le caratteristiche per cui era stata costruita.
L’orientamento delle facciate della torre corrisponde esattamente ai punti cardinali.
Da alcune foto antecedenti la demolizione del 1957, si nota, sulla facciata ovest, una mensola costituita da pietra forata; era forse uno degli elementi tipici dell’architettura romanica che serviva per sostenere il palo cui venivano appesi i tendaggi all’esterno e, in effetti, dalla fotografia si vede una disposizione di pietre cantonali nell’immediate vicinanze che fanno pensare alla presenza di un’apertura tamponata in epoca imprecisata.
Secondo un anziano abitante del luogo, quando si vedeva il sole passare attraverso il foro, era mezzogiorno e, stante l’orientamento del prospetto, ciò corrisponde esattamente vero; in particolare, il leggero aggetto della torre rispetto alla facciata ove era collocata la mensola, permette di dire che era mezzogiorno esatto quando la luce che passava attraverso il foro veniva proiettata sullo spigolo della torre.
la ricostruzione del modello tridimensionale del fabbricato, abbinata ad una tecnica fotogrammetrica, ha permesso di determinare, con buona approssimazione, la posizione della mensola e di ricostruire l’andamento dell’ombra nei solstizi e negli equinozi.
 

La Canonica

Questa è la parte della struttura che ha subito il maggior numero di modifiche nel corso dei secoli, ma le modifiche radicali le ebbe in seguito ai lavori eseguiti da Giulio Vitelli nel 1520 quando per ricavare i suoi appartamenti abbatté almeno parzialmente, la facciata della chiesa.
Probabilmente la chiesa era arredata con un nartece che fu abbattuto per realizzare il vestibolo rettangolare con volta molto ribassata e lunettata il quale mostra peducci in arenaria recanti il vitello con la penna e le lettere IV, simbolo ed iniziali del vescovo Giulio Vitelli.
La volta di copertura dell’altro vano al piano terra, va ad adattarsi nello spazio compreso tra la chiesa e la preesistente volta a botte.
Da questa stanza si diparte la scala sulla cui sommità si trovava uno stemma dei Vitelli in maiolica cromata datato 1521.
 

Fonti documentative

Istituto Tecnico per Geometri “Ippolito Salviani” Città di Castello – Architettura e Territorio N° 10 – Pieve de’ Saddi un luogo alle origini del Cristianesimo alto tiberino – 2011
S. Del Longo – San Crescenziano di Città di Castello – cit. pag 198

https://www.beweb.chiesacattolica.it/edificidiculto/edificio/38006/Chiesa+di+San+Crescenziano#action=ricerca%2Frisultati&dominio=2&ambito=CEIA&advanced=true&locale=it&comune=PIETRALUNGA

http://pietralunga.infoaltaumbria.it/Scopri_la_Citta/Dintorni/Pieve_de__Saddi.aspx

 

Mappa

Link coordinate: 43.424272 12.366014

Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>