Palazzo e Palazzetto Urbani – Monte San Martino (MC)
Cenni Storici
L’inizio della costruzione del Palazzo porta la data del 1459. Nel tempo di Ser Marino Urbani, notaro. Il progetto, di scuola fiorentina, è realizzato secondo i canoni del Brunelleschi, così come ricordati dal Vasari, che sono applicati alla lettera in ogni sua parte, dai piani nobili al mezzanino, dalle cantine alle cucine, dalla lavanderia al sistema di raccolta delle acque piovane. La sua razionalità estrema lo rende simile ad una cittadella autosufficiente. La sobrietà imponente delle sue linee e l’eleganza delle proporzioni in un contesto così insolito come la provincia marchigiana, dovevano ricordare a tutti il primato di chi lo abitava. Si può solo immaginare quale fervore di arti e di pensiero deve aver suscitato l’apertura del cantiere di tale opera in un luogo così minore, seppure dalla storia antica, reso, dalla cultura e sensibilità dei suoi Signori, partecipe di un’epoca irripetibile quale è stata il Rinascimento.
Palazzo Urbani subisce nei secoli tre adeguamenti , sia per le esigenze della famiglia sia, soprattutto, per il variare del gusto estetico che segue il cambiamento della cultura, delle arti e dei costumi. Il primo intervento è di inizio ‘700. La mondanità, la laicità del rococò, del paesaggio pittoresco entrano a Palazzo Urbani e tutti gli ambienti residenziali sono decorati a tempera con la tecnica del trompe l’oeil, sia nelle pareti che nei soffitti, in molte parti ancora conservati. Il secondo è di fine ‘800, con carta da parati dai colori e fantasie incredibili in tutte le pareti. Poco più tardi tutti gli ambienti verranno dotati della luce elettrica. Il terzo, che lo salverà appena in tempo dalla rovina totale , iniziato nel 1985 è tutt’ora in corso ed è stato il più invasivo per la condizione di degrado da cui si è partiti. Tutti gli interventi precedenti hanno solo coperto il preesistente così che ogni epoca è ancora in parte leggibile e l’impianto rinascimentale originario è pressoché intatto.
Gli Urbani di Monte San Martino sono il ramo marchigiano (l’altro è toscano) degli Acuto Urbani, nobile famiglia di Spello in Umbria ( Scorza. Enciclopedia araldica italiana) a sua volta discendente da una delle sette famiglie di principi tedeschi lasciati a Spello da Ottone I di Sassonia nella sua seconda campagna in Italia (962-964) (bollettino della deputazione di storia patria per l’Umbria vol. 73 pag. 250). I motivi della diaspora della Famiglia sono oggetto di ricerca ma, con il titolo nobiliare di Conti, gli Urbani, probabilmente assegnatari di un feudo, devono essersi insediati a Monte San Martino già prima del XIV secolo, epoca a cui risale il primo Palazzetto Urbani. La potenza della famiglia deve accrescersi sempre di più se già nel XV secolo è in grado di sostenere lo sforzo finanziario per la costruzione di questo secondo Palazzo e se ,negli stessi anni, commissionano a Carlo e Vittore Crivelli e ad altri artisti le opere che arricchiscono le chiese del paese. L’influenza della casata, sempre legata allo Stato Pontificio ed alle più alte gerarchie della Curia Romana, da cui otterrà una infinità di privilegi ed incarichi prestigiosi,si protrarrà sostanzialmente inalterata ed incontrastata fino alle soglie del XX secolo.
Palazzetto Urbani. Sec. XIV.
Palazzo Urbani, dopo decenni di abbandono e spoliazioni per mano di chi crede che ereditare significhi solo consumare piuttosto che, soprattutto, preservare , e ad opera dell’indifferenza ed ignoranza dei più, alla fine degli anni ’70 era oramai, in molte sue parti, solo macerie. A resistere, stoicamente, i muri perimetrali. La determinazione, a tratti anche incosciente, di salvarlo dalla rovina totale scaturisce, oltre che dall’amore incondizionato per un luogo bellissimo, dalla volontà e l’impegno faticoso di voler imparare a scorgere nelle cose quello che gli altri non vedono, con tanti dubbi, tanti timori. La vita poi concede un’opportunità a tutti, basta non farsi cogliere distratti. L’entusiasmante impresa di affidare le energie,le passioni, l’amore, l’intelligenza, la fatica di cui siamo capaci a qualcosa di unico che testimoni di noi oltre il tempo che ci è concesso. E’ così che avvengono le cose migliori, è così che Palazzo Urbani è salvo. In prestito, per un tratto di una strada che viene da lontano e che lontano proseguirà, oltre le esistenze dei singoli che hanno avuto, hanno e avranno il privilegio di abitarvi. In una pagina del diario di una giovane della borghesia di metà ottocento del luogo si legge: ” questa sera ballo a Palazzo Urbani”. Appunto. E’ tempo che Palazzo Urbani torni a vivere.