Palazzetto Branconi – Montegallo (AP)
Cenni Storici
Il Palazzetto Branconi, attualmeente sede della Casa del Parco Nazionale dei Monti Sibillini e del Centro di Educazione Ambientale di Montegallo (C.E.A.), si presenta con una armoniosa e caratteristica facciata i cui elementi costitutivi sono organizzati in base ad una logica compositiva semplice ed efficace. Le traiettorie orizzontali delle cornici marcapiano partiscono la superficiein tre fasce la cui ampiezza diminuisce progressivamente dal basso verso l’alto, ponendo nel debito rilievo la fascia basale che accoglie il portale d’ingresso. Il portale stesso e le finestre sosno disposti lungo tre assi: un asse centrale e due assi simmetrici lateriali. Tutta la superfie muraria presenta una tessitura di grande accuratezza. Gli elementi decorativi spiccano all’attenzione perchè consistono in massima parte di elementi cinquecenteschi di reimpiego, con tutta probabilità derivanti da uno o più edifici distrutti dell’antica Balzo, situata sul soprastante colle del Monte. Il portale è caratterizzato da un architrave monolitico sormontato da un singolare sordino lobato, arricchito sugli apici centrali da una lievissima figura gigliata. Sulla superficie del blocco campeggia l’iscrizione: INVIDIA DIO E NON COMPASSIONE / 1640. Il significato del motto può essere così reso: Non avere un atteggiamento lacrimoso e reverente, piuttosto sforzati di conformare la tua anima all’immagine di Dio. Da notare che per un errato calcolo di impaginazione lo scalpellino anticipò la E di Compassione allo spazio attualmente occupato dalla penultima lettera. Elementi decorativi di reimpiego (due rosette inscritte e un simbolo solare) si evidenziano sugli stipiti e a sinistra del sordino sommitale. Ai fianchi del portale si osservano due finestre rinascimentali di reimpiego, inferriate e di diverse dimensioni. Le cornici marcapiano – tutte di reimpiego, a parte ovviamente le membranture lisce che colmano alcune lacune – sono in massima parte formate da fasce scolpite a punte poliedriche ( o a punta di diamante), che si riferiscono a moduli decorativi diffusi nel Piceno a partire dal sec. XIV. Al primo piano si osservano tre semplici finestre trilitiche due delle quali, quelle cioè poste ai fianchi, sono ricavate all’interno delle luci di altrettante aperture di reimpiego. Particolarmente suggestiva la soluzione della finestra destra, che si stacca a rilievo insieme a due filari soprastanti entro l’area delimitata dalle centine e dai piedritti di una splendida bifora cinquecentesca: l’antica finestra, finemente modanata, è arricchita al centro da uno scudo lobato ad altorilievo nel cui campo si osserva, dall’alto verso il basso, una falce di luna, un monte a tre vette e un giglio stilizzato. Lungo l’architrave si evidenzia l’iscrizione: TIMENTI DEUM BEN(edicus) ERIT IN EXTREMIS (Colui che teme Iddio sarà benedetto nell’ora della morte). Al secondo pianosi osservano, ai lati, due ulteriori finestre rinascimentali di reimpiego, i cui vani hanno le stesse dimensioni dell’apertura centrale. La finestra destra mostra uno scudo centrale entro un cartiglio fluttuante originariamente datato: scudo e cartiglio non sono più leggibili. L’interno dell’edificio costituisce una straordinaria esemplificazione della casa patriarcale montegallese, perfettamente leggibile: al pianterreno, l’androne voltato con l’antica pavimentazione a lastroni, la cantina voltata a botte con il pavimento e la struttura basale formata dalla roccia viva sommariamente lavorata, ad esprimere la saldezza della struttura, solidamente ancorata alle prominenze del terreno; la angusta scala originale di collegamento ai piani superiori; la cucina con il semplice e suggestivo camino: la tratta liscia è evidenziata da una modanatura sommitale, e insiste su due mensole a voluta le cui facce anteriori, inquadrate da un listello piatto a rilievo, accolgono, in alto, una forma ondulata a punta e, in basso, un finissimo mezzo fiore a tre petali; a sostenere le mensole, due colonnine a sfaccettatura semipoligonale; intorno all’area del camino, gli arredi antichi: gli scaffali e lo scolapiatti di legno, il lavandino centinato, la credenza. Qua e là piccoli, eloquenti segni di rilievo: al primo piano, una mensola cinquecentesca di camino cha fa da appoggio all’architrave di legno della porta di ingresso: entro un campo delimitato da due listelli piatti a rilievo, si evidenzia una falce di luna e un’altra sottostante profilatura solo in parte leggibile; al secondo piano, si osserva un’anfora murata richiudibile che custodiva i risparmi famigliari; infine, è degna di nota una mensola che reimpiega l’archivolto tribolato di un’antica finestrina.