Oratorio di San Pietro Martire – Rieti

La cappella si trova all’interno della caserma Verdirosi e normalmente non è visitabile.

 

Cenni Storici

L’antico convento dell’Ordine Domenicano dei Predicatori di Rieti ospitò, fino al 1576, la Confraternita dei mercanti, intitolata a San Pietro Martire.
Fra il 1326 ed il 1432, i confratelli ottennero il privilegio di erigere tre cappelle presso la chiesa di San Domenico e di edificare nelle adiacenze del convento un Oratorio che, fra il 1552 ed il 1554, fu affrescato dai fratelli Bartolomeo e Lorenzo Torresani.
Il primo incarico fu conferito da Bernardino di Lone nel 1552 a Bartolomeo Torresani, gli commissionò l’affresco di San Pietro martire su uno dei due altari laterali dell’oratorio di San Domenico e si fece ritrarre inginocchiato, in veste di penitente, ai piedi dell’effigie del Santo protettore della Confraternita.
Il tema prescelto fu “Il Giudizio Universale” che si snoda lungo tre pareti dell’Oratorio, sviluppandosi fin sulla volta a crociera.
Il 26 marzo 1552, Bartolomeo, anche a nome del fratello, stipulava il contratto che prevedeva il completamento del lavoro entro due anni, il prezzo pattuito fu di 400 scudi, l’opera fu terminata il 10 settembre 1554.
L’ultima rata di 100 scudi fu ricevuta da Bartolomeo il 30 dicembre 1555.
Bartolomeo e Lorenzo Torresani dimostrano di conoscere e imitare i grandi modelli del Beato Angelico, del Signorelli e di Michelangelo, riproponendo alcuni elementi che costituiscono citazioni della Cappella di San Brizio del Duomo di Orvieto e della Cappella Sistina di Roma.
Dimostrano invece grande originalità e competenza dottrinale rappresentando i santi più cari alla devozione locale mentre, al di sopra di una compatta cortina di nubi, s’impegnano a salvare le anime dei fedeli che si affidano alla loro protezione.
È particolarmente significativa la corrispondenza cronologica fra l’esecuzione dell’affresco (1554) e il dibattito sulla salvezza delle anime, intrapreso al Concilio di Trento (1545-1563) per controbattere le tesi luterane che negavano il concetto di santità e la funzione di intercessione che i santi continuano ad avere nel Cattolicesimo.
Nel 1574, le pitture realizzate venti anni prima dai fratelli Torresani rischiarono di essere distrutte, poiché il Visitatore Apostolico monsignor Pietro Camaiani giudicò negativamente i nudi. Ritenendo che queste immagini potessero turbare soprattutto i laici, non in grado di comprenderne il senso allegorico, i Padri Domenicani proposero allora alla Confraternita di San Pietro Martire di trasferirsi presso la vicina chiesa di San Matteo all’Isola.
 

Aspetto

La parete di fondo è occupata dalla scena centrale del Giudizio.
In alto, al centro della composizione è San Pietro Martire tra altri santi, si riconoscono a sinistra Santa Barbara con la torre, a destra Disma il buon ladrone raffigurato in forme erculee mentre sorregge la sua croce, e Sant’Antonio abate, con il bastone a Tau.
I Santi aiutano le anime a salire al di sopra del sottile strato di nuvole che delimita il paradiso. Sotto, al centro uno stuolo di angeli che suonano le trombe annunciando la fine del mondo e chiamano i morti alla resurrezione; un angelo apre il libro del giudizio che contiene la sentenza di condanna “andate, maledetti, nel fuoco eterno“.
In basso, a sinistra gli eletti si preparano a entrare in paradiso.
Sulla parete sinistra è descritta la scena della resurrezione dei corpi.
I beati sono ritratti in preghiera o in estasi; ricevono dagli angeli la corona della gloria e, al suono celestiale dell’orchestra angelica, aiutati dagli angeli e dai santi si avviano verso il Cielo.
Nella scena in basso a destra le schiere dei dannati si accalcano sulla riva dell’Acheronte, il fiume infernale; Caronte provvede a traghettare con la sua barca i reprobi verso la città di Dite.
Un diavolo con la frusta e altri demoni psicopompi accelerano le operazioni di sbarco, insensibili alle strazianti scene di disperazione.
La visione infernale continua nella parete a fianco con l’immane carnaio dei puniti.
Gli angeli guerrieri, con corazza e spada, fanno precipitare i dannati nella caverna di Lucifero; i reprobi sono accolti da demoni torturatori e da serpenti velenosi.
Nella prima vela sopra l’altare è visibile il Giudice in un luminoso campo d’oro, seduto sull’arcobaleno della nuova alleanza.
L’impostazione delle braccia è una citazione del Cristo della Sistina.
Il Giudice è circondato da una ghiera di cherubini, a sinistra sono raffigurati, con una vasta laguna, i Profeti, a destra gli Apostoli.
Nella vela di sinistra sono raffigurati personaggi biblici, in quella di destra Santi martiri, vi si riconoscono San Biagio col pettine da cardatore, San Lorenzo con la graticola, Santo Stefano e San Sebastiano; all’estremità della vela sono raffigurati i Santi martiri innocenti.
Nella vela opposta al Cristo Giudice quattro angeli esibiscono i simboli della Passione, a sinistra i Patriarchi, a destra i Dottori della Chiesa.
Nello spessore dell’arco è notevole una raffigurazione di Mosè evidentemente mutuata dalla stata di Michelangelo conservata in San Pietro in Vincoli.
Probabilmente la realizzazione delle vele della volta va attribuita prevalentemente a Lorenzo Torresani, mentre a Bartolomeo vanno assegnati in prevalenza gli affreschi delle pareti; in ambo i casi è probabile che all’opera, eseguita in un lasso di tempo relativamente breve, abbiano contribuito i figli di Lorenzo, Alessandro e Pier Francesco.
Sulla parete destra dell’oratorio, come detto, si trova la raffigurazione e di san Pietro Martire.
San Pietro da Verona è ritratto sotto un baldacchino multicolore, indossa una tonaca bianca e il mantello nero dei Domenicani, la roncola in testa il pugnale piantato nel petto, ha in mano la palma segno del suo martirio, il libro sapienziale, il giglio emblema della santità di vita, due angeli lo incoronano.
In basso, a destra, è rappresentato il committente Gio. Bernardino Sanizi vestito con il sacco bianco della confraternita.
La raffigurazione è inserita entro un finto altare.
In alto, sotto il Volto Santo di Cristo, si legge la scritta: PETRUS AD THRONUM GLORIE / MARTYR PERVENIT INCLYTUS.
Sul pilastro di sinistra è dipinto il leone rampante dello stemma Sanizi.
Sul pilastro di destra si legge l’iscrizione: QUESTA OPERA / LA FACEA FARE / IO. BERNARDIN. / DE LONE / ANNO D.NI / M.D.LII. DIE X / FEBRUARII.
 

Fonti documentative

A. Maoli, Lorenzo e Bartolomeo Torresani – Tra l’Umbria e la Sabina, Rieti 2020
A. Sacchetti Sassetti, Lorenzo e Bartolomeo Torresani: pittori del secolo XVI, Roma 1932.
 

Nota

La galleria fotografica ed il testo sono stati realizzati da Silvio Sorcini.
 

Nota

Ancorché di proprietà comunale si trova all’interno della caserma Verdirosi e normalmente non è visitabile, si ringrazia tutto il personale della caserma per la cortesia e la disponibilità dimostrate.
 

Da vedere nella zona

Rieti sotterranea
 

Mappa

Link alle coordinate: 42.40326935362914, 12.855951903153434

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