Oratorio di San Crescentino – Morra di Città di Castello (PG)

La chiesa contiene un ciclo di affreschi del Signorelli e della sua bottega.

 

Cenni Storici

Poco distante dal centro abitato di Morra, sviluppatosi attorno alla romanica Pieve di Santa Maria, sorge l’Oratorio di San Crescentino, costruito nel 1420 per soddisfare le esigenze di culto dell’omonima Confraternita e ampliato nella forma attuale nel 1507, come ricordano le iscrizioni murate sulla facciata.
In origine la cappella era intitolata alla Vergine Maria (AVE MARIA DOMINUS TECUM), come recita una scritta sull’architrave del portale, a sottolineare la rintitolazione dell’Oratorio alla Madonna, oltre che a San Crescentino, evangelizzatore e martire.
L’edificio si presenta come un vero scrigno d’arte che custodisce al suo interno un interessante ciclo di affreschi databili ai primi anni del ‘500 attribuiti al pittore Luca Signorelli e alla sua bottega.
La maggior parte della critica colloca l’impresa pittorica tra il 1507 e il 1510.
La tradizione vuole che il pittore, spostandosi dalla natia Cortona a Città di Castello per far fronte alle molteplici commissioni di lavoro, si fermasse a Morra, abituale luogo di sosta dei viandanti.
Come ricorda una lapide affissa all’esterno l’oratorio venne originariamente costruito nel 1420 per soddisfare le esigenze di culto della Confraternita di San Crescentino, sorta verso la metà del XIII secolo; questo sodalizio, oggi denominato “del Santissimo Sacramento della Madonna di San Crescentino di Morra“, continua ancora la sua attività devozionale.
Del primitivo edificio di culto, in alcuni documenti definito “piccillo oratorio” per le dimensioni ridotte, restano tracce nel locale adibito a sacrestia, decorato con affreschi databili al Quattrocento di notevole fattura, opera di un pittore anonimo di chiara ispirazione aretino-senese.
Una seconda lapide ricorda che l’oratorio originale dovette subire alcune modifiche, nonché un ampliamento, e che i lavori si sarebbero conclusi nel 1507.
Nel corso della seconda parte del ‘900, il ciclo pittorico del Signorelli fu oggetto di importanti restauri nel tentativo di riportare l’impianto decorativo al suo splendore originale.
II primo intervento (1975-1977) è legato alla figura del pittore, scultore e grafico tifernate Alberto Burri che, insignito nel 1973 del premio Feltrinelli per la grafica dall’Accademia dei Lincei di Roma, decise di devolverlo al finanziamento dei lavori di restauro delle opere del Signorelli.
Un secondo ciclo di restauri, avvenuto nel periodo 1991-1994, permise di riportare alla luce alcuni affreschi quattrocenteschi; vennero altresì consolidate tanto la struttura architettonica delle capriate, su progetto dell’architetto Giorgio Giorgi, quanto l’impianto generale degli intonaci (ad opera del pittori tifernati Alvaro e Nemo Sarteanesi) che risultavano seriamente danneggiati a seguito dl infiltrazioni d’acqua.
Con l’ultimo Intervento, conclusosi nel 2005 e finanziato dalla Regione Umbria e dalla Diocesi di Città dl Castello, si operò per un consolidamento della struttura ed un potenziamento a livello antisismico dell’edificio.
 

Aspetto esterno

Esternamente l’edificio presenta una struttura piuttosto semplice a capanna con conci di pietra arenaria, sovrastata da un campanile a vela a doppio fornice sulla parete destra arretrato rispetto alla facciata.
Il portale d’accesso all’Oratorio è sovrastato da una lunetta decorata con un motivo ad intreccio, unitamente ad un’iscrizione in onore della Madonna (AVE MARIA DOMINUS TECUM); al disopra si apre una finestra che garantisce la luce all’interno.
Lateralmente, l’edificio presenta due finestre di piccole dimensioni, le quali non dovevano far parte dell’impianto originario vennero infatti aperte solo nel Seicento.
Ai due lati del portale d’accesso all’oratorio, si notano due epigrafi recanti memorie storiche relative alla fondazione della struttura e alle sue modifiche posteriori.
L’iscrizione di destra attesta l’avvenuta edificazione dell’Oratorio per il 1420 su volontà della Confraternita che necessitava di un luogo di culto:
AD HONORE DELLA VERGINE MARIA 7 DEL BEATO SANCTO CHRESCENTINO CECHO DE STRVGA MEO DEL ZVCCHA MORELLO DA TOPPO 7 LIATRIDELLA COMPAGNIA PERLOR° DEVOZIONE FERO VNO PICCILLO ORATORIO A. D. MCCCCXX.
L’iscrizione di sinistra riporta la data del 1507 ed attesta una importante modifica dell’oratorio originale ed è a questo periodo si fanno risalire le opere ad affresco che ne decorano la parte interna, legate alla figura del Signorelli; la lapide così recita:
AD OHONORE DELA VERGINE GLORIOSA MARIA 7 DEL BEATO SANCTO CHRESENTINO AGNALO DE STRVGA. JACOMO DANIALO SEMONE DANVOVOE AVGVSTINO DI BINDO XPOFONO DIGVIDO EGVIDODATOPPO 7 LIATRI DELLA DEVOTA COM PAGNIA QVESTO ORATORIO REDIFICORONO PER LORO DEVO ZIONE A.D. MCCCCC VII.
Nella parete di fondo esternamente si nota una bellissima bifora in arenaria tamponata.
Sulla parete sinistra si apre una porta che sull’architrave riporta in simbolo di San Bernardino.
 

Interno

All’interno la struttura si presenta a navata unica coperta da una volta a capriate lignee.
Lungo la fascia decorativa corre sulle pareti si individuano numerosi interventi pittorici riconducibili in gran parte al cantiere guidato da Luca Signorelli.
Al cortonese e alla sua bottega è riferibile il ciclo ad affreschi raffigurante gli episodi della Vita di Cristo, la decorazione delle due nicchie laterali e di quella absidale.
Gli affreschi hanno subito negli anni numerosi interventi che ne hanno in parte modificato l’impostazione originaria.
Solo con i recenti restauri è stato possibile ricostruire l’intera cronologia del ciclo decorativo.
L’intervento signorelliano può essere collocato in un arco cronologico compreso tra il tra il 1504 e il 1510.
Secondo alcuni studiosi potrebbe essere stato compiuto in due tempi con l’apertura di due distinti cantieri, uno di poco posteriore all’altro ed entrambi legati alla stessa committenza: quella della famiglia Vitelli di Città di Castello.
Se si può solo supporre che il primo cantiere pittorico, dalla parete dell’abside fino alle nicchie laterali e probabilmente chiuso entro il 1507, fosse legato alla riabilitazione della famiglia Vitelli, precedentemente costretta all’esilio, operata anche mediante ristrutturazioni di edifici quali oratori, chiese e monasteri, il secondo risulta espressamente legato a questa famiglia, per via del fregio decorativo a “vitelli” raffrontati su fondo blu che incornicia la decorazione delle pareti più prossime al portale.
La decorazione istoriata con immagini della Passione e morte di Cristo, si svolge lungo tutte le pareti nel registro più in alto, sopra un basamento dipinto a fingere una pannellatura in legno e marmo che più avanti diventa una fascia decorativa di diverso colore e diversi motivi ornamentali.
I due registri sono scanditi da cornici decorate a grottesche: in alto una fascia decorativa a motivi fitomorfi su sfondo alternato rosso e blu.
Sulla parete di sinistra sono affrescati i primi cinque episodi della vita di Cristo; sono visibili in stato frammentario l’Incredulità di San Tommaso, l’Ingresso di Gesù a Gerusalemme, l’Orazione nell’Orto, l’Ultima Cena e la Flagellazione, sicuramente l’affresco più interessante con i bellissimi nudi del flagellanti.
Quest’ultimo è sicuramente l’affresco più interessante della parete.
Qui il pittore torna a cimentarsi in uno dei terni favoriti fin dalla giovinezza, ripetendo la composizione della Flagellazione di Cristo, realizzata verso gli anni 1482-1484 circa e conservata a Brera, opera a sua volta ispirata, in parte, alla tavola di analogo soggetto di Piero della Francesca.
L’episodio costituisce di fatto l’inizio della Passione di Cristo, il cui corpo è ancora integro, non martoriato dai flagelli dei suoi aguzzini.
Gesù è raffigurato nel momento in cui viene legalo alla colonna, che ha un’altezza minore rispetti, a quella raffigurata nella tavola di Brera e nei capolavoro pierfrancescano.
E’ probabile che questa bassa colonna sia la raffigurazione di una venerata reliquia, alla quale si riteneva fosse stato legato Gesù, e che si conserva ancora oggi nella Basilica di Santa Prassede a Roma.
Intorno alla figura di Gesù si dispongono gli sgherri, la cui postura ricorda le danze dei satiri che spesso ornano i bassorilievi romani, in contrasto con l’atteggiamento di abbandono assunto dal Cristo.
Il candore del suo corpo, rispetto alle carni “bronzee” dei suoi carnefici ci ricorda quello dell’agnello sacrificale citato in alcuni passi delle Sacre Scritture mentre il suo silenzio contrasta con il clima concitato della scena.
Il pittore riesce a creare una sorta di sottofondo “sonoro“, quasi tutti i personaggi urlano tra loro, mentre Cristo tace: “Maltrattato, si è umiliato e non ha detto una parola quale agnello che si porta ad uccidere” (Isaia 53,7); Signorelli si dimostra dunque un grande conoscitore della Scrittura.
Nel registro inferiore frammenti di affreschi più antichi fra cui spicca un frammento con due figure di cui una con un libro in mano non identificabili, segue una Santa Barbara con particolare iconografia (calice e spada) e una frammentaria Madonna in trono con Bambino affiancata da San Rocco.
Accanto al presbiterio un quadro con affresco frammentario non definibile e subito dopo una grande nicchia in pietra che racchiude all’interno l’affresco di mano di Luca Signorelli con Madonna della Misericordia, di chiara impostazione pierfrancescana.
Ai suoi piedi sono in ginocchio membri della confraternita di San Crescentino, raffigurati con i volti coperti da un cappuccio e la schiena scoperta, ad indicare che si trattava di Flagellanti.
Il presbiterio è rialzato di due gradini diviso da una balaustra in legno e contiene ai due lati un coro in legno.
Sulla parete di fondo una cornice in pietra ornata con festoni di frutta e verdura racchiude una bella nicchia lapidea incorniciata da rosette lungo l’estradosso dell’arco che racchiude una statua della Vergine che schiaccia il drago, a sua volta inscritto in una fornice architravata con ai lati lesene scanalate e decorate a guisa di colonna corinzia, architrave a motivi decorativi diversi e cornice a ovuli, entro i quali è racchiusa una fascia ornata a volute e girali d’acanto a bassorilievo.
Intorno a questa nicchia si dispongono le figure dell’affresco signorelliano, in alto, quello che potrebbe ravvisarsi in un Padre Eterno, è in realtà Gesù con l’attributo apocalittico del libro aperto sull’Alpha e sull’Omega, disposte al contrario poiché legate non al Padre, ma al Figlio che, con la sua morte apre la via alla Vita eterna e quindi ad un nuovo inizio.
La solenne rappresentazione di Cristo è enfatizzata dalla presenza ai lati di due angeli, uno dei quali è riconoscibile come l’Arcangelo Gabriele.
In basso, sono raffigurati Santa Maria Maddalena (a sinistra), realizzata prendendo a modello il cartone utilizzato da Signorelli per la Maddalena nel Duomo di Orvieto, ed un altro santo, riconoscibile come San Lazzaro (a destra il mendicante) della parabola del Ricco Epulone (Vangelo di Luca), protettore dei lebbrosi.
Ai due lati della nicchia absidale due porte con cornici in pietra arenaria conducono in Sacrestia dove è conservata la parte più antica dell’edificio.
La sacrestia dell’Oratorio è quanto rimane dell’originale “piccino oratorio” fatto costruire nel 1420 dalla Confraternita di San Crescentino.
Internamente presenta ancora oggi una decorazione ad affresco databili al primo quarto del Quattrocento, opera di un pittore presumibilmente locale di chiara ispirazione tardogotica aretino-senese, il che non dovrebbe stupire data la posizione di Morra, prossima alla vicina Toscana.
Oltre alla decorazione della parete di fondo, in cui sono riconoscibili un’Annunciazione, una Crocifissione, una Madonna della Misericordia attorniata, come nel caso di quella dipinta dal Signorelli, dai membri della Confraternita; i recenti interventi di restauro hanno portato alla luce parte della pavimentazione originaria dell’oratorio e una porzione della decorazione della parete destra.
Su questa sono affrescati San Crescentino, protettore di Città di Castello e titolare dell’oratorio, nell’atto di combattere il drago e una Santa Caterina d’Alessandria.
Scendendo sulla parete destra lungo la cornice in alto si susseguono altri cinque episodi legati alla Passione e Resurrezione di Cristo quali la Crocifissione, la Deposizione dalla Croce, la Discesa nel Limbo, la Deposizione nel sepolcro e la Resurrezione.
In corrispondenza di quella sulla parete di fronte, un’altra nicchia contiene al suo interno la rappresentazione della Madonna di Loreto seduta sotto ad un baldacchino in forma di trono sorretto da angeli.
Tra i numerosi affreschi, si riconosce l’intervento diretto del Signorelli in quelli della parete di fondo (nicchia absidale) e delle due nicchie laterali (Madonna della misericordia a sinistra; Madonna di Loreto a destra), mentre nelle scene cristologiche alle pareti sarebbe ravvisabile l’intervento dei suoi collaboratori.
Gli affreschi di Morra rappresentano una sorta di “riconquista” del territorio altotiberino da parte del pittore.
Impegnato ad Orvieto tra il 1499 e il 1504, Signorelli si era allontanato da Città di Castello, offrendo cosi un’opportunità di lavoro nel centro tifernate al giovane Raffaello.
Nel registro inferiore della stessa parete destra dopo la nicchia Signorelliana un affresco di una Madonna con Bambino e un Pulpito in legno.
Vicino alla controfacciata un confessionale e una recente tela raffigurante San Crescentino a cavallo che trafigge il drago.
In controfacciata una bella acquasantiera.
 

San Crescentino

San Crescentino o Crescenziano, soldato romano martirizzato sotto l’imperatore Diocleziano nel 303, è ritenuto tradizionalmente uno dei primi evangelizzatori dell’Alta Valle del Tevere.
Secondo la Passio del martire, risalente al VII secolo, il santo giunse nel territorio tifernate dove uccise un feroce dragone che ammorbava con i suoi miasmi la vallata e uccideva i contadini.
Una tradizione locale colloca l’episodio proprio a Morra.
La belva rappresenterebbe non solo l’idolatria sconfitta da Crescentino, ma anche il simbolo della furia distruttrice delle acque, in particolare delle frequenti e disastrose piene del Tevere, registrate in queste zone nel corso dei secoli.
I santi uccisori di draghi o di serpenti costituiscono una nutrita schiera nell’agiografia cristiana e sono legati ad antichi culti acquatici.
Le reliquie di San Crescentino sono custodite a Città di Castello e ad Urbino.
Nella cripta del duomo tifernate è conservato il suo capo: una devota consuetudine vuole che con una speciale benedizione e l’imposizione della reliquia sulla testa i fedeli guariscano dall’emicrania.
In data 1 marzo 2005, sotto il patronato della chiesa anglicana, è nato un ordine cavalleresco denominato “The noble order of Saint David of Wales, Saint Alban and Saint Crescentino“.
 

Le Confraternite

QUESTO HUOMO VESTITO DI SACCO, CINTO DI FUNE CON UNA DISCIPLINA IN MANO...”.
Le confraternite erano associazioni, maschili e femminili, nate a scopo caritativo e di preghiera.
Coloro che vi aderivano erano impegnati in attività di beneficenza e di culto senza, tuttavia, avere l’obbligo dei voti e della vite cenobitica.
Per questo erano secolari a tutti gli effetti, distinti cioè dai regolari (monaci e frati) che, al contrario, erano sottoposti al rispetto di una Regola.
Nel Duecento alcuni di questi sodalizi si distinsero per la pratica della flagellazione collettiva sull’esempio del movimento mistico dei Disciplinati fondato a Perugia nel 1260 da Ranieri Fasani (il nome rinvia chiaramente all’uso della disciplina, cioè della frusta).
Da questo momento, quindi, la mortificazione corporale, che già i Concili del V e del VI secolo prescrivevano ai monaci come strumento di punizione privata, assunse una dimensione pubblica.
In essa si volle indicare uno dei modi per placare la collera divina che, secondo l’immaginario collettivo del Medioevo, si abbatteva sull’umanità peccatrice nei modi più disparati sotto forma di guerre, carestie, epidemie e calamità di ogni genere.
Nell’affresco signorelliano della Madonna della Misericordia situato nella nicchia della parete sinistra l’apertura sulle spalle delle tuniche indossate dai confratelli raccolti attorno alla Vergine induce a pensare che la pratica della fustigazione fosse in uso, in origine, anche presso la Confraternita di San Crescentino.
 

Fonti documentative

SIMONA BECCARI – SILVIA PALAZZI – La valle del Nestore. Morra, Città di Castello 2006, pp. 9-27;
SARA BORSI – Luca Signorelli a Città di Castello e a Morra: committenti e opere tra Quattrocento e Cinquecento nell’altotevere umbro in “Pagine Altotiberine” n. 46, pp. 11-58;
SARA SORSI – VALENTINA RICCI VITIANI – Luca Signorelli, itinerari in Umbria, Milano 2012, pp. 32-35;
SARA BORSI – Luca Signorelli e bottega a Morra: il ciclo affrescato di San Crescentino, in Luca Signorelli a Città di Castello, Città di Castello 2013, pp. 89-110;
SARA BORSI, Luca Signorelli a Morra: nuove indagini, in Burri e Signorelli, Città di Castello 2016, pp. 47-52.
Volantino FAI 2017
 

Da vedere nella zona

Pieve di Santa Maria
 

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