Mulino Ernesto Angelini – Acquasanta Terme (AP)
Cenni Storici
Da ricerche effettuate da Don Virgilio Cognoli, (pubblicate in un suo libro) e dalla signora Patrizia Castelli (la cui tesi di laurea ha come oggetto i mulini ad acqua dell’alta Valle del Tronto), già nel 1504 un mulino è situato sul fosso di Piedicava, detto anche di fosso di Annicciano (in rigo de Pede Cavarum sive lu Rigo d’Anniciano); Cicco Luce di Torre Affinili ne vende la propria nona parte ad Antonio Mariani e soci de Pede Cavarum. Nel 1693, Donna Argeria di Piedicava, acquista il diritto sul fosso di Piedicava, da capo parato al mulino, per rimettere in piedi l’esercizio e macinare grano nel fosso del “Rivo del Stallo di Piedicava” vicino alla villa di Piedicava. Nel 1828 detto mulino è riportato attivo nell’elenco trovato nell’archivio storico del comune di Acquasanta Terme. L’opificio al 1° gennaio 1835, costituito dal solo piano terra, con un solo palmento (macina) ed annessa gualchiera (macchina idraulica con magli per follare tessuti e pelli e conferire loro una consistenza simile al feltro), era intestato al Sig. Parnarelli Gaetano Saverio. In vista del ripristino della tassa sul macinato, compare nell’elenco redatto il 4 settembre 1867 dal comune di Acquasanta terme, descritto come molino da grano con una ruota, posto in contrada sotto Piedicava, il cui proprietario era il Sig. Vannarelli Salvatore. Nel 1913 il mulino di Piedicava fu acquistato da Angelini Luigi Raffaele detto Ernesto (mio nonno) che, in vista di una maggiore produzione lo ampliò portandolo da una a due macine e per esigenze abitative della sua famiglia lo sopraelevò, realizzando l’abitazione al primo piano.
Abitazione del mugnaio
Nel 1914, come riportato dalla scritta originale sulla “matrimonia” (tramoggia), riprese l’attività che fu proseguita poi dal figlio Guido (mio padre), ininterrottamente fino alla fine degli anni sessanta, del secolo scorso. Con l’avvento dell’era industriale, l’attività è andata scemando fino a divenire inesistente, il mulino però non ha mai smesso di funzionare, perché mio padre con caparbietà, passione e consapevolezza di avere un bene da salvaguardare, ha continuato anche se saltuariamente, a macinare e a fare tutte le manutenzioni di cui aveva bisogno. È stato soprattutto in quegli anni, aiutando mio padre, che anche in me è tornata fuori quella passione e quella consapevolezza (avute fin da piccolo, visto che li ci sono nato), così quando lui è venuto a mancare, sono rimasto forse, l’ultimo vero mugnaio della zona, continuando l’attività di famiglia da quasi cento anni.