Mulino di San Venanzio – Raiano (AQ)
Cenni Storici
Un susseguirsi di scale e passerelle in legno, che dal piazzale di San Venanzio scivolano giù lungo la sponda destra dell’Aterno, è il sentiero che porta al vecchio mulino. Una passeggiata immersi nel verde, accompagnati dallo scrosciare dell’acqua che si fa sempre più intenso, ci permette di osservare l’antico canale di adduzione del mulino e la ramificazione del sistema di canalizzazione dell’acqua. Prezioso elemento di archeologia industriale, il vecchio mulino fu costruito all’uscita della gola di San Venanzio, dove l’acqua del fiume perde un po’ di vigore e si lascia governare con più facilità. Ciò che resta dell’opificio è un monumento a memoria di quella civiltà rurale che a Raiano, come in tutto l’Abruzzo interno, ha resistito a lungo alla modernità, ma che pure aveva bisogno di strumenti ingegnosi per la trasformazione dei prodotti della terra. Colpisce l’assoluta armonia tra l’impianto e l’ambiente circostante. Sul prospetto dell’edificio sono ben visibili i tre archi in pietra per il passaggio dell’acqua e l’alimentazione delle pale che azionavano le macine all’interno.
1706: terremoto in cui rimasero vittime otto donne e al quale seguirono non pochi rifacimenti nel vecchio borgo nel corso del ‘700(Fucinese)
1715: per debiti Raiano venne venduto a pubblico incanto e nel 1715 ad istanza dei creditori e l’acquistò per 30100 ducati un Francesco Recupito che prese il titolo di marchese di Raiano, e i Recupito furono gli ultimi feudatari.
1915: terremoto che provocò numerosi danni alle strutture.
I resti del mulino si collocano sul versante destro dell’alveo fluviale che scende verso valle. A guisa di ponte, a monte del mulino, si staglia l’eremo di San Venanzio. Tutt’intorno una natura boscosa. Gli effetti visibili sulla roccia, rappresentati da molature e fossette di erosione idrica, testimoniano di un passato in cui le acque costituivano il protagonista ambientale del territorio in argomento.
Strutturalmente il mulino ad acqua univa una grande efficacia ad una reale semplicità: l’acqua captata più a monte era canalizzata e raccolta in una vasca. Da questa essa si riversava con impeto nella torre fino a raggiungere la cosiddetta ‘casetta’ del mulino, luogo dove l’acqua azionava i congegni permettendo alle macine di girare. Lo schema vasca, torre, casetta si ripeteva ma non mancavano differenze strutturali dovute a fattori contingenti ed alle differenti epoche di costruzione dei mulini. Dell’impianto originario oggi al mulino di Raiano sono visibili il canale di adduzione e di sfiato del mulino, la vasca di contenimento dell’acqua captata, un sistema di archi a livello del fiume che individua tre spazi rettangolari affiancati e coperti a volta e lacerti della mura tura perimetrale a quota 2.60. Antistante al paramento esistente, a nord,i resti di una scala di ingresso in pietra squadrata e roccia.”