Monastero di Santa Croce della Ficarella – Nocera Umbra (PG)
Opere d’arte del Monastero della Ficarella custodite a San Giovenale
Il nome del luogo è dato dalla presenza di un tale che era soprannominato proprio ” Il Brutto ” ma nulla ha a che fare con la bellezza del paesaggio.
Cenni Storici
Non si conosce l’origine della fondazione monastica, ma certamente la sua posizione nell’antica strada che portava ai Bagni di Nocera, conosciuti fin dalla civiltà umbra, e al territorio montano, come pure alcuni reperti della civiltà romana, indicano che il monastero è stato posto in un luogo già interessato dalla presenza umana e forse di tipo religioso pagano.
Il primo documento che ne parla è un privilegio del papa Innocenzo II (1130 1143), datato dal Laterano il 24 maggio 1139, dove tra la conferma dei possessi e dei diritti dell’Eremo di Fonte Avellana nel Comitato nocerino si cita al primo posto: “ecclesiam Sanctae Crucis de Straviniano“.
Per i due secoli successivi a Nocera non ci sono indicazioni sul monastero di Ficarella.
Nel secolo XIV, il monastero di Santa Croce della Ficarella è nominato nelle decime pontificie, con il titolo “ecclesia S. Crucis de Stravegano“(4008), “ecclesia S. Crucis de Stravignano“(4194 e 4283), “ecclesia S. Crucis” (4532), senza altra specificazione, ma versata dal rettore della chiesa, dompnus Salvus, eccetto il primo pagamento che non riporta il solvente.
Le notizie notarili del secolo XIV ricordano che il monastero è Priorato e dipende dall’Abbazia di Fonte Avellana; ha pochi possedimenti e movimenti economici e sociali, ad indicare la scarsa vitalità della fondazione; se ne descrive qualche avvenimento.
Una notizia riguarda un membro della famiglia Trinci di Foligno; nel suo testamento redatto nella propria casa di Stravignano, sul Colle, il 30 novembre 1415, sceglie per la sua sepoltura la chiesa di santa Croce di Stravignano.
Nel 1428 si roga un atto da parte di Marcuccio Noli, procuratore della chiesa di Santa Croce de Ficarella, alla presenza di Cristoforo Orselli di Gubbio priore della stessa chiesa di Santa Croce e del Monastero di Santa Croce di Fonte Avellana, con la dichiarazione del notaio Mariotto de Giuccolis di Gubbio.
Un altro atto stipulato nel 1431: “in ecclesia sanctae Crucis de Ficarella…posita in baylia Stravignani, vocabulo Ficarella, Francesco de Zamponibus de Eugubio, priore maggiore della chiesa di Gubbio e vicario generale di Pietro di Serra, abate del Monastero di santa Croce di Fonte Avellana, alla presenza dell’abate di san Donato di Gualdo Bartolomeo Stefani di Gualdo, nomina Nicola Stefani di Nocera priore di santa Croce alle dipendenze di Fonte Avellana“.
Questo priore nell’anno 1434 è testimone, insieme a Matteo Francisci, guardiano di San Francesco di Nocera, del testamento di Bruna Bargagni di Pertana e si firma originario di Pertana.
Nel 1435, invece, si ricorda il rettore di Santa Croce de Ficarella, Benedetto Nicolai, che nel 1446 diventerà priore della Cattedrale di Nocera.
Il 15 dicembre 1444 compare il sindaco di Santa Croce della Ficarella, è “Iohannes Moricutii“, mentre priore è diventato Baldassarre ser Raynaldi, che aveva ricevuto il conferimento nel 1441; nel 1448 sindaco e priore ricoprono ancora lo stesso ufficio.
Nel 1450 si muove una causa davanti al giudice del Comune di Nocera: Fra Cristoforo di Foligno accusa il priore di Santa Croce de Ficarella, che è monaco di Santa Croce di Fonte Avellana, Lodovicus Joannis di Gubbio, perché fa lavorare i parrocchiani più del necessario.
Un nuovo priore “ecclesiae sanctae Crucis de Ficarella Stravignani, Petrus Johannis“, viene citato nel 1455.
Più tardi, nel 1481, in un testamento redatto “in domo habitationis prioris ecclesiae sanctae Crucis de Ficarella”, si viene a sapere che il priore aveva un’abitazione vicino alla chiesa, ma certamente era stata adattata da quando non c’era più la comunità monastica.
Il priore di quegli anni era “Benedictus Baptista de Frontone” che insieme ai sindaci della chiesa di Santa Croce, nel 1483, nominano un fattore per gli affari della chiesa di San Biagio di Balciano, anche essa dipendente da Fonte Avellana.
Più tardi, ma la cosa era dall’antichità monastica, il visitatore apostolico, Pietro Camaiani, il 19 settembre 1573, annota varie chiese unite e dipendenti, pure se distanti: San Biagio di Balciano, San Romano della Villa di Colle, Sant’Andrea di Maccantone e San Lorenzo di Carbonara.
Per tale motivo il priore di Santa Croce è chiamato a interventi amministrativi delle chiese nominate come quella scritta sopra.
Interessante risulta nel 1439, proprio in data 3 maggio, “videlicet in die sanctae Crucis“, il pagamento fatto da Rinalduccio Cagnuzi di Stravignano ad Andrea Rinaldi, rettore della chiesa di San Giovenale, “pro censu unius salecti de bonis dictae ecclesiae polita in vocabulo Ficarella iuxta viam, flumen per medium“.
E’ da notare l’istituzione di un canonicato nel Capitolo della Cattedrale di Nocera, nell’anno 1459, “sub fundo et titulo de Ficarella“, che subito viene concesso a Pietro ser Antoni di Nocera.
Sono informazioni che ricordano un passato di pregio e che sono a testimoniare stima e venerazione.
Ad esempio la vallata che dal Topino portava verso la montagna di Nocera, nel secolo XV era detta “della Valle di Santa Croce“.
Tra l’altro nelle notizie accennate per inciso si scrive di una strada “iuxta viam veterem“, “flumen vetus“, ad indicare mutamenti di maggiore comodità oppure dovuti a scompiglio naturale.
Da indicare pure la posizione di un mulino affittato il 1 gennaio 1489, sito in “baylia Stravígnani, voc. Ficarella, alias dicto il Molino di ser Conte iuxta stratam et flumen communis“.
Negli anni a seguire si è verificato lo spostamento della popolazione che, cominciando a tracciare un transito attraverso i campi posti sul pendio, ad oriente di Ficarella, e precisamente in “vocabulo del Colle delli frati” ha, nel tempo, determinato pure l’edificazione di abitazioni intorno ad esso e ne è risultata una nuova strada, allargata e sistemata molte volte per diventare la via principale come è oggi.
I notai descrivono pure i costruttori del dislocamento e dei proprietari delle nuove case; nell’anno 1478 ne citano due che daranno il nome a due centri demici, che sono cresciuti, ma, divisi dalla strada, e sono stati distinti per le due case con relative torri che davano prestigio; ancora sono chiamati con i nomi dei proprietari: uno è Pietro Bernardi, detto “Petracchia de villa Ficarella et bayliae Stravignani“, un altro è “Raynaldus loannocti de baylia Stravignani et villa Ficarella“.
Nel Bollarium dell’Archivio della Diocesi di Nocera e Gualdo, il Capitolo della Cattedrale nomina il canonico Tito Costanzi nell’anno 1567 parroco di Villa Grilli seu Ficarelle, dove è ricordata Ficarella come primitiva parrocchia della zona, ma ormai si andava verso l’affermazione della maggiore consistenza abitativa di Grillo (=altura, termine umbro), e “seu” (ossia) fa la differenza di un passato di storia.
Nel 1573 il visitatore apostolico, già citato, detterà con precisione il titolo ufficiale della chiesa, “ecclesia curata S. Crucis de Ficarella, prioratus quondam claustralis S. Benedicti“.
Poi aggiungerà: l’abitazione annessa alla chiesa aveva bisogno di restauri, ma la cosa più urgente da risolvere era la presenza dell’ortolano con la moglie nella stessa casa, anche se il cappellano aveva un cubicolo per dormire; la cosa era indecente e il cappellano, don Hieronimo Ceccho, doveva allontanare l’ortolano e la moglie e mandarli ad abitare altrove; viene comminata la pena della sospensione dall’esercizio ministeriale; pure don Giovanni Felici, che era il commendatario – è la prima volta che appare questo titolo – se non farà eseguire l’ordinanza sarà anche lui multato di 10 scudi da assegnare alle monache di San Giovanni di Nocera.
La parrocchia ha sette famiglie confinanti con i terreni del Priorato, ma il cappellano ha anche 38 famiglie nella Parrocchia di San Biagio.
Tuttavia il visitatore Camaiani ha parole di lode per come il cappellano tiene i registri delle due parrocchie.
Nel già citato registro del Capitolo dei Canonici del Duomo di Nocera, che riguarda una tassazione delle parrocchie della Diocesi verso la Cattedrale, per il secolo XVI, vengono segnalati due titolari di Santa Croce, dal 1577 al 1590 il priore è Giovanni Felice Miccoli, dal 1591 gli succede Ottavio Giorgi.
Due secoli dopo, la descrizione della chiesa, ormai ridotta a solo luogo di culto, è stata fatta dal vescovo di Nocera, Alessandro Borgia (1716 1724), in visita pastorale: “Ad miliarium circa civitatis Nuceriae versus meridiem in clivo collis, undique vineis et pomariis circumdata assurgit, quae ecclesia sub titulo santae Crucis de Ficarella, parochialis, olim monastica et membrum sanctae Crucis Monasterii et Abbatiae sanctae Crucis de Fonte Avellana, cuius curam animarum exercita fuit usque ad finem saeculi XV per monacos dicti Monasterii, nunc vero saecularizata ab initio saeculi seguentís, exercens per sacerdotem saecularem...”.
Traduzione : ” La chiesa sorge a circa un miglio dalla città di Nocera verso sud, all’inizio della salita di un colle e dappertutto è circondata da vigne e da frutteti; ha il titolo di Santa Croce della Ficarella, è parrocchia; nel passato era un monastero membro del Monastero di Santa Croce e dell’Abbazia di Fonte Avellana; la cura pastorale delle persone fino alla fine del 1400 è stata portata avanti dai monaci del Monastero, poi dall’inizio del secolo seguente fino ad ora è stata affidata ad un sacerdote diocesano “.
La presentazione della situazione sociologica per l’abbandono delle case quasi sicuramente colpite dal forte sisma del 1703, che disgraziatamente aveva aperto un secolo di continui terremoti, la nuova via che poteva portare meglio ai Bagni in pieno sviluppo di “Purganti“, che raggiungevano la località per la cura dell’acqua Angelica, e la possibilità di maggiore sfruttamento agricolo per la vicinanza dei Topino, tutto ciò è andato a scapito della vallata rimasta semideserta.
La zona divenne parte della Parrocchia di San Giovenale.
La chiesa e il monastero allora furono affidati alla cura pastorale del Capitolo della Cattedrale di Nocera; il monastero fu adibito ad abitazioni per gli affittuari dei terreni, ma una parte andò presto in rovina.
La chiesa invece fu mantenuta e intorno alla metà di quel secolo si costruì un altare in gesso; si incassò nel muro sopra l’altare il Crocifisso su tavola di autore trecentesco anonimo, con quattro santi uniti sulle braccia della croce: sono San Giovanni Battista e San Pietro a sinistra di chi guarda; a destra San Paolo e San Benedetto.
Ai lati interni della chiesa furono composti due altarini e sopra ognuno di essi furono affrescati due santi protettori di Nocera, San Rinaldo e il beato Tomasuccio, detto di Foligno e anche di Nocera, per essere nato nel suo territorio e precisamente a Val Macinaia, vicino Lanciano.
L’affresco di San Rinaldo, scoperto nel restauro degli anni settanta del secolo XX, risalente al Settecento, è stato distrutto da mani ignoranti nel tentativo di trafugarlo, quando la chiesa rimase senza la porta, ma ne è fortunatamente rimasta una foto; l’altro, quello del beato Tomasuccio, era quasi del tutto rovinato quando si stava restaurando ed è presente ancora qualche frammento della tonaca.
La devozione alla santa Croce è rimasta viva nel tempo perché i canonici del Capitolo la presero a cuore con celebrazioni partecipate dal popolo.
La chiesa fu tenuta aperta per la devozione dei fedeli nelle feste e nelle celebrazioni in onore della Santa Croce.
Il Capitolo della Cattedrale aveva il diritto di nominare il cappellano e fu eseguito fino agli anni dopo l’Unità d’Italia, quando il complesso di Santa Croce della Ficarella fu demaniato con la confisca dei beni monastici ed ecclesiastici.
Nel registro degli “Acta Capitularia“, che va dal 1770 al 1840, sono presenti le scelte dei cappellani: l’ultimo dei quali fu “il reverendo Padre Guardiano dei Frati Cappuccini“, del Convento di san Paolo di Nocera, che fu eletto all’unanimità dei canonici e fu contento della nomina.
Storia recente
Negli anni a noi più vicini è stato il parroco e il popolo cristiano di San Giovenale a mantenere la chiesa e le celebrazioni che hanno conservato il luogo e la tradizione della fede.
Ma il tempo e la povertà, con situazioni che la storia moderna ha fatto vivere a tutti, ha pure influito sulla chiesa di Santa Croce, che si è andata deteriorando nella struttura architettonica ed è stata lasciata semiabbandonata.
Negli anni settanta del Novecento, per paura di crolli, fu portato via tutto l’arredo sacro, dal Crocifisso incassato nel gesso alla statua lignea della Madre del Signore con il Bambino in braccio, dal tabernacolo, datato 1612, ai candelieri e al reliquiario della Santa Croce; il tutto fu accolto nella chiesa parrocchiale di San Giovenale, costruita nuova nella parte in pianura di Casebasse.
L’edificio, in luogo isolato e senza sicurezza, fu oggetto di saccheggio; fu asportata perfino la porta di entrata.
Intanto crollò il tetto e una sera andò a fuoco una capanna che rovinò molte parti delle abitazioni che avevano costituito il vecchio Monastero.
Rinascita della chiesa e inaugurazione
Quando fu nominato parroco mons. Girolamo Giovannini, si cercò di dare vita alla chiesa e, con molto impegno, si giunse a riattivare in modo decoroso la chiesa, che fu inaugurata il 22 maggio 1994.
Il sisma del 26 settembre 1997 ha, ancora una volta, rovinato l’edificio sacro; la ricostruzione ha previsto lavori di rimessa in pristino di quanto era stato distrutto; sono stati affidati gli appalti, ma ad un certo momento la ditta appaltatrice si è ritirata e i lavori sono stati sospesi per lungo tempo.
La ripresa è stata lenta, ma alla fine si è concluso il restauro e di nuovo la chiesa dedicata alla Santa Croce è stata riaperta al culto con la solenne inaugurazione.
Santa Croce della Ficarella è stata inaugurata il 1 maggio 2015.
La partecipazione di molta folla ha dato il senso della gioia alla celebrazione presieduta dal Vescovo Diocesano, monsignore Domenico Sorrentino, con l’assistenza di alcuni presbiteri della Diocesi, perché la devozione alla Santa Croce è sentita viva dal Popolo di Dio.
L’accoglienza è stata fatta dal parroco di San Giovenale, nel cui territorio è sorta la chiesa, mons. Girolamo Giovannini, che ha brevemente percorso la storia dell’edificio sacro.
Un particolare riconoscimento di merito va rivolto proprio a mons. Girolamo Giovannini, che è stato il fautore più impegnato per la salvezza e la rinascita di Santa Croce.
La sua benemerenza però non è stata solo per questa chiesa; durante il suo ministero è stato impegnato per il restauro e l’ammodernamento di tante chiese e oratori del territorio della ex Diocesi di Nocera e Gualdo; con Santa Croce è arrivato a rimettere a nuovo ben 14 edifici sacri, per cui deve essere annoverato tra i benefattori della nostra terra.
Auspicio
La riapertura di questa chiesa si spera possa suscitare la devozione verso la Santa Croce, simbolo della fede cristiana perché Dio in Gesù Cristo ha assunto l’umanità tutta intera, con le tribolazioni e la morte, per elevare gli uomini da creature fragili e peccatori a figli di Dio Eterno ed Immortale, per la Risurrezione di Cristo.
Certo la zona, sebbene isolata e pure poco coltivata, si presta relativamente ad una valorizzazione moderna, ma si potrebbe cominciare a rendere la strada maggiormente fruibile, pensare a iniziative di ordine naturalistico ed appuntamenti religiosi, come ad esempio è stato fatto dal Quartiere Santa Croce che domenica 10 maggio scorso ha portato a benedire nella chiesa di Santa Croce “le crocette” che serviranno per lo svolgimento del prossimo Palio di agosto 2015.
Il Quartiere medioevale di Santa Croce ha preso il nome proprio dal Monastero della Ficarella, verso cui si apriva la porta nocerina con lo stesso nome, Porta Santa Croce, che guardava ad oriente, e una strada ripida verso il Topino scendeva nella Valle dei Molini, dove era florida l’arte molitoria per i cereali e le biade, attraversava la Berlinghiera (termine longobardo), luogo di fiera e commercio tra il centro di Nocera e i prodotti agricoli e, in particolare, della pastorizia, passava avanti al Monastero benedettino di Santa Croce e si inerpicava nella valle dallo stesso nome dove si estraeva la terra terapeutica fin dalla civiltà umbra, chiamata nel tempo “Terra di Nocera“, si giungeva alle Fonti dell’Acqua Angelica e si poteva salire al Piano di Collecroce, centro abitato dal sec. XVI, con il nome della Croce, dove si apriva ogni direzione, dall’altura del Monte Pennino (1571 mt) al Mare Adriatico.
Fonti documentative
Articolo di Don Angelo Menichelli
Allegato a “ALFATENIA-Bollettino storico nocerino” -A. IX-n. 9, maggio 2015-distr. gratuita-suppl. “IL PAESE-Periodico di cultura” A.XIV n. 9-maggio 2015-Aut. Trib. Perugia n.22 del 4.8.2001- Proprietario e D.R. Mario Centini -riprodotto in proprio -Perugia via Martiri dei lager 84-Posta elettronica: alfatenia@libero.it
Ringraziamenti
Un sentito grazie va a Luca, dell’Associazione ” La Romita “, che dedicandomi il suo tempo mi ha permesso la visita alla chiesa altrimenti chiusa, e un altro grazie di cuore va a Don Angelo Menichelli che ci ha accompagnato nella storia del territorio mettendomi a conoscenza della cultura, delle tradizioni, dei fatti accaduti, degli aneddoti e della vita di quei luoghi attraverso il suo entusiasmo del racconto e la sua smisurata conoscenza.
Un pomeriggio che mai potrà essere cancellato dalla mia memoria.
Da vedere nella zona
La Romita ( ultima tappa nocerina di San Francesco )
La Maestà di Acciano
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