Convento di San Pietro sopra le acque – Massa Martana (PG)
Cenni Storici
La denominazione “Sopra le Acque” indica chiaramente che il Monastero sorgeva su sorgenti acquifere molto copiose tanto che durante i lavori seicenteschi di rifacimento del complesso, durante lo scavo delle fondamenta fu necessario adottare particolari stratagemmi per proseguire l’opera proprio per la presenza di abbondante acque sorgive nel sottosuolo.
L’antichità dell’insediamento religioso è confermata da alcuni frammenti lapidei altomedievali pertinenti all’antica chiesa e databili tra l’VIII ed il X secolo, oltre che dalla frequentazione del sito già in età antica come attestato dalla piccola necropoli tardo imperiale rinvenuta all’interno dei giardini del convento e da alcune cavità con forti segni di antropizzazione presenti all’interno dello stesso sito.
L’esistenza di una chiesa dedicata a S. Pietro nel territorio di Massa Martana sembrerebbe già documentata il 24 settembre 1185 quando l’imperatore Federico I Barbarossa confermava all’abate Berardo del monastero benedettino di S. Pietro in Monte Martano, il possesso di beni e di molte chiese poste nel territorio delle diocesi di Todi e di Spoleto.
Tra queste: “in comitatu Tudertino e in territorio Masse è ricordata una ecclesiam Sancti Petri cum appenditiis suis“.
Nel 1236 risulta esserne priore tale domnus Egidius che, il 3 gennaio di quell’anno, figura tra i testimoni di una donazione di un terreno su cui costruire il monastero delle Clarisse di Montesanto a Todi.
Alla fine del secolo XIII, come la vicina S. Illuminata, la chiesa di S. Pietro super aquas, posta nel plebato dei SS. Fidenzio e Terenzio, risulta essere una chiesa collegiata con un proprio Capitolo formato da un priore e quattro canonici.
Nel secondo decennio del 1500 viene meno l’istituzione della Collegiata, nata probabilmente come priorato benedettino passato poi al clero diocesano; la chiesa di S. Pietro è ridotta a beneficio semplice e, nel corso dei decenni successivi, unita, insieme alla vicina S. Illuminata, alla commenda dell’antica abbazia benedettina dei SS. Fidenzio e Terenzio.
Nella Visita Apostolica del 25 settembre 1574 di mons. Pietro Camaiani, viene ordinato al rettore di San Pietro, don Diomede Atti Priore della Cattedrale di Todi, di restaurare delle immagini nella cappella maggiore, la realizzazione di una nuova immagine di S. Pietro e la rimozione di tutti gli abiti apposti come ex voto all’interno della stessa chiesa.
Tra il ‘500 e il ‘600 si assiste ad un’opera di rinnovamento edilizio del territorio attuato con la costruzione, l’ampliamento o la ricostruzione dei suoi più importanti edifici pubblici e religiosi; la nascita dell’attuale complesso monumentale di S. Pietro si inserisce dunque in quel clima di rinnovamento il cui artefice fu il cardinale Marcello Lante.
I lavori di muratura vengono affidati a magister Ioannes Maria Paravicinus di Como che, il 29 marzo 1614, si impegna a: “murare et murari facere ac fabricare et fabricari facere et ad perfectione ducere“, i lavori necessari alla realizzazione dell’edificio religioso nell’area a monte di quella dell’antica chiesa oggi ridotta a sagrato di quella attuale.
Si giunge così all’8 settembre 1614 quando il vicario generale di Todi poneva la prima pietra del nuovo edificio alla presenza di moltissimi fedeli giunti per l’occasione dal territorio circostante.
Il nuovo complesso conventuale, ancora privo di alcune opere secondarie realizzate successivamente, può dirsi terminato nel 1618.
Sopra il portone della chiesa venne apposta una lapide ancora oggi esistente:
MARCELLUS LANTES ROMANUS / CARDINALIS AMPLISSIMUS / ET EPISCOPUS TUDERTINUS / BENEFICENTISSIMUS / CENOBIUM HOC SUIS SUMPTIBUS / FUNDANDUM ET PERFICIENDUM / CURAVIT / ANNO DOMINI MDCXVIII.
La costruzione del convento e della nuova chiesa venne realizzata con una spesa complessiva di 5836 scudi.
L’8 dicembre 1624, il cardinale Lante fece trasferire nella chiesa di S. Pietro, nella terza cappella di sinistra, una “miracolosa effigie di Maria Vergine dipinta in muro col suo Santissimo Figliuolo in braccio, la quale stava prima in una cappelletta d’un casale di quel contorno, dalla banda di Todi” e fosse trasportata con solenne processione alla chiesa nuova di S. Pietro.
Il convento è definitivamente concluso nel 1647; nel 1695 si provvide a far colare la campana maggiore, mentre nel 1704 a rifondere quella minore.
Nel 1710 fu realizzato il crocifisso ligneo dell’altare maggiore da F. Angelo da Mesuraca religioso laico della provincia di Cosenza.
Nel 1717 risulta la presenza di quindici religiosi, sistemati in un ambiente proporzionato alla vita degli stessi, che, grazie alla grandissima abbondanza di acqua, alla coltivazione degli orti e alle elemosine dei fedeli, erano in grado di vivere e professare dignitosamente la Regola francescana.
Da uno scritto di Padre Antonio d’Orvieto guardiano del convento nel 1715, apprendiamo che l’edificio sacro, oltre all’altare maggiore, aveva tre altari laterali posti “a mano manca nell’entrar della chiesa” dedicati il primo a S. Michele Arcangelo, il secondo a S. Francesco ed il terzo, di cui si è già parlato, alla Madonna nonché “due altri altarini a’ fianchi della cancellata dell’altar maggiore, con sopra le sue nicchie nella muraglia” con le statue di S. Antonio di Padova e di S. Pasquale Baylon.
Nel 1725 furono edificate le edicole votive della Via Crucis lungo il perimetro delle mura del sagrato della chiesa e tra il 1747 ed il 1748 furono costruiti i nuovi ed attuali altari di S. Paquale Baylon e di S. Antonio di Padova nella parete destra della chiesa, fino ad allora priva di altari laterali.
Il convento viene soppresso nel giugno 1810 e venne preso in affitto dall’enfiteuta Pietro Rossi, i volumi della sua biblioteca sono ceduti a quella comunale di Todi l’11 settembre 1813.
I religiosi fecero ritorno nel convento di San Pietro nel 1815.
Con l’Unità d’Italia gli effetti del decreto sulla soppressione delle Corporazioni Religiose nella provincia umbra, emanato dal Commissario Pepoli l’11 dicembre 1860 i Minori Osservanti Riformati di S. Pietro furono costretti ad abbandonare il convento il 10 maggio 1863 e a trasferirsi a Castelsardo in Sardegna.
Il 4 marzo 1864 il Prefetto di Perugia dispose la chiusura definitiva del convento ed il 2 agosto del 1865 la Cassa Ecclesiastica dello Stato commissionò una perizia di stima dei soppressi conventi di S. Pietro e di S. Maria della Pace che, il 30 settembre dello stesso anno, verranno ceduti in uso al Comune di Massa Martana.
Nell’ex convento trovarono posto le scuole rurali mentre una parte degli antichi orti venne adibita, dopo i necessari lavori terminati nel 1875, a cimitero comunale, rimanendo tale anche dopo l’inaugurazione, avvenuta nel 1911, di quello attualmente in uso.
Ad oggi la chiesa di S. Pietro sopra le acque e le relative pertinenze sono di proprietà del Fondo Edifici di Culto, tutto il resto del complesso fu alienato dal Comune di Massa Martana nel 1964 e acquistato dal comm. Giuseppe Angelantoni che lo adibì a sua abitazione.
Recuperato il suo antico splendore in anni recenti, è una residenza d’epoca tra le più belle della nostra regione.
Tra i religiosi che abitarono nel convento vale la pena di ricordare la presenza del beato Leopoldo da Gaiche, che ricoprì il ruolo di vicario del convento alla metà del secolo XVIII.
Durante gli ultimi lavori per la ristrutturazione del complesso per la trasformazione da abitazione privata a resort, è stata trovata nel prato presso gli archi (scomparsi) sotto i quali passavano le acque della sorgente nel bosco, una tomba romana a cappuccina, molto povera, priva di qualsiasi corredo.
Studiata dalla Soprintendenza Archeologica di Perugia, potrebbe indicare la presenza della necropoli presso una “domus rustica“, una villa di campagna presso la quale c’erano anche le abitazioni degli schiavi o dei contadini.
Non c’è traccia dell’abitazione padronale che forse era dove nel Medioevo venne costruita la prima chiesetta di San Pietro.
La peculiarità e l’amenità del luogo, un bosco ricco di acque su un pendio aprico, unita alla persistenza di memorie legate alla sfera sacra e magica, potrebbe aver determinato il sorgere di un “fanum” (tempio, luogo di culto), forse preesistente al complesso agricolo, in un territorio fortemente romanizzato e pagano dove la presenza di altri templi è ancora ben visibile.
Il convento
Il convento si snoda intorno ad un chiostro, con cisterna centrale, ormai impoverito da antico tamponamento degli archi.
Il corridoio d’accesso è decorato con affreschi che illustrano la vita e miracoli di San Francesco, tratte dalla Legenda Maior di San Bonaventura, è un’opera del ‘600 forse di Giovanni Antonio Polidori, fratello di Andrea, e bottega.
A piano terreno l’edificio mostra strutture possenti ed eleganti saloni con copertura a crociera incompleta; qui trovavano posto tutte le Officine necessarie ai Religiosi: il refettorio, la canova, la cucina e le stanze per vari servizi.
Nella parte dove erano i dormitori dei frati sono state ricavate le camere del resort.
Sia il convento che la chiesa che la Via Crucis, per la quale si accede alla chiesa, erano decorati con affreschi di Andrea Polinori e della sua bottega.
Il portico
Forse è l’unica testimonianza artistica della precedente chiesa distrutta; rimangono ancora degli affreschi, fra questi, nella parete destra campeggia una Crocifissione con la Madonna, la Maddalena e San Giovanni.
Nella lunetta sopra la porta di accesso al convento, e vi è rappresentato San Francesco che riceve le Stimmate opera del Polinori, il resto vi sono modesti affreschi settecenteschi raffiguranti la Crocifissione di San Pietro.
Sulla parete sinistra del portico fa bella mostra, in una cornice baroccheggiante, un affresco quattrocentesco staccato con tutto il muro di sostegno, rappresenta il committente in preghiera davanti alla Vergine, presentato da San Pietro.
Tutta la parete adiacente la chiesa è coperta da un affresco dove troviamo al centro San Pietro dinanzi alla Vergine in trono con il Bambino e ai lati San Francesco e Sant’Antonio da Padova e in alto un medaglione con Dio Benedicente.
Nella lunetta sopra la porta della chiesa una lapide ricorda il Cardinale Lante artefice dell’edificazione del complesso nel 1618.
Al centro del chiostro fa mostra di sé una bella cisterna.
Nel giardino all’italiana sotto un gazebo sono conservati i resti di una necropoli romana.
La chiesa
L’interno della chiesa è a navata unica e sull’altare maggiore capeggia la pala d’altare raffigurante la consegna delle chiavi a S. Pietro, opera attribuita in passato al pennello del tuderte Andrea Polinori e di cui in questi ultimi anni si sta rimettendo in discussione la stessa attribuzione, anticipando anche la datazione della stessa opera in principio datata posteriore al 1574 dopo la visita del Camaiani.
Nell’altare di destra accanto al presbiterio è rappresentato Gesù nell’orto degli ulivi tra gli apostoli dormienti e sotto un ovale con San Bernardino da Siena.
Nell’unico transetto di sinistra sopra l’altare l’immagine miracolosa della Madonna con Bambino, dipinto dei primi del 1400.
Fonti documentative
Francesco Campagnani – Il complesso di San Pietro sopra le acque in Massa Martana. Quattrocento e più anni di storia e di fede – BOLLETTINO DELLA Deputazione di Storia Patria per l’Umbria Volume CXV Fascicoli I-II Tomo primo 2018
https://www.sanpietroresort.com/chiesa-san-pietro-sopra-le-acque/
https://www.comune.massamartana.pg.it/pagine/categoria-197
Nota di ringraziamento
Si ringrazia la Diocesi di Orvieto – Todi per la disponibilità e per aver concesso le autorizzazioni alla pubblicazione.