Monastero di San Magno e la Madonna della Rocca – Fondi (LT)

Il Monastero di San Magno si trova ai piedi del monte Arcano, nel Parco Regionale dei monti Ausoni nella “Valle dei Martiri“, cosiddetta perché nel III secolo, durante la dura persecuzione dell’imperatore Decio, vi morirono i santi Magno e Paterno con 2597 cristiani, come si legge nelle loro “Passiones” medievali.

 

Cenni Storici

Il centro storico di Fondi presenta il classico impianto romano a due assi ortogonali (decumano e cardine), racchiuso in una cerchia quadrangolare di mura con ampi tratti in opus poligonale e incertum, integrate da torri di epoca successiva.
Il decumano, che attraversa longitudinalmente il centro dividendolo esattamente a metà, coincide con il tratto urbano (corso Appio Claudio) della via Appia, proveniente da Terracina e diretta a Itri, mentre l’antico foro corrisponde alla piazza della Collegiata.
Le mura megalitiche sono visibili in via G. Marconi, zona Porta Roma.
La diocesi di Fondi si pensa che risalga al secolo IV ma le sue prime notizie sono del V (487).
Durante la persecuzione di Decio ebbe i martiri Magno e Paterno, fondatori di un eremo in cui alla metà del V secolo visse il patrono S. Onorato.
Testimonianza dell’antica sede vescovile è la cattedra marmorea conservata nel duomo di San Pietro (sec. XII-XIII), già dedicato alla Vergine, che si vuole fondato su un tempio di Giove da fedeli convertiti dalla predicazione degli apostoli Pietro e Paolo.
Conserva un pulpito con mosaici cosmateschi (sec. XIII), dipinti di Cristoforo Scacco (Trittico dell’Annunciazione) e di Antoniazzo Romano (Maestà con i santi Pietro e Paolo) e il sepolcro di Cristoforo Caetani.
Ceduta nel IX secolo dalla Chiesa al ducato di Gaeta, nel basso Medioevo Fondi divenne contea della normanna famiglia Dell’Aquila.
Da Federico II fu poi ceduta a papa Innocenzo III, che nell’ottobre 1199 destinò a vescovo della città il suo cappellano Benedetto (m. ante 1201) e nel 1210 il monaco cistercense Roberto (m. 1227).
Dal 1299 al 1494 la città fu il centro della famiglia Caetani, conoscendo con essa un notevole sviluppo anche artistico.
Nel 1378 Onorato I Caetani (1336-1400) vi riunì il conclave che elesse l’antipapa Clemente VII in opposizione al legittimo papa Urbano VI (Scisma d’Occidente); e sul Palazzo dello scisma di Fondi ancora si legge questa lapide in rima:
E’ qui che convenner 16 cardinali/ del conte Onorato 11 commensali/ il riunirsi a conclave fu rapido e svelto/ e Roberto conte di Ginevra il prescelto./ Il papa già c’era e lui fu l’anti/ tra feste messe e liturgici canti/ in Clemente VII fu il nom tradotto/ il 20 settembre 1378“.
Con le guerre d’Italia (1504) la contea di Fondi fu ceduta dal re di Francia Carlo VIII al condottiero Prospero Colonna e poco dopo divenne la scena di una vicenda fiabesca.
Il figlio di Prospero, Vespasiano, sposò nel 1527 l’adolescente figlia di Lodovico Gonzaga di Mantova; ma nel 1528 morì lasciando vedova la quindicenne Giulia, una delle più celebri “bellezze” del Rinascimento, ritratta da Tiziano e cantata dall’Ariosto e dal Tasso.
Essa creò nel castello di Fondi un cenacolo letterario-artistico-religioso frequentato anche dagli ” Spirituali” francescani, una corrente in odore di eresia.
Nel 1534 la città fu assalita dall’ammiraglio ottomano Khayr al-Din detto il Barbarossa, che voleva rapire la bella Giulia per portarla in dono a Solimano il Magnifico; l’impresa fallì per la fuga della Gonzaga, ma il pirata saccheggiò e incendiò la città trucidando gli abitanti.
Iniziò per Fondi una lenta decadenza, completata nel Seicento dalla malaria e nel 1818 dalla soppressione della diocesi da parte di Pio VII e dalla sua unione all’arcidiocesi di Gaeta (oggi resta come sede vescovile titolare). Ma la città conserva ancora belle cose: l’impianto urbanistico romano; le belle mura a tratti poligonali, di chiara pietra calcarea; il castello Caetani “nudo e crudo” come i monti Aurunci che gli fanno da sfondo, eppure così “moderno” nelle sue geometrie, con le torri angolari merlate e quella cilindrica su base quadrata alta più di 31 metri, simbolo della città.
Fu eretto nei primi decenni del Trecento dal conte Roffredo III Caetani su un tratto delle mura romane; dal 1997 è sede del museo civico.
Nella zona nord-est del centro storico sta l’ex quartiere ebraico (la Giudea o Olmo Perino); la presenza di ebrei a Fondi è documentata dal XIV secolo: erano tessitori e tintori di lino, seta e canapa, ma anche professionisti come banchieri, giudici e amministratori dei Caetani.
La chiesa di Santa Maria in Piazza,sorta su un’altra più antica nota fin dal 1126, fu voluta dal conte Onorato II Caetani, “il primo d’Aragona“, alla fine del ‘400 e fu consacrata nel 1508 dal vescovo Nicola Pellegrino.
Preceduta da un’ampia scalea, ha pianta a croce latina, tre navate, altari rinascimentali, un ciborio del 1491 e la venerata statua della Madonna del Cielo.
 

Monastero di San Magno

Sta nell’omonima frazione del comune di Fondi, ai piedi del monte Arcano, nel Parco Regionale dei monti Ausoni e nella “valle dei Martiri“, cosiddetta perché nel III secolo, durante la dura persecuzione dell’imperatore Decio, vi morirono i santi Magno e Paterno con 2597 cristiani, come si legge nelle loro Passiones medievali.
Nell’alto Medio Evo già si venerava il luogo del loro martirio e, riferisce papa Gregorio Magno, nel 522 l’abate Onorato vi fondò una comunità monastica che verso la fine del sec. VI adottò la regola benedettina.
L’abbazia di san Magno a Fondi, benché concordemente identificata con il monastero citato nei Dialoghi di Gregorio Magno, è attestata però per la prima volta solo nel 979.
Il corpo del martire San Magno restò nella cripta della chiesa fino all’847, quando fu trafugato da Platone di Veroli, capitano della Campania, e trasportato nella chiesa di S. Andrea della sua città dalla quale, con l’invasione saracena di Veroli, fu trasferito ad Anagni che lo fece suo patrono.
Abbandonato verso la metà del sec. IX, forse per le invasioni dei Saraceni, il monastero fu ripristinato al principio del sec. X e fino al 1072 restò autonomo; in seguito (seconda metà del sec. XI) il console Gerardo di Fondi lo donò come grangia all’abbazia di Montecassino.
Il monastero rifiorì nel 1492 grazie ai principi di Fondi e a papa Alessandro VI Borgia, che vi introdusse i Benedettini Olivetani.
Nel XVI secolo fu ricostruito da Prospero Colonna, succeduto ai Caetani di Fondi, ma nel 1798 i francesi lo saccheggiarono e distrussero, così che nel 1807 fu soppresso.
Dopo un lungo oblio, fu acquistato e restaurato dalla Regione Lazio e affidato all’arcidiocesi di Gaeta, divenendo un luogo di spiritualità e di accoglienza.
 

Descrizione

Del complesso monastico sono state rinvenute: la chiesa medievale, a croce latina dotata di cripta e un pregevole ciclo di affreschi con scene della vita di S. Benedetto; la chiesa rinascimentale riaperta al culto e intitolata a san Benedetto; alcune strutture pertinenti forse alle ultime fasi di vita del complesso (il mulino, la foresteria e le vasche di lavorazione dell’olio).
Il nucleo più antico poggia su una terrazza di epoca romana, sulla quale è stato scavato un sepolcreto del VII secolo.
La chiesa fu edificata presso la sorgente pedemontana del fiume Ligola o di San Magno, che aziona il mulino.
 

S. Onorato abate di San Magno

S. Onorato abate di San Magno, secondo i Dialoghi di papa Gregorio I, era figlio di un fittavolo del senatore Venanzio; nato in un paese dei monti del Sannio, si distinse per il distacco dai beni terreni e per l’astinenza dalle carni.
Ed era tanto fermo in questo proposito che un giorno si rifiutò di mangiare carne a un banchetto dei genitori; i quali per deriderlo gli obiettarono che su quei monti era impossibile procurargli del pesce.
Ma un servitore recatosi a una fonte a prendere l’acqua per il banchetto prodigiosamente trovò un grosso pesce, sufficiente a nutrire Onorato per un giorno.
Crescendo la fama delle sue virtù, il padrone concesse la libertà a Onorato che, abbandonati i genitori, verso la metà del sec. V (secondo il Moricca) eresse un monastero nella valle dei Martiri di Fondi, raccogliendovi fino a 200 monaci.
Una comunità dedita alla preghiera, allo studio, al lavoro, alla bonifica del territorio e alla promozione sociale favorendo l’agricoltura, l’artigianato e le arti.
Per la latitanza delle autorità municipali, l’abate Onorato dové preoccuparsi anche della città; difese e diffuse il cristianesimo nella zona, aiutò i bisognosi, riportò la pace tra le famiglie e tra le opposte fazioni goto-bizantine e fu la guida civica, spirituale e morale della gente del Fondano.
L’anno della morte di Onorato è ignoto, ma “non molto dopo il principio del sec. VI” (Moricca).
Il suo secondo successore fu Libertino che, sappiamo da papa Gregorio Magno, risuscitò un fanciullo ponendogli sul petto una scarpa del santo abate che portava sempre con sé.
Secondo l’antica Legenda conservata nell’archivio del duomo di Fondi, i corpi di Onorato, Paterno e Libertino rimasero a lungo sepolti nel monastero da lui edificato.
Secondo gli storici locali nel 1215, durante una pestilenza, quei corpi furono trasportati nella cattedrale di Fondi e il morbo cessò; e sempre secondo tali storici di Onorato si conserva a Fondi solo il capo, rinchiuso nella testa del busto in argento del santo, perché il corpo fu trasferito a Montecassino.
Onorato, patrono principale di Fondi, è festeggiato il 10 ottobre anche con una fiera di bestiame.
Il Martirologio Romano lo ricorda al 16 gennaio; in alcuni monasteri benedettini è festeggiato il 30 aprile, in Francia e nei Paesi Bassi il 17 dicembre.
 

Santuario della Madonna della Rocca

Da sempre il monte Arcano(da Arx, arce, rocca), ripido e spoglio, domina con bellissimo panorama la piana di Fondi e la Valle dei Martiri.
In cima a esso, a m. 550, sorge un Santuario legato al monastero di San Magno non solo storicamente ma anche per la Fraternità ora lo cura.
La tradizione popolare lo fa derivare da un’edicola costruita da San Paterno nell’anno 250, durante la persecuzione dell’imperatore Decio.
Paterno, originario di Alessandria d’Egitto, visitate a Roma le tombe degli apostoli si fermò a Ceprano e a Fondi, dove elevò una chiesa a Maria presso il Campo Demetriano.
La tradizione aggiunge che mentre Paterno nottetempo seppelliva i martiri della persecuzione imperiale sul Colle di Lenola, gli sarebbe apparsa a confortarlo un’immagine della Madonna tra gli Angeli che restò impressa su un muro ben presto ricoperto di rovi ed erbacce.
Scoperta secoli dopo (nel 1602) da Gabriele Mattei, è l’immagine che oggi si venera nel Santuario della Madonna del Colle di Lenola e che si festeggia il 15 settembre.
Paterno e compagni salirono sul monte Arcano anche per seppellire altri cristiani vittime della persecuzione di Decio, tra i quali l’abate San Magno, ma in quest’opera furono sorpresi e uccisi a loro volta dai pagani; secondo il Martirologio Romano era il 21 agosto dell’anno 250.
Forse furono i monaci di San Magno, nei secoli X-XI, a erigere un oratorio sul monte Arcano, mentre nel 1160 il conte di Fondi Riccardo II dell’Aquila vi fece edificare una rocca, poi distrutta dai Normanni di re Guglielmo I.
L’immagine della Madonna che allatta il piccolo Gesù, conservata in un’antica nicchia merlata e dipinta nel XIII secolo da un autore ignoto (anch’essa è attribuita dalla tradizione a San Paterno) è simile a un affresco (Madonna con Bambino e santo) presente nella vicina grotta di San Pancrazio, che probabilmente fu sede di culto in epoca paleocristiana e che in seguito fu adattata a oratorio-eremo dai monaci del vicino San Magno. Studiando l’iconografia della Madonna di monte Arcano i ricercatori Stefania Di Benedetto e Mario Tiberia hanno evidenziato che il Gesù Bambino affrescato durante l’allattamento ha una mano esadattila (con sei dita); e non sarebbe un errore dell’autore ma un disegno dall’alto significato simbolico che, con altri dettagli, arricchisce la storia di Fondi.
Non è rara infatti nell’arte medievale e rinascimentale la raffigurazione di personaggi sacri con sei dita, ve ne sono esempi anche in opere di artisti del calibro di Raffaello Sanzio e del Perugino, che forse traevano ispirazione dallo stesso Sant’Agostino dove nella sua opera “De civitate Dei” afferma che sei è il numero perfetto.
Dipingere sei dita alle mani o ai piedi di certi personaggi è frutto di una ben deliberata scelta e non di una “distrazione” dell’artista.
Inoltre all’interno di una nicchia, che si presume sia stata la prima edicola costruita per il culto, è una “Maria Lactans” affiancata, nell’intradosso dell’arco, da San Paolo, il Santo guerriero, con la spada sguainata ed accanto a lui Santa Caterina d’Alessandria; nella parte opposta dell’arco, sul lato destro, vi è Maria Maddalena penitente, rappresentata con i lunghi capelli sciolti ed i piedi scalzi.
Questa combinazione di Santi contribuisce ad accreditare una presenza storica sul territorio dei Cavalieri Templari, il cui Ordine venne soppresso nel 1312.
Il 24 maggio 1599, nella visita pastorale del vescovo di Fondi Comparini, il santuario consisteva della cappella affiancata da un edificio a due piani e della proprietà di 11 terreni e una casa a Fondi.
Dal 1789 al 1827 esso rimase chiuso per le scorrerie delle truppe francesi e poi per il brigantaggio.
Nel 1800 la chiesa di Sant’Angelo del Peschio, sul monte omonimo, fu chiusa al culto e il quadro di San Michele Arcangelo, olio su tavola del 1500, fu portato nella chiesa della Madonna della Rocca, da dove fu trafugato verso il 1968.
Rinato dal 1827 grazie a mons. Benedetto Terenzio, poi vescovo di Trivento (CB), e restaurato dopo il colera del 1854, agli inizi del ‘900 e nel 1923 dopo la visita di mons. Berardi arcivescovo di Gaeta, durante la II guerra mondiale ha dato rifugio a circa 300 persone.
Nell’ultima parte del XX secolo, specie dopo l’ultimo restauro della chiesa (1950-54) e dopo l’apertura della strada fino al santuario (1984), il flusso di pellegrini è molto cresciuto, anche per il notevole lavoro di mons. Mario Forte, parroco e rettore della parrocchia di S. Maria degli Angeli e San Magno (dalla quale dipende il santuario), che con la raccolta di fondi svolta fino in America realizzò molte delle opere di ristrutturazione che oggi permettono ai pellegrini di usufruire della accoglienza del luogo sacro.
Il santuario è aperto ogni domenica dalle 10 del mattino alle 18 della sera.
I festeggiamenti della Madonna della Rocca vanno dal 29 giugno al 2 luglio e comprendono: una veglia di preghiera presso il monastero di San Magno il 30 giugno alle 21; il tradizionale pellegrinaggio a piedi che parte dallo stesso monastero all’alba (alle h 4,30) del 2 luglio e sale per 5 km ai 550 metri di quota del santuario; l’ascolto di una delle tante sante messe celebrate per tutto il tempo festivo (quella solenne delle 11.30 celebrata dall’arcivescovo di Gaeta; il pranzo al sacco consumato tutti insieme all’aperto sul Belvedere del santuario, aperto sui monti, sulla pianura e sul mare.
 

Fonti documentative

M. Forte – Fondi nei tempi – Casamari 1972.
Solideo Bastante – Il Santuario della Madonna della Rocca – Graphe.it edizioni, Perugia, 2006.
– www.monasterosanmagno.it

https://latinatu.it/fondi-esadattila-scoperta-nellaffresco-del-santuario-madonna-della-rocca/

 

Nota

Il testo è di Stanislao Fioramonti, le foto sono di Patrizia Magistri (n. 1, 4, 6, 7); Wikipedia n. 2 e 5; You Tube n. 3. Le foto n° 8-9-10 sono tratte dal sito: https://www.provincialatina.com/VirtualTour/Fondi-Abbazia-di-San-Magno/Fondi-Abbazia-di-San-Magno.asp.
Data della visita: 16 ottobre 2016
 

Mappa

Monastero di San Magno Link alle coordinate: 41.377804 13.384220

Santuario della Madonna della Rocca Link alle coordinate: 41.371117 13.367826

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