Monastero di San Luca – Guarcino (FR)

Un monastero ancora vivo dopo secoli di storia grazie alle “Figlie della Madonna del Divino Amore“.

 

Cenni Storici

Le testimonianze di un eventuale passaggio di San Benedetto a Guarcino (m 625) sono numerose: la Porta San Benedetto d’ingresso al paese, di fronte alla quale c’era la chiesa di San Benedetto, oggi ridotta ad abitazione dopo che negli anni si era perduto il culto del Santo, probabilmente dopo la grande peste del 1348-50 che decimò la popolazione di Guarcino.
Presso la porta, nei locali seminterrati di un’abitazione e con un accesso diretto su un vicolo del centro del paese c’è la Cripta di S. Benedetto, ambiente unico coperto da volta a crociera con una colonna di marmo al centro.
Il soffitto e parte delle pareti furono affrescate a fine Novecento; sulle pareti due ceramiche del Diotallevi riproducono San Benedetto e la Madonna di Loreto.
La Cripta restò attiva fino al XVII secolo; fu risistemata nel 1980, XV anniversario della nascita di S. Benedetto a Norcia nel 480.
A fine ‘900 fu pure affrescato il soffitto e parte delle pareti.
E poi c’è la Via S. Benedetto che attraversa il borgo antico.
Si ritiene fondato da S. Benedetto, nel suo viaggio di trasferimento da Subiaco a Montecassino (528-529) anche il suggestivo monastero di S. Luca, circondato dalle alte cime dei monti Ernici e costruito a picco sul fiume Cosa, piccolo affluente del Sacco che romba nel vallone prima del borgo.
Ora è stato trasformato in Casa di preghiera e di ospitalità, tenuta dalle suore Figlie del Divino Amore.
Nel suo cortile, in mezzo a un giardino, sgorga la fonte di San Luca di acqua purissima e leggerissima.
La nascita dei monasteri sorti a Guarcino nelle diverse epoche è stata senz’altro favorita anche dalla natura del luogo, fatto di montagne, grotte, boschi ricchi di acque come la vicina Subiaco: dunque condizioni idonee a ospitare spiriti schivi al rumore del mondo e desiderosi di silenzio e preghiera.
Tra i monasteri di Guarcino quello di S. Luca, di sicura obbedienza benedettina, è un vasto fabbricato a picco sul fiume, con ampio piazzale retrostante cinto da claustri scoperti, con una sorgente in mezzo a un cortile che gira intorno al monastero.
La costruzione, a pianta rettangolare,
è interamente edificata in pietra viva, con grossi massi per lo più squadrati estratti dalle montagne circostanti.
L’insieme è piuttosto massiccio e compatto, come per resistere alla severità del luogo.
La tesi dell’origine del monastero di S. Luca al tempo di S. Benedetto, nello stesso periodo in cui sorsero i conventi benedettini nei pressi di Subiaco e dintorni, si rifà alla tradizione popolare più antica.
Il monastero e la chiesa di San Luca risalirebbero, secondo questa ipotesi, al 520 d. C. circa, ad opera di anacoreti seguaci di San Benedetto.
Anche la tipologia della costruzione con le sovrastrutture posteriori richiamerebbe la badia di Alatri, dove certamente si sarebbe fermato S. Benedetto nel suo viaggio da Subiaco a Montecassino.
Una seconda ipotesi, più fondata sui documenti, è nata da uno studio fatto dalla Soprintendenza ai monumenti sui monasteri di S. Agnello e di S. Luca in occasione del XV centenario della nascita di S. Benedetto (1980).
Essa ipotizza la costruzione del complesso religioso tra il IX e il X secolo, come suggerisce anche lo stile architettonico della volta a botte in pietra, e potrebbe anticipare di poco il periodo di massimo splendore dei monasteri di Subiaco e Montecassino.
La chiesa abbaziale di S. Luca annessa al monastero presenta una tecnica di costruzione tipica.
La volta a botte in pietra e alcuni fregi ornamentali fanno riteneredi essere di fronte a un edificio che per l’ampiezza e l’austerità potrebbe collocarsi prima del periodo di maggior splendore di Subiaco e di Montecassino.
La bellissima chiesa romanica in pietra, a una sola navata, risale al sec. X-XI e forse fu ampliata nella seconda metà del Duecento, con modifiche in gotico dell’originale stile romanico.
Lunga 35 metri e larga 15, è snellita da eleganti bifore e trifore e l’interno, a navata unica, ha la severa e mistica atmosfera propria delle costruzioni religiose dell’alto medioevo.
La regola benedettina univa molte esperienze monastiche anche non formalmente inquadrate nell’OSB, e nonostante l’assenza di fonti ufficiali, si può pensare di includere fra questi gruppi anche i monaci di S. Agnello.
Con un privilegium del 1175 papa Alessandro III garantiva ai monaci di Sant’Agnello la proprietà di alcuni immobili essenziali per la vita della loro comunità, tra questi anche il monastero di San Luca.
Nella primavera successiva alla battaglia di Legnano (1177) Alessandro III era a Ferrara, sede delle trattative di pace con Federico I Hohenstaufen imperatore del SRI; lì fu raggiunto dal vescovo di Padova Gerardo Offreducci con una notizia incredibile: nei sotterranei della basilica di S. Giustina, oltre ai resti della santa martire che dà il nome alla chiesa, i benedettini avevano ritrovato il corpo di San Luca Evangelista, che era stato portato a Padova da Costantinopoli molti secoli prima.
Conclusa la pace con l’imperatore il pontefice fece ritorno a Roma dove, con il Concilio Ecumenico Lateranense, pose fine allo scisma durato vent’anni.
Papa Alessandro potrebbe aver portato con sé i calchi della tomba di San Luca ricevuti dal vescovo Gerardo, in un’epoca in cui le reliquie “per contatto” avevano quasi lo stesso valore di quelle vere.
Tornato ad Anagni, il papa visse tra Roma e la Ciociaria, nei suoi possedimenti che includevano anche Guarcino.
Morì nel 1181 fuggendo da Viterbo ribellatasi durante una sua visita, forse causata da sostenitori dell’imperatore.
Con la sua morte si chiude un’importante fase del confronto tra Regnum e Sacerdotium, il secolare conflitto del ME tra papato e impero per l’attribuzione dei poteri temporali.
A Lucio III, nel frattempo salito al soglio petrino, i monaci di S. Agnello vollero chiedere conferma dell’esenzione e della libertà di cui godevano con Alessandro III; il papa li accontentò, aggiornando il privilegio di otto anni prima, con una nuova fondazione che nel 1175 non c’era: l’oratorium Beati Luce in pedemontis situm, eretto a Guarcino tra il 1178 e il 1181, pochissimi anni dopo il ritrovamento a Padova del corpo dell’Evangelista.
Non si tratta di una chiesa con un tabernacolo per la custodia dell’Eucarestia, ma di un oratorium cioè di una cappella devozionale, evidentemente costruita per conservarvi un oggetto di culto (statua o reliquia).
Così non si può non pensare ai calchi della stella, dei vitelli e della targa che il vescovo di Padova portò in visione e forse regalò al Papa e che questi successivamente consegnò ai monaci di S. Agnello durante la visita ad Anagni, con il compito di conservarli devotamente in luogo apposito da cui avrebbe avuto origine la chiesa di San Luca a Guarcino.
Dopo il declino della comunità maschile, il monastero di San Luca fu preso in possesso dalle suore benedettine e ricostruito (un poco più a monte dell’oratorio precedente) come abbazia femminile.
Infatti nel 1256 le monache benedettine di Alatri chiesero e ottennero dal vescovo Giovanni la concessione del monastero di San Luca, ormai rimasto vuoto; concessione confermata da papa Alessandro IV con bolla del 19 gennaio 1257.
Il mese successivo le monache entrarono in possesso del monastero: molte erano di famiglie aristocratiche e le loro doti consentivano una vita comoda anche in clausura; erano governate da una priora alle dipendenze della badessa del monastero di Alatri (da dove nel 1515 le poche monache rimaste passarono in quello di San Luca).
Nel 1583 il nuovo vescovo diocesano fra Ignazio Danti da Perugia decise di riunire i monasteri di Alatri e Guarcino in uno di nuova costruzione.
Gli abitanti di Guarcino si opposero e nel 1587 ottennero che le suore si trasferissero al centro di Guarcino nel monastero di S. Angelo.
Perciò il fabbricato di San Luca fu ridotto a magazzino di derrate e durante la Rivoluzione francese fu teatro di saccheggi che gli sottrassero rilevanti ricchezze (il busto di S. Benedetto, ostensori, calici, boccali, navicella, incensiere d’argento, il tutto per un peso di 85 libre; inoltre il ricco paliotto con le figure di S. Benedetto e S. Scolastica, pregevole non meno per la materia che per l’arte); iniziò da allora la fase del declino e dell’abbandono.
Il monastero delle benedettine di S. Angelo invece continuò a prosperare fino alla prima Repubblica Romana (1798-99); finita la quale le monache rientrarono nella clausura insieme con religiose di altri ordini venute da Fiuggi e da Ferentino, che in un primo momento avevano pensato di rifugiarsi nel meno accessibile convento di S. Agnello.
San Luca fu venduto a privati dalle truppe napoleoniche: nel 1809 i ruderi furono acquistati da Claudio Milani, la cui famiglia li affittò nel 1872 per uso cartiera alla “Società delle cartiere di Guarcino“.
In seguito la famiglia Imperi portò il monastero a uno stato di totale abbandono.
La famiglia Creti invece nel 1947 lo restaurò.
Da questa famiglia intorno al 1960 acquistò il rudere, pur tra numerose difficoltà economiche, Don Umberto Terenzi, sacerdote di origine guarcinese e rettore-parroco del santuario romano del Divino Amore; con un’opera umile e generosa e con l’aiuto delle suore “Figlie della Madonna del Divino Amore“, egli ottenne la rinascita del complesso religioso.
Nel 1962 il monastero fu acquisito a nome di suor Maria Elena Pieri (1905-1999), prima Madre Generale della Congregazione delle Figlie della Madonna del Divino Amore; a questa nel 1983 fu ceduta la proprietà allo scopo di realizzare opere di apostolato e di assistenza religiosa.
Da allora per il monastero iniziò la vera rinascita.
Nel cuore del fondatore, il Servo di Dio don Umberto Terenzi, regnava un profondo desiderio di dare ai suoi Figli e Figlie un luogo dove potessero ritemprare lo spirito.
Tramite interventi di adeguamento la casa oggi offre per tutto l’anno ospitalità a singoli, famiglie, gruppi, parrocchie, a quanti sono in ricerca di un’oasi di silenzio, pace e tranquillità in una cornice tutta naturale.
Si è dato così compimento al desiderio del fondatore, che in una lettera del 13 giugno 1972 scriveva:
Apriamo anche quest’anno le porte e il cuore di San Luca a tutti quelli che vorranno in questa stagione estiva a ritemprarsi d’anima e di corpo, gustando l’ospitalità serena delle Figlie della Madonna del Divino Amore di Roma“.
Nella proprietà è stata rinvenuta la vecchia “Sorgente delle Suore“, un’acqua minerale che risulta di grande beneficio perché quasi priva di residuo fisso.
Il flusso d’acqua naturalmente canalizzato crea numerose cascate e laghetti naturali che contribuiscono a creare un clima di riflessione, meditazione e silenzio, aiutando a elevare l’animo a Dio.
Per realizzare i desideri del Fondatore le Figlie si adoperano con ogni mezzo alla rivalutazione del patrimonio naturale e spirituale ereditato.
A tale scopo, oltre a valorizzare il bene dell’acqua attraverso l’imbottigliamento, tra i prossimi obiettivi si pongono la rinascita e il recupero dell’intero comprensorio della valle di San Luca attraverso la riqualificazione dell’ex cartiera edificata nell’800 lungo il fiume Cosa, dell’ex opificio Filette e perfino il recupero produttivo con conduzione di coltivazioni tipiche delle ex aree agricole sistemate a terrazza dell’epoca benedettina, nella massima tutela e valorizzazione delle pregevoli risorse naturali e nel rispetto degli altri parametri di biodiversità riscontrabili tutt’intorno.
 

Fonti documentative

Alberto Ghislanzoni – Guarcino – edizioni Terra Nostra, Roma, 1975;
Cartellonistica Regione Lazio Natura 2000, 2007-2013, Figlie della Madonna del Divino Amore.
 

Nota

La galleria fotografica ed il testo sono stati prodotti da Stanislao Fioramonti.
 

Mappa

Link alle coordinate: 41.805484 13.325624

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