Maestà di Mascicone – Spello (PG)
Cenni Storici
L’edicola ha dato origine al toponimo “Maestà di Mascione“; è sita a nord-ovest di Spello quasi ai confini del territorio di Assisi. Vi si accede percorrendo la “Stradetta di Assisi“, una strada di mezza costa che si snoda tra gli olivi.
L’edicola di m. 2,50 x 4 è costituita da un capitello di forma cubica a due scomparti: in basso un’ampia nicchia con funzioni di ricovero in caso di improvvisa pioggia; in alto il sito dell’immagine sacra che rappresenta la Madonna col Bambino.
Il dipinto si trova ripetuto fedelmente in altre due edicole erette in via Fontevecchia e in località Pozzuolo.
A tal riguardo Vecchi sostiene che la ripetizione iconografica debba essere intesa come aggregazione ad una stessa area di devozione.
Le tre opere furono eseguite in sostituzione delle antiche rappresentazioni del pittore folignate Ugo Scaramucci, nel 1954 per le celebrazioni dell’Anno Mariano.
La maestà è tutt’ora oggetto di culto e di devozione; ci sono lumi sempre accesi, fiori freschi e il terreno circostante è ben tenuto. Dal momento che l’immagine sacra è posta nella nicchia in alto, vi è stata collocata una scala di ferro che permette di raggiungerla più comodamente.
Accanto all’immagine sacra ci sono appesi oggetti personali (fazzoletti, cravatte, cuffiette di neonati, corone di rosario) portati lì per impetrare una grazia o per manifestarne l’avvenuta soddisfazione.
Inoltre in tutta la nicchia e persino sull’immagine sacra ci sono graffiti: nomi di persone, date e sigle. L’affresco della maestà rappresenta la Madonna che tiene amorevolmente in braccio il Bambino e il volto di Maria esprime gioia, serenità e materna protezione.
Peppoloni, a riguardo di questa immagine, riporta un proverbio: “me pari la maestà de Mascione“, e lo si dice ad una donna che non faccia niente tutto il giorno e tenga solo in braccio il figlio.
Notizie storiche documentate sulle origini della maestà non ci sono, né si può affermare se il nome dell’edicola fosse dovuto a colui che la fece costruire; le prime fonti che ne documentano l’esistenza risalgono al 1433.
Leggende
La sacralità del luogo viene confermata da una serie di racconti ricorrenti nell’immaginario collettivo popolare.
Il signor Ragani, di anni 65, agricoltore, ricorda che un giorno sua sorella vide accanto all’edicola un cane nero che le comparve all’improvviso ed iniziò ad abbaiarle. La ragazza allora, spaventata si chinò in terra per raccogliere un sasso, ma il cane scomparve all’improvviso così come era apparso.
Una sera, ricorda ancora il Ragani, il signor Marchetti, mentre ritornava a casa, nei pressi della maestà incontrò un funerale, con tanto di sacerdote, bara e corteo funebre. Ritornato a casa, anche se stupito per l’ora tarda, chiese ai suoi familiari chi fosse morto, ma i familiari non seppero dargli una risposta. Il giorno dopo si recò a Spello per avere notizie su chi fosse deceduto, ma con sua meraviglia, scoprì che in quei giorni non c’erano stati decessi.
La maestà e la zona circostante incutono timore e tremore, è quanto appunto attestano i racconti di cui sopra.
Le figure demoniache che vi si aggirano nei pressi, indubbiamente hanno la funzione di distogliere i fedeli dal compiere atti di pietà.
La signora Marzilia Ragani Ciancaleoni, di anni 77, casalinga, ricorda che anni fa si diceva che nei pressi della maestà ci fosse la “Paura”.
Infatti, come già ricordato dal Ragani, fratello di detta signora, una loro sorellina, mentre si recava a portare la cena al padre che stava lavorando nell’oliveto nei pressi della maestà, fu spaventata e terrorizzala dalla improvvisa comparsa di un grosso cane nero che abbaiando violentemente fece desistere la bambina dal proseguire la strada.
Tornata a casa, in preda tifoni tremori e ad un pianto a singhiozzi, si rifiutò di eseguire l’ordine affidatole dalla mamma. Fu mandata così la sorella maggiore, Marzilia, la quale non notò niente di anormale nei pressi della maestà, né tanto meno incontrò il grosso cane nero.
Anche la sorella del Marchetti, stando sempre al racconto della signora Marzilia, fece questa esperienza nei pressi della maestà di Mascicone.
Una mattina, di ritorno da Spello, fu colta da un improvviso temporale; l’ampia nicchia della maestà le offrì un sicuro riparo, ma fra il frastuono dei tuoni e dei lampi, udì una voce di bambino che chiamava “Mamma”.
Ad un primo momento la ragazza guardò intorno e nel sentire di nuovo la voce, perlustrò la zona circostante, ma con sua meraviglia non trovò il bambino, così, spaventata e impaurita, non curandosi del temporale, scappò di corsa verso casa.
La memoria dell’origine di questo piccolo santuario si è persa nel tempo; né mi è stato possibile raccogliere dalla viva voce dei fedeli il racconto di fondazione. Indubbiamente, stando gli ex-voto e il ricorso, la maestà di Mascicone svolge la funzione di santuario della fecondità, in quanto vi si recano, in prevalenza, puerpere che chiedono alla Vergine protezione per i loro neonati.
Il rapporto madre-figlio si estende a tutto l’arco della vita; ecco perché le mamme tornano al santuario di Mascicone per implorare la grazia anche per i loro figli ormai cresciuti.
Durante la Il Guerra Mondiale, tempo di pericolo e di continua minaccia di morte, la maestà fu così meta di una processione tipicamente laicale.
Quasi tutte le mamme partirono a notte fonda dalla zona circostante la chiesa Tonda e in processione, recitando il Rosario, si diressero a piedi scalzi, attraverso le chiuse, alla maestà. Arrivate al luogo sacro, due donne salirono su pietre poste ai lati dell’edicola in modo da raggiungere la nicchia sopraelevata dove è situata l’immagine, accesero lumi e depositarono oggetti personali dei propri figli. Le altre mamme, rimaste ai piedi del piccolo santuario, recitavano il Rosario, affinché la Madonna accogliesse le loro suppliche e prendesse sotto la Sua materna protezione i propri figli in guerra.
Le mamme ricorrono al santuario, di norma, per implorare la salute del corpo dei loro figli. Spesso trattasi, come si evince dal racconto di cui appresso, della salute identificata con il benessere economico e ciò dipende dal fatto che i tempi e le condizioni di vita della popolazione che viveva nel circondario erano precarie sotto ogni punto di vista.
La sopra citata Marzilia Ragani Ciancaleoni ricorda che il fratello Natale, da bambino, veniva mandato dai genitori a pascolare le pecore e un giorno, dietro la maestà, trovò un soldo.
Il giorno dopo, tornato nello stesso punto, ne trovò due.
E così via per vari giorni, fino a quando il padre si accorse che il figlio aveva un gruzzoletto di soldi. Dapprima, pensò che il piccolo Natale glieli avesse rubati, poi, saputa la verità, si recò con il figlio alla maestà, ma non trovarono niente, né quel giorno né i successivi.
Da questo prodigio alla convinzione generale che nei pressi della maestà vi finse nascosto un tesoro il passo fu breve.
Nottetempo, alcuni uomini poco timorati di Dio, si recarono alla maestà ed iniziarono a scavare, ma più scavavano e più la terra ricadeva nella buca così, nonostante il loro alacre lavoro, non riuscirono a mettere in atto l’opera, tanto che, presi da spavento, desistettero dal loro malsano pensiero.
Si delineano così le coordinate spazio-tempo che la maestà ha assunto nella credenza popolare, la quale credenza ha bisogno solo di un rapporto personale Col Divino e la Sua visibile manifestazione.
La maestà ha acquistato, nel tempo, anche la funzione di santuario del “responso“, in quanto le mamme vi si recano per conoscere in anticipo le sorti dei propri figli in pericolo di vita.
La struttura muraria evoca alla mente una grotta e la grotta nell’immaginario collettivo rimanda all’antro della sibilla alla quale si andava a chiedere il responso delle “sortes“.
La signora Marzilia, nel proseguo del suo racconto sostiene e testimonia che molti anni fa una sua zia aveva un figlio gravemente malato. Si recò alla maestà portando un indumento personale, cioè una cravatta, e un lume con la convinzione che, se il lume si fosse acceso immediatamente e avesse continuato a bruciare, suo figlio si sarebbe guarito, se invece il lume si fosse spento sarebbe morto entro breve tempo.
Accadde che il lume appena acceso, si spense; la mamma tornò ad accenderlo, ma si spense di nuovo.
Temette allora che suo figlio sarebbe morto da un momento all’altro, difatti dopo pochi giorni il giovane morì.
Non ho avuto la testimonianza di altre mamme che credono all’azione responsoriale della maestà di Mascicone, ma visto il racconto di cui sopra e l’abbondanza dei lumi e degli indumenti personali appesi a mo’ di cornice intorno all’immagine sacra, si potrebbe dedurre che la maestà abbia acquisito anche la funzione di santuario del “responso“.
Da ultimo, fra le varie notizie che ho raccolto dalla viva voce dei fedeli, c’è il racconto di don Sergio Tassi, parroco di Santa Luciola, sul cui territorio è sita la maestà.
Nel 1980, il parroco organizzò durante il mese di maggio, dedicato al culto della Madonna, una processione che partendo dalla chiesa di Santa Luciola giunse alla maestà di Mascicone, per soddisfare le tante richieste di un tale pellegrinaggio, dal momento che la devozione e la venerazione per questa maestà non conosce declino.
Documentazione Storica
MAESTÀ DI MASCICONE – SEC. XV
– 1433 nov. 17, Spello Testamento di Tommaso figlio del defunto Antonio di Francesco “de Mora”. Lascia a Giovanni di Bonuccio di Spello un terreno situato a Spello, nel vocabolo Vico, “in contrata ubi dicitur «la magestà de Massicone»”. (Archivio notarile di Spello, not. Pascuccio di Giacomo di Tommaso di Alessio, 1429-1440, c. 29 v)
– 1451 gennaio 23, Spello Contratto matrimoniale; tra i beni dotali citati compare l’indicazione di un terreno situato in vocabolo Vico “ubi dicitur la magestà de Massicone prope dictam magestatem“. (Ivi, not. idem, 1449-1453, c. 104 v)
– 1467 febbraio 7, Spello Testamento di Antonia figlia del defunto Nicolò “Sumey” e moglie di Giovanni di Cicco “Ciaffe” di Spello.
– Lascia un terreno situato in vocabolo Vico “iuxta magestatem Maxiconi“.
(Ivi, not. idem, 1463-1470, c. 133 v)
Ai giorni nostri
Anche se la devozione popolare è diminuita per le giovani generazioni, la Maestà rappresenta sempre un punto di ritrovo della comunità spellana, questo grazie all’interessamento della famiglia Silvi che ha rinvivito la devozione della Madonna che andava scemando. La stessa famiglia ha coinvolto le persone del posto che attraverso prestazioni di volontariato hanno fatto si che poco per volta è stata restaurata e ripulita l’area antistante, sono state posizionate delle panchine, si è fatta illuminare l’edicola con un lampione ed è stata messa una fontanella di acqua, inoltre durante il mese mariano, la sera vi si celebra il rosario con ampia partecipazione popolare.
Durante tutto l’anno però, è meta di persone che partono da Viale Poeta di Spello e si fanno la passeggiata fino alla Maestà di Mascicone.
Il percorso che congiunge Spello alla Maestà è meglio conosciuto come “La Stradetta d’Assisi” ed è diventata oramai la passeggiata classica degli spellani essendo il percorso non troppo impegnativo, circa 1 Km e mezzo tra gli ulivi, in un punto panoramico e in un percorso quasi tutto in piano, quindi è oramai usuale trovare famiglie, gruppi e singoli che percorrono la tratta dalla fonte di Poeta alla Maestà e viceversa in qualsiasi stagione e in qualsiasi condizione climatica.
L’area è stata attrezzata con panchine che favoriscono sia il riposo e una breve sosta, sia la socializzazione fra le persone che si incontrano, il tutto immerso nell’argento degli ulivi e condito dal meraviglioso panorama della Valle Umbra tanto cara a San Francesco.
Curiosità
La scaletta in ferro posizionata davanti all’edicola religiosa che permette di salire nella nicchia della Madonna fu donata negli anni 50 del 900 da Domenico Menghinella titolare di una locale ditta di demolizione meglio conosciuto con il soprannome di “Sfascacarrozze” che la recuperò da un vecchio “Postale” (autobus), così si chiamava allora, e permetteva la stiva dei bagagli e valigie sul tetto della vettura.
Bibliografia
Dalla tesi di laurea: «Spello e il suo spazio sacro. Santuari e edicole» (Assisi, 1992)
di GIULIANA CHIUCCHI
Ricerche Storiche e Acrhivistiche Comune di Spello – Stefano Felicetti