Le Grotte dell’Abbadessa – Pale di Foligno (PG)
Cenni Storici
Le Grotte dell’Abbadessa, si trovano in pieno centro storico della frazione Pale in Comune di Foligno (PG).
Aspetti geologici
L’abitato di Pale sorge sopra un bancone di travertino, detto anche pietra spugna a causa delle numerose cavità che include, che si è formato nella valle per la precipitazione del carbonato di calcio proveniente dalle acque del fiume Menotre. Anticamente il fiume percorreva liberamente la valle, e la sua portata era molto maggiore di quella che attualmente osserviamo, dal momento che in tempi relativamente recenti la sua enorme portata è stata ridotta dalla captazione da parte della società che gestisce le acque potabili, e dalla deviazione operata dall’Enel per alimentare le turbine per la produzione di energia idroelettrica. Essendo le acque del fiume sovrasature di carbonato di calcio, quando queste rallentano la velocità esso precipita. Infiltrandosi nel terreno le acque hanno così portato alla formazione di innumerevoli stalattiti e stalagmiti, mentre in superficie hanno incrostato, e continuano tutt’ora a ricoprire lungo le cascate, ogni tipo di supporto, generalmente vegetale. Durante il pliocene (da 5 a 1,7 milioni di anni fa) faglie dirette portarono alla formazione di tre gradoni, sui quali le acque del fiume depositarono una spessa coltre di travertino. Nelle cavità carsiche del travertino si svilupparono le grotte. Le grotte hanno uno sviluppo di circa 58 metri, e sono suddivise in varie cavità. Le frastagliate stalattiti che scendono a cortina o a colonna si saldano spesso con imponenti stalagmiti, oppure formano incrostazioni spugnose lungo le pareti della seconda sala. La prima cavità è stata chiamata “sala del lago”. Essa presenta una pianta quasi circolare, e uno sviluppo in altezza di 8-9 metri. Dalla volta pendono grandi stalattiti, che in alcuni casi si sono saldate con le stalagmiti formando colonne, alcune delle quali di forma perfetta. Un cunicolo conduce alla seconda sala detta “sala delle colonne a terra” a causa delle imponenti colonne centrali. Nella sala si può notare una stalagmite a forma di leone. Le grotte dell’Abbadessa sono le più significative, ma non le uniche in quanto all’interno del piccolo abitato ne esistono diverse altre con sviluppi più limitati, i cui accessi si aprono in genere da vani interni alle abitazioni. Oltre alle cavità naturali sembra che sotto Piazza Elisei esistessero, scavati nel travertino, alcuni vani forse un tempo adibiti a cantina o dispensa della famiglia Elisei.
I sondaggi realizzati nel corso della ricostruzione del terremoto del 1997 permettono di stimare uno spessore del bancone travertinico di circa 30 m nella zona circostante le grotte. Spessori molto maggiori sono stati registrati spostandosi verso il centro della valle.
Le grotte ed il terremoto
Nelle grotte non si sono registrati danni a seguito delle recenti crisi sismiche che hanno interessato una vasta zona dell’appennino. Il terremoto di Colfiorito del 1997 ha invece messo a rischio la stabilità della rupe di Pale, a ridosso della quale si sviluppano le grotte. Per questo motivo la Regione finanziò la messa in sicurezza della rupe attraverso una rete di tiranti, alcuni dei quali attraversano la grotta in punti poco visibili. Successivamente si pensò di utilizzare la cavità come stazione di monitoraggio attraverso una rete di estensimetri ancorati nei punti ritenuti più sensibili, e per alcuni anni si procedette alle letture degli spostamenti registrati. Cessata la fase di pericolo le letture vennero interrotte, e per queste ragioni la grotta può essere ritenuta stabile. La rete di illuminazione presente non è altro che la rete di servizio che venne installata allora per il monitoraggio della grotta, ed attualmente non è in funzione.
Aspetti biologici delle grotte
Nonostante si possa pensare che questi ambienti siano inospitali alla presenza di forme di vita, le grotte ospitano in rari punti licheni bianchi tipici negli ambienti delle grotte. Queste forme di vita riescono a sopportare anche un ambiente secco, quasi completamente privo di illuminazione, e a colonizzare la roccia nuda. Sono inoltre presenti, e spesso visibili, i grilli di grotta, caratterizzati dalle lunghissime antenne. Le grotte non ospitano vere e proprie colonie di pipistrelli. Tuttavia, in periodi in cui sono assenti fenomeni di disturbo, è possibile imbattersi in qualche esemplare solitario che riposa nelle ore diurne.
Le grotte e l’uomo
I depositi calcitici della grotta sono oggi ricoperti da una patina che testimonia la lunga assenza dello stillicidio vitale. La ragione di tale mancanza è da ricercarsi nell’intervento che l’uomo ha operato, nel corso dei secoli, sull’idrografia della valle. Dapprima monaci eremiti orientali, nel V secolo, e poi i benedettini della vicina abbazia di Sassovivo, nel 1273, realizzarono nel borgo una serie di opere atte a convogliare le acque del fiume Menotre ed a sfruttarne la forza motrice: in quel periodo furono aperti mulini per il grano e frantoi per l’oliva, opifici per la produzioni di tessuti pregiati. A quel periodo risale anche la costruzione di un piccolo eremo abbarbicato sulla nuda e rocciosa parete del monte di Pale, in corrispondenza del santuario protostorico. Questi interventi di regimazione del corso delle acque portarono alla progressiva ed inesorabile riduzione delle infiltrazioni nel terreno e nelle cavità sottostanti, fino al completo disseccamento che portò anche al prosciugamento dell’antico laghetto della grotta. Nel XVII secolo, Pale ospitò per più periodi la regina Cristina di Svezia e successivamente anche Cosimo III de’ Medici gran Duca di Toscana. Si narra che la regina Cristina apprezzò molto le grotte, tanto da desiderare la coda della stalagmite del leone come ricordo della visita. Impossibile dire se si tratti di realtà o leggenda, ma osservando attentamente la stalagmite si nota tutt’ora la traccia di una frattura in corrispondenza della posizione della coda. Non si tratta, purtroppo, della sola traccia di frattura presente. L’intervento umano è osservabile in molteplici angoli della grotta, avvenuto in lontani periodi in cui questo tesoro naturalistico non godeva di alcuna tutela. Solo con l’aiuto dell’immaginazione si può ricostruire quale meraviglioso spettacolo dovette sorprendere i primi visitatori di queste oscure e meravigliose cavità. Tutt’ora, inserito nella seconda colonna del corridoio che conduce alla sala delle colonne, è visibile il frammento di una sega con la quale si tentò di tagliare la millenaria opera della natura. La rottura dello strumento quasi alla fine del faticoso taglio scoraggiò, evidentemente, gli avventori, permettendoci di godere ancora oggi della sua presenza.
Paola Baronci