La Badia – Magione (PG)
Cenni storici
Ciò che possiamo ammirare oggi della cappella del castello, di origine medioevale, è il frutto di un attento restauro avvenuto nel 1964 volto, dove fu possibile a ripristinare la situazione architettonica originale.
Durante i lavori di consolidamento e restauro vennero demoliti gli inserti murari moderni e liberate le arcate cieche presenti nelle pareti laterali della cappella.
Su quelle centrali tornarono alla luce affreschi riconducibili all’epoca rinascimentale.
La cappella nel tempo ha subito diversi cambiamenti; venne costruita nella seconda metà del XII secolo e in origine aveva dimensioni molto maggiori.
La tipologia costruttiva della chiesa ricalcava il modello cistercense francese della navata unica coperta con una volte a botte le cui pareti laterali erano contraffortate con una serie di arcate.
L’aula era conclusa da un’abside che venne successivamente demolita nei lavori di costruzione del bastione nord del castello, avvenuti nel 1471.
La chiesa si sviluppava lungo l’asse nord – ovest che attualmente costituisce la facciata principale del castello.
L’attuale vano della cappella nel medioevo si estendeva lungo tutta la facciata del castello ed era la chiesa annessa all’ospedale.
L’ospedale in epoca medioevale non era solo il luogo dove i bisognosi ricevevano cura, ma anche la struttura che accoglieva i pellegrini che passavano a Magione nel loro cammino verso la Terra Santa.
Spetta proprio all’Ordine dei Frati Cavalieri Gerosolimitani, divenuti poi Cavalieri di Malta, offrire assistenza ai cristiani viandanti oltre che controllare le strade che percorrevano per giungere in Terra Santa.
Ospedale, chiesa e residenza dei Frati Cavalieri costituivano infatti il nucleo primitivo dell’attuale Castello dei Cavalieri di Malta.
La chiesa venne probabilmente ridimensionata nel secolo XVII, a seguito dei lavori che portarono alla realizzazione dell’attuale ingresso al castello sul lato nord-ovest (lato che guarda verso Magione).
Un intervento così radicale fu giustificato dal fatto che il castello, tra il XVII e XIX secolo, non aveva più una funzione difensiva ma solo agricola, e lo spostamento dell’ingresso dall’angolata ovest, (in fondo alla primitiva navata centrale della chiesa), alla facciata nord-ovest consentiva ai grandi carri agricoli di penetrare agevolmente all’interno del cortile.
L’apertura attuata sulle mura più antiche dell’ospedale tagliò perpendicolarmente e in posizione centrale l’antica navata della chiesa che, perdendo più della metà della sua superficie originaria, assunse le dimensioni di una cappella.
Il ridimensionamento della chiesa è evidente se osserviamo l’arcata del muro esterno interrotta dalla parete di ingresso della cappella.
In origine la chiesa non era a navata unica, oltre la parete esterna si apriva un’altra navata dove probabilmente i pellegrini o i bisognosi di cure trovavano un giaciglio per riposarsi.
La cappella manca dell’abside, demolita durante le trasformazioni del XV secolo.
Abbiamo tracce dell’abside medievale e di alcune sue decorazioni se guardiamo al di sotto dell’arco a sesto acuto che caratterizza la parete dell’altare.
Sotto la chiave dell’arco la disposizione del taglio delle pietre tende a curvare per modellarsi secondo la forma del catino absidale, che purtroppo venne sostituito con una parete rettilinea.
Al disotto dell’arco sulla destra restano tracce dell’elegante decorazione in stile gotico.
Tra i pilastri delle arcate ve ne è uno di notevole interesse perché presenta un capitello scolpito con soggetti fantastici tipici del medioevo.
Il pilastro è addossato sulla parete esterna e mostra sui tre lati visibili quattro fiere delle quali due sul lato frontale tra loro simmetriche e divergenti, mentre sugli spigoli sono scolpiti protomi (teste) umane.
L’opera è databile al XII secolo, periodo in cui venne costruito l’ospedale.
Entrambi i pilastri presentano centralmente una scanalatura che probabilmente in origine conteneva l’iconostasi che separava il clero dai fedeli.
Per ciò che riguarda gli affreschi rinascimentali rinvenuti nel restauro dei 1964, nell’arcata di sinistra possiamo vedere un’Adorazione dei pastori, in quella di destra la “Madonna con il Bambino tra i santi Giovanni Battista e Giacomo”, rispettivamente i protettori dei Cavalieri di Malta e dei pellegrini.
Sotto questo dipinto sono stati riportati alla luce i resti di un altro affresco più antico, attraverso una parziale operazione di strappo dell’affresco soprastante.
Quest’opera risale alla metà del Quattrocento e rappresenta la messa secondo San Gregorio e la carnificazione di Cristo attraverso il Santo Graal.
Della parte di affresco staccato rappresentante San Giovanni Battista, qui rimane la sinopia e la pittura è conservata nella sacrestia accanto alla cappella.
La qualità dell’affresco più antico é inferiore a quello che la ricopre, inoltre si presenta notevolmente danneggiato.
Al di sopra dalla finestrella è rappresentato Cristo risorto con la croce appoggiata alla spalla che cade nel calice posto in basso a sinistra, il Sacro Graal.
Sulla destra è raffigurato un angelo inginocchiato sopra una nuvola con in mano un cero.
Alla base dell’affresco una croce piantata su un piccolo rilievo allude al Golgota.
L’iconografia e lo stile della “Madonna con il Bambino tra i Santi Giovanni Battista e Giacomo” e “L’Adorazione dei pastori” ci riconducono chiaramente alla Scuola rinascimentale umbra che ha come maggiori esponenti i pittori Pietro Perugino e Pinturicchio.
Probabilmente le opere vennero fatte eseguire nei primissimi anni del ‘500 dal Cardinale Giovan Battista Orsini, priore commendatario del castello nel 1502 e fautore della Congiura di Magione avvenuta proprio in quell’anno.
Si può risalire alla committenza delle opere anche grazie al piccolo stemma degli Orsini dipinto nella sacchetta appesa al bastone da pellegrino del San Giacomo.
In quest’opera la Vergine è posta in posizione centrale su un trono con il Bimbo in piedi sulle sue gambe.
Questi è rappresentato con la mano destra in atteggiamento benedicente e la mano sinistra poggiante su un melograno, simbolo della Passione di Cristo.
Non si conosce l’autore di questo pregevole affresco.
Lo storico dell’arte Mirko Santanicchia negli anni ‘90 lo attribuì al pittore della scuola perugina Fiorenzo di Lorenzo o ad un suo allievo.
Anche nell’Adorazione dei pastori abbiamo riferimenti iconografici e stilistici chiari, che ci conducono ad artisti molto vicini al Pinturicchio, il quale, nel 1501, dipinse lo stesso soggetto nella Cappella Baglioni a Spello.
Lo stesso Santanicchia ipotizza come autore del dipinto il pittore Antonio da Viterbo soprannominato “Pastura” che più volte collaborò con Pinturicchio.
Il Bambino è il fulcro centrale della composizione, contemplato da due pastori a sinistra e dalla Vergine e San Giuseppe a destra, tutti in primo piano.
In secondo piano stanno tre angeli, anch’essi inginocchiati in preghiera.
Nello sfondo compare un’ampia veduta paesistica che ci riporta alle tante opere del Perugino, il quale nelle sue pitture amava rappresentare le dolci colline del lago Trasimeno e la sua maniera fece scuola anche tra i pittori umbri del ‘500.
In seguito al restauro del 1964, con la conseguente restituzione al culto, l’altare venne dotato del Crocifisso ligneo, un’opera del XV secolo di notevole qualità, proveniente dalla chiesa di San Luca a Perugia, situata in fondo a via dei Priori e proprietà dell’Ordine dei Cavalieri di Malta.
Bibliografia
Testi prodotti dall’Istituto Comprensivo di Magione in ambito delle Giornate di Primavera del FAI 2017
Da vedere
Castello dei Cavalieri di Malta