Il palo di ferro – Località Calvarone di Spello (PG)

Il manufatto in ferro era crollato per l’usura del tempo ed è stato ripristinato nel dicembre 2020.

 

Cenni Storici

Nella conoscenza e nel dire locale era conosciuto, nella forma dialettale, come “Lu palu de ferru” o “Lu cappannu de Florio“, si tratta di un manufatto in ferro realizzato negli anni ’50 del 1900 dal fabbro spellano Buono Nazzareno detto “Lu surdu“, soprannome riferito probabilmente ai suoi problemi di udito, su incarico di Merulli Floriano da tutti conosciuto come “Florio” famoso barbiere e appassionato cacciatore, allo scopo di realizzare un appostamento per la caccia alla selvaggina migratoria.
Il palo in ferro alto 6 metri era strutturato in modo tale che sulla sua sommità si potevano innescare delle grosse frasche per simulare una pianta e in questo modo strutturare un posatoio per gli uccelli da passo visto che nell’area non c’erano alberi di tale portata e consentire quindi un’attività venatoria.
Il manufatto è costituito da più sezioni da montare sul posto in modo da facilitare il trasporto e sulla sommità è fornito di una piccola asta trasversale (a modo di croce) munita di grossi anelli che fungevano da reggi bandiera ove posizionare le frasche per simulare l’alberatura.
Il palo nel corso degli anni ha subito il deterioramento della base per cui era crollato da diverso tempo e grazie all’intuito e alla tenacia del sig. Giampiero Morosi, presidente della Sezione locale della Federcaccia, insieme a dei volontari, è stato ripristinato e finalmente è tornato al suo posto.
La storia di questo manufatto non è di per sé rilevante dal punto di vista storico, ma lo è dal punto di vista topografico, in quanto il suo svettare dalla collina è diventato un punto di riferimento territoriale non secondario e nell’indicare la posizione veniva citato come punto preciso di orientamento.
Oltre a questo però vanno fatte delle considerazioni storiche ben più importanti e rilevanti, infatti il palo rappresenta una vita montana ed un’economia oramai irrimediabilmente scomparsa, infatti aver costruito un manufatto per sopperire alla mancanza di alberature, la dice lunga di come doveva essere il paesaggio allora (e parliamo di soli 70 anni fa), in quanto stride con l’aspetto attuale dell’ambiente che risulta pieno di alberi e sottobosco che sta crescendo incontrollato a causa dello spopolamento della montagna.
Il palo era infatti posizionato a ridosso di un muro a secco di pietra che sviluppandosi per chilometri segnava il confine tra la fascia olivata e la fascia adibita a pascolo dove all’epoca dovevano essere presenti numerosi capi di bestiame, ovini, caprini, mucche, bestiame ora scomparso del tutto.
Lo stesso capanno per la caccia non è altro che un vecchio riparo rupestre costruito in scaglia rossa locale adibito a riparo rupestre dei pastori che non avevano altri rifugi in caso di intemperie.
Il palo è la fotografia di un’economia decimata dallo sviluppo economico con il miraggio dell’industrializzazione e dello spopolamento delle fasce montane e collinari più svantaggiate, è la fotografia di un territorio ben curato e ben mantenuto nel suo equilibrio, un ambiente che a suo modo dava reddito e garantiva la sopravvivenza di interi nuclei familiari seppur nel sacrificio e nella fatica; ora ci si trova davanti un muro per il contenimento del bestiame, costato enormi sacrifici e costruito con una tecnica straordinaria che nemmeno i numerosi terremoti hanno scalfito, che in più parti è in terra a causa dei cinghiali, dell’incuria e dell’uomo che a forza di per passare ha fatto crollare le pietre, inoltre ci troviamo di fronte ad una vegetazione oramai fuori controllo che si sviluppa attraverso arbusti che rendono il passaggio sempre più difficoltoso e assolutamente improduttiva da qualsiasi punto di vista.
Si è salvato nella parte bassa l’oliveto, anch’esso invaso da rovi e sterpaglia, è stato sapientemente recuperato da Luciano Capodicasa che lo ha riportato in produzione avviando un’opera meritoria di ripristino e conservazione.
Il palo è la fotografia di una vita che non c’è più, l’immagine di quello che abbiamo perso e che con la crisi dell’industria sta portando il nostro territorio, ma ancora peggio, l’intera Nazione, ad un generale impoverimento.
Il palo non sopperisce più alla mancanza di alberi e non ha più il suo originario ruolo di servizio per la caccia, ma è li grazie a persone di sensibilità particolare come monito alla nuove generazioni che ignorano completamente la storia e ne diventeranno vittime.
Il palo ha visto tante rivoluzionarie e radicali trasformazioni in poco più di 70 anni e forse ora da lassù è destinato a vederne delle altre … chissà se belle o brutte come le precedenti?
 

Nota di ringraziamento

Ringrazio sentitamente da questa pagina Giampiero Morosi che ha avuto l’idea di ripristinare il manufatto e che mi ha accompagnato nella visita e mi ha fatto scoprire altri particolari che vi racconterò a breve.
 

Mappa

Link coordinate: 43.017085 12.675137
 

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